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"La vita come Mito
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Alessandrina

Canto tredicesimo: O DEGLI ESULI DEL PARTITO SCONFITTO E DELLA STORIA - Canto quattordicesimo: ITACA O DELLA SOSPENSIONE - Canto quindicesimo: DELL'IRONICA MORTE E DEL COMPENSO - Canto sedicesimo: LA CANZONE DI TAVERNA - Canto diciassettesimo: DELLE ANTITESI
 
Per leggere dal canto primo al canto quinto "Alessandrina"
Per leggere dal canto sesto al canto dodicesimo "Alessandrina"
Per leggere dal canto diciottesimo al canto ventiduesimo "Alessandrina"
 
CANTO TREDICESIMO
O DEGLI ESULI DEL PARTITO SCONFITTO E DELLA STORIA
 
 
L'Autunno mortale e Cassandra
velata di pianto
si spinsero in Troade, a Ilio
mischiarono cenere ed ossa
e disse: "sia il tempo" e al vento
affidò la sua veste.
Panta rei.
L'abisso del sogno si era sprofondato
portando tutti i ripensamenti
e i rimpianti
e io che muto a Firenze sostavo in Lungarno e a Roma
imprecavo
e vedevo morire la mia terra
ho ascoltato il mio inno
seduto tranquillamente
bevendo
cognac francese uccidendo
tutto ciò che la memoria ancora
s'industriava a rinascere
e a Norimberga
pendolo di uomini
per scandire il tempo
della morte e tutto il giorno
ballarono a Milano e la tristezza
e il vortice del vino
Panta rei cai panta estì.
 
 
Il canto fermo. Loro, gli esuli del partito sconfitto, e di loro non si sarebbero interessate le storie,e di loro. . . . e avrebbero voluto dire, e avrebbero voluto ancora. .. . .e ancora. E avrebbero detto, e avrebbero spiegato, e come,. . . . con la penetrazione di chi non ha più nulla, e avrebbero detto tutto, ora finalmente tutto; che soprattutto non interessava, che loro stessi si rendevano conto; se c'era stato un errore; nessun errore certo era fatale, ché, dopo tutto, quello che li attendeva. . . ,nella loro profezia prima di morte, e tutto in verità, ma che serviva dirlo.
La fiamma ferma, per il migliore effetto, e luccichio delle ultime armi, fuggendo se braccati e darsi morte; l'ambiente tipico per il dramma, la caverna o la casupola diroccata, e le cibarie, poche. E loro stessi avrebbero voluto dirlo, che forse si sbagliavano, forse volere trascinarsi tutti.
Il canto fermo
Loro, gli esuli del partito sconfitto, e di loro non si sarebbero interessate le storie e di loro non avrebbero detto nulla.
Loro che il vortice superò senza avvedersene, attendono, che l'oblio li travolga.
Del loro nome nulla. Una postilla. Nulla.
Nulla di ciò che capirono è possibile.
 
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CANTO QUATTORDICESIMO
ITACA O DELLA SOSPENSIONE
 
 
 
L'Autunno, la lieve pioggia. Il vento mi addolcisce. Non la Bellezza prorompente d'estate, la forma estiva, ma il pianto autunnale, i rumori che non hanno senso. L'assurda Estate è partita, ciò che separò il corpo, che lo condusse a vivere disgiunto, dorme. L'ombra smorta. La prima nebbia già si posa sulla collina, la pioggia ora più forte, e più forte il vento. I due cipressi ondeggiano lievi; loro che piansero il corpo, che ne sentirono lo strazio, ondeggiano lievi al ricongiungimento. L'agonizzante autunno, l'autunno della mesta felicità.
Occhi che vorrebbero leggerti e non sanno, cosa sia più in là delle mani. Che almeno questa illusione resti! Che ciò che ci illuse, oggi, almeno oggi, torni ad illuderci!
Se tu morissi. . . . ma né tu morirai né altro mi si offrirà!
Queste parole non hanno nessun'Itaca; E' la mente che gira su sé stessa . L'inutile lotta per il corpo morto mi ha dismembrato. Sto qui, ne mi curo di ciò che possa essere la mia assenza; possibilmente rivederla, ma quando? Le parole di Giordano frullano nella mente "certo, o poietès, l'amore in chiesa, magari ci scrivi un poema. Svecchiatevi!! Fuori piove.
So benissimo che non sono mai stato amato, e che neppure io ho amato, i miei drammi sono stati inventati e le mie pene neppure meritarono l'amore dell'Arte.
Non ho saputo farla rivivere; qui essa avrebbe dovuto trovare un monumento a sé stessa; né il gesto ne colsi, né il profumo.
Infine, la Sospensione ci domina, e , possedute tutte le verità, nessuna certezza ci è rimasta.
 
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CANTO QUINDICESIMO
DELL'IRONICA MORTE E DEL COMPENSO
 
 
 
Nessuna fece mai follie per noi
noi non facemmo mai follie
nessuna arrossì, non allibì nessuna
da parte nostra fu similemente
nessuna ci guardò
né noi guardammo
nessuna mai ci amò
in compenso neppure noi amammo
la nostra vita si svolse in perfetto
compenso, possiamo ora con serenità accettare
la Morte nostra.
Sorella Morte contro cui lottammo
con questi versi e con illusioni
che ci disviarono; Sorella Morte solo te amammo
Odi et amo quare id faciam fortasse ecc. ecc.; Sorella Morte
ti sia compenso al tuo il nostro affanno e sebbene
l'uomo sia
l'animale più infelice
e l'unico che tu colga, che tu cogli il pensiero
e nient'altro, Sorella Morte,
oh Sorella Nostra Morte Spirituale
Così parlò e in letizia
e perfetta comunione
spirò l'uomo
CESSA IL COMPIANTO UNANIME
S'INNALZA UNA PREGHIERA
CALATA IN SU' LA GELIDA
FRONTE UNA MAN LEGGIERA
SULLA PUPILLA CERULA
STENDE L'ESTREMO VEL
 
( SIC ! )
 
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CANTO SEDICESIMO
LA CANZONE DI TAVERNA
 
 
 
Innamoratomi 15 volte in 15 giorni, pace all'anima mia
impossibile riuscire a scrivere un verso decente, pace all'anima mia
di professione studente pittore reporter musicista scrittore
futuro magnaccia duce industriale possidente latifondista notaio
certamente un Po di terra e un'epigrafe: morto
ti vedo, ti rivedo e ti spoglio con gli occhi, pace all'anima mia
improvviso risuonò nella stanza: mi faccio prete: pace a voi fratelli
facile scrivere parole di seguito, pace all'anima mia
io celebro Gesù e lo sfotto: fatto prete per uccidere Cristo
pace a Lui
pace a te e luce, che vivi di fandonie
ho sonno solo sonno e voglia di morire, pace al corpo mio
t'invoco la mia pace e la mia alba sonnolenta, lo sai
povera cara testa e cara spina dorsale: pace a voi
pace a voi miei occhi dallo sguardo inebetito
pace a te mia mente e a tutti i tuoi vogliosi pensieri
a chi crede a chi non crede a chi seduto in un angolo beve vino in taverna
pace, pace, pace, in eterno , pace, pace, pace.
 
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CANTO DICIASSETTESIMO
O DELLE ANTITESI
 
Un amore quanto io possa affondare, e non queste eterne fughe e ritorni, questa pietà che si riversa su di me. Se vuoi salvarti devi peccare, devi di questa tuo corpo fare cencio; sarà che la menzogna verrà chiamata verità, ma ora che tra le prime pelurie si insinua la malizia, e la mia anima si ricopre di piombo, meglio sarebbe stato che i miei piedi avvolti rimanessero per sempre. E ti avrei amata se tu avessi voluto, se tu avessi capito che vale più non essere che essere, che se il corpo fu trovato senza testa, che non ero stato io, che non ero stato io a celarlo
e che neanche il tempo se anche lui mi avesse odiato, avrebbe potuto nulla, e i "se "e i "ma "
intercalati con ossessione monotona, non erano, che uno spiraglio al cerchio delle antitesi
 
Così avrei voluto che morisse
Sono la figlia della notte un desiderio
inespresso e appagato
io rapisco il sogno, scorre il fiume
pasto di pesci e cibo di altro cibo
la pura del vuoto città morta
accogli il passo del mio girovagare
 
Non avemmo volto fummo
farfalle senza ali
solo ciò che passa è vivo
ci raccogliamo qui
questa terra ha odore di lezzo
carne dismembrata il nostro canto
 
ma dietro ogni sogno si nasconde
la paura di morte noi vogliamo
dare tutto alla mente, non sognare.
 
L'errore , qui, è nel non saper capire
nel non sapere mescere!
 
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Inserito il 25 gennaio 2000