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Inserito il 30 agosto 1997

Roberto Legranzini
ROBERTO LEGRANZINI, Razza Padana, Montedit, settembre 1997, pp.96 , Lit.15.000 - ISBN 88-86039-93-X
Vignetta di Giampiero Brunelli
 
 
II
 
Un profilo di Umbert Boss
 
Quante cose si sono dette. Non sono bastati fiumi di inchiostro per descrivere pienamente il personaggio. Ma è evidente che qualche dote (seppur nascosta) deve sicuramente averla se è stato nominato «The Boss della Padania». Per poter spiegare l'uomo di oggi sono partito da lontano. Sono andato a studiare la sua infanzia. Umbertin era un bambino strano, infatti è stato il primo bambino bilingue (si dice fosse autodidatta): scriveva in italiano e parlava in dialetto. La maestra era disperata. Cercò in tutti i modi di convincere Umbertin ad utilizzare una sola lingua sia per scrivere che per parlare. È da quel momento che Umbertin iniziò a scrivere in dialetto. Da questo episodio si capisce chiaramente la sua disaffezione per tutto quello che è italiano. Comunque, nonostante tutto quello che si potrebbe pensare, Umbertin riesce a completare gli studi. La sua indole separatista è evidenziata quando gioca con gli amici. Non vuole assolutamente dividere i suoi giochi con nessuno, proclamando a tutti la sua indipendenza. Ma a quel tempo nessuno ci faceva caso. Non sembrava pericoloso. Anzi era molto simpatico. Tutti si divertivano a farlo arrabbiare per assistere poi alle sue sfuriate in strettissimo dialetto padano.
Il suo gioco preferito era «guardie e ladri», in cui però imponeva che lui doveva fare sempre la parte della guardia, mentre a fare i ladri metteva gli amichetti meridionali. Era bravissimo in questo gioco, riusciva a catturarli tutti andando a scovarli casa per casa. Un po' come vorrebbe fare adesso con gli elettori di Alleanza Nazionale.
Questa avversità verso tutte le persone che non sono padane non trova riscontro nelle sue esperienze dell'infanzia. Anzi, viveva e giocava con bambini di tutte le razze e colori. Il quartiere in cui è cresciuto si chiamava «United Colors of Benetton» ed era frequentato da bianchi, neri, extracomunitari, africani e romani. Ma forse c'è un episodio che potrebbe spiegare questo suo atteggiamento razzista. Quando ancora bambino, l'uccellino che teneva ingabbiato in un paio di slip incominciava a coniare lo slogan leghista (duro!! duro!! duro!!) perse la testa per una bella gnocchettina siciliana che viveva in Maremma. Le fece una corte incredibile per oltre un anno. Arrivò perfino ad imbrattare i muri del quartiere con la scritta «Marella: fighin d'or». Quando sembrava che l'avesse conquistata, lei si mise con un bambino senegalese. Umbertin s'incazzò come un negro. Tutta la Maremma ricorda ancora oggi il giorno in cui disse addio a questo suo amore platonico gridandole «Marella maialaaaaa!!!». Forse questo episodio gli ha segnato la vita. Ma anche nel campo amoroso non tardarono ad arrivare i primi risultati positivi. E che risultati! Aveva un debole per le montanare. Lo ispiravano. Con loro riusciva a sfogare tutta la sua forza bruta. Il suo approccio partiva sempre con una risposta agli annunci per cuori solitari. Mandava una lettera per posta o per corriere, un fax o un telex, un piccione viaggiatore o un suo giullare. Ma a prescindere dal mezzo che adottava per comunicare, lui si presentava scrivendo, sempre e comunque scrivendo, colorite espressioni dialettali. Sui monti era chiamato «el cucadores della Mont Blanc». Quando le sue prestazioni perforanti diventarono conosciute e mitizzate anche a Milano, le milanesi lo soprannominarono «il torello di via Porpora».
Diventato grande Umbert si avvicinò alla politica. Aveva capito di avere molto carisma e di poter diventare un grande leader. Solamente che la sua simpatia e la grande spontaneità, le esprimeva solo con espressioni dialettali che avevano il limite di essere comprese solo in alcuni territori d'Italia. Fu allora che The Boss studiò il modo di trasformare i suoi difetti in autentici pregi, capaci di dargli il successo che cercava. Decise di usare il linguaggio colorito della gente comune senza remore per il ruolo che voleva andare ad occupare. Per studiare questo linguaggio andò ad ascoltare come si esprimeva la gente nei bar di Pontida. Questo stage, che durò almeno un paio d'anni, potenziò le basi del suo linguaggio estremamente colorito. Ora, dopo aver imparato come si doveva esprimere, rimaneva da capire cosa doveva dire alla gente. Il problema non era di facile soluzione. Pensando e ripensando capì che per poter dire qualcosa doveva trovare un ideologo. Sentì dire in giro che a un Miglio di distanza da casa sua c'era un ideologo convinto che Polizia e Carabinieri dovevano essere sostituiti dai Federali, come negli Stati Uniti d'America. Umbert rimase sorpreso e molto incuriosito. Decise di conoscerlo per valutare se era la persona che cercava. L'incontro avvenne in grande segreto, e si svolse sempre a un Miglio di distanza da casa sua. Si parlò di tutto e fu in questo incontro che Umbert iniziò a sentir parlare di federalismo: fu un colpo di fulmine prese una tale cotta, sia delle idee che aveva sentito, sia di quell'uomo che abitava a un Miglio di distanza da casa sua, che lo fece diventare l'ideologo e la musa ispiratrice del nascente partito. L'uomo che abitava a un Miglio di distanza da casa sua, diventò il suo metro di misura per valutare qualsiasi cosa. Per mantenere l'anonimato gli venne dato il nome di battaglia ispirandosi alla distanza che c'era dalla casa di Umbert. Ecco che nasce ed incomincia a muovere i primi passi il movimento che sconvolgerà tutto il sistema politico italiano.
 
 
 
Cliccando sul pulsante puoi leggere:
La presentazione di Letizia Leviti
La divertente prefazione e i ringraziamenti dell'Autore
Il preambolo (cap.1)
Il profilo di Umbert Boss (cap.2)
Umbert Boss: grazie di esistere (cap.3)
Home page di Roberto Legrantini
In ogni pagina (o quasi) c'è una vignetta di Giampiero Brunelli

 

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