CANTO SETTIMO
- L'IMPERATORE
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- E a questo saremmo giunti, che un lamento ci
arrivasse agli orecchi, come uno strazio. Mai la
pace aveva regnato ovunque, mai c'era stata tanta
sicurezza e non solo si alzano voci, ma c'è
chi è pronto a raccoglierle. L'Imperatore sa
che qualsiasi meta raggiunta non basta, che nel
benessere si riesce a rimpiangere un passato di
miseria e che nel perfetto si sogna un futuro
più radioso, in un orrendo connubio tra
passato e futuro, come se il presente fosse
un'entità inesistente e trascurabile e non
s'avverta, ma questo è l'assurdo: si sogna
l'unione e non si riesce ad essere che nella
divisione e c'è chi dà tono a
ciò e per ciò parteggia. Bene, lo
ascolterà anche l'imperatore, che s'affacci
sulla scena, anche a questo siamo pronti. " No, non
parlare così, Divo Cesare, un qualcosa mi
turba, un'antica leggenda che sentii bambina e che
le tue parole fanno riaffiorare; la raccontò
la nutrice: " Vedi, diceva allora, era il mondo
popolato dagli Dei, cresciuta che fu la
malvagità degli uomini, essi si ritirarono
nell'olimpo, demandando a divinità naturali
il compito di rimanere tra gli uomini e riferire .
Riferito che ebbero queste della crescente
malvagità degli uomini, essi le ritennero
presso sé e barrarono le porte dell'olimpo.
Qui vivono dimentichi dell'esistenza e non
apportando più lenimento ad alcun dolore;
più in basso gli uomini, dimentichi della
divinità, traggono profitto dal dolore di
altri uomini. Un giorno questi si ritrarranno
nell'olimpo" E' una strana leggenda Divo Cesare,
come temo che queste parole si riferiscano a noi
come vorrei non ricordare, ma un'angoscia mi assale
""Dunque la moglie di Cesare teme ? Dunque bastano
i fantasmi infantili ad annullare la forza di
Cesare? No, Claudia, non così sono le cose,
ma non voglio turbarti, manderò via questo
corifeo, voglio che nulla turbi la mia casa. Non lo
taciterò, tuttavia, io lo ascolterò,
è il mio compito, io saprò
intervenire, non è forse questo Cesare :
prevedere e agire. Non trascuriamo nessuna voce,
neppure la più insignificante; spesso cose
che si presentavano di poco conto si sono rivelate
sconvolgenti. Che sia cacciato lontano, ma non gli
si chiuda la bocca, valuterò bene ciò
che dice:
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- CANTO OTTAVO
- IF
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- Questa sera ricordo Fabrizio
- Drogato di Firenze. Ospedale
Careggi
- Girone dei dannati. Acromegalici
- Cushinghiani, Cefalagici e Drogati
- E nel corridoio (e il dolore
- mi squassava la faccia) " perché
- ancora vita ?" disse e io a lui
- "perché questa è la
vita"
- Così lo penso e lo immagino
bellissimo
- metà mio, metà della
dolcissima madre
- in realtà solo di se stesso.
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- CANTO NONO
- I TERTITI
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- Deserto e rocce e sole che ci arde
- e noi che andiamo incontro allo
sterminio
- per volontà di saggi, noi che
fummo
- fedeli a noi e liberi di essere
- Non la sorte per noi, bensì un
umano
- disegno per le terrene cose
- ci stringe il fiato e ora ci dà
morte.
- troppe lotte, è il decreto, troppe
stirpi
- si battono aspramente, è tempo questo
di
- Impero Universale
- si fondano le razze e le culture
- né lingue né costumi né
abitudini
- diversi in mezzo agli uomini
- Babele è morta, non si può
tollerare
- un genoma diverso.
- A lungo resistemmo, a lungo
impavidi
- ci trovarono le armi e le blandizie
- sterile il seme e ingravide le
donne
- non cedemmo giammai, nessuno chinò il
capo
- di fronte alle sevizie e infine
eserciti
- contro di noi, gli ultimi eserciti
- per stroncare i diversi
- E' questo il giorno è questo il primo
sole
- dei nuovi Dei; a noi solo la morte
- ne ricordo ci sarà che cancellata
- è già la storia e nessuno ha
memoria.
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- CANTO DECIMO
- DELL'ARTE
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- Nobile Clito, figlia del dio bello
- di te dirò di quando tu
nascesti
- dal ventre della terra e la più
chiara
- tra le ninfe fosti e dissolvevi
- col tuo canto vibrante ogni
pensiero
- che oscurasse la vita e bevevi
- le lacrime degli uomini e col
sangue
- libavi degli uccisi e l'infinito
- Oceano ti bagnava il corpo
- età forte era quella età di
vita
- a braccio della morte, età di
forti
- vergine il mondo e ad ogni cosa il
nome
- E tu crescesti e solo del più
alto
- frutto dell'albero ti nutristi e l'acqua
- ti dissetò di limpida
fontana
- e tu bella splendevi ed ai mortali
- gioia donavi più sottile e
fine
- poi nulla reputasti fosse degno
- delle cose del mondo alla tua forma
- e solo di te stessa ti nutristi
- sin che ti dissolvesti: Nobile
Clito
- nulla resta di te, il nulla è a
noi
- ora che più non sei e il
silenzio
- grava pesante sopra il nostro
lutto.
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- CANTO UNDICESIMO
- DELLA PIETAS
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- " Morte, morte che ghermisci e
togli
- a noi ogni cosa e ci doni il nulla
- tu improvvisa, tu agra, tu sottile:
- giace Polibio sotto la tua coltre
- a me lo rubasti a me che nulla
- è rimasto se non che queste
lacrime
- che sul tumulo verso e pazza spero
- che a me ritorni che tu lo
riconduca
- a me dal buio che lo attanaglia.
- Ritornerò -disse- ritorneranno i
baci
- sul tuo candido collo, ancora amore
- ci sarà per noi :
- O Polibio, Polibio, come si è
infranto
- ogni tuo sogno e io che muta parlo
- a te muto e già dispero e
ardo
- che dalla tomba esca la tua voce
- e mi consoli e mi riposi accanto
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- Così parlò Ermione e poi che
l'avversa
- stagione prese il mondo in sé si
chiuse
- e con dolcezza attese
- che primavera giungesse e coi
tepori
- del vento placasse il suo dolore
-
- E altri pianti saranno per Ermione.
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- CANTO DODICESIMO
- LA LETTERA
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- Cos'è mai questo tuo atteggiamento ?
Quale nesso vuoi che abbiano queste cose con noi?
Il dare voce a così insignificanti vicende,
il raccogliere lamenti, non è questo il
compito che a te tocca
- So bene che queste cose esistono, ma
è nel nome di un disegno infinito che
avvengono le cose, e di questo disegno noi siamo i
costruttori e gli artefici; ma tu irridi la nostra
forza, ci presenti come un popolo di prevaricatori.
Se abbiamo eliminato molte facilonerie ciò
non significa che non siamo tolleranti, e il
dettare delle regole necessariamente limitanti,
è proprio ciò che ci ha permesso di
affermarci; ma tu narri di eventi che nulla hanno
da spartire con noi e con questi tenti di
scalfirci: non così si governa e non
scrivendo così si rende un servizio alla
storia.
- Ed è per questo che la mia preghiera
è che ti ravveda e non ti tocchi altra sorte
oltre quella di essere compatito e tollerato, ma tu
non recedi, più ti si richiama più
insisti nel tuo dettato, quasi t'avesse colto una
missione da cui non sai o non vuoi
liberarti.
- Scrivi il tuo inno per Roma e tutte le tue
colpe ti saranno perdonate.
- L'Imperatore è buono e saggio; Ave
atque vale
- Petronio
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