Autori contemporanei
affermati, emergenti ed esordienti

Maria Luisa Brazzabeni

Con questo racconto si è classificata al nono posto Inseriti i Risultati del concorso Club Poeti 1999

L'amica di Raggio di Luna
 
La nostra storia incomincia una sera come tante quando una bambina andò a letto accompagnata dal papà che le fece recitare le preghiere, le mise sul cuscino il suo pupazzo preferito (che era uno scoiattolo e si chiamava Ghianda), le raccontò una fiaba, le diede un bacino e spense la luce. Fece insomma quello che fanno tanti bravi papà.
La bambina della nostra storia viveva in un bell'appartamento con i genitori, andava a scuola, le piaceva suonare la chitarra, giocare in giardino, ascoltare la musica e vedere i cartoni animati. Era insomma perfettamente uguale a tante altre bambine se non fosse stato per una cosa: quando il papà, dopo aver spento la luce, usciva dalla sua cameretta, lei andava alla finestra, apriva i vetri e appena un raggio di luna si posava sul davanzale, leggera come una piuma, vi saliva in punta dei piedi e iniziava la più straordinaria, incredibile passeggiata che si possa immaginare. Una passeggiata che è possibile solo nelle fiabe.
Camminava su quel raggio d'argento come per un vialetto del parco osservando dall'alto le strade della sua città che di giorno percorreva con l'autobus o a piedi, sui marciapiedi.
Di lassù tutto appariva diverso, le case, il fiume, il monumento e la fontana della piazza. Attraverso le tendine scostate poteva vedere i suoi compagni addormentati nei loro lettini. A lei invece bastava poco per essere riposata.
Ogni sera si spingeva un po' più in là. prima nei quartieri di periferia, poi nella campagna circostante, fino ad altri paesi, ad altre città. E ogni notte ritornava sempre più tardi al suo lettino dove la mamma la trovava ogni mattina quando andava a svegliarla senza il minimo sospetto delle avventure notturne della figlia. Finché...
... Quella notte camminava già da un bel pezzo e a tornare a casa non ci pensava proprio. Già erano sfilati sotto di lei tanti paesi e tante città e continuava ad andare avanti. Arrivò al mare, vide le lampare delle barche dei pescatori, che da lassù sembravano lucciole in un prato. E avanti, ancora avanti. Da quel raggio che fungeva da sentiero passava su altre terre, su paesaggi che diventavano sempre più diversi.
Ne era così presa che non si accorse che anche il raggio stava cambiando di colore e diventava via via più caldo.
Solo quando cominciò a scottarsi i piedi si rese conto che stava camminando su un raggio di sole. Sotto di lei la savana giallastra con le grandi macchie scure degli gnu, delle gazzelle, degli elefanti: era arrivata in Africa!
Il raggio di sole la posò sulla cima di un grande albero dove qualcosa di umido e ruvido le sfiorò una gambina. Era la lingua di una giraffa che alle sue urla corse via con movenze di ballerina.
Faceva talmente caldo che la bambina si tolse il pigiama restando quasi nuda come erano del resto i bambini del villaggio.
Quanto erano diversi dai suoi compagni! E non solo perché avevano la pelle scura. Abitavano in capanne di frasche e sterco di animale, non avevano l'auto né la televisione né il frigorifero, nonostante il gran caldo. Nemmeno i giocattoli avevano, si divertivano correndo in gara con i cuccioli delle gazzelle.
Anche la nostra bambina si mise a correre con loro, ma a un certo punto si fermò terrorizzata. Aveva visto dei leoni!
I negretti allora le spiegarono (era strano, non si sa bene come, ma si capivano benissimo) che i leoni per il momento non avevano intenzione di andare a caccia, che avevano anzi mangiato da poco e sarebbero rimasti in ozio per un paio di giorni, perché i leoni uccidono solo per fame o per difendersi. In effetti sembrava che non avessero nessuna voglia di attaccare, erano meno spaventevoli che non al circo.
«E a scuola non ci andate?» chiese la bambina ai suoi nuovi amici.
«Oh sì! dal missionario» risposero quelli.
La scuola! Se ne era completamente dimenticata. Forse la mamma era già andata a svegliarla e aveva trovato il letto vuoto.
La bambina, con il cuore in gola, risalì sull'albero, di lì sul caldo raggio di sole correndo, correndo, correndo finché si posò sul davanzale della sua stanza.
Rimise il pigiama e s'infilò sotto le coperte fingendo di dormire mentre già si sentivano i passi della mamma in corridoio. Ora sarebbe entrata e l'avrebbe svegliata (anche se lei quella notte non aveva proprio dormito) con il solito bacetto.
E invece del solito bacetto la mamma diede un urlo acutissimo.
La bambina si sentì prendere e portare sotto la doccia.
Perché la doccia durava tanto? Lei non era tanto sporca, eppure la mamma continuava a strofinarla con una spugna ruvida che le irritava la pelle e aveva provato tutti i saponi e i bagnoschiuma che aveva in casa. Se non la finiva avrebbe fatto tardi a scuola. «Oggi resti a casa» le annunciò a un certo punto. Perché? Non aveva mica la febbre.
E perché, quando finalmente la mamma si era decisa a tirarla fuori dalla doccia, piangeva di nascosto e aveva chiamato il papà dall'ufficio?
Fu mentre si asciugava che la bambina si vide riflessa nello specchio. La sua pelle era diventata scura scura, come quella degli amici negretti con cui aveva giocato quella notte.
 
Mamma e papà la portarono dai più illustri medici che la visitarono, la studiarono, le fecero esami di tutti i tipi, ma soprattutto la bombardarono di domande per sapere cosa fosse successo quella notte.
La bambina rimase in un ostinato silenzio.
Allora tirarono fuori paroloni difficili e si misero a ordinare certe pomate puzzolenti che davano la nausea. Ogni volta dicevano che quello era l'ultimo ritrovato, giuravano che era efficacissimo...
La bambina restava nera.
 
Poco alla volta papà e mamma, vedendo che cresceva sana e intelligente, smisero di portarla dai medici e di ungerla con le pomate puzzolenti.
Anche tutti gli altri, insegnanti, compagni, vicini di casa finirono per non fare troppo caso al fatto che aveva la pelle di un altro colore e poiché era una bambina simpatica e bene educata quasi non se ne accorgevano più.
Di tanto in tanto però la curiosità diventava più forte e c'era qualcuno che tornava alla carica con le domande.
La bambina intanto era cresciuta, era diventata una ragazzina.
Nelle notti serene restava al balcone a rimirare i raggi argentati della luna sui quali non poteva più passeggiare perché si era fatta troppo pesante. Non rivelò mai il suo segreto e nessuno conobbe la straordinaria avventura di quella notte.
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Classifica Concorso Città di Club Poeti sezione narrativa
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Agg 5 novembre 1999