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Autori contemporanei
inediti Online
 
 
"La vita come Mito
e rappresentazione"
di
Paolo Ivan Tona
 
inedito Online
Niuiorkese
Canto sesto: Dell'arte - Canto settimo: Il domino- Canto ottavo: La sera- Canto nono: Il saggio - Canto decimo: O memoria, mai più tu tornerai - Canto undicesimo:Alessandro e noi- Canto dodicesimo: Gli eventi
 
Per leggere dal canto primo al canto quinto "Niuiorkese"
Per leggere dal canto tredicesimo al canto diciassettesimo "Niuiorkese"
 
Alessandrina
Romana
 
CANTO SESTO
DELL'ARTE
 
 
 
Ricordati che fugge! E' già fuggita,
più che vento svanì, ci stupì
la vita
acre lotta fu il tempo e si contrasse
in quest'uno noi siamo, in questo cielo
che è la somma di tutti
i cieli, in queste parole
che sono la somma di tutte le parole
degli infiniti
addii
tutti presenti
degli incontri, di tutte le notti insonni
e dei giorni, tutti presenti qui
nel confluire d'ogni minimo spazio
nel confluire d'ogni minuscolo tempo
 
 
 
Non è perduto il senso dei tuoi giorni
se ancora cogli un nesso tra le cose
Fosti tu che combattesti alle Termopili
o tu fuggiasco per i lidi Italici
costruisti un mito che nessuno
potrà mai spegnere. In questo sei:
Ti sia consolatore solo il verso
in cui fai confluire spazio e tempo
 
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CANTO SETTIMO
IL DOMINO
 
 
 
 
Perché così vorrei
che stessimo a parlare del dolore
e ci cogliesse il giorno e gli occhi stanchi
e non so quale stagione
ma gli occhi ci si chiudono e vorremmo
già salutarci e chiudere il discorso
ma ognuno di noi due continua ad aggiungere
tessera a tessera al domino ed è notte
ed è rauca la voce ma continua
il biascichìo di parole e la stanchezza
e si fanno discorsi paradossi;
impertinenti tra cielo e terra
la luna bianca e la nebbia e camminiamo
sopra l'erba del colle
e questo cielo non è nostro
e non è nostra questa parvenza
ma le parole mentono la sorte
e noi aggiungiamo, togliamo, analizziamo
e ripetiamo in eco
così vorrei finisse
che si chiudesse il cerchio
che si perdesse il senso
 
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CANTO OTTAVO
LA SERA
 
 
 
Non so se questa sera fu vissuta
se io la vissi o la vissero altri
se fu preda di ingenui o di scaltri
o in un angolo del tempo andò perduta
 
E' un'arcana vicenda che si snoda
in mille sillabari ed accomuna
l'ultimo canto e la prima parola
il pugnale la sconfitta e la vittoria
 
Rivive in me un ricordo e mi si sfuma
in vicoli distorti o in altre sere
dove fui il Dio il Ribelle o la Fortuna
 
non mi fu amica o non seppi tacere
di un odio o di un amore o la paura
mi attanagliò tra volere e non volere
 
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CANTO NONO
IL SAGGIO
 
Ode un rumore il Saggio nella notte
il mondo dorme, a quest'ora è stanco
di traffici e passioni
il Saggio tende l'orecchio e si angoscia
odia l'insonnia che lo tiene sveglio
una febbre l'ha preso: le due tesi si accoppiano;
l'orrendo segreto di Dio gli si è svelato!
 
 
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CANTO DECIMO
O MEMORIA, MAI PIU' TU TORNERAI
 
 
Ah le inquiete signore nella sera
quando la strada si spopola e i fanali
si accendono su noccioline e vuoti a perdere
le ragazze hanno riposto i loro amori
nei panini del bar ora si appressano
al locale di ballo ove nel giorno
fu frenesia di mani ad intrecciarsi
Le signore davanti agli specchi
hanno il cuore spaccato, qualche ruga
nascosta con il rimmel, ora attendono
che il campanello squilli, il nuovo amore
ha gli occhi di un ragazzo e labbra dolci
ricoperto di ambra e di profumi
il giovane corpo sguscerà tra quelle braccia
stanche di corpi flaccidi, già le membra
hanno scosse di vita, un turbinìo le avvolge
 
La fantasia le eccita e distrugge
mentre sbirciano la strada, che ora è vuota
 
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CANTO UNDICESIMO
ALESSANDRO E NOI
 
 
 
 
Ed è un catalogo di errori e di speranze
non mantenute dal corso del destino
ed ora ecco una nuova battaglia incombe
e noi quest'altra volta in prima fila
pronti ad offrire al nemico il nostro corpo
per la gloria Macedone, dietro noi la falange
muro di eroi per costruire il fato
noi qui, col petto esposto ai dardi degli arcieri
Cosa sarà di noi non lo sappiamo
se fu la sorte avversa o l'inettitudine nostra
di certo c'è che ansanti camminiamo
verso i carri nemici, la sorte già segnata;
ma nelle orecchie ci ronza una domanda:
se anche noi col solo nostro corpo
costruiamo il destino di Alessandro
come fa la falange o se invece
non siamo che granelli di un destino
che di noi non fa conto; ma già le falci
dei carri avversi luccicano nel sole
c'è già chi cade colpito dagli arcieri
Per chi non sa costruire la sua sorte
non c'è che subire la sorte già segnata.
 
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CANTO DODICESIMO
GLI EVENTI
 
 
I morti si dimenticano in fretta
non c'è tempo bisogna costruire
bisogna costruire, non c'è tempo
si dimenticano in fretta tutti i morti
non c'è caso per niente, non si fa
caso a niente, nulla per nulla
Mia dolcissima , my dear
questa è l'ultima primavera
che passo fra voi, anche se lontano
è proprio l'ultima, sento un malincuore
che mi permea ogni senso,
alberi fioriti e strani flashes- back
mentre sto al sole e ti penso e penso
I ramarri i cinguettii o l'epopea eroica
d'un generale caduto in un agguato
e noi vigliacchi e lune che inondano
è proprio l'ultima, non importa niente
dirò " non ho ucciso, ho pianto per gli uccisi,
in tanti modi uccisi, chi per vizio
di forma, chi in agguato
chi petto a petto chi da sé
caduto, chi, invece, con i sensi
tappati e al mondo ostile
Ma non ci saranno domande
e non dovrai dare spiegazioni
ciò che è fatto, ciò che sarà fatto
non ci sono giudizi, l'ha avuta vinta
chi qui ha vinto;
e queste marine, questo scroscìo d'onde
che tanto ti incanta e pensi al tempo e dici
raccoglierò i suoi frutti......
lascia che cadano, lascia che al suolo marciscano
o li raccolga un altro
non sarà caso e tu non fare caso
a questo giorno che passa fra le opposte
fazioni del tuo cuore e sii più forte
"Ah i fedifraghi sogni come ci hanno ingannato
come insinuanti erano che dolcezze
mostravano alla mente se prostrato
il corpo non gustava più le ebbrezze"
Così cantava e non andava oltre
ah vate sibillino e misterioso
ma, d'altra parte, che bellezza c'era
se avessimo capito tutto quanto
se avessimo ballato questo tango
mezzo argentino e mezzo siciliano
di coltello e bolas e lupara
Sapessi quante volte s'è squarciato
il giorno, e quante mosche hanno ronzato
sul mio povero corpo e quante volte
fermo allo zenit, bruciava la vallata
il sole, e l'odore di paglia era il mio letto.
Il nostro letto è vuoto, vuota la stanza
che ci vide amanti; dove sei ora?
mentre ti penso e scivola la notte
su sacchi di immondizia e farà giorno
e differenza è solo nel colore
che assumono le cose, non fa nulla,
il conto non è stato mai tenuto.
Non c'è nulla, my dear, non c'è nulla;
nessun riscatto, per nessuna vita!
 
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Inserito il 25 gennaio 2000