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"La vita come Mito e rappresentazione" di Paolo Ivan Tona
- Alessandrina
Ouverture - Canto Primo O LA QUESTIONE DELL'ACQUA PUTRIDA - Canto secondo: O DELLA DECADENZA PRESUNTA - Canto terzo: O DELLA DOPPIA ESISTENZA - Canto quarto: O DELLA SFALDATURA DEL CERCHIO E DELLE MARIONETTE - Canto quinto: O NICCIANO
- Alessandrina
- Comunque, raggirarono anche Lui
- costruirono aghi
- con crune più che sufficienti
- Questo viene detto in memoria
- d'altra parte se ne considera l'inutilità
- e una successiva risposta, e così via;
- di certo c'è che mi rubarono tutto
- e quello che non mi rubarono, lo gettai
- CANTO PRIMO
- O LA QUESTIONE DELL'ACQUA PUTRIDA
- E che la catarsi sia il pianto!
- Questo è molto importante per noi;
- così, dopo aver passeggiato con lei,
- avendo commisurato l'antico e il nuovo
- senza che ci si avvedesse di qualche differenza,
- noi si ripeta le fatidiche parole:
- " Ancella,
- è putrida la tua acqua
- perché possa dissetarmi"
- e quindi ci si domandi
- se quel che veniva appresso
- fosse lecito toglierlo o no,
- indice, questo, di maturità artistica
- (nessuna illusione, era chiaro,
- che poi sarebbe venuto qualche cretinetto
- e avrebbe detto: maldestra opera di ciabattino
- è questa: misconosce le più fondamentali regole)
- forse fu l'età, forse fu l'esperienza;
- cioè, l'età no!
- l'età in questi casi non conta
- infine
- fummo costretti a ricrederci
- fu ai primi di Dicembre, anno triste
- quello; non si sapeva di che vivere,
- andammo a ripararci sotto un portone,
- ci sloggiarono anche di là
- non sapevamo dove andare, noi,
- non ci avevamo mai creduto;
- poi Lucio disse:" che be"a "
- certo, fu l'esperienza, Laura e Simonetta
- ci si affacciarono al cuore
- e ci fu facile capire
- No, di mezzo non c'è nessuna divina armonia
- gli è che ci stiamo esaurendo;
- abbiamo fallito. Très bien, abbiamo tentato!
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- CANTO SECONDO
- O DELLA DECADENZA PRESUNTA
- Ho sognato che davanti la casa piantavano alberi, e si aggrappavano ai muri, e verdi e un mondo
- mai visto.
- Forse da oggi ritorna il trionfo!
- Sono stati i figli a distruggerci - ha detto la zia - i malacondotta, come te.
- L'odore era di fieno, per tante stanze che mai tante pensavo potessero stare insieme, come in ricordi, il dolore delle porte che non si volevano aprire - Nel 1778, Adalberto, il nipote, ottenne di portare il titolo di Marchese - "Sono stati i figli, tutti buoni a niente, a distruggerci, i malacondotta" Questa famiglia proviene dalla Svizzera, aveva un castello nel Trentino, col suo nome, poi che fu distrutto. . . . . . . . .- E' stata la malasorte che ci ha distrutto, lo zio...... " fu ricostruito in un altro luogo con lo stesso nome. . . . -"
- Il germe e la miseria continuavano a scorrere più lentamente, mi guardavo intorno ,nella biblioteca lì accanto: Euclide : panta rei.
- " Questi libri sono dell'AVVOCATO . . . . " L'odore era di fieno, gli androni chiaroscurali, la Morte.
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- CANTO TERZO
- O DELLA DOPPIA ESISTENZA
- Mi era al pensiero come un muro altissimo contro cui cozzavo e mi era impossibile superare, mentre intanto il cervello cominciava il suo vortice, e lo afferravo tra le mani , a spappolarlo
- cercavo di far uscire i pensieri dalla parte superiore del cranio, dalla fronte era come non esistessi più, e il pensiero si riduceva a ripetere meccanicamente frasi, e poi il mondo, gli stessi vecchi problemi, si erano allontanati, e, malgrado tutti i suoi discorsi, io mi sentivo tranquillo a vivere la mia apatia.
- L'ora era ferma, e tra gli esseri che si muovevano vedeva larve. I due bambini passeggiavano per la strada, eleganti, discutendo come se l'età fosse matura, fermandosi di tratto in un angolo, in un gesto già provato, lasciando che il vento portasse via il fumo delle sigarette.
- La verità ha forme che si nascondono per poter sopravvivere; sarebbe stato come dormire il pomeriggio e poi svegliarsi e non sapere , se è sera o mattina. Troppe cose straziavano la memoria. Quel mondo strano che gli era dentro e gli sfuggiva, cos'era? E se nascere avesse significato trovarsi di colpo e non capire, e se morte fosse stata tutta la vita, e non l'attimo?
- Si accorse di piangere e quei pensieri, che mille volte lo avevano tenuto, che mille altre volte lo avrebbero tenuto, e già erano fuggiti, erano il velo della sua ingenuità
- Si alzò, con gesto informe tentò di cacciare i pensieri, gli occhi si fissarono a seguire le evoluzioni di una mosca. Uscì fuori, dietro la casa. Da quanto tempo non gustava la terra! Colse una rosa , la più vistosa che affiorasse dal roseto, gettò i petali in aria, ché lo ricoprissero.
- Quale dei due comandava il gioco? Ché se si volgeva intorno , di colpo fuggiva, quello che lo fissava e gli impediva, anche di vivere; e lui glielo aveva detto allora --Julie, Julie ti amo -- e certo non si era illuso che potesse continuare quando lei gli disse le stesse cose, ché l'altro lo impediva, quello che lo conduceva per mano, nel buio.
- Chi dei due stava pensando? Certo rispondendo all'improvviso balenio, quella sarebbe stata una vittoria; ma l'altro lo irrideva, gli si divertiva pazzamente intorno. Una vittoria, sì, quella sarebbe stata una vittoria. Si alzò di colpo, non curandosi nemmeno di togliersi il terriccio di dosso, scavalcò il muro.
- La via domenicale si snodava, in lieve mormorio interrotto; quelli che non ebbero mai doppia esistenza, quelli che della doppia esistenza si irrisero, coi passi cadenzati, misuravano il tempo.
- Ora si sarebbe immerso. Lo vide davanti a sé che sogghignava, e di colpo gli fu ignoto il clamore, e di colpo sconobbe occhi che lo avevano attratto, occhi in cui aveva sperato, e le case lontane che scorrevano, quasi invitanti, quasi sponde di fiume. . . .
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- CANTO QUARTO
- O DELLA SFALDATURA DEL CERCHIO E DELLE MARIONETTE
- La mia preghiera le strisciò lungo i piedi, sino a lambirle l'orlo della veste, poi lentamente salì sino a baciarla. Non aspra giogaia, ma lieve degradare di colli, quello che l'orizzonte offriva; qui sarebbe bello pensava, vivere come sospesi, essere e non capire, se è vita o morte.
- La musica sembrava plasmarlo, i suoni pieni, dolorosi, della morte di Ansa, che tante volte avrebbe voluto udire su di sé e immaginava i gesti, il vecchio rituale già da tempo compiuto e il pianto, il vero pianto, sincero, poi il lieve dondolio, il mormorio interrotto e ancora il pianto, e prima dovevano abbigliarlo, e le mani distese ai fianchi o la corona. . . .
- Lei si volse, come se qualcosa la impaurisse. Fu così che noi fummo di colpo proiettati nell'inesistente, la voragine si apriva più che noi arrivassimo, e la certezza di toccare il fondo anch'essa vacillava.
- Io lo ricordo, quando partiva la mattina presto; roba fresca, roba rubata al sonno. Purtroppo, quando il cerchio si sfalda e non si può, porre rimedio, è allora che cade la cupola e poi che cadde la prima pietra, anzi per lungo tempo resistettero, poi il secondo e il terzo ma già da lungo tempo vacillava, e tutta la bellezza era svanita.
- Dondolio lieve , questa sera, dondolio lieve, bisogna parlare, dire che oggi abbiamo vissuto. Un fatale destino incombe su di noi, siamo marionette date in mano all'assurdo, e neppure la testa in su ci è dato alzare , neppure sapere chi taglia i fili.
- Se alzo la testa in su, inane sforzo, luce mi cerchia , e più in alto l'ombra, ciò che è nella luce lo posseggo, mi sfugge il resto, immaginarlo è assurdo; mi è data l'illusione di potere, che il cerchio d'ombra che in su mi cinge, io possa superarlo e possederlo, e nella volontà che a ciò mi piglia, a volte dimentico la luce; l'ombra è la vita , allora, e allora vivo, ciò che dell'ombra è morte;
- Chi vive nella Luce mi sconosce, noi che siamo nell'Ombra non vediamo, si mette in dubbio la mia stessa esistenza, solo la morte vera ci dà vita.
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O NICCIANO
- Cascate di luci
- torrenti di suoni
- ha sete di altezze la mia anima!
- In alto in alto!!
- E' straziante il mio grido d'amore
- solo l'odio l'accoglie.
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Inserito il 25 gennaio 2000