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"La vita come Mito
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Alessandrina

Canto Diciottesimo:SALOME' O DELL'INELUTTABILE - Canto diciannovesimo: DEL SOFISMA E DELLA FORMA - Canto ventesimo: LA METAMORFOSI - Canto ventunesimo: DELLA LETTERA DI SENECA E DEL LIMITE - Canto ventiduesimo: LISANIA
 
Per leggere dal canto primo al canto quinto "Alessandrina"
Per leggere dal canto sesto al canto dodicesimo "Alessandrina"
Per leggere dal canto tredicesimo al canto diciassettesimo "Alessandrina"
 
 
 
CANTO DICIOTTESIMO
SALOME' O DELL'INELUTTABILE
 
Il velo, il lungo velo, ai piedi. La stanza vuota. Erodiade seduta fissava la figlia ." Nessuna colpa ricadrà su di noi, figlia mia , e nessuno mai ci biasimerà; tu hai fatto sussultare un vecchio cuore, quale dono più grande è dato a donna , vita mia. Oh, non temere, le loro minacce si sono già perdute nella notte, nessun'eco le ha raccolte, e non Lui, Lui con le sue pretese, oh, non Lui ci fece paura. Lascia , figlia mia questo tuo velo, fa che cada e discopra la bellezza, e nessuno mai ci condannerà; la nostra forza è questa, la parola debole , il punto in cui si incrina il pensiero e un altro pensiero vi si mesce e lo trasforma.
Queste cose diceva la madre alla figlia, e molte ne celava e questo rispose la figlia, Volto di Luna:
" Non questo mi tormenta, madre mia, il mio pensiero vaga molto lungi; riandare a prima, il volto tuo teso, il Tetrarca accanto a te; " danza--mi dice-- danza , e nulla ti sarà negato" E io danzo, il velo bianco si sprofonda ai piedi, e io danzo, la musica, la Luna in cielo, la mia pallida Luna, infine, chiedi, mi dice, io parlo, e come se tu parlassi; il tuo volto ridente. Riandare a prima il volto tuo teso, Erode accanto a te concupiscente, e io danzare, ripetere ogni mio gesto, poi la musica ferma! Tetrarca impaurito: "La testa del Battista!" e riceverla qui, nel piatto aurato, e la tua gioia, o madre mia, e il mio dolore; e ripetere le tue parole, e riavere il mio volto; e non era già stato, e noi non sapevamo, né il nostro sentimento , né le parole usate.
Questo diceva Salome' volto di luna e di colpo di fermò, qualcosa la impauriva, la pietra su cui batte lo zoccolo e si impenna, alla fragile bellezza unita la paura. " E se sbaglio, e se anche riuscissi, e se è tutto sbagliato ciò che penso" Era solo, l'altro se ne era andato senza che se ne avvedesse. Discorsi vuoti, ore buttate al tempo.
 
 
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CANTO DICIANNOVESIMO
DEL SOFISMA E DELLA FORMA
 
 
 
Non c'è notte ciclica che avvolga
non c'è sogno ma pietra e non s'ode
che il seno aspro duro invalicabile
dell'amante infedele, l'ombra
s'allunga alle pareti e si distende
E sembrerà che il tempo si fermi
e come roccia e insormontabile il passo
non aver detto niente, non aver udito.
L'umida stanza ,s'insinua nei meandri
sapore acre di bellezza efèba
non saputa gustare e tagliava
come filo di seta fra le carni
nulla di più che sangue nella fiamma
s'insinua efèba all'alto e poi riaffiora
il sogno
 
 
E l'aria era fredda sferzava
voglia pungente di giungere
qualcosa sfugge, qualcosa che di colpo
svanisce e non lascia
che istanti a smemorare istanti
e penso che nulla sia vero
ma ogni cosa si presti
a ciò che noi vogliamo
e ci inganni coi suoi limiti
e poi penso che per sfuggire
avrei dovuto rimanere immobile.
Ciò che ci uccide è il fatto
quello che non possiamo disviare.
L'immensa biblioteca si squaderna
come sole che giunge e disvelte
sepolcro vivente che si cela
dietro candele, erte solide mura
d'una sola vita, poco, poco,
per viverne le facce che ci offre
L'alto mare varcato confondeva
aurora e tramonto, noi non potemmo
capire, noi non potemmo
intuire
la forma estrema involta nella notte,
 
I begli occhi di toro, i begli occhi
le mani mie
Fuoco di fiamma lontana ci brucia
ci plasmammo dolcemente
il leggier movimento accennando
cadenze ignote passi
perduti e non voluti più
ritrovare
Bellezza morta, bellezza accennata
volto di Laurana vissuto in altro tempo
 
 
 
E canteremo Lei anima mia
Lei che rapisce sembra
il risveglio al mattino e dirsi
"vivo?!, vivo?!" e non mi è oscuro il desiderio!!??!!"
 
 
Ma poi che giovinezza discolora
ed è già oggi, il tempo ci ghermì
restò la fiamma
 
"SE TU SEI D'ALESSANDRIA ,TU CAPIRAI VIANDANTE
LA NOSTRA FOGA SAI, LA VOLUTTA' BRUCIANTE"
 
 
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CANTO VENTESIMO
LA METAMORFOSI
 
 
Eppure, eventi intercorsero tali che nostra vita fu modificata, modificata fu la nostra vita. per sempre. Comunque in amicizia qualcuno tentò di salvare il salvabile, Ottimo rimedio ai dolori, produrre altro dolore in altra parte, al primo superiore, ( principio Ippocrateo, distogliere la Psiche dal fatto ) ( poi si avvide che era solo desiderio: o povera Psiche truffata da Sorelle, Afrodite ed Apuleio ), e il reato non fu giudicato ) E infine , meglio e bene che questo sia successo; un bene un vero bene. Capire !Oh sì! tutto perfettamente capibile e accettato: " E' giusto". E questa sera finalmente, davanti a questo cielo, ( che non c'è ) con sottofondo musicale, tra candelabri sparsi e lei di fronte ( e non c'è, non c'eri mai, povera scema): "Non è giusto" Oh finalmente stasera!!
( Seneca: Lettere a Lucilio: non ricordo perfettamente il passo dove dice che il rendersi conto è il primo miglioramento) e accettata infine la Pascaliana scommessa, ribaltandola. Abulia, volgarissima abulia eletta a sistema.
Evviva la Bellezza Prorompente d'Estate
 
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CANTO VENTUNESIMO
DELLA LETTERA DI SENECA E DEL LIMITE
 
 
Se la cosa fatta è fatta, se la cosa perduta è perduta se ciò che è fatto non può essere disfatto, né tu né io né le nostre tentazioni potranno modificare tutto questo, ne io voglio che sia modificato.
Quindi le parole. Parole quale ultimo lugubre tentativo di trovare parlando una soluzione. E sempre l'ospite sopraggiunto ci toglierà la possibilità di concludere. Ben accetto anche questo, se l'amico si discoprì nemico, e il tutto ci servì per alibi.
Di poi il resto.
Per ciò io non so se le attuali repliche della vita, non siano che la mia incapacità di scrivere qualcosa di diverso, o se è qualcun altro che su rivela in questo modo, ottuso.
Eppure io proverei un sottile piacere nel definirmi il più grande costruttore di situazioni equivoche, se l'esaltazione più sfrenata, e la più squallida ironia, non s'addicessero più ad un ubriaco in una sera estiva, che a noi, che, in una tranquilla notte di primavera, cerchiamo soluzioni a problemi più grandi di noi stessi
D'altra parte, parole come "morbosità" "sensazioni esaltanti" "urti bestiali" fanno parte di un retaggio culturale che ci è completamente estraneo , e noi non siamo né intellettuali ingenui né falsi innocenti, da lasciarci irretire da queste cose.
Così non resta che fare il computo dei giorni passati, della vita vissuta, incassettarli ben bene lasciarli lì ad aspettare che la polvere li copra, che essi stessi poi, per un naturale processo di trasformazione, diventino polvere.
Ben poco questo, eppure sintomo del mio amore diverso, e di ciò che di diverso non è in me; ricevilo come risposta alle tue cose e come conclusione, con tutte le altre cose non dette. Se
serva o non serva sarà il tempo a dircelo; io da questo, traggo la forza di vivere.
 
 
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CANTO VETIDUESIMO
LISANIA
 
 
 
Perciò
messe le poche cose sulle spalle
partimmo, ci avrebbero accolto
delusioni e rifiuti, avremmo detto
constatazioni, nient'altro che constatazioni per noi
a tutto preparati, previgenti di tutto.
A Marzo
iniziato il viaggio a ritroso;
ma non saremmo andati, da lontano
avremmo visto l'isola
sul limitare fermi, nella foschia
guardare e rimpiangere
Felicità raggiunta e altre cose in noi
mai vere
ogni cosa voluta
e avuta nel rifiuto
poi scrivemmo
tema costante la nostra eterna morte
e Marzo genitore
Marzo dal languido saluto ai sentimenti
Partire
e ciò che fosse stato
qualunque
sorte ci si fosse presentata
le poche nostre cose con noi
Poi, se una notte al buio
scivolerà la mano
e, svegliatoti
non io -dirai-
non così pensavo, non volevo
questo- fa voti
che ogni notte ritorni
non accendere lucigni per vedere
non stare in ansia all'arrivo
che ogni notte ritorni, e molte gioie
ti saranno riservate
nelle tua breve vita Catullo
ché il bene compiuto non si perde
non si perde il lungo dare
ogni notte ritorni e sgomento
Lisania ti si mostri
ad altri mai appartenuto.
 
 
 
 
RONDO'
 
Come se questa fosse una sinfonia, dolce sinfonia del mio inferno. Ho messo i vecchi abiti per l'addio. Eumène, figlio dell'aria, il tuo male fu un sogno , ma se un Essere fosse venuto e avesse detto: "questo desideravi e questo ti viene dato , e questo ancora, senza che tu lo chieda".
Ti lasciai lì, nella notte autunnale, sperduto nei labirintici sofistici della tua mente, inebetito a ripeterti, che il bene e il male non hanno alcun valore, che è l'esistenza a limitare l'esistenza, e che vale avere le cose non desiderate, o il desiderato, se chiesto e duramente pagato.
Se fosse servito il pianto, se anche per te fosse servita la Visione!
Di tutto questo nulla. Pure , se l'immagine è del bosco, le tue parole tornano, ogni mia cosa perde i suoi contorni.
 
 
 
COME DIO VOLLE, PRIMA DELLA MORTE
 
 
IN FEDE, IN MALAFADE, NEL SUPERAMENTO
 
Nessuno, il mio nome: Nessuno!
 
 
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Inserito il 25 gennaio 2000