LA PIÚ GRANDE
ANTOLOGIA VIRTUALE
DELLA POESIA ITALIANA

Poeti contemporanei affermati, emergenti ed esordienti
Racconto di Ines Scarparolo
Si è classificata 7a nella sezione narrativa del concorso Il club dei poeti 1997. con questo racconto:
 
I superstiti
 
Neppure le stagioni sono più quelle di un tempo! Ma guarda un po' se è estate, questa… Tutti i santi giorni, pioggia e vento! Ma ci vuole ben altro per tenere lontano Bepin dal bosco. Appoggiandosi al suo robusto bastone, il vecchio percorre faticosamente il tratto di sentiero che lo divide dal Cason del Nello ed attende, come ogni giorno, che l'amico si faccia sulla soglia, il cappello di feltro nero calcato sul capo e l'immancabile sigaro in bocca.
«Dovrebbe esser pronto, ormai!», fa il Bepin, scrutando attento il cielo. Grossi nuvoloni grigi si addensano sopra il Passo di Redebus e coprono di una scura coltre Malga Pontara. Il sentiero che delimita il fitto bosco è coperto da pozzanghere e fango. Anche quel giorno, Bepin ne è certo, il sole non avrebbe giocato tra i pini né riscaldato le vecchie ossa dei due amici.
E la Catina… a brontolare, brontolare di continuo, ciabattando su e giù per la cucina, con i capelli bianchi raccolti in un cocòn trattenuto da forcine d'osso ed un grembiale di ruvido cotone blu che aveva visto tempi ben migliori.
«El risòto, el vòle el risòto, sto vecio bacùco! E indove xeli i porcini, ciò? Eh? Varda lì, el sta lì inpestarme la casa co chea pipa spussolenta, invesse de 'ndar fora tel bosco a sercar de rancurarghine almanco on pochi. Sto vecio insiminìo!».
Bepin la lascia brontolare. È quello il suo modo di fargli compagnia, povera donna! Già, ormai non è rimasto altro che il parlottare della sua vecchia a riempirgli le giornate, e i suoi affettuosi rimbrotti. Poi, la sera, la partita a scopone da Mosca con gli altri vecchi del paese. E il suo vagabondare quotidiano, su e giù per i boschi, da Rizzolaga fino alla Casa Stregata, con il fidato Nello.
Si aspetta i porcini, quella! Già, e magari qualche mirtillo da macerare nella grappa… Bene, è meglio andare finché il tempo lo permette.
«Nello, brutto fannullone, si fa tardi!» grida Bepin, bussando con forza alla porta dell'amico.
Ma dall'interno provengono soltanto le note del Nabucco. Quel vecchio tiene la radio accesa, come al solito, a toni altissimi.
«Ma guarda un po' quello sciocco, non è mai pronto. Cosa avrà mai da fare la mattina? Già, è tutto solo, &endash; beato lui! &endash; e può fumare in pace anche in camera da letto, se vuole, senza paura delle prediche di una castigamatti come la Catina che, povero me, mi tocca sempre sopportare. Ehi, Nello! Che fai, allora? Vieni? È già tardi sai e quel cerbero di mia moglie si aspetta i porcini per pranzo».
Non udendo risposta, Bepin socchiude la grossa porta ed entra. Lo scorge subito. Anche quel giorno quello scriteriato si è addormentato sul tavolo della cucina! Ed ha toccato il fondo del suo fiasco di vino rosso di Canzolino. Già, ultimamente Nello passa più ore a ubriacarsi che con l'amico. Quell'incosciente! Certo, si sente troppo solo e gli manca sempre più la sua vecchi, ma son già tre anni che è rimasto vedovo e deve rassegnarsi…
Bepin sa che per lui sono stati tempi molto difficili, soprattutto da quando anche i figli lo hanno lasciato per andarsene in città. Era loro il destino, gli avevano detto. Come no? I vecchi alla montagna ed i giovani altrove, a tentare la fortuna.
Quali speranze davano, ormai , quei monti, quei boschi e quella terra, così difficile a coltivare? Sì, il commercio del legname poteva essere abbastanza redditizio ma, al giorno d'oggi, chi si sarebbe ancora assoggettato a guadagnare poche lire spezzandosi la schiena a tagliare e trasportare legna? Eppure, c'erano di quei macchinari che svolgevano in poco tempo il lavoro di dieci uomini. E senza fatica, o almeno, così sembrava a Bepin che, ai suoi tempi, aveva usato soltanto la forza delle braccia per sopravvivere. E l'arte dell'intaglio, che lui aveva cercato di insegnare con amore al suo Angelo? Finito tutto, a nulla era valso il suo forgiare meraviglie da un pezzo di corteccia, sotto gli occhi del suo figliolo. Il ragazzo, ricordava, lo seguiva dappertutto, allora. Ed era così tenace, così curioso e attento! E la sera, mentre Catina lavava i panni nella grande brenta, lui mostrava al piccolo i segreti delle sue opere.
Quanto era orgoglioso di lui il ragazzino, raccontando ai compagni di gioco e alla maestra che i lavori del padre erano esposti e venduti nei negozi di Baselga e Pergine e persino alla Fiera di Trento: vari utensili per la cucina, e giocattoli, statuine per il Presepio e… gnomi! Quanti gnomi dalle facce buffe e con magici cappelli a cono aveva intagliati Bepin, utilizzando scarti di legname altrimenti inutilizzabile.
Ed anche per l'amico Nello, era stata l'identica odissea. Lavori, lavori, dai il sangue per mantenere la famiglia, rubi alla montagna ed al bosco i suoi segreti per piegare la natura ai tuoi bisogni, strappi da un pezzo di dura terra tutto ciò che può essere umanamente possibile e dopo, basta! Si sfascia il tuo mondo. I figli se ne vanno e tu resti solo, con la montagna.
Quello scriteriato di un Nello, si era rovinato la salute, vecchio sciocco, soprattutto da quando la sua Maria, dopo mesi di malattia che l'avevano prostrata, aveva finito di tribolare lasciandolo solo e disperato!
Bepin scuote l'amico, dolcemente, bisbigliandogli all'orecchio:«Nello, su, sveglia! Ora ti preparo un caffè di quelli che resuscitano i morti e dopo ce ne andremo nel bosco e canteremo, liberi come due fringuelli, L'osélin de la comare».
L'altro si riscuote e lo fissa con occhi appannati ed assenti.
«Nello, su, dai, che la Catina oggi ci prepara un risotto di quelli da leccarsi i baffi. Sei contento, vero, amico?».
L'altro, a quel dire, apre la bocca in un sorriso dolce, quasi infantile e si alza, finalmente, stirandosi le membra ancora intorpidite.
«Bepin, sai cosa ho sognato? Che il mio Andrea era rimasto in paese e che assieme avevamo iniziato ad allevare conigli dal pelo folto e nero. Che belle bestie, vedessi! Razza austriaca, sai? Angora pregiati. Ed anche maiali, allevavamo. I più bei maiali di tutto Piné!
Andrea si era messo a fare il masér. E quanto guadagnava, e che lucaniche sapeva fare… di quelle che tutta Piazze e Rizzolaga, anzi perfino Regnana, gli invidiavano. Ed era contento, sai. Mi diceva: Papà, è questa la mia strada, il mio destino, la mia fortuna. Anche mia nuora, buona donna, era felice e mi lavava e stirava le camicie senza mai brontolare. Girava allegra per casa, cantando Vola colomba e, quando sorrideva, mi sembrava di vedere la mia Maria… E Franco, mio nipote, te lo ricordi, vero? Sì, quello che adesso fa il fante (meglio era se lo riformavano!) giù in Sicilia, vicino all'Africa, insomma. Bene, l'ho visto in sogno vestito da Alpino, con una penna lunga sul cappello, bello e austero come un eroe! Mi veniva incontro con passo ardito e mi diceva: "Nonno, sono orgoglioso di poter appartenere all'Arma che ti ha visto combattere per la Patria. Voglio essere anch'io partecipe degli alti ideali degli Alpini d'Italia, al servizio del mio popolo, qui, sulle mie montagne".
Bepin, ti ricordi vero? Allora, c'era la guerra. Quante dure lotte e quanto sangue abbiamo visto spargere sulla nostra amata terra. Ma quanti sogni e quanti canti per farci coraggio, la sera, e non pensare alla mitraglia… La nostra amicizia si è rinsaldata. Non finirà mai, vero? Non lasciarmi solo anche tu, Bepin!».
«Su, su vecchio mio. È stato bellissimo il tuo sogno ma ora sono qui, pronto a trascinarti fuori di peso se non ti affretti da solo a muoverti, perditempo di un nostalgico! E spegni quella radio che, ormai, tutto l'Altopiano ha mandato a mente il Nabucco! Svelto, ora bevi questo tazzone di caffè forte e poi usciremo alla svelta di qui altrimenti Catina, se non le porto qualche buon fungo almeno oggi, mi farà vedere i sorci verdi…».
«Certo, certo, amico mio, hai ragione. Ora vengo ma, sai, Bepin, penso davvero che oggi sia un giorno fortunato per me. Riceverò posta dal mio Andrea, lo sento. E, forse, anche da mio nipote. Mi manderà una bella cartolina con l'Etna, vero? Mi ha scritto che quel vulcano assomiglia alle mie montagne soltanto che manda fuoco, come un drago arrabbiato! Beh, affrettiamoci, compagno».
Fuori, intanto, anche quel tiepido sole che prima aveva cercato di far breccia, si era nascosto dietro le nubi, lasciando spazio ad una pioggia insistente.
Nel bosco vicino, il vento sembrava spezzare gli alti pini e mandava nell'aria un suono lamentoso.
Bepin e Nello si guardarono, complici e, con un'alzata di spalle, rientrarono nella minuscola cucina.
«E va bene, anche per oggi rinunceremo al risotto. Su, Nello, vecchio mio , andiamo da Catina, a chiederle di fare lo Strudel per due poveri superstiti».
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Inserito il 12 gennaio 2001