
- CANTO TREDICESIMO
- O DEGLI ESULI DEL PARTITO SCONFITTO E DELLA
STORIA
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- L'Autunno mortale e Cassandra
- velata di pianto
- si spinsero in Troade, a Ilio
- mischiarono cenere ed ossa
- e disse: "sia il tempo" e al vento
- affidò la sua veste.
- Panta rei.
- L'abisso del sogno si era
sprofondato
- portando tutti i ripensamenti
- e i rimpianti
- e io che muto a Firenze sostavo in Lungarno
e a Roma
- imprecavo
- e vedevo morire la mia terra
- ho ascoltato il mio inno
- seduto tranquillamente
- bevendo
- cognac francese uccidendo
- tutto ciò che la memoria
ancora
- s'industriava a rinascere
- e a Norimberga
- pendolo di uomini
- per scandire il tempo
- della morte e tutto il giorno
- ballarono a Milano e la tristezza
- e il vortice del vino
- Panta rei cai panta estì.
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- Il canto fermo. Loro, gli esuli del partito
sconfitto, e di loro non si sarebbero interessate
le storie,e di loro. . . . e avrebbero voluto dire,
e avrebbero voluto ancora. .. . .e ancora. E
avrebbero detto, e avrebbero spiegato, e come,. . .
. con la penetrazione di chi non ha più
nulla, e avrebbero detto tutto, ora finalmente
tutto; che soprattutto non interessava, che loro
stessi si rendevano conto; se c'era stato un
errore; nessun errore certo era fatale, ché,
dopo tutto, quello che li attendeva. . . ,nella
loro profezia prima di morte, e tutto in
verità, ma che serviva dirlo.
- La fiamma ferma, per il migliore effetto, e
luccichio delle ultime armi, fuggendo se braccati e
darsi morte; l'ambiente tipico per il dramma, la
caverna o la casupola diroccata, e le cibarie,
poche. E loro stessi avrebbero voluto dirlo, che
forse si sbagliavano, forse volere trascinarsi
tutti.
- Il canto fermo
- Loro, gli esuli del partito sconfitto, e di
loro non si sarebbero interessate le storie e di
loro non avrebbero detto nulla.
- Loro che il vortice superò senza
avvedersene, attendono, che l'oblio li
travolga.
- Del loro nome nulla. Una postilla.
Nulla.
- Nulla di ciò che capirono è
possibile.
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- CANTO QUATTORDICESIMO
- ITACA O DELLA SOSPENSIONE
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- L'Autunno, la lieve pioggia. Il vento mi
addolcisce. Non la Bellezza prorompente d'estate,
la forma estiva, ma il pianto autunnale, i rumori
che non hanno senso. L'assurda Estate è
partita, ciò che separò il corpo, che
lo condusse a vivere disgiunto, dorme. L'ombra
smorta. La prima nebbia già si posa sulla
collina, la pioggia ora più forte, e
più forte il vento. I due cipressi
ondeggiano lievi; loro che piansero il corpo, che
ne sentirono lo strazio, ondeggiano lievi al
ricongiungimento. L'agonizzante autunno, l'autunno
della mesta felicità.
- Occhi che vorrebbero leggerti e non sanno,
cosa sia più in là delle mani. Che
almeno questa illusione resti! Che ciò che
ci illuse, oggi, almeno oggi, torni ad
illuderci!
- Se tu morissi. . . . ma né tu morirai
né altro mi si offrirà!
- Queste parole non hanno nessun'Itaca; E' la
mente che gira su sé stessa . L'inutile
lotta per il corpo morto mi ha dismembrato. Sto
qui, ne mi curo di ciò che possa essere la
mia assenza; possibilmente rivederla, ma quando? Le
parole di Giordano frullano nella mente "certo, o
poietès, l'amore in chiesa, magari ci scrivi
un poema. Svecchiatevi!! Fuori piove.
- So benissimo che non sono mai stato amato, e
che neppure io ho amato, i miei drammi sono stati
inventati e le mie pene neppure meritarono l'amore
dell'Arte.
- Non ho saputo farla rivivere; qui essa
avrebbe dovuto trovare un monumento a sé
stessa; né il gesto ne colsi, né il
profumo.
- Infine, la Sospensione ci domina, e ,
possedute tutte le verità, nessuna certezza
ci è rimasta.
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- CANTO QUINDICESIMO
- DELL'IRONICA MORTE E DEL COMPENSO
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- Nessuna fece mai follie per noi
- noi non facemmo mai follie
- nessuna arrossì, non allibì
nessuna
- da parte nostra fu similemente
- nessuna ci guardò
- né noi guardammo
- nessuna mai ci amò
- in compenso neppure noi amammo
- la nostra vita si svolse in
perfetto
- compenso, possiamo ora con serenità
accettare
- la Morte nostra.
- Sorella Morte contro cui lottammo
- con questi versi e con illusioni
- che ci disviarono; Sorella Morte solo te
amammo
- Odi et amo quare id faciam fortasse ecc.
ecc.; Sorella Morte
- ti sia compenso al tuo il nostro affanno e
sebbene
- l'uomo sia
- l'animale più infelice
- e l'unico che tu colga, che tu cogli il
pensiero
- e nient'altro, Sorella Morte,
- oh Sorella Nostra Morte Spirituale
- Così parlò e in
letizia
- e perfetta comunione
- spirò l'uomo
- CESSA IL COMPIANTO UNANIME
- S'INNALZA UNA PREGHIERA
- CALATA IN SU' LA GELIDA
- FRONTE UNA MAN LEGGIERA
- SULLA PUPILLA CERULA
- STENDE L'ESTREMO VEL
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- ( SIC ! )
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- CANTO
SEDICESIMO
- LA CANZONE DI TAVERNA
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- Innamoratomi 15 volte in 15 giorni, pace
all'anima mia
- impossibile riuscire a scrivere un verso
decente, pace all'anima mia
- di professione studente pittore reporter
musicista scrittore
- futuro magnaccia duce industriale possidente
latifondista notaio
- certamente un Po di terra e un'epigrafe:
morto
- ti vedo, ti rivedo e ti spoglio con gli
occhi, pace all'anima mia
- improvviso risuonò nella stanza: mi
faccio prete: pace a voi fratelli
- facile scrivere parole di seguito, pace
all'anima mia
- io celebro Gesù e lo sfotto: fatto
prete per uccidere Cristo
- pace a Lui
- pace a te e luce, che vivi di
fandonie
- ho sonno solo sonno e voglia di morire, pace
al corpo mio
- t'invoco la mia pace e la mia alba
sonnolenta, lo sai
- povera cara testa e cara spina dorsale: pace
a voi
- pace a voi miei occhi dallo sguardo
inebetito
- pace a te mia mente e a tutti i tuoi
vogliosi pensieri
- a chi crede a chi non crede a chi seduto in
un angolo beve vino in taverna
- pace, pace, pace, in eterno , pace, pace,
pace.
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- CANTO
DICIASSETTESIMO
- O DELLE ANTITESI
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- Un amore quanto io possa affondare, e non
queste eterne fughe e ritorni, questa pietà
che si riversa su di me. Se vuoi salvarti devi
peccare, devi di questa tuo corpo fare cencio;
sarà che la menzogna verrà chiamata
verità, ma ora che tra le prime pelurie si
insinua la malizia, e la mia anima si ricopre di
piombo, meglio sarebbe stato che i miei piedi
avvolti rimanessero per sempre. E ti avrei amata se
tu avessi voluto, se tu avessi capito che vale
più non essere che essere, che se il corpo
fu trovato senza testa, che non ero stato io, che
non ero stato io a celarlo
- e che neanche il tempo se anche lui mi
avesse odiato, avrebbe potuto nulla, e i "se "e i
"ma "
- intercalati con ossessione monotona, non
erano, che uno spiraglio al cerchio delle
antitesi
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- Così avrei voluto che
morisse
- Sono la figlia della notte un
desiderio
- inespresso e appagato
- io rapisco il sogno, scorre il
fiume
- pasto di pesci e cibo di altro cibo
- la pura del vuoto città
morta
- accogli il passo del mio girovagare
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- Non avemmo volto fummo
- farfalle senza ali
- solo ciò che passa è
vivo
- ci raccogliamo qui
- questa terra ha odore di lezzo
- carne dismembrata il nostro canto
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- ma dietro ogni sogno si nasconde
- la paura di morte noi vogliamo
- dare tutto alla mente, non sognare.
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- L'errore , qui, è nel non saper
capire
- nel non sapere mescere!
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