LA PIÚ GRANDE
ANTOLOGIA VIRTUALE
DELLA POESIA ITALIANA

Poeti contemporanei affermati, emergenti ed esordienti
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Alfonso Pollice
È nato il 15 dicembre 1977 a Napoli. Scrive poesie, o come lui le definisce, "poesiole", dall'età di sedici anni, e di questo ringrazia i suoi professori del liceo G. Mercalli che gli hanno trasmesso la passione per la letteratura e la poesia. Da allora scrive poesie per amore, e per sfogo, oltre ad una serie di filastrocche dedicate alla famiglia di carattere grottesco-conviviale. Da quando ha conosciuto Il Club degli autori, ha cominciato a partecipare a vari concorsi, ottenendo come risultati l'apparizione in due antologie della casa editrice Ibiskos, Luci e Ombre e Cento Parole Per Un Racconto, ed in altri premi quali Città di Monza 2002 e Il Club dei Poeti 2003 per la Montedit.

Per Alessia
 
Ormai è un po' di tempo che non ci si sente,
da quel giorno dell'Ultimo saluto
in cui oltre ad una speranza ho perduto
anche un'amica ed una confidente.
 
Di ciò fu tua la decisione
ed io rispetto la tua posizione,
anche se tante volte sarei voluto venire
per convincerti che non poteva finire.
 
Dopo tutte quelle telefonate
e quelle sere passate in macchina,
a parlare della vita ed anche di stronzate
e nelle quali ti sentivo così vicina!
 
In fondo con te mi trovavo bene:
era piacevole starti accanto.
Per me era un onore ed un vanto
consolarti per alleviare le tue pene.
 
E non sembrava che ti dispiacesse
stare in mia compagnia,
anche se forse è stata un po' colpa mia
che non volevo che ciò non accadesse.
 
Non pensare di esser stata presa in giro
da me che mi consideravi un amico.
Io potrei esserlo ancora, e te lo dico,
scrivendotelo su sto foglio con una biro.
 
Così anche tu, Alessia, dire potrai
d'aver ricevuto una mia poesia,
che, come ti predissi, in macchina mia:
"Il giorno che non ci vedremo più, l'avrai!"
 
Non puoi sapere quanto senta la tua mancanza,
dei tuoi sbalzi d'umore e del tuo sorriso,
grazie al quale ti si illuminava il viso
rendendo così necessaria la tua presenza.
 
Purtroppo nella vita niente è duraturo
poiché tutto cambia e si trasforma,
ed anche la mia amicizia, ahimè, ha cambiato forma,
rendendo questo rapporto per te troppo duro.
 
Cosa avrei dovuto fare?
Dentro di me qualcosa mi diceva:
"Non dire niente, se ne potrebbe andare!".
Così è stato, come il mio cuor prevedeva.
 
Ma per amicizia e per rispetto
ho dovuto dirlo al tuo cospetto,
nonostante sapessi già la tua risposta
ma sperando di non esser messo fuori posta.
 
Comunque mi è ancora difficile pensare
che tu mi abbia potuto cacciare,
proprio tu che mi dicevi spesso
di volermi bene e d'aver bisogno di me stesso.
 
Ma l'hai fatto, coerente con te stessa,
ed ora questi 18 km che ci sono tra noi
sono più lontani della Luna stessa,
a meno che diversamente non vuoi!
 
ADDIO, Alessia! Mia dolce puella!
ADDIO, Alessia! Mia piccola stella!
Purtroppo ho capito che nel tuo cielo oramai
neanche come amico potrò esserci mai.

 
Per Maradona
 
Un giorno, con gran stupore di tutti,
arrivò a Napoli da terre lontane,
e, come una nave in un mare di flutti,
fu accolto da una folla dalle sembianze umane.
 
L'accoglienza fu di quelle in grande stile,
in uno stadio pieno di persone,
ove giunsero, nonostante le file,
per guardarlo giocare col pallone.
 
Il suo nome è ormai ben famoso,
da tutti conosciuto come il grande Diego.
E non c'è bisogno che altro spiego,
perché di gloria egli è sempre bramoso.
 
Tutti lo veneravano come un Dio,
e non è un pensier sol mio,
quando lo vedevan giocar con quella sfera
che per altri non poteva esser vera.
 
Ogni suo tocco era come vellutato
tanto che egli era sempre attaccato
quel pallone con cui sembrava dialogare
e a cui tutto quel che voleva faceva fare.
 
Sapeva benissimo dove sarebbe andato,
con quale forza ed in quale direzione,
e per anni nessuno gli ha mai parato
né rigori né un calcio di punizione.
 
Tutti avevan di lui un gran timore,
di colui chiamato "El Pibe de Oro",
ed anche quando il piede non gli era servitore,
della "Manos de Dios" si serviva per l'alloro.
 
La sua bravura era nota al mondo intero,
tanto da meritarsi un grande titolo:
quello di miglior calciatore dell'umano popolo,
superando di gran lunga il suo vecchio rivale nero.
 
Grazie a lui una squadra prima perdente
è arrivata davanti a molta gente,
portando finalmente nei suoi almanacchi,
non più sol trofei di corse coi sacchi.
 
A lui tutto era permesso:
dal non allenarsi ad un figlio clandestino.
L'importante era che in campo fosse lo stesso,
con la sua fantasia ed il piede mancino.
 
Ma poi, un giorno, quella stessa palla
che lo rendeva sempre un uomo così vivo,
d'improvviso decise di voltargli la spalla,
facendolo uscire all'anti-doping positivo.
 
Nessun ci voleva credere,
ritenendolo un fatto "strano";
ma alla fine dovettero ammettere,
che anche Maradona era un "umano";
 
E per complicar ancor di più la cosa,
si misero radio, televisione e giornalisti,
che, quando la notizia ormai non fu più rosa,
dichiararono: "I campioni? E chi li ha mai visti!".
 
Eppur lui tentò di ritornare
per farci vedere ancor le sue giocate.
Ma ormai non c'era più niente da fare,
perché fece un'altra delle sue bravate:
 
ricadde ancor nello stesso vizio,
ma questa volta fu ai mondiali,
e poi, scoprendo che non gli era ancor passato lo sfizio,
andaron a mettergli addirittura i bracciali.
 
E per lui fu una grande botta,
peggior di quelle prese in tutta la carriera,
che lo rispedì lontano in corriera,
perché per lui l'Italia è una terra ch'ancor scotta.
 
Si susseguiron chiacchiere a non finire,
dopo quel goal che fece venire,
per via di quello sguardo ritenuto da drogato
da un giornalista ormai non più tanto accreditato.
 
Perché costui non ha mai capito
la vera natura di quello sguardo:
di esser tornato "grande", ed a riguardo,
di averci per ancora una volta stupito.
 
Ora giace lì, in quel letto d'ospedale,
ridotto così dalle stesse mani,
da dove chiede a questo mondo dagli aspetti strani
di esser con lui un po' più solidale.
 
Da parte mia, e penso da tutti i napoletani,
solo un grande augurio ed un applauso con le mani,
perché purtroppo spetta a lui il compito ardito,
e se vuole glielo indico con un dito:
 
che pensi che questa sia un'altra sua "partita",
come quando scendeva in campo con tutta quella grinta,
ed era il più grande, lasciando tutta attonita,
la gente che lo applaudiva per ogni sua finta;
 
e poiché adesso ne va della sua "vida",
aspettiamo da lui una grande svolta,
e allora "FORZA DIEGO", ancora una volta
"VINCI ANCHE PER NOI QUESTA TUA NUOVA SFIDA".
 

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Agg. 22-02-2004