- OUVERTURE
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- Reggere l'Impero, come fare
- se i cittadini sono tutti
anarchici?
- tu prova, tu soppesa la bilancia.
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- CANTO PRIMO
- I GRECI
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- Che in inglorioso modo sia finita
- la vita
- era destino che così
volgesse
- la messe
- da più sicure mani fu
raccolta
- accolta
- in granai fidi e sicuri
- La troppa libertà ci ha
rovinati
- ci ha ridotti schiavi la saggezza
- tra la nostra coinè e quel
dialetto
- estremamente barbaro ha deciso
- qualcosa che era a ciò del tutto
estraneo
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- Qui il pensiero si afferma con la
spada
- nuovi armamenti dovevano inventare
- i nostri governanti più che
fare
- disquisizioni egregie sulle cose
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- Nella cosa è il destino della
cosa
- e gli accidenti volgono alla cosa
- perché non sia sottratta al suo
destino
- Li tengono nei circhi e fanno
scherno
- della cadenza sinuosa e ampliativa
- ripetitiva è la triste
strofa
- ma questo lo ignorano al momento
- sgomento sarà il volto e l'atroce
- voce ripeterà queste cadenze
- demenza coglie prima o dopo e dura
- si fa la lotta per la sopravvivenza
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- Beato chi sta al centro delle cose
- chi delle cose coglie l'avvenenza
- e può dire che tutto è la
parola
- nelle armi può dire sta
l'essenza
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- Orrendo, orrendo, mostruoso e
orrendo
- a mezzo della disputa trovarsi
- fuga non si trova che allo scampo
- porti e strappi via dai maramaldi
- La vanità li rode e li
consuma
- li brucia come fiamma l'ambizione;
- l'asino noi si diventa e ci si gioca
- di sopra la partita, la contesa
- acre si fa per riempire il fosso
- varia l'argilla sotto mano esperte
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- Ma i castelli di sabbia frange il
mare
- scava l'acqua che gocciola la
pietra
- la vanità che suona la sua
cetra
- arrestare non può il fatale
andare
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- Qui non si esce che per funerali
- le ali
- qui non battono da tempo
- il vento
- non filtra oltre la porta
- è morta
- la parola nella strozza
- Malaugurato chi non corse al tempo
- chi non colse al momento
l'occasione
- chi si isolò senza essere
isolato
- seguendo un sogno e ne restò
stregato
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- Ma mortale è la vita e finché
dura
- sesso e potere son sovrastruttura
- alienano i conviti e la bellezza
- la salute del corpo dà
l'ebbrezza
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- Libera nos Domine ab afflictione
- dalla scienza che diventa opinione
- dall'opinione libera nos Domine;
- dalla necessità che non fa
scienza
- di fragile materia costruito
- distrutto è il corpo! Fa che non sia
- disperazione, Madre, la preghiera
- l'indecisione caccia che il
tormento
- più ci allontana e più ci
inaridisce
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- Togli Signore dal mondo l'opinione
- toglici dalla dura costrizione
- più dolce è la preghiera se
serena
- la voce si alza di certezza piena.
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- CANTO SECONDO
- I BUOI
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- Siamo esiliati in patria;
- peggior sorte di questa raramente
- qualcuno ha avuto; buoi al macello
- peggior sorte non hanno, stare in attesa
- al giugulo e rinviati
- al giorno appresso e poi al giorno
ancora
- Tutto si può su noi, nessuna
Legge
- preserva la nostra carne, in
catalessi
- l'anima è posta, unica fuga era
questa
- per lei, rimasto è il corpo
- al gioco dei ragazzi rivessato
- Legheranno l'uretere, rigonfierà
l'urina
- la nostra carne, ci stordirà il
fetore dello sterco
- nella stalla, in attesa dell'evento
- Mai giungerà!
- Leggi non sono per stranieri in patria,
- divino limite non c'è, non c'è
l'umano
- ritegno per la carne
- voce non s'alza che preservi il
lutto,
- brivido si fa il muggito, di
piacere
- li inebria il nostro sangue quando
fiotta,
- poi ci spingono fuori con la sferza
- legge non c'è che imponga loro il
Fato,
- ben sicuri essi sono, non s'alzerà
per noi
- nessuna spada vindice, nessuna
sferza
- percuoterà le loro carni per
vendetta;
- parenti e amici hanno rinnegato ogni cosa di
noi
- che ben ci accada ciò che ci
accade
- e ci si addica il lutto
- Ed è esilio per noi la nostra
casa
- la terra che ci nutrì copre il suo
volto
- se condotti al macello supplichiamo
- che s'apra e inghiotta noi e la
genia
- dei vessatori pavidi dei prezzolati
imbelli.
- Non crediamo alla Morte! troppe
volte
- la lama si è retratta, troppe
volte
- appesi per i piedi abbiamo atteso
- la strozza aprirsi!
- Altro Fato non c'è per noi che
questo
- non c'è uscita per noi dal
labirinto!
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- CANTO TERZO
- IL VIAGGIO
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- Oltre le case, il mare. Il vasto Oceano ci
prenderà; è questa l'ora di prendere
il largo. Dal nostro Tempo fummo estranei, dal
nostro come da qualsiasi altro. Via via le passioni
scemano, gli ideali svaniscono e ci troviamo a
inseguire un qualcosa che noi stessi non sappiamo e
annaspichiamo in ricordi che vorremmo ci facessero
vibrare e invece non suscitano alcuna emozione;
forse un sogno, forse un errore della mente in
quest'ora scandita mentre senza slancio ci
appressiamo ad un viaggio in un Impero che non
riusciamo più a comprendere. Stancamente
saliamo sul vascello e tutto è in ordine e
sul tavolo il foglio e la penna ci attendono, quasi
a invitarci a narrare cose strabilianti e invece
noi sappiamo che nulla potrà interessarci e
se anche ci giungesse qualche voce, noi non la
sapremmo comprendere. Le cose si susseguono, a
volte sembrano stagnare ,a volte incalzano, in
questo noi non siamo che disattenti spettatori di
uno spettacolo tanto desiderato e che ora
più non interessa .
- L'Impero, la Repubblica, la Legge, tutto ci
lascia indifferenti e tuttavia non possiamo
rinunciare al viaggio anche se non ha meta e
nessuno ci attende se per procellosi mari e per
alterne vicende noi giungeremo. Di certo avremmo
voluto un altro cuore, avremmo voluto non essere
così stancamente oziosi sino a rinunciare a
credere in noi stessi, nella nostra volontà
alla nostra ricerca. Partimmo ben più
coraggiosi e ora ci sembra che una patina di
ridicolo copra tutte le nostre cose, nostre e di
altri. Non c'è parola scritta che ti salvi,
non c'è eco che riverberi una frase, cenere
quello che fu lasciato, evanescente quello che
cerchiamo. Eppure andiamo, come se la stanca
stagione non volesse altro da noi che percorrerla
senza che essa ci dia qualcosa di sé,
chissà se spinti da improvvisi bisogni non
riusciremo a trovare quel nome per cui partimmo e
che tutto racchiude. Proiettati da una notte senza
sogni in questa luce ci avviamo verso un'altra
notte: riempire il giorno, è l'ordine dei
padri e proprio noi non vorremmo
eseguirlo.
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- CANTO QUARTO
- NISO
-
- E sarà questa notte di
Agosto
- e sarà questa notte ma è
paura
- ritrovare un amico perduto
- --e qui è il passo dell'infinito,
- a questo punto avevamo lasciato Dio.
- E sarà questa notte d'Agosto
- in un'angoscia sul libero arbitrio
- a metterti paura raccontare
- cose che non dividi con nessuno
- ---da quanto tempo non dividi con
alcuno
- le tue angosce? e chi ti ascolta
- le saprà ascoltare? Non credere alle
donne
- queste angosce non hanno nessun
corpo
- e non vogliono corpi a consolarle.
- Ma è una strana paura che ti toglie
- il fiato a cominciare del discorso.
- Sino a che punto i nostri passi sono
- dettati da noi stessi, a quale
punto
- s'inserisce quel quid che non
concede
- che il passo possa essere diverso
- come diverse vie che ci conducono
- ad una sola orma, che ci aspetta;
- ma esiste questa orma o siamo noi
- che dopo averla calcata
annaspichiamo
- in un tetro dejà vù che non
concede
- altra uscita che non sia
accettazione?
- ma è mai possibile questo o sono
solo
- le poche varianti di un destino
- che non è mai esistito?
- Forse la Morte? Non credo!
- Penso che morirei in questo istante
- pur di sapere. E se poi non c'è
nulla?
- Non saprei! Sarebbe atroce! Non potresti
- saper di non sapere! So che c'è
sempre
- un numero più alto, il numero
è infinito
- un astratto che indica un concreto
- e se i concreti finiscono tu puoi
continuare
- ancora a numerare, crearti un
infinito
- inesistente.
- Perché spezzi il discorso,
perché non dici
- che non è l'infinito che
t'angoscia
- perché dai colpe al Fato e non
ammetti
- che i tuoi mali hanno un recapito a te
noto
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- Dove sei stato? Perché sei andato,
Niso?
- troppo silenzio intorno a me , tu non
andare;
- scaccia i fantasmi con la tua
realtà
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- CANTO QUINTO
- IL TEMPO
-
- Tempo del tempo e tutto era nel
tempo
- realtà che più non sono,
ordine nuovo
- tempi antichi svaniti , civiltà
morte
- e tu che chiedi cosa mai fosse
- al principio del tempo, quale
ordine
- vegliasse sulle cose: io vegliardo
- gravido d'anni, stanco di memorie
- in quest'eremo vivo e contemplo
- le infinite fanìe e la
solida
- certezza dell'essenza: era in Principio il
tempo
- ed era all'uomo
- legge fisica amica che poteva
- compenetrarsi l'uno all'altro e
tutto
- egli provava dell'umana ventura
- ché di infiniti uno era il
corpo
- una la mente una la ragione
- e tutto egli provava ma atroce
- dono era questo ché il
dolore
- entrava nella carne e frastornava
- ogni pensiero o palpito
- a ciò gli dei limite posero alla
consustanza
- e legge imposero nuova che i corpi
- incompenetrabili fossero tra loro
- Questa è la prima storia, accanto a
questa
- altre ne avvennero che sconvolsero il
mondo
- Ma ora parla, dimmi chi ti spinse
- a queste rocce solitarie ed aspre
- tra cammini di sangue e di terrore
- sei tu un uomo eppure non somigli
- ad alcun uomo, non vuoi verità
salde
- Tu vuoi il Tempo , ma sei solo nel
Tempo.
- In principio era il tempo ed era il
tempo
- divinità crudele che
inghiottiva
- i propri figli e quello che creava
- contro il tempo si mossero gli dei
- aspra la lotta in bilico le sorti
- infine il tempo trionfò ma
volle
- che procreando agli uomini concesso
- fosse di credere di aver tratto
vanto
- Questo ora sai che nessuno ricorda
- quel che tu sai ora non è che
cenere
- fu spenta la memoria; al quotidiano
- s'affannano i viventi
- quei pochi che partirono, perirono
- chi rimase, sta calcando la scena.
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- CANTO SESTO
- GLI USI PERSICI
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- Lasciate che nidifichino gli
uccelli
- lasciate loro un buco nelle case
- loro che Dio non hanno ma per loro
- il grano cresce e l'erba si matura
- vent'anni ,vent'anni andati via
- e briciole di veleno rabberciate
- per un ultimo orgasmo addominale
- e poi nulla e poi ancora orgasmi
- e braccia martoriate e sputi su noi
- Se veramente fossimo
- come l'erba del campo e ci
soffiasse
- il vento sopra e allora più non
fossimo
- sottilmente svanito ogni pensiero
- sottilmente rubata la vita
- vedo i suoni che diventano colori
- vedo me stesso fronteggiarmi e sono
- il nulla che stravolge ogni mia
idea
- Ecco, il braccio è vostro, a voi
l'ingiuria
- il progetto riesce, senza rischio
- portate la stoccata.
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