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Inserito il 30 agosto 1997

Roberto Legranzini
ROBERTO LEGRANZINI, Razza Padana, Montedit, settembre 1997, pp.96 , Lit.15.000 - ISBN 88-86039-93-X
Vignetta di Giampiero Brunelli
 
I
Preambolo
 
Prima d'iniziare a parlarvi della Padania è necessario che vi descriva alcune cose di un Paese molto strano: l'Italia. Molto tempo fa questa nazione era frequentata da poeti e navigatori. I primi erano sempre impegnati a descrivere l'immensa sfiga che avevano quando si innamoravano di una donna. I navigatori invece occupavano il loro tempo libero scopando la donna che i poeti desideravano amare. Come si può intuire i navigatori e i poeti erano molto amici, si completavano.
Oggi invece, l'Italia è purtroppo diventata un Paese molto diverso. È una nazione formata da tassati e da politici. I primi cercano di risparmiare quattro soldi, i secondi si danno da fare per prenderglieli con qualsiasi mezzo. Queste due categorie di persone ovviamente non si sopportano più. I tassati sono contrari al potere romano dei politici e li accusano di inefficienza, ritardi, corruzione, giochi di potere ed incapacità nel gestire la cosa pubblica. Ma pensate all'ironia della sorte: ad affrontare e risolvere questi problemi che minano il rapporto di fiducia tra i cittadini e il potere è stato chiamato un uomo che si chiama proprio "Romano", sì, il ciclista. La sua esternazione migliore quando informa i cittadini sui contenuti della manovra finanziaria è: «pedalare».
Anche se oggi è il capo del governo, il suo prestigio è in forte calo. Una volta si chiamava "Romano il pilota" in quanto possedeva l'Alfa Romeo. Dopo aver falcidiato migliaia di dipendenti ed aver grippato il motore, decise di venderla a un avvocato di Torino. Allora pensò di cambiare mezzo di trasporto. Capì che per rimanere in sella doveva prendere la bici. Ora se sbaglia qualche manovra (finanziaria) non gli resterà che andare a piedi. Anzi tutta l'Italia resterà a piedi. Saremo tutti su una strada ad aspettare che qualcuno ci dia un passaggio. Nonostante tutto pare un buon ciclista, anche se ha i suoi problemi. Quando lo vedi correre ha l'aria di uno che vuole ritirarsi da un momento all'altro; e invece no, lui continua a discapito di tutto e di tutti. Sembra che faccia la Parigi-Roubaix in una giornata di freddo bestiale e con un tempo cane. Ma nel momento topico del percorso, mentre pedala faticosamente sul pavè e incomincia a grandinare, ecco che si accosta l'ammiraglia. Dal tettuccio esce un uomo che si ripara con un eskimo verde modello Piazza Rossa. Il suo sguardo è quello di chi sa di essere un abusivo, un clandestino. È lui, il mitico Bertinotti. Noi che guardiamo la scena ci chiediamo: ma che cazzo ci fa Bertinotti sull'ammiraglia dell'Ulivo? Pensavamo tutti che fosse solo un tifoso di Romano. Invece altro che tifoso, è lui il vero direttore sportivo della squadra. Lo vedi che si sporge fuori dal tettuccio della sua Skoda blindata e sbraita: «vai più forte, tieni la sinistra, vai a sinistra, strappati i peli delle gambe», ecc.
Romano non è contentissimo di questa situazione, ma appena accenna a ribellarsi, Bertinotti minaccia di bucargli le ruote esibendo un pugno di chiodi appena espropriati a un cantiere autogestito dell'hinterland milanese. Ormai è Fausto che comanda. Tutti questi retroscena saranno svelati da un libro che Bertinotti sta finendo di scrivere. Si tratta di un manuale che insegna a legittimare il potere e si intitola «Per un pugno di Chiodi». Ma allora io mi domando: chi è il grand patron della squadra? È D'Alema. È lui che dovrebbe comandare la squadra attraverso il direttore sportivo ufficiale dell'Ulivo Veltroni. Invece questo atteggiamento di Bertinotti lo ha spiazzato. Quando D'Alema lo vede sbucare fuori dall'ammiraglia s'incazza come una bestia. Quando lo vede uscire dall'ammiraglia c'ha le palle che gli girano a 2.000 giri al secondo. Ma povero D'Alema, deve fare buon viso a cattivo gioco. D'altra parte te lo immagini lui, capo carismatico dell'Ulivo, che si mette sto ramoscello d'ulivo tra i denti, impugna un Kalashnikov e tira una raffica a Bertinotti non appena sbuca con la testa dell'ammiraglia? No dai, stona. Dovrebbe almeno togliersi il ramoscello d'ulivo e prendere in mano falce e martello, oggetti che conosce e usa molto bene. Allora sì che sarebbe in tema.
 
L'Italia è un Paese molto incasinato. Non si capisce più niente. I politici si sono messi a fare i magistrati, i magistrati fanno i politici, gli imprenditori finanziano i partiti e i sindacati governano. Un vero puttanaio. L'unico che si è comportato in modo estremamente chiaro è stato Di Pietro. Voleva fare il politico ma aveva un problema: l'area di centro, che è quella dove si voleva accasare, era troppo affollata. Ecco che mentre faceva il magistrato ne ha approfittato per sfoltirne le fila, facendo fuori quasi tutti. Per questo attacco chirurgico non si è mai sporcato le mani. Li ha distrutti con una biro modello Cremlino. Così è diventato il capo banda del Pool mani pulite e unghie sporche. Il nome di battaglia di Borrelli e Di Pietro è «gemelli unghia» (ecco perché alcune persone di Brescia gli vogliono fare la manicure). Poi si è sdraiato al centro a rivendicare i voti moderati. Ma il suo più grosso problema è quello di non essere riuscito a distruggere Berlusconi. Di questo non riesce a darsi pace. Ormai è diventata una questione d'orgoglio. Ma prima o poi arriverà qualcuno che indossando le vesti del pentito riuscirà a dire quanto voluto o desiderato. Infatti una professione che in questo momento è molto di moda è quella del pentito. Quando lo diventi ti sei sistemato per tutta la vita: giri con la scorta, hai una nuova identità, prendi uno stipendio da nababbo, insomma sei una persona arrivata. Non è difficile avviarsi a questa nuova professione. Non bisogna studiare, fare concorsi, fare la gavetta. No, niente di tutto questo. Basta semplicemente prendere un mitra, far fuori un po' di persone, buttare qualche bomba e il gioco è fatto. Più persone fai fuori e più il tuo stipendio sarà alto. Se poi riesci a recepire i suggerimenti di qualche magistrato ti fanno andare anche in crociera. Ci sono tre livelli. Il primo è quello del dichiarante, quello che davanti a un magistrato dice: «bona la moglie di Berlusconi». Poi c'è il collaboratore di giustizia che dichiara «Berlusconi potrebbe aver corrotto qualcuno». Infine si arriva al livello più prestigioso costituito dai pentiti veri e propri che si riconoscono da queste esternazioni «Berlusconi ha corrotto la Guardia di Finanza con il pagamento di tangenti». Certo che i tempi sono proprio cambiati. Pensate un po'. Se una volta andavi da un magistrato a dire che Andreotti aveva baciato Riina, ti mettevano dentro per calunnia e ti facevano fare la perizia psichiatrica. Se lo fai oggi diventi famoso, ricco e organizzano anche una festa in tuo onore. Vacci a capire qualcosa! Comunque tutto il mondo politico è nell'occhio del ciclone. In questi anni hanno esagerato, troppe tangenti. Un giorno in Parlamento un deputato in erba fece un lapsus e disse «...chi ruba scagli la prima pietra». Successe un putiferio. Scoppiò l'Intifada parlamentare. Volavano pietre da tutte le parti...
Credo che quanto descritto in questo preambolo, faccia capire esattamente che la nascita della Padania non deriva da odio razziale bensì dalla totale insofferenza che i cittadini nutrono nei confronti del potere politico italiano.
 
Clamoroso!!! Roma, 4 giugno 1997. Un commandos di assaltatori padani, armati di mano morta, ha fatto irruzione in Bicamerale. Per la drammaticità dell'azione molti presenti sono stati colti da malore.
Alle ore 13,53 dopo che il presidente D'Alema ha cercato la soluzione democratica si è avuto il tragico epilogo. Il commandos ha usato le armi colpendo a morte il "Premier Forte". Purtroppo questa volta a causa dell'imprevedibilità dell'azione, i Gis non sono riusciti ad intervenire e i Nocs erano ancora in pullman che stavano tornando da Venezia. Dopo questa azione chirurgica a cuore aperto il capo dei secessionisti Maroni ha diramato un chiaro referto medico-politico sulla Bicamerale: "lo Stato godrà di buona Costituzione".
 
 
Cliccando sul pulsante puoi leggere:
La presentazione di Letizia Leviti
La divertente prefazione e i ringraziamenti dell'Autore
Il preambolo (cap.1)
Il profilo di Umbert Boss (cap.2)
Umbert Boss: grazie di esistere (cap.3)
Home page di Roberto Legrantini
In ogni pagina (o quasi) c'è una vignetta di Giampiero Brunelli

 

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