Autori contemporanei
affermati, emergenti ed esordienti
 

Incipit di Una medium allo specchio

Maria Rosaria Cau

La voce del comando
 
Così come accadeva fin da bambina, una notte fui svegliata da un richiamo insistente: impaurita strinse al petto le mie creature.
La Signora apparve dicendo: «Rosaria, non si può fermare il tempo, ma alcune volte è necessario perché il destino si compia».
Mi parlò a lungo.
Mi indicò il cammino.
 

 

Rivelazioni su come avverrà la fine del mondo
 
Il dialogo profetico, il mistero, chi vive nella luce dello Spirito Santo recepirà il messaggio.
La beata Vergine dice: «Ho accolto il grido di dolore e di pace, ho udito il lamento dei vivi che hanno visto morire i fratelli innocenti.
Ho visto accrescere la fede ed acclamare il nome di Dio come il cervo anela ai corsi d'acqua.
Iddio ha concesso che io preceda l'aurora per intercedere e rivelare i disegni concepiti nel cuore degli uomini che seminano morte e violenza, rendono arida la terra.
Aridi e perversi i loro cuori «insufflati» da chi divulga vizio e corruzione, abbeverandosi al calice di desolazione e di sterminio».
La signora prosegue: «Rosaria, sia impresso nella tua mente quanto ti ho dato sapere per mezzo delle «profezie» affinché le genti seguano il sentiero della giustizia e l'adempimento di ogni dovere verso Dio.
Io, Maria Immacolata Concezione ascolterò chi invoca la pace nel nome del Padre, del Figlio, chi illuminato dallo Spirito Santo confida nel Regno dei Cieli.
In segno di giustizia e di salvezza i loro desideri avranno pieno adempimento».
Come la grande Croce Bianca segnerà la fine del mondo.
La Beata Vergine mi fa vivere, comprendere e poter dire come avverrà.
La notte «affoga il giorno in un attimo», non ci sono più: né stelle, né luna, né sole, tutto è diventato di colpo «buio». Le acque sono fisse come pietrificate. Gli animali, la flora intera è in catalessi, la rotazione della terra si è arrestata.
Cammino nel buio, nel silenzio profondo, esseri umani, animali e vegetali, senza distinzione, sono riversi al suolo e subito decomposti.
La terra nella frazione di un secondo è diventata fossile, un ossario.
Pochi risorgeranno, e potranno vedere la grande croce bianca.
Iddio parla e solleva dal suolo i decomposti che hanno operato e saputo ritrarsi dal vizio e dalla violenza; pochi, ripeto pochi risorgeranno e vedranno le loro membra fossilizzate ricomporsi, vedranno Dio!
Ritornerà la luce del giorno e della notte, secondo l'ordine divino, ci sarà nuova flora e nuova fauna purificate col risorgere della terra.
Gli stessi risuscitati potranno vedere i resti dell'evoluzione del mondo; dedurranno che fa parte ormai di un popolo da studiare per ricordare quanto è avvenuto anche se da poco.
Non ci saranno governi o governanti, né guerre, né cataclismi.
Si vivrà con il giusto governo e rispetto di se stessi.
Vivranno nell'amore, nella luce di Dio.
Questo mi ha dato da «vedere» la mia dolce Signora: ed io con fatica rientro nel mondo attuale.
3 agosto 1991.
 

 

Note sull'infanzia
 
Mio padre Lorenzo, uomo onesto e retto, proveniva da un casato nobile: cugino del generale Cau, noto per le sue gesta anche in Lombardia.
Mia madre Doria (Dorina, Dorotea) era cugina del generale Caria; anch'egli uomo noto e stimato, non solo per le gesta in prima linea, ma anche quando fu catturato e deportato in un campo di concentramento (si era ancora nell'ultima fase della guerra). Il popolo sardo stanco, indebolito dalla miseria, dalle scorrerie dei soldati tedeschi, difendeva i propri cari rifugiandosi nei «Nuraghe», abitazioni primitive sotterranee.
I miei genitori, giovani ed innamorati, consci della responsabilità che il vincolo matrimoniale comporta, ebbero, per loro desiderio, una prole numerosa, nonostante guerre, carestie, siccità, e terribili malattie: peste, vaiolo e colera.
Brindarono con acqua di fonte alla nascita della primogenita Giovanna; dopo nacque Teresa; venne poi alla luce il primo maschio Vergilio (e mio padre si rincuorò); fecero seguito alla nidiata Giuseppe, Luigi, Mario, Antonio, Benito; nacqui io Maria Rosaria ed infine Salutino.
Mio padre era agricoltore e durante il periodo del raccolto faceva il guardiano delle aie, ciò lo costringeva, assieme ai miei fratelli maggiori, ad un lavoro stressante. Dormivano a turno su un pagliericcio di crine riparato da una capanna di giunco, spesso per due o tre mesi, finché il raccolto non veniva trebbiato, insaccato, e le aie ritornavano sgombre dalle fatiche di un anno.
Mio padre, come tutti i compaesani, possedeva un piccolo appezzamento di terreno.
Sono nata il 5 settembre 1944 in Villanovafranca (Cagliari).
Sono la nona di dieci figli, sette maschi e tre femmine.
All'atto della nascita ero un esserino gracile, asfittico, sotto peso.
Mia madre, unitamente alle vicine che l'aiutavano nel travaglio del parto, ritennero che per me non ci fossero speranze di sopravvivenza.
Mamma, comunque, pur avendo altre otto bocche da sfamare, figli sani, belli, robusti, volle tentare di mettermi in una specie d'incubatrice; tolse una tegola dal tetto, la avvolse di una coltre di ceneri tiepida; prese poi me, avvolta da un semplice telo, e mi mise dentro la tegola.
Le vicine risero, un poco anche lei, e commentò: «Se vive, vive, se no, pazienza».
Non ebbi sempre il suo latte, poiché mia madre andava in campagna con i figli minori aggrappati alla gonna e le fascine di legna sulla schiena.
Non ero venuta al mondo certo in un buon momento; così quando mia madre era in campagna, mi allattava una signora di nome Edwige.

 

 

Le prime sofferenze di Rosaria la medium
 
Mamma faceva il pane in casa e lo vendeva ad un prezzo irrisorio all'unico emporio del paese.
Quando andava a fare legna, raccoglieva tutto ciò che era utile: verdure selvatiche, olive e qualche mandorla qua e là dai poderi dei ricchi (ciò era consentito dalla legge sarda quando i proprietari ne avevano già effettuato il raccolto).
Inoltre accudiva gli animali domestici.
Tutti i compaesani vivevano così tribolati e sacrificati dopo il flagello della guerra.
Crescevo minuta e gracile; i vicini mi guardavano compassionevoli e commentavano: «Questa bimbetta non sopravvive». Mi paragonavano ad una semenza che non cresce e non decresce ed io mi sentivo imbarazzata da tali considerazioni. Crescevano invece i capelli che mamma pettinava raccolti in due trecce scure come l'ebano; gli occhi erano neri, profondi, vivi, la pelle mora come una piccola africana e i denti bianchi come l'avorio. A dispetto del mio fisico ero vivacissima e nessuno riusciva a calmarmi, né a comandarmi, né a dominarmi.
Spesso mi venivano febbri improvvise e durante la notte mamma era costretta ad alzarsi. Avevo all'incirca tre anni quando incominciai ad indicarle i quadri appesi alla parete della camera dove era raffigurata l'apparizione della Beata Vergine Maria a Bernadette. Le indicavo il volto della Madonna dicendo: «Mamma non vedi com'è bella! Mi sta parlando». Mamma mi guardava lagrimevole; pensava che delirassi, ma non era così: in seguito se ne rese conto. Molte notti mi svegliavo piangendo perché vedevo i morti ed avevo paura, su questo mamma mi ammoniva dicendo: «Non è dei morti che si deve aver paura, ma dei vivi». Per calmare i brividi di sudore freddo ed i tremiti della paura mi insegnò a pregare. Essendo mia madre una donna devota, nelle sue antiche «preci», espresse in lingua sarda, includeva l'inno supremo legato a Dio nostro creatore, e alla Beata Vergine, glorificandola come l'aurora che sorge e apre le porte al nuovo giorno, per salutarci poi al tramonto e avvolgere la notte nel chiarore lunare. Guardando le stelle diceva che in ognuna vi è un Arcangelo, un Santo, l'occhio vigile dei soldati di Cristo per proteggerci dalle tenebre e dal maligno.
In uno stato di semitrance: in un angolo della camera mi attirava una voce soave, mi sentivo venire meno, levitarmi, mi trovavo supina sul letto col volto della Beata Vergine che scompariva nella palla di fuoco. Non potevo per leggi divine, parlarne con alcuno finché il tempo non fosse compiuto.
 
Per leggere la prefazione di Dal libro «Espressioni Poetiche»
 
Per leggere la alcune pagine dal libro «Espressioni Poetiche»
Per leggere la prefazione del libro «Ciao Mamma»
Per leggere alcune pagine del libro «Ciao mamma»
 
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Maria Rosaria Cau è stata inserita nell'antologia del premio letterario Città di Melegnano 1997, clicca qui per leggere l'opera.
 
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Agg 26 febbraio 1999