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Anna Maria Ceppo
presenta la sua opera inedita
"Okeanos"

Capitolo 2
L'àpeiron

Anassimandro è il filosofo dell'infinito. Era anche cartografo, e contemplando la bianca pergamena, ancora priva di segni, gli sembrò che né l'acqua, né l'aria, né la terra, né il fuoco potessero colmare lo spazio senza confini. La verità si trovava al di là di ogni limite.
Per chissà quale via, trasmise questa intuizione a Patrizio, il fratello minore di Vittorio: il fratello bistrattato dalla sorte, escluso dalla carriera scolastica.
Patrizio si comportò come la monaca di Monza. Se pure il padre avesse avuto qualche intenzione di collocarlo nel mondo (ossia nella scuola), egli se ne mostrò indegno, facendosi bocciare in seconda media. E non per scarso profitto, ma per un'azione peggiore. Aveva eseguito, con molta abilità, la caricatura del professore d'italiano.
La sua situazione presentava un vantaggio. La vita gli appariva un libro dalle pagine bianche, da riempire secondo la fantasia.
Dai tredici ai diciotto anni imparò l'arte di vagabondare, di fare a cazzotti. Corteggiò distrattamente qualche ragazza del paese.
-Perché non ti trovi un mestiere?- lo ammoniva la gente di buon senso.
Il padre lo sistemò a bottega presso il farmacista. Vi resistette due giorni. Poi tornò a scorazzare nei campi.
In realtà, si sentiva portato per l'ozio. Gli piaceva sdraiarsi in un posto isolato, e veder passare le nuvole d'oro sopra la sua testa. Insieme alle nuvole, inseguiva pensieri strani. Se li avesse scritti, sarebbero diventati poesie.
Detestava il Natale. Salutava con gioia il cielo bianco di gennaio, che smascherava ogni illusione, ogni festa. Amava i piccoli doni della vita: la luna di marzo, le rondini d'aprile.
Era una creatura selvaggia, eppure romantica.
Durante il servizio militare, si distinse come attaccabrighe. Rispondeva agli scherzi con mano pesante.
-Ha la testa dura il cilentano- dicevano di lui commilitoni e superiori. E lo tenevano a distanza, un po' per timore, un po' per antipatia.
Scoprì anche di non aver mai conosciuto una donna. Quando volle provare l'esperienza, se ne ritrasse disgustato. Pagò il doppio, perché la cosa non si sapesse in giro. Ma incominciò a chiedersi se non fosse diverso.
Non era attratto dagli uomini, e questo lo consolava. I suoi rozzi compagni gli ispiravano soltanto disprezzo.
Né il fuoco, né l'aria, né la terra, né l'acqua potevano appagarlo.
Considerava gli uomini e le donne indipendentemente dal loro sesso. C'erano persone che aprivano mondi, ed altre quasi prive di anima. Siccome le prime formavano una specie rara, e le seconde la maggioranza, si trovò senza amici, senza lavoro, senza fidanzata.
Sarebbe diventato un barbone, o un pittore girovago, se non avesse attraversato il golfo di Salerno, approdando sull'altra costiera, quella degli alberghi di lusso e degli antichi mercanti di Amalfi.
Cercò di farsi assumere come cameriere. Ma dovunque il personale era al completo.
L'affittacamere, presso cui alloggiava, gli suggerì una soluzione.
-Dovete provare a Ravello, dal lord inglese. Gli piacciono i bei giovanotti-.
Sì, lord Gray apprezzava i bei giovanotti, anche se non poteva più vederli. Da quando la vista lo aveva abbandonato, un velo implacabile di malinconia era disceso su di lui.
Lo assaliva soprattutto all'ora del tè, momento in cui si concedeva gli unici peccati di gola. Cieco, ma snello.
In compenso, aveva sviluppato il tatto e l'udito. Accarezzava le opere d'arte della sua collezione, le stoffe pregiate del suo guardaroba. Giudicava la gente dalla voce. Sotto l'oscuro manto, continuava ad adorare la bellezza, la volubile dea che lo aveva tradito.
La voce di Patrizio gli sembrò bellissima. Priva d'inflessioni dialettali (non per niente era figlio di maestro), dolcemente rauca e profonda, come un suono di campane venuto dall'oceano.
-Sarà il mio lettore personale. Si prepari a studiare l'inglese e il tedesco-.
Era un piccolo sacrificio, in cambio di un ottimo affare.
Lord Gray abitava nella villa più famosa di Ravello, circondata da un vasto giardino, a picco sul mare. Da lassù dominava cielo e terra. Re di un regno perduto. Giacché proprio lui non poteva goderlo.
Una statua di Ermes (copia di quella che si ammira a Napoli, nel museo nazionale) adornava la sua nicchia preferita. Lì convocava il lettore, ogni pomeriggio alle tre, per scongiurare la malinconia.
Si cominciò dai poeti italiani, "Sempre caro mi fu quell'ermo colle". Poi, tra parole storpiate, errori di pronuncia e correzioni, si giunse ai tedeschi: "Chi non ha casa adesso, non l'avrà. Chi è solo, a lungo solo dovrà stare".
Patrizio diventò così bravo da scegliere lui stesso gli autori. Scoprì in biblioteca
un volumetto poco usurato, ne valutò il contenuto, e lo propose al suo datore di lavoro.
Nel suo esitante tedesco, lesse l'incontro di un cavaliere e di una dama. Lei gli porgeva una coppa di vino, lui si chinava ad accettarla. Ma le mani di entrambi tremavano tanto, che il vino si versò per terra. Le gocce cadute somigliavano al sangue.
Anche la mano di lord Gray tremò, quando si protese verso il libro. &endash;Dammelo. Lo terrò sul mio comodino, ne sfoglierò le pagine, ricordando la tua voce-.
Fu, se vogliamo, un atto umanitario, da parte di Patrizio, quello di sostituirsi al libro, di alleviare la cecità dell'inglese. Si sistemò nel cuore e nel letto di Thomas, anziché sul suo comodino.
Una donna frequentava assiduamente la casa. Era russa, attempata, si faceva chiamare Rubìa. Con questo nome firmava i suoi quadri, in cui predominava l'arancio, come nella sua chioma. Aveva scelto la pittura, perché aborriva ogni barriera di lingua, di religione, di razza.
In privato preferiva l'amore, un'altra forma di espressione universale, dove è un delitto tracciare confini, o coltivare pregiudizi. Si portò a letto l'amante del suo migliore amico, a scopo pedagogico.
-Nessuno è del tutto bianco, o del tutto nero. Perciò esiste il grigio-.
Le sue lezioni completarono la cultura di Patrizio in fatto di eros. Aveva amato lord Gray di affetto quasi filiale. In Rubìa ritrovò la madre scomparsa.
Rinacque, per opera di ambedue. Si risvegliò nell'anima e nei sensi. Il provinciale scontroso si trasformò in un giovane raffinato, cosmopolita, conscio delle proprie risorse.
Talvolta ricadeva nella vecchia abitudine di isolarsi. Allora raggiungeva il belvedere della villa, si appoggiava alla ringhiera, e contemplava il mare lontano. Una nuvola azzurra ai suoi piedi. Un sogno trasparente. Una tentazione a gettarsi nel vuoto, per i più deboli.
Niente paura. Il nostro eroe non pensava al suicidio. Temprava solo la sua forza, sfidando le sirene. Sul libro bianco aveva scritto: "La mia solitudine è il mondo,
la mia passione è la vita".
La morte di Thomas, nel 1968, gli procurò un sincero dolore, ma anche una ricca eredità. Ovviamente il grosso della sostanza andò ai nipoti. Patrizio ebbe la villa
di Ravello, che da sola valeva un patrimonio.
Dovette venderla, a causa delle tasse e delle spese. Ne ricavò una grossa cifra, con cui tornò al suo paese natale, acquistò un suolo, e vi fece edificare un albergo. L'hotel "San Michele", dal nome della grotta adiacente alla spiaggia.
Naturalmente questo ritorno in grande stile sconcertò i cilentani.
-Dove hai fatto fortuna?-.
-In Brasile. Ho scoperto una miniera di smeraldi-.
La leggenda dello zio d'America colpì Eugenio ed Anella. Specialmente quest'ultima non si stancava di chiedere notizie sui brasiliani. Chi sono, dove vivono, se vedono la luna a rovescio.
-Sono persone normali. Camminano sull'oro, e non lo sanno. Alcuni diventano ciechi, perché da quelle parti il sole è abbagliante-.
-E le donne?-.
-Hanno i capelli rossi, proprio come i tuoi-.
-Da grande sposerò lo zio- annunciò la bambina alla madre.
Rosalba, scandalizzata, si fece dare dal prete una boccetta d'acqua santa, con cui aspergeva ogni sera il cuscino della figlia.
Vittorio considerò l'agiatezza del fratello quasi un affronto personale. A lui la storia del Brasile puzzava di menzogna. Le poche cartoline ricevute provenivano tutte da Amalfi.
-Secondo me, hai derubato una banca-.
-No, ho semplicemente commerciato in opere d'arte-.
-E chi ti ha dato il capitale?-.
-Non è questione di soldi, ma di buon gusto. Io so distinguere un quadro vero da uno falso. Perciò sono stato assunto da un antiquario-.
-Uno che vende roba vecchia?-
-Roba di valore-.
-E ci si arricchisce in questo modo?-.
-Sì, dove c'è gente di cultura-.
Vittorio guardò con occhi diversi i mobili di casa, i santi di legno o di cera sotto le campane di vetro. Li aveva sempre giudicati ridicoli. Ora sapeva di possedere un patrimonio.
Si arrabbiava con i figli, se graffiavano il tavolo. Rimproverava Rosalba per ogni piatto che le sfuggiva di mano. E sempre quelli del servizio buono, di porcellana pregiata.
-Che diamine, un po' di rispetto!-.
Alla morte dei suoceri (per carità, campassero cent'anni!) avrebbe aperto un negozio di antiquariato a Salerno, affidandolo a Wendy.
L'hotel "San Michele", però, era nuovo di zecca. I balconi, sormontati dalle arcate, richiamavano lo stile mediterraneo. All'interno, uno sfavillio di ceramiche rendeva allegro l'ambiente.
Patrizio non aveva portato alcun ricordo del suo benefattore. Voltarsi indietro è un po' come morire. Concluso un capitolo, se ne apre un altro. C'erano ancora molti fogli bianchi da riempire.
Invece, i paesani avevano fretta. Dopo averlo interrogato sul passato, indagarono sul suo futuro.
-Hai ventisei anni. Dovresti pensarci-.
-La maestrina ti ha messo gli occhi addosso. Una ragazza fine, istruita-.
-La figlia del farmacista è zitella. Il padre ha promesso una dote di parecchi milioni a chi se la sposa-.
Quei discorsi lo facevano infuriare. Sarebbe stato meglio restare ad Amalfi, dove la gente è meno impicciona.
Persino la devozione di Anella lo importunava. &endash;Non sono tuo padre. Non posso sempre starti dietro-.
La bambina piegava le labbra in una smorfia di corruccio. Di solito, nessuno le resisteva. Ed anche lo zio la prendeva sulle ginocchia, per narrarle le avventure brasiliane. Di ciechi, che temono il buio. Di donne scarlatte, che rubano al sole i colori.
Ma un uomo non vive di nipoti, ha bisogno di emozioni. I semplici doni della vita (la luna di marzo, le rondini d'aprile) non gli bastavano più. Con gli anni si era inaridito. Se avesse scritto i suoi pensieri, sarebbe stato in prosa.
Aveva conosciuto l'amore sotto un'unica forma: da Fedro, da amato, mai da amante. Gli mancava l'esperienza della passione. Qualcosa di simile a quello che avviene tra il cavaliere e la dama, nella poesia tanto cara a lord Gray. Le stelle cadono dal cielo, i mondi si urtano con fragore, il vino versato si trasforma in sangue, per un presagio di carezza. Un lieve tocco delle mani, a cui non fa seguito niente. La poesia ci lascia sulla soglia.
Si persero, si ritrovarono? Patrizio non poteva saperlo. Nei rapporti con le donne, si era fermato a Rubìa.
Nell'agosto del '69, una strana famigliola di Napoli attirò il suo interesse.
Di strano c'era la figlia. Non rivolgeva mai la parola ai genitori. Passava la mattina chiusa in camera, creando difficoltà al personale, che doveva far pulizia. Scendeva solo ad ora di pranzo, in jeans e camicia annodata sull'ombelico. Risaltava, tra gli altri bagnanti, per la sua pelle poco abbronzata.
A tutti risultò antipatica. Ma lui, il proprietario dell'albergo, ascoltava i commenti,
e taceva. Involontariamente gli capitava di spiare la ragazza, di passarle vicino, di osservarla. Per quale ragione?
Benché nemico dei ricordi, era rimasto affezionato ai pomeriggi letterari, sotto la bronzea statua di Ermes. Dalla memoria vennero a galla altri versi, dove compare Euridice, la pallida sposa di Orfeo, chiusa in se stessa come un fiore.
Avanza nell'Ade con passo malcerto. All'annunzio del dio, "Si è voltato", replica senza capire: "Chi?".
Una notte ebbe occasione d'incontrarla. Aveva sentito i latrati di un cane randagio, ed era sceso sulla spiaggia. Lo bloccò la visione di un bianco fantasma, che proprio allora emergeva dall'oscurità della grotta. Era Euridice, creatura fatta di parole, nata dalla penna di un poeta, vestita solo dei raggi lunari.
Si riscosse dall'emozione per dirle: -La signorina del numero sedici?-.
Lei lo aggredì: -Perché me lo chiede? E' vietato fare il bagno di notte?-.
-No, volevo attaccare discorso-.
-Bravo, c'è riuscito-. Intanto si era coperta con il telo.
Se in quel momento si fossero sfiorati, le stelle sarebbero cadute dal cielo, il mondo avrebbe tremato, ed il mare si sarebbe trasformato in vino. Invece, incominciarono a parlare da amici.
La ragazza aveva diciassette anni. Li compiva tra poco. Non era in buoni rapporti con la sua famiglia, perché l'autunno precedente era stata arrestata, durante una manifestazione studentesca.
-Contro chi protestava?-.
-Contro il mondo. Vorrei essere orfana. L'ho scritto anche su un muro-.
-Per questo l'hanno arrestata?-.
Lei scoppiò a ridere. &endash;Può darsi. Premeditazione di omicidio-.
-Sembra così fragile. Non la credo capace di fare del male-.
-Sono capace di fare del male a me stessa-.
-In che modo?-.
-Per esempio, ho deciso di non divertirmi, di non prendere il sole. Ho messo questa estate tra parentesi-.
-Una delusione sentimentale?-
-Una delusione ideale, direi. A un certo punto non ho più capito chi ero. O meglio, ho capito che l'unica nemica, contro cui lottavo, ero io-.
-Lei non si vuole bene-.
-Mi voglio tanto bene da desiderare la morte. Festeggerò il mio funerale. E guai a parlarmi di reincarnazione. Una sola esistenza mi basta-.
-E' così giovane. Può scegliere tra tante strade-.
-Qui sta il problema. Non voglio scegliere niente. Qualunque strada finisce contro un muro-.
-Potrebbe innamorarsi-.
-Già fatto-.
-E com'è andata?-.
-Con un aborto. Un motivo in più per odiarmi-.
-Potrà avere altri figli-.
-I figli non sono cagnolini. Te ne muore uno, lo sostituisci con un altro. Ma lei, a parte l'albergo, non ha aspirazioni?-.
-Come no! Quando avrò soldi da parte, li spenderò per i viaggi. Visiterò quei paesi che ho conosciuto nei libri. La Germania, la Scandinavia, l'Olanda-.
-Viaggiare serve a dimenticare, ad ingannarsi-.
-La soluzione è semplice. Se i suoi ricordi le danno fastidio, li tolga di mezzo-.
-Parla così perché è libero. Non deve rendere conto a nessuno delle sue azioni-.
-La libertà me la sono guadagnata lavorando-.
-Sì, ho sentito dire che è stato in America-.
-Questa è una bugia. Mi fa comodo. La verità può apparire spregevole-.
-Allora anche lei ha qualcosa da nascondere-.
-Ho ricevuto un'eredità-.
-Da una donna o da un uomo?-.
-Da un uomo. Mi ha insegnato molte cose. Era una persona gentile. Aveva bisogno di affetto-.
-E lei glielo ha dato-.
-Sì-.
-E si è infilato nel suo letto-.
-Sì. Ma non è stato per i soldi. Anch'io mi sentivo solo-.
-Fino ad ora non lo ha mai raccontato a nessuno. Vero? Come mai ha scelto proprio me?-.
-Per mettermi alla pari. Lei ha un aborto sulla coscienza, una fedina penale segnata. Io ho un passato poco rispettabile-.
-Questo la renderebbe un degno compare per una piccola orgia notturna. Ma si dà
il caso che io abbia chiuso con il sesso e con le sue complicazioni-.
-Lei mi giudica male. Cercavo di essere sincero-.
-Grazie per l'eufemismo. Arrivederci. Anzi addio, perchè domani si parte-.
-Mi dica almeno come si chiama-.
L'ultima domanda rimase sospesa nel buio. Rimase sospesa per vent'anni.
La ragazza si era già incamminata verso l'albergo, col telo svolazzante intorno al corpo. Al suo posto, aleggiava una fragranza di fiori appassiti, un odore di petali gialli schiacciati.
Molti anni dopo, tra le betulle del nord, Patrizio avvertì questo profumo di ginestre, forse portato dalla nostalgia, e lo collegò al solo nome che qualche volta rievocava: Euridice.

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