Autori contemporanei
affermati, emergenti ed esordienti

Tiziana Stanzani

Con questo racconto ha vinto il settimo premio del concorso Club Poeti 2001-2002, sezione narrativa

 

Ricordo di un'avventura

 
La sabbia scottava atrocemente sotto il sole al picco delle 13:30 e il vento di scirocco incartapecoriva persone e cose nel raggio di qualche centinaio di metri.
Era il primo villaggio turistico che vedeva e gli sembrava bellissimo; lo vedeva in uno di quei momenti della vita che ti fanno dire: 'me ne vado per un po' perché devo distrarmi'.
È strano come a trentatrè anni un uomo senta il bisogno di distrarsi. Distrarsi, in quel caso, significava non voler vedere la realtà con la scusa della stanchezza, dell'avvilimento o del dolore. Raffaele ancora non trovava qualcosa di così degno da essere vissuto, però percepiva già quel luccichio interiore, come di lama affilata, che taglia la corda un attimo prima di essere impiccato.
 
La stagione estiva provoca, nelle persone, un effetto curioso; come in autunno tiriamo le somme e ci assalgono i ripensamenti, così in primavera ci mandiamo da noi coraggiosamente al diavolo; in inverno ci sovviene invece il dubbio che forse il mondo fu concepito al solo scopo di spezzarci il cuore, ma in estate perfino la morte non ci angustia più di tanto: in estate, anch'essa assume lentamente i tratti di un breve ponte fra l'oscurità e la luce, un passo solo dall'affanno al riposo.
Infatti Raffaele, quell'estate, riuscì a soffrire con diletto i tormenti dell'amore.
 
Finalmente vedeva gente, tanta gente, magari banale, a volte brillante. Vedeva che molti uscivano come lui da un incontro di boxe. Vedeva le loro reazioni e non si era mai sentito così stupido confrontandole con le sue. Non aveva mai amato veramente la vita sociale, eppure aveva scelto un villaggio turistico molto animato e giovanile, nel quale è impossibile restare da soli; inoltre, lui era convinto di non dover schiacciare alcun chiodo: troppo tardi si accorse che il chiodo era lui. Il nome del martello era Angelique però Raffaele ancora non lo sapeva quando incominciò a notare che questa donna gli stava appresso sia ai corsi di ballo che al tennis, sia a tavola che al tiro con l'arco. Se fosse esistita una cerbiatta con gli occhi blu, ebbene, l'aveva trovata.
All'inizio era irritato; esigeva di starsene da solo, di essere lasciato in pace; i rapporti che lui intendeva intrattenere dovevano fermarsi lì. A maggior ragione, poiché egli non era dolorante, non voleva diventarlo.
Lui non parlava francese, lei non parlava italiano e il loro inglese era troppo scolastico per intessere una qualunque relazione; decisero di non parlare più. Riuscirono a fare tutto lo stesso, persino a giocare a carte.
Il bisogno d'amore, un giorno di quei quindici, gli fece vedere quella donna con occhi diversi. Vedendola, cominciò a sentire un chiodo pungere dolorosamente nel suo petto. Anche se adesso lui sa che non lo era, ella sembrava realmente innamorata. Gli sembrò innamorata per quattro giorni. Anzi, per quattro notti.
Quelle notti che fino a qualche sera prima, sdraiato sulla sabbia finalmente fresca, gli raccontavano l'immensità dell'universo, la piccolezza e la grandezza dell'anima sua, e gli spiegavano che niente era irrimediabile. A volte, osservando la volta stellata, quella cupola nera e luccicante in alcuni punti gli ricordava un enorme e antico mantello di velluto pesante, bucherellato qua e là come fosse stato roso dai tarli e dal tempo per mostrare a piccole dosi la luce accecante che dietro ad esso doveva per forza brillare. Pensava a un telone talmente vecchio che avrebbe potuto sdrucirsi in qualsiasi momento, e tutti noi saremmo potuti morire all'istante, a causa dell'intensità di quella luce inaspettata.
Queste elucubrazioni, una sera, furono interotte da una buffa canzoncina portata dal vento. Proveniva dalla radio del bar, col fermo proposito di interrompere il corso dei pensieri di Raffaele. Infatti essa sdrammatizzò con successo quelle meditazioni ed egli, che immediatamente scoppiò in una risata fragorosa, ricorda ancora come suonava:
'Dicevi che amavi la rosa e a maggio l'hai tagliata, dicevi che amavi il tacchino e a Natale l'hai mangiato, dicevi che amavi il tuo gatto e a due anni l'hai castrato; dici che ami me. Sono preoccupato.'
Rideva perché non aveva capito: era innamorato ma ancora non lo sapeva.
 
Come sempre, dopo, e come è nella natura di molti uomini, la gratitudine aveva sommerso Angelique. Ma accadde un piccolo imprevisto; alla prima occasione di una nuova avventura schiacciachiodo, Angelique pensò bene di correre dietro a un altro povero paio di calzoni, e così cominciò ad evitarlo mentre lui pretendeva di fregarsene ma non poteva.
Tornavano vecchi deja-vu, danzavano nel palcoscenico della sua mente antichi ricordi, medesimi stati d'animo, identiche sensazioni; la lezione della vita non sortiva il suo effetto e il diabolico ripetersi di simili cliché lo mandava in confusione.
Come nell'adolescenza, in quei momenti lui voleva spaccare tutto, voleva andarsene, oppure fargliela pagare e poco dopo gli era passata; accettando l'abbandono, si accorse che gli restavano solo più i buchi dei chiodi addosso come il Cristo morto e risorto, e un ultimo anelito sprezzante si affacciò in lui la sera della partenza: un insulto per interposta persona finì per colpire Angelique assieme a un sorriso di scherno e senza saluti.
Probabilmente con sollievo, ella lo guardava mentre Raffaele si allontanava dal villaggio turistico.
In un attimo quelle stelle taquero, o piuttosto così a Raffaele sembrò, mentre in realtà gli sussurravano qualcosa che echeggiava come:'imparare non è altro che ricordare.'
Ma lui non poteva sentire; la sua testa era come invasa da uno sciame d'api, il sangue pulsava nelle sue orecchie impedendogli qualunque ascolto. La natura si azzittì definitivamente quando le cicale smisero di frinire e la brezza si fermò. Il mondo parve non aver più nulla da comunicare a Raffaele.
"Grazie ancora una volta, Angelique, e grazie a tutte le Angelique del mondo. D'ora innanzi, con le donne ci giocherò e vendicherò così la natura maschile al completo. Grazie per quel chiodo appena schiacciato e subito estirpato insieme a te."
Questi pensieri ed altri, confusi, acidi, violenti, lo aggredirono all'imbarco sull'aereo; ma in fondo al cuore sapeva benissimo che nel suo DNA non esisteva nemmeno un cromosoma di quel genere e nel profondo sperava fortemente almeno di non amare mai più.
Successe. Ma non sarebbe neppure mai riuscito a giocare con alcuna donna, perché egli incominciò a prendere la vita, una cosa importante, come se fosse stata una cosa seria.
Cosa c'è di tanto strano nel voler diventar vecchio con qualcuno e non per colpa di qualcuno? Se fosse stato onesto con sé stesso, almeno per un momento, avrebbe capito di certo che lasciarsi, specialmente in estate, è un dolore delizioso...
Con la schiena dritta e a testa alta, da vero beffardo, voltò così le spalle ad Angelique mentre lei si nascondeva dietro a un paio di scuri occhiali da sole e ad una tazza di caffè.
Non voleva fargli vedere i suoi occhi blu che ormai non gli dicevano più niente.
 
Così, su quell'aereo che sembrava si sforzasse di avvicinarlo al firmamento, lui volse invece lo sguardo verso la terra e verso il proprio passato. Poi si accese una sigaretta e intorno a lui, come a cercare di occultarlo al resto del mondo, le azzurre volute di fumo cominciarono a disegnare strani arabeschi. Lui seguiva con gli occhi quei cerchi effimeri e pensò che anche il bene e il male non durano di più.
Nei suoi occhi spenti ardeva però una rabbia, una rabbia infernale. E sapete contro chi? Sapete chi odiava e malediva così profondamente?
Sé stesso, naturalmente.
Finché le sue lacrime si sciolsero come piombo rovente sul suo cuore, con dei tonfi sordi, sordi come la menzogna stessa. Come tutti gli esseri umani, anche Raffaele preferì la menzogna, in quell'occasione, perché a volte la verità fa più schifo delle bugie; così Raffaele diede la colpa del suo tormento al mondo e alle sue nefandezze.
Volse di nuovo lo sguardo verso la terra. Sapeva che per molto tempo ancora si sarebbe svegliato alla mattina chiedendosi perché alzarsi, si sarebbe messo a tavola chiedendosi perché mangiare, avrebbe sospirato chiedendosi perché respirare, visto che questo mondo non va incontro a nessuno e conviene fare sempre ciò che è meglio per noi, magari calpestando gli altri. Per molto tempo ancora, a Raffaele, tutte le persone sarebbero sembrate ridicole e insignificanti perché egli, da quel momento, si convinse che esse non avrebbero più avuto niente in comune con lui.
Notò dei fuochi d'artificio sul mare. Non li aveva mai visti dall'alto e pensò che, forse, almeno qualcuno si stesse divertendo. Oppure che lo stesse spronando a guardare per forza qualcosa che assomigliasse a un telone di velluto blu, vecchio e rovinato come l'anima sua.
 
Poi, la stanchezza ebbe il sopravvento e Raffaele si addormentò.
E subito, in quel tramonto, si apersero leggermente le porte del Cielo e lasciarono passare le anime addormentate di tutti gli uomini e di tutte le donne della terra, che vengono ogni notte per scrivere nel loro diario personale come hanno vissuto durante la giornata.
Raffaele vi giunse con l'aereo e capì perché gli era accaduto tutto questo. Dio lo sapeva anche lui, ma gliene importava qualcosa? Importava, al grande vivisettore, della sorte di noi poveri topi del suo laboratorio cosmico? Raffaele seppe di sì; conobbe, come ogni notte accade a tutti, la spiegazione tanto semplice della nostra dura vigilia che è la vita mortale, capì perché l'unica luce che irradia la vita degli uomini è il lampo della spada e la pira dei roghi; comprese che il flusso della vita non si può intrappolare e che l'unica realtà che conta è quella che noi stessi diamo alle cose.
Capì perché il cuore passa troppo tempo a dolersi e perché fa male scrostarlo dalle infami turpitudini del mondo; un mondo impregnato di malefatte che peggiorare non fanno sia i travagli degli uomini che i loro tentativi di migliorarsi.
Cuore puro, in origine, sporcato infine dal riflesso dell'Infinito che è il soggiorno terreno, quello di Raffaele, anch'esso, conobbe la verità, ma poi la dimenticò al risveglio, quando l'aereo atterrò.
Per leggere il racconto 7° classificato al concorso "Il club dei Poeti 2001-2002"
Per leggere il racconto 3° classificato al concorso "Angela Starace 2001"
Prefazione del libro"Scorie d'amore"
Per leggere alcune pagine tratte dal libro"Scorie d'amore" e primo capitolo
Per leggere un altro racconto Classifica Concorso Club poeti 2001-2002 sezione narrativa
Torna alla Home Page
PER COMUNICARE CON L'AUTORE mandare msg a clubaut@club.it . Se ha una casella Email gliela inoltreremo.
Se non ha casella email te lo diremo e se vuoi potrai spedirgli una lettera presso «Il Club degli autori, cas.post. 68, 20077 MELEGNANO (Mi)». Allegate Lit. 3.000 in francobolli per contributo spese postali e di segreteria provvederemo a inoltrargliela.
Non chiederci indirizzi dei soci: per disposizione di legge non possiamo darli.
©2002 Il club degli autori, Tiziana Stanzani
Per comunicare con il Club degli autori:
info@club.it
Se hai un inedito da pubblicare rivolgiti con fiducia a Montedit
 

IL SERVER PIÚ UTILE PER POETI E SCRITTORI ESORDIENTI ED EMERGENTI
Home club | Bandi concorsi (elenco dei mesi) | I Concorsi del Club | Risultati di concorsi |Poeti e scrittori (elenco generale degli autori presenti sul web) | Consigli editoriali | Indice server | Antologia dei Poeti contemporanei | Scrittori | Racconti | Arts club | Photo Club | InternetBookShop |

agg. 3 maggio 2002