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- CANTO
DICIOTTESIMO
- SALOME' O DELL'INELUTTABILE
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- Il velo, il lungo velo, ai piedi. La stanza
vuota. Erodiade seduta fissava la figlia ." Nessuna
colpa ricadrà su di noi, figlia mia , e
nessuno mai ci biasimerà; tu hai fatto
sussultare un vecchio cuore, quale dono più
grande è dato a donna , vita mia. Oh, non
temere, le loro minacce si sono già perdute
nella notte, nessun'eco le ha raccolte, e non Lui,
Lui con le sue pretese, oh, non Lui ci fece paura.
Lascia , figlia mia questo tuo velo, fa che cada e
discopra la bellezza, e nessuno mai ci
condannerà; la nostra forza è questa,
la parola debole , il punto in cui si incrina il
pensiero e un altro pensiero vi si mesce e lo
trasforma.
- Queste cose diceva la madre alla figlia, e
molte ne celava e questo rispose la figlia, Volto
di Luna:
- " Non questo mi tormenta, madre mia, il mio
pensiero vaga molto lungi; riandare a prima, il
volto tuo teso, il Tetrarca accanto a te; "
danza--mi dice-- danza , e nulla ti sarà
negato" E io danzo, il velo bianco si sprofonda ai
piedi, e io danzo, la musica, la Luna in cielo, la
mia pallida Luna, infine, chiedi, mi dice, io
parlo, e come se tu parlassi; il tuo volto ridente.
Riandare a prima il volto tuo teso, Erode accanto a
te concupiscente, e io danzare, ripetere ogni mio
gesto, poi la musica ferma! Tetrarca impaurito: "La
testa del Battista!" e riceverla qui, nel piatto
aurato, e la tua gioia, o madre mia, e il mio
dolore; e ripetere le tue parole, e riavere il mio
volto; e non era già stato, e noi non
sapevamo, né il nostro sentimento ,
né le parole usate.
- Questo diceva Salome' volto di luna e di
colpo di fermò, qualcosa la impauriva, la
pietra su cui batte lo zoccolo e si impenna, alla
fragile bellezza unita la paura. " E se sbaglio, e
se anche riuscissi, e se è tutto sbagliato
ciò che penso" Era solo, l'altro se ne era
andato senza che se ne avvedesse. Discorsi vuoti,
ore buttate al tempo.
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- CANTO
DICIANNOVESIMO
- DEL SOFISMA E DELLA FORMA
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- Non c'è notte ciclica che
avvolga
- non c'è sogno ma pietra e non
s'ode
- che il seno aspro duro invalicabile
- dell'amante infedele, l'ombra
- s'allunga alle pareti e si distende
- E sembrerà che il tempo si fermi
- e come roccia e insormontabile il
passo
- non aver detto niente, non aver
udito.
- L'umida stanza ,s'insinua nei meandri
- sapore acre di bellezza
efèba
- non saputa gustare e tagliava
- come filo di seta fra le carni
- nulla di più che sangue nella
fiamma
- s'insinua efèba all'alto e poi
riaffiora
- il sogno
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- E l'aria era fredda sferzava
- voglia pungente di giungere
- qualcosa sfugge, qualcosa che di colpo
- svanisce e non lascia
- che istanti a smemorare istanti
- e penso che nulla sia vero
- ma ogni cosa si presti
- a ciò che noi vogliamo
- e ci inganni coi suoi limiti
- e poi penso che per sfuggire
- avrei dovuto rimanere immobile.
- Ciò che ci uccide è il
fatto
- quello che non possiamo disviare.
- L'immensa biblioteca si squaderna
- come sole che giunge e disvelte
- sepolcro vivente che si cela
- dietro candele, erte solide mura
- d'una sola vita, poco, poco,
- per viverne le facce che ci offre
- L'alto mare varcato confondeva
- aurora e tramonto, noi non potemmo
- capire, noi non potemmo
- intuire
- la forma estrema involta nella
notte,
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- I begli occhi di toro, i begli
occhi
- le mani mie
- Fuoco di fiamma lontana ci brucia
- ci plasmammo dolcemente
- il leggier movimento accennando
- cadenze ignote passi
- perduti e non voluti più
- ritrovare
- Bellezza morta, bellezza accennata
- volto di Laurana vissuto in altro
tempo
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- E canteremo Lei anima mia
- Lei che rapisce sembra
- il risveglio al mattino e dirsi
- "vivo?!, vivo?!" e non mi è oscuro il
desiderio!!??!!"
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- Ma poi che giovinezza discolora
- ed è già oggi, il tempo ci
ghermì
- restò la fiamma
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- "SE TU SEI D'ALESSANDRIA ,TU CAPIRAI
VIANDANTE
- LA NOSTRA FOGA SAI, LA VOLUTTA'
BRUCIANTE"
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- CANTO
VENTESIMO
- LA METAMORFOSI
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- Eppure, eventi intercorsero tali che nostra
vita fu modificata, modificata fu la nostra vita.
per sempre. Comunque in amicizia qualcuno
tentò di salvare il salvabile, Ottimo
rimedio ai dolori, produrre altro dolore in altra
parte, al primo superiore, ( principio Ippocrateo,
distogliere la Psiche dal fatto ) ( poi si avvide
che era solo desiderio: o povera Psiche truffata da
Sorelle, Afrodite ed Apuleio ), e il reato non fu
giudicato ) E infine , meglio e bene che questo sia
successo; un bene un vero bene. Capire !Oh
sì! tutto perfettamente capibile e
accettato: " E' giusto". E questa sera finalmente,
davanti a questo cielo, ( che non c'è ) con
sottofondo musicale, tra candelabri sparsi e lei di
fronte ( e non c'è, non c'eri mai, povera
scema): "Non è giusto" Oh finalmente
stasera!!
- ( Seneca: Lettere a Lucilio: non ricordo
perfettamente il passo dove dice che il rendersi
conto è il primo miglioramento) e accettata
infine la Pascaliana scommessa, ribaltandola.
Abulia, volgarissima abulia eletta a
sistema.
- Evviva la Bellezza Prorompente
d'Estate
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- CANTO
VENTUNESIMO
- DELLA LETTERA DI SENECA E DEL
LIMITE
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- Se la cosa fatta è fatta, se la cosa
perduta è perduta se ciò che è
fatto non può essere disfatto, né tu
né io né le nostre tentazioni
potranno modificare tutto questo, ne io voglio che
sia modificato.
- Quindi le parole. Parole quale ultimo
lugubre tentativo di trovare parlando una
soluzione. E sempre l'ospite sopraggiunto ci
toglierà la possibilità di
concludere. Ben accetto anche questo, se l'amico si
discoprì nemico, e il tutto ci servì
per alibi.
- Di poi il resto.
- Per ciò io non so se le attuali
repliche della vita, non siano che la mia
incapacità di scrivere qualcosa di diverso,
o se è qualcun altro che su rivela in questo
modo, ottuso.
- Eppure io proverei un sottile piacere nel
definirmi il più grande costruttore di
situazioni equivoche, se l'esaltazione più
sfrenata, e la più squallida ironia, non
s'addicessero più ad un ubriaco in una sera
estiva, che a noi, che, in una tranquilla notte di
primavera, cerchiamo soluzioni a problemi
più grandi di noi stessi
- D'altra parte, parole come
"morbosità" "sensazioni esaltanti" "urti
bestiali" fanno parte di un retaggio culturale che
ci è completamente estraneo , e noi non
siamo né intellettuali ingenui né
falsi innocenti, da lasciarci irretire da queste
cose.
- Così non resta che fare il computo
dei giorni passati, della vita vissuta,
incassettarli ben bene lasciarli lì ad
aspettare che la polvere li copra, che essi stessi
poi, per un naturale processo di trasformazione,
diventino polvere.
- Ben poco questo, eppure sintomo del mio
amore diverso, e di ciò che di diverso non
è in me; ricevilo come risposta alle tue
cose e come conclusione, con tutte le altre cose
non dette. Se
- serva o non serva sarà il tempo a
dircelo; io da questo, traggo la forza di
vivere.
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- CANTO VETIDUESIMO
- LISANIA
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- Perciò
- messe le poche cose sulle spalle
- partimmo, ci avrebbero accolto
- delusioni e rifiuti, avremmo detto
- constatazioni, nient'altro che constatazioni
per noi
- a tutto preparati, previgenti di
tutto.
- A Marzo
- iniziato il viaggio a ritroso;
- ma non saremmo andati, da lontano
- avremmo visto l'isola
- sul limitare fermi, nella foschia
- guardare e rimpiangere
- Felicità raggiunta e altre cose in
noi
- mai vere
- ogni cosa voluta
- e avuta nel rifiuto
- poi scrivemmo
- tema costante la nostra eterna
morte
- e Marzo genitore
- Marzo dal languido saluto ai
sentimenti
- Partire
- e ciò che fosse stato
- qualunque
- sorte ci si fosse presentata
- le poche nostre cose con noi
- Poi, se una notte al buio
- scivolerà la mano
- e, svegliatoti
- non io -dirai-
- non così pensavo, non volevo
- questo- fa voti
- che ogni notte ritorni
- non accendere lucigni per vedere
- non stare in ansia all'arrivo
- che ogni notte ritorni, e molte
gioie
- ti saranno riservate
- nelle tua breve vita Catullo
- ché il bene compiuto non si
perde
- non si perde il lungo dare
- ogni notte ritorni e sgomento
- Lisania ti si mostri
- ad altri mai appartenuto.
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- RONDO'
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- Come se questa fosse una sinfonia, dolce
sinfonia del mio inferno. Ho messo i vecchi abiti
per l'addio. Eumène, figlio dell'aria, il
tuo male fu un sogno , ma se un Essere fosse venuto
e avesse detto: "questo desideravi e questo ti
viene dato , e questo ancora, senza che tu lo
chieda".
- Ti lasciai lì, nella notte autunnale,
sperduto nei labirintici sofistici della tua mente,
inebetito a ripeterti, che il bene e il male non
hanno alcun valore, che è l'esistenza a
limitare l'esistenza, e che vale avere le cose non
desiderate, o il desiderato, se chiesto e duramente
pagato.
- Se fosse servito il pianto, se anche per te
fosse servita la Visione!
- Di tutto questo nulla. Pure , se l'immagine
è del bosco, le tue parole tornano, ogni mia
cosa perde i suoi contorni.
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- COME DIO VOLLE, PRIMA DELLA MORTE
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- IN FEDE, IN MALAFADE, NEL
SUPERAMENTO
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- Nessuno, il mio nome: Nessuno!
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