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Anna Maria Ceppo
presenta la sua opera inedita
"Okeanos"

Capitolo 11
L'universale

"Tutto è relativo" sostenevano i sofisti. -No, replicava Socrate. &endash;Da qualche parte, non so dove, esiste qualcosa di assoluto. Sediamoci in un angolo tranquillo della piazza e ragioniamo. Dunque, tanto per fare un esempio, se tutto fosse come dite voi, relativo, non potremmo neanche comunicare, perché ognuno intenderebbe a modo suo le parole, mentre invece siamo d'accordo sul fatto che Socrate è stolto,
e voi siete savi.
Bene, non resta che continuare su questa strada. Mi sai spiegare, Menone, cosa sia la virtù?-.
-Di quale virtù vuoi sentir parlare? Perché ce ne sono molte specie: dell'uomo, della donna, del giovane, del vecchio-.
-Eppure usiamo una medesima parola per designarle. Chiamiamo virtuoso un uomo politico che si astiene dal rubare, virtuosa una donna che amministra la casa, alleva i figli e non tradisce il marito-.
-Beh, come vedi, sono casi diversi-.
-Secondo me, la sostanza è la stessa. Virtuoso è colui che compie il proprio dovere, in qualunque situazione si trovi. Così chiamerei coraggioso tanto il prode guerriero, quanto l'ammalato paziente-.
-Fin qui possiamo anche concordare. Abbiamo in comune la lingua, i costumi, le leggi. Ma come la metti con gli altri popoli? Con i barbari? Gli stranieri? Dovresti dimostrare l'esistenza di una verità universale-.
Socrate si concentrò. Guardò il cielo azzurro di Atene. Infine dichiarò: -Ovunque ci sono sacerdoti e sacerdotesse. Ed ogni uomo ha nell'intimo un daimon, il quale gli suggerisce la via del bene. Molti non sanno ascoltarlo, o lo ignorano, frastornati da richiami più allettanti. La fama, l'onore, il denaro-.
-Che ti consiglia, invece, il tuo daimon?-.
-Di cercare la verità nelle anime, di farla venire alla luce-.
-E' una strana religione la tua. Un giorno o l'altro sarai accusato di empietà-.
Nei secoli successivi, il daimon socratico fu chiamato coscienza, ragione morale, imperativo categorico.
Ma gli uomini continuano ad essere divisi. Cadono nei due estremi: nel fanatismo o nello scetticismo.
In tali pensieri era assorto Peter, mentre sua moglie allattava uno dei gemelli. Dopo la schiavitù della sedia a rotelle, era cominciata quella del matrimonio.
Quando l'aveva sposata, le gambe non lo reggevano ancora. Aveva compiuto un grande sforzo, durante la cerimonia nuziale, per alzarsi in piedi al momento della comunione.
La gente, commossa, aveva applaudito.
Adesso camminava normalmente. Di questo ringraziava il Signore. Un uomo giusto non ripudia una sposa fedele. Lei lo aveva assistito come una santa.
Indubbiamente era bella. Dietro la pila di cuscini, ne intravedeva la schiena candida, sovrastata da una cascata di capelli rossi.
Però l'amava di un amore fraterno, senza passione, senza fuoco. Obbediva per mero istinto al comandamento di Dio: "Crescete e moltiplicatevi".
Doveva convogliare altrove il fuoco che gli ardeva dentro. Aveva approfittato della sua gravidanza, per compiere un viaggio in India e studiare da vicino la spiritualità di quel popolo.
-Hare Krishna!- lo salutavano i mendicanti: gli chiedevano soldi e miracoli. Apprese che la natività di quel dio è una delle feste più sentite dell'induismo. La paragonò al nostro Natale. Allegoria di salvezza, un villaggio di fango, un bambolotto cullato dai fedeli.
Mentre s'immergeva nelle sacre acque del Gange, notò sull'altra sponda un gruppo di lebbrosi. Avrebbe voluto attraversare a nuoto il fiume per andare in mezzo a loro, abbracciarli. Lo trattenne il ricordo di Anella e delle sue creature. A chi è sposato si impongono delle responsabilità. Il matrimonio è una catena al piede. Erige frontiere invalicabili tra noi e la miseria. C'impedisce di curare le piaghe del nostro prossimo, d'imitare Gesù e San Francesco.
Un uomo giusto non ripudia la sposa. Tuttavia può servire il suo daimon seguendo altre strade. Lottando in difesa del Terzo Mondo, della sua civiltà, della sua cultura, contro il potere dell'Occidente.
Tornato dall'India, Peter scrisse un nuovo libro: "Per una religione universale". Gli sembrò anche un atto di riconciliazione verso suo padre. Un tributo al Corano, agli ideali della sua giovinezza.
La tesi prendeva spunto da una fiaba. C'era una volta un ricco signore (cioè Dio) che possedeva un anello prezioso. Non volendo deludere nessuno dei suoi figli: cristiani, buddisti, maomettani, ebrei, ne ordinò molte copie, in modo che ciascuno credesse di aver ereditato l'originale.
Nella nostra società multietnica, non si può pretendere la superiorità di una fede su un'altra. Se tutti gli uomini sono uguali, la tolleranza non basta. Occorre stabilire un patto tra i credenti. La religiosità va vissuta nelle sue varie espressioni, dovunque e comunque ci siano sacerdoti e sacerdotesse.
Dio gradisce le cinque preghiere del musulmano, la comunione del cristiano, i grani d'incenso bruciati davanti all'immagine di Buddha.
La rivelazione si è compiuta presso ogni popolo nella forma più confacente alla sua natura. Un arabo, un cinese, un indiano porta al dito l'anello ereditato da Dio, ha nel cuore un daimon che lo guida.
"Fedeli di tutto il mondo, unitevi!".
Il libro di Peter fu bollato dall' "Osservatore romano", perché tacciato d'indifferenza teologica.
Lo sceicco Rashid el Harun, attraverso un'emittente televisiva araba, lanciò al figlio un secondo anatema. -L'autore è un servo della globlalizzazione e dell'imperialismo USA-.
In effetti, "Per una religione universale" diventò un best seller negli Stati Uniti, dove incontrò il favore delle correnti new age. Peter fu invitato dall'università di Berkeley, California, a tenere un corso di filosofia della religione.
Dovendo trattenersi parecchi mesi, stavolta portò con sé la famiglia. Prese in affitto una casa con vista panoramica sulla baia di San Francisco.
Intorno a lui si riunirono molti giovani. Erano accolti, ospitati, nutriti, purché fossero adoratori della luce, non delle tenebre, e contribuissero a pagare le spese.
Ben presto la villa sulla baia non li contenne più. Dovettero traslocare in una grande tenuta, generosamente messa a disposizione da un miliardario.
C'erano seguaci dei druidi, che si recavano a Stonehenge per festeggiare il solstizio d'estate. C'era chi credeva negli elfi, negli gnomi, raccoglieva erbe fatate e praticava l'innocua magia bianca.
Si confezionavano amuleti, talismani. Si mescolavano lingue e preghiere diverse. Si prediceva il futuro. SI udiva salmodiare "Hare Krishna" e la sacra sillaba "Om". Non era permesso evocare i morti.
Anella continuava ad andare a messa. Sfornava una coppia di gemelli ad ogni nuova gravidanza.
Peter vedeva in questi segni la benedizione del Signore. La Cabala spiega il mistero del cosmo attraverso metafore sessuali. Il Kamasutra c'insegna che il ciclo divino è incompleto senza il piacere.
Ciò gli consentiva di unirsi ad altre donne, generando una stirpe numerosa come le stelle nel cielo, come la sabbia sulle rive del mare.
Dio diede a Giacobbe due spose e due concubine. Lui si contentava di una moglie e di qualche relazione extra.
Lontana dal suolo natio, Anella aveva perso i suoi poteri. Non scagliava più fulmini. Non comandava le tempeste. I figli, poi, la impegnavano troppo. -Pace- era il motto della loro vita, il saluto scambievole, l'augurio formulato ai neofiti.
Eh già, scaduto il contratto con Berkeley, Peter aveva messo radici in America. La sua corte era benvoluta e rispettata dalle autorità.
La sera del venerdì si accendevano le candele, secondo l'usanza ebraica. Anella le benediceva, dopo aver cucinato i cibi per il sabato insieme alle altre donne. Vigeva una dieta strettamente vegetariana.
La domenica Peter teneva i suoi sermoni davanti ad una folla di esaltati e di curiosi, accorsi non solo dalla California, ma anche dagli Stati limitrofi. Parlava del principe Siddharta e delle vie per liberarsi dal dolore. Oppure di Santa Teresa d'Avila e delle piaghe di Cristo.
I suoi opuscoli venivano stampati e venduti, procurando ingenti guadagni, che si sommavano alle offerte spontanee. Inoltre la comunità coltivava i campi, allevava
il bestiame, produceva il necessario ai suoi bisogni, come in un piccolo feudo, un piccolo reame incantato.
Chi entrava nella setta, cambiava la propria identità. Erano di moda i nomi celtici. Derfel, Arwen, Eowin, Ceinwen.
Peter era chiamato semplicemente "il re". Fungeva da giudice nelle occasionali controversie, o quando tra loro s'infiltrava un elemento sospetto. Un fuorilegge,
un drogato.
Molte mani si tendevano verso di lui.
-Il mio corpo è malato. La mia anima è cieca. Il mio cuore è a pezzi-.
Se una donna lo incalzava, egli le ordinava di ritirarsi.
-Rispetta il tuo turno. La vita dei sensi è un riflesso di quella dello spirito. Canta la gloria del creato, arde, sfiorisce-.
Più che Giacobbe, ricordava suo padre, quand'era sovrano di un harem, con cento mogli velate.
La fattoria fu battezzata "Il giardino". Anche il governatore della California partecipò alla cerimonia inaugurale. Tale notizia giunse oltreoceano, colpì il sensibile orgoglio di lady Gray, che scrisse al fratello.
"Carissimo Peter,
mi stai rovinando la reputazione. Mio figlio è l'erede di Marble Halls. La principessa del Galles mi onora della sua amicizia e della sua confidenza. E' molto infelice. Non vorrei che le fosse impedito di frequentarmi a causa delle tue stranezze.
Circola voce che sei diventato un impostore e ti arricchisci a spese degli ingenui. Io non critico i buoni affari, finché sono condotti con decoro. Tu, invece, ti dai in pasto all'opinione pubblica. Non hai il senso della privacy, tanto cara a noi inglesi.
Da insigne studioso, sei ridotto a fenomeno da baraccone.
Torna in Europa. Lascia perdere questi americani selvaggi".
-Vanità del mondo- fu il brusco commento di Peter alla lettera della sorella. Più tardi si sarebbe pentito. Se le avesse risposto, chissà, forse l'avrebbe convinta a salvarsi nel suo eden.
Nemo profeta in patria. Barba e capelli lunghi, vestito di un caffettano, aveva proprio l'aspetto di un santone. Così lo fotografarono gl'inviati di "Vogue", in un servizio sui miti che fanno tendenza.
L'idillio durò circa dieci anni. La comunità prosperava, anche se nessuno si fermava stabilmente. Prima o poi, per ognuno dei giovani arrivava il momento di affrontare la realtà: riprendere gli studi interrotti, formare una famiglia, entrare in affari, integrarsi nella società.
Una ragazza, salutando il maestro, gli disse: -Mi hai regalato una sfera luminosa. La custodirò per sempre-.
La gente andava, veniva. Volti nuovi sostituivano i vecchi.
L'ultima predica di Peter fu pronunciata il 9 settembre del 2001, domenica. Il martedì successivo l'America avrebbe guardato con terrore e sgomento ai grattacieli di New York.
Ascoltiamo dunque il figlio dello sceicco:
-Ho sognato di camminare nel deserto. Pietre acuminate mi ferivano i piedi. Il sole dardeggiava sulla mia testa.
All'improvviso, come accade nei sogni, il paesaggio cambiò. Ero circondato da un'oasi verdeggiante. Davanti a me si ergeva una sinagoga. Ne uscì un rabbino, recando i rotoli della Legge. Stavo per allungare la mano e toccarli, quando una voce mi trattenne. "Non è qui".
Proseguii verso una moschea. Il muezzin intonava la sua benedizione ad Allah. La voce ripeté: "Non è qui".
Alberi d'ulivo presero il posto delle palme e dei datteri. Seguii un suono di campane, finché mi apparve una chiesetta bianca. Vi entrai. Una luce rossa, velata, indicava la presenza del Santissimo.
"Credi nella divinità del Cristo?" domandò il sacerdote cattolico.
Esitai a rispondere, ed egli mi scacciò adirato.
Infine giunsi sulla riva del mare. M'inginocchiai sulla sabbia, rivolto all'orizzonte infinito. "Ho un'unica certezza, mio Dio: quella di non sapere".
Cari amici, ho peccato di presunzione. Un uomo ignorante non può avere discepoli. Quest'estate il raccolto è stato scarso. Il tempo delle vacche grasse è terminato. Le galline producono gusci vuoti. Molti prodigi ci fanno capire che la diaspora è vicina. Dal cielo sono cadute stelle color sangue.
L'umanità non è matura per una religione universale. Lo sarà tra cento, mille anni. Intanto dobbiamo separarci, abbandonare il nostro paradiso, il giardino. Abbiamo arato, seminato, per le generazioni future.
Dimenticate il mio nome, la mia faccia. Vivrò come uno dei trentasei santi nascosti, per amore dei quali Dio regge il mondo-.
La comunità disapprovava la decisione del capo. I lavori di sgombero cominciarono malvolentieri. Ma quando la televisione trasmise le immagini delle due torri distrutte dagli aerei, si placò ogni protesta.
L'evento significava l'inizio della guerra globale, senza frontiere. Gli ebrei partirono verso il muro del pianto, i musulmani verso La Mecca. I cristiani fecero ritorno nelle loro città pagane.
Congedarsi da Anella rappresentò una dura prova per Peter. Le parlò dolcemente.
-Ti lascio il mio conto in banca e dodici figli, il numero perfetto delle tribù d'Israele. Porto con me solo una bisaccia.
Fin dal momento in cui mi hai conosciuto, nel negozio di mobili di tuo padre, sapevi a che cosa andavi incontro. Io ti sfuggivo e tu cercavi d'imbrigliare il vento nella tua pace. Adesso ho assolto ai miei doveri coniugali, e non ci saranno altre donne sulla mia strada-.
-Ti aspetterò- replicò lei tra i singhiozzi, stringendo in un vano, disperato abbraccio l'uomo della sua vita, il ribelle senza pace, senza dimora. Non avrebbe più invocato il suo nome nella tempesta, non avrebbe lottato contro il vento. Il paradiso terrestre era una landa desolata.
Tornò in Italia, dal padre. Tornò nella casa dei nonni, in fondo al paese, sovrastata dalla rupe d'Isabella.
Vittorio sfiorava i settant'anni e sembrava una quercia colpita dal fulmine. I capelli diradati sulle tempie, le grosse spalle curve, il fisico tozzo da contadino. Un tempo era stato un seduttore. Ora si stentava a crederlo. Camminava poco, parlava meno, per litigare o lamentarsi. Era un vecchio sedentario e brontolone.
Wendy reagiva meglio. Accolse Anella come la figlia perduta. La rimproverò, perché si era lasciata scappare il marito. Ma poi la confortò.
&endash;Un giorno o l'altro lo vedremo arrivare. Lacero, stanco, con i vestiti a brandelli. Gli faremo festa. Uccideremo per lui il vitello grasso-.
Ahimè, dopo il fallimento del suo matrimonio, anche il Cilento le riservava un'amara delusione. La proprietà mostrava segni d'incuria. Piante d'ulivo invecchiate, l'antico frantoio coperto da erbacce.
L'olio "Rosalba" serviva solo agli usi domestici. L'hotel "San Michele", da centro di fitness internazionale, era stato declassato. Ospitava villeggianti napoletani. I ricchi cercavano altrove l'elisir dell'eterna giovinezza.
Per amore dei figli, Anella decretò di abbattere gli ulivi, demolire il frantoio, spianare il terreno, che fu trasformato in un camping.
Naturalmente il suo nome è "Il giardino".
Di Peter non si hanno notizie. Forse si trova tra i lebbrosi sulle rive del Gange. Forse aiuta profughi palestinesi, o cura bambini denutriti in Somalia.
Ci rassicura una certezza: un giorno o l'altro lo vedremo arrivare, lacero, stanco, coi vestiti a brandelli. Gli faremo festa. Uccideremo per lui il vitello grasso. La sua lealtà sarà ricompensata. Godrà lunghi anni felici, insieme ai suoi cari.
A questo punto, prima di spostarci in Cornovaglia, da lady Gray, sarebbe bello poter dire lo stesso di Maddalena. Invece, il suo caso è irrisolto, è fuggita per sempre, non si volterà indietro.
Continua ad ingerire dosi massicce di sonnifero. Considera la vita un'anomalia della natura, e le dispiace avervi contribuito.
Patrizio conserva la sua boccetta di profumo, da cui si sprigiona un sentore di foglie appassite, di terra bagnata, di nebbia.
E' il ricordo di un'alba d'amore, sotto la pioggia scrosciante. E' il richiamo dell'Ade, dov'è prigioniera Euridice.

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Ins. 11-10-2004