- CANTO TREDICESIMO
- LA RISPOSTA
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- Per la nostra amicizia , per ciò che
ci rese uno, per ciò che fummo e siamo, so
bene che queste cose non meriterebbero ricordo e
che mi rendo complice di situazioni che sono
estranee a noi
- ma è in me come un contrasto tra
ciò che avverto e questa gloria imperitura
ed eterna da cui non sembra esserci scampo. Sebbene
queste cose, sebbene io stesso non mi renda conto,
non posso far tacere quelle voci che mi giungono a
stento ma che colgo; di questo devi essere certo:
che io non parteggio, che io non colgo che un
lamento che stanno soffocando e che si cela: non
è un'epoca di grandi passioni e i piccoli
fervori sono anch'essi manovrati eppure queste voci
sento, si uniscono in una forza che potrà
sconvolgere. Non canto vinti né esalto
vincitori, sento di raccogliere un qualcosa che
ancora non ha forma ma avanza, la polvere di un
qualcosa all'orizzonte in questo impero dove tutto
è eterno: Ma io ti ascolterò,
bacerò anch'io qualche calzare, farò
come dici; innalzerò inni. Ma temi, tremo
che alla polvere si accoppi un rumore.
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- CANTO
QUATTORDICESIMO
- INNO A ROMA
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- Siate vicini a me potente Febo
- e tu Ilitia dea delle tre grazie
- me soccorrete, me che così
piccolo
- con sfrontatezza e umile all'agone
- m'accingo, dell'aquila le ali
- gli occhi datemi, ch'io non accechi
- fissando Roma e il Sole
- ché nessuna differenza
intercorre
- tra queste cose e come il secondo
- vivifica la Terra e dà
calore
- e da tutti è amato e
osannato
- così la prima, la fiera
città
- luce della mente, forza del braccio
- è pietra di paragone nella
storia
- O Sole, tu che illumini le genti
- tu che le vedi intente nelle opere
- dal tuo corso ad occidente tu
scorgevi
- l'affanno umano e il correre del
tempo
- sulle caduche cose, nel fango
l'uomo
- e la sua lenta forma e i primi
attrezzi
- e forme nuove e nuovi dei e nuova
vita
- innalzarsi e svanire. Quale angoscia Dio
Sole
- per passeggeri eventi ,e tu Eterno
- indegno di te tutto, e andavi oltre
- dopo aver luccicato per un attimo
- Brillarono e scomparvero Regni Orientali e
Indi
- e poi, ancora, ad Occidente, lungo il tuo
corso
- Babilonia splendette e di Priamo il
regno
- Quale angoscia, Dio Sole, non ritrovarli al
sorgere
- Tu, solo, nella tua eternità. Ma
già l'aratro
- tracciava il solco, già dei Latini si
spargeva il seme
- Questo , dicesti, è il Luogo,
quì la mia Sposa
- vivere eterno in una eterna casa
- Tu regere imperio mundo Romane
memento
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- CANTO QUINDICESIMO
- GIULIANO
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- Si compia ! Che il volgere degli
astri
- segni il termine! Ultimi fuochi
- nel barbaglìo notturno! Ah se
mia
- se solamente mia questa tenebra
fosse
- e non unisse il nome mio al suo
- la fatale congiura. Sì, ben lo
conobbi
- il nome tuo e il mistero
- e con la mente e il cuore io lo
accettai
- non per inerzia o calcolo
- e con la mente e il cuore io ti
combatto
- per l'Impero di Roma. Ecco: ho
anteposto
- la sua salvezza alla mia dannazione
- Ora mi perdo in quest'oscura notte
- di Persia e quì si perde
- il suo ultimo palpito e la gloria;
- il freddo dardo dei nemici un fuga
- Ti rende la vittoria; la mia
battaglia
- ho combattuto e ho perso
- ora non urlo, non ho angoscia o
freddo
- i cavalieri mi corrono all'incontro
- i secoli si annullano, l'ultimo fiato
- è Tuo: Hai vinto Nazareno!
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- CANTO SEDICESIMO
- ROMA
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- Il passo del cavallo era lento e sicuro;
quanta storia gli si stava piegando innanzi. Il
sigillo al Poema. L'Eternità.
- Veniva di contro Leone, con le femmine
oranti e coi fanciulli e con pecore e
vacche.
- -Scostati, vecchio, sogghignò l'Unno,
Roma mi aspetta!
- -Ciò che tu vedi è Roma,
rispose Leone! -
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- CANTO
DICIASSETTESIMO
- IL CORO
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- Non qui la troverai tra queste
crepe
- perduta è la memoria e faglia il
volto
- traccia non trovi che ti rechi
l'orma
- e non esiste via che possa
sciogliere
- lei da sé stessa e non esiste
via
- che faccia ritrovare lei a sé
stessa
- fatale caso è l'umano
- il tempo scorre solo su sé
stesso
- non è vento né cenere, il suo
essere
- si sfalda sotto i colpi
dell'esistere!
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- Ah Roma Imperiale Imperiosa
Imperativa,
- Imperante non più! Sei così
stanca di reggere la Legge
- così avvizzito hai il seno
- che non vi allatti un figlio?
- Il dubbio si insinuò nella
certezza
- come un male sottile, come una
profezia
- che non cogli e s'avvera, si dilatò
la casa ,
- sino a sciogliersi si smarrirono i
segni
- Stai inerte e tremi! Come vorrei
- dettato da sproloquio questo dire
- come vorrei non fosse e noi tuoi
figli.
- Ma come un brivido mi scuote nelle
vene
- un'antica potestà che
riconosco
- dal basso alla vertigine mi innalzo
- diventa sogno il sonno, come tuono
- si abbatte sulla notte
- L'Aquila ferita tende le ali!
- Tu regere imperio mundo Romane
memento
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- CANTO DICIOTTESIMO
- IL PARTITO SCONFITTO
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- Triste nuova li ha colti stanno
dentro
- rabbia e impotenza si mescono al
dolore
- muti e parole non hanno ma i
pensieri
- si pongono sull'unico problema:
- che fare ora? Uscire in campo
aperto
- a morte certa in eroismo sterile
- o con equilibrismo in campo avverso
- portarsi e porre a paravento
delazioni?
- Troppo scoperti non sono, essi
potrebbero
- con giri di parole camuffare
- ciò che poi non difesero
aspramente
- oppure andare, fuggire nella notte
- proprio la prima notte di vittoria
- quando ancor ebbri della loro
gloria
- non curano e non cercano avversari?
- e poi che fare? Organizzare fuori
- un'improbabile lotta senza scampo
- o muti ricrearsi un'altra vita?
- (altri l'hanno già fatto, non
sarebbe
- cosa di cui doversi vergognare
- o almeno non da soli) ma demordere
- così pavidamente dopo tanta
- giovinezza passata nella lotta?
- o farsi setta, esistono gli esempi
- e mettersi in disparte e sotto
sotto
- lavorare, riprendere la lotta
- facendo finta di essere aderenti
-
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- Organizzarsi occorre, c'è
qualcuno
- tra noi, sicuramente egli è dei
nostri
- e ha molto lavorato ma nell'ombra
- nessuno li conosce tranne noi
- saputo hanno essi accortamente
- celare la doppiezza della trama
- ma dei nostri sono sì
sicuramente
- il loro incarico era questo e l'hanno
assolto
- Potrebbero costoro intrufolarsi
- tra le fila di quelli che hanno
vinto
- e capaci ne sono ne siam certi
- e poi giunti al sommo del potere
- -é un disegno lungo, si
capisce-
- dare una svolta che colga di
sorpresa
- e noi preparati e pronti a tutto
- subito affiancarli e riportare
- le cose come noi le volevamo
- Noi stessi lo capiamo, è un
progetto
- che corre molti rischi, primo fra tutti
- che non riesca e se poi riuscisse
- sarebbero fedeli al patto preso?
- Oppur fuggire andare nella notte
- anche se non s'addice al nostro
motto
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- Allo sbaraglio e che la Morte
chiuda
- se è da chiudere lo spiraglio
aperto!
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