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Autori contemporanei
affermati, emergenti ed esordienti
Angelo Gaudio
Ha pubblicato il libro

Angelo Gaudio, Il pantano, editrice Montedit, 2000, Collana I salici (narrativa),
pp. 100 - L. 18.000 - Euro 9,30
ISBN 88-8356-053-1
 
Prefazione
 
Questi "quadri" di paese - opera prima di Angelo Gaudio, scrittore campano che nella vita fa il pubblico funzionario - sono impietosi, crudi, veri fino allo spasimo. Ed è questa loro caratteristica, la verità, a richiamare alla mente in modo immediato quel tipo di scrittura che ha conosciuto il suo apogeo negli ultimi trent'anni dell'Ottocento: il realismo (con la sua declinazione italiana del verismo) progettato e sperimentato da scrittori prima francesi e poi italiani tanto noti, che è persino inutile ricordarne il nome. Perché riprendere ora quella tradizione? Ci sembra che per Gaudio si sia trattato di una sorta di imperativo categorico, che trova una sua giustificazione teorica nell'ultima pagina del romanzo: "alla fine" - scrive l'autore - "ci si accorge che ogni storia è eguale. Ognuna di esse si ripete anche negli anni, si costruisce, ma non è duratura e muore. Quanta gente vi è nel mondo? È solamente questo il nostro mondo, in quanto si riesce appena a veder chiaro nel piccolo sistema solare". Dunque non si inventa nulla perché la storia si ripete, e un capolinea non è che una ripartenza di altri individui sotto altre spoglie, ma identici nella sostanza. E solo questo mondo, nel quale le storie si intrecciano nell'incerta luce del sole, è il nostro mondo: l'unico che ci è dato conoscere. L'atto di raccontare, proseguendo il ragionamento, non può dunque che essere narrazione di esistenze: storie di uomini e donne alle prese con le situazioni più umili e quotidiane, con gli smacchi dell'esistenza, con i fallimenti, con piccoli trionfi, che comunque hanno come unico esito la fine, la morte. Il tutto senza una lacrima, senza un moto di falsa compassione, senza nessun compiacimento vittimistico o estetizzante. La realtà non ha bisogno di aggettivi e per questo, l'abbiamo appena scritto, le storie di Gaudio sono impietosamente vere. I suoi personaggi, che si muovono sullo sfondo di una contemporaneità dai contorni volutamente imprecisi (perché tutto si ripete, e ciò che accade oggi è già accaduto ieri e si ripresenterà domani) sono ritratti con pochi e netti colpi di penna: basti pensare alla descrizione di apertura, quella delle due ragazze che "non sono sposate ma la tengono già rotta". In queste poche parole è riassunto con straordinaria efficacia tutto un mondo: quello di un paese di provincia, presumibilmente del sud (si noti l'uso di formule dialettali mescolate alla lingua, tipico dei moduli naturalisti della narrazione), dove la voce del popolo corre di bocca in bocca, segretamente ma con più efficacia di un telegiornale nazionale. Il narratore, qui e altrove, non fa altro che raccogliere questa voce riportandola così com'è al lettore, il quale in questo modo si trova immerso senza mediazioni nel mondo raccontato: è la focalizzazione zero, ovvero la capacità del narratore di annullarsi nel contesto della narrazione rifiutando di imporre un qualsiasi filtro tra il mondo della finzione letteraria (che come abbiamo visto tanto finzione non è) e il lettore. I personaggi, così, sono liberi di apparire per quel che sono: uomini e donne mossi in prevalenza da pulsioni sessuali e, in secondo luogo, dal calcolo economico. Che, come si sa, sono da sempre le molle dell'agire umano, a dispetto di quanti cercano di attribuire a superiori disegni divini o a intenti altamente etici le azioni della gente. La dura realtà - anzi, eliminiamo gli aggettivi, cosa che certo non dispiacerà all'autore - la realtà è questa. Non a caso la metafora del villaggio in cui è ambientato il romanzo è quel pantano - unico vero protagonista che infatti dà il titolo al volume - che "a guardarlo dalla sponda sembra immenso, bello, accogliente e largo" mentre non si tratta che di uno stagno pieno di rifiuti: eppure da lì "nasce un rigagnolo che si perde serpeggiando nelle campagne" rendendole fertili. Dunque è così: dalle pulsioni più "basse", e ciò nonostante più autentiche, dell'uomo nasce il "rigagnolo" che dà la vita. E la toglie, anche: nel pantano, come dimostra la vicenda di uno dei tanti personaggi che affollano il romanzo, si può morire. Del resto anche la morte non vuole aggettivi. Gaudio registra le morti con la medesima naturalezza con cui parla di nascite e di sesso: perché esse fanno parte della vita, si può raccontarle ma non trovar loro un senso (che non c'è) né una giustificazione. La mannaia cade a caso, in questo romanzo esattamente come nella vita: il giovane prossimo al matrimonio e alla paternità, che muore in un banalissimo incidente di moto; la donna che si suicida; l'uomo che, è l'esempio già citato, annega nel pantano; infine, è il pantano stesso a riprendersi la vita che aveva donato, e a ricoprire d'un colpo solo tutto il villaggio e le cento passioni, che vi si agitavano. Giovani e vecchi, nessuno sfugge a questa legge. Finché un nuovo rigagnolo ricomincerà a scorrere e un nuovo villaggio sorgerà: e allora i tanti don Filippo, Giancarlo, Sandro, Rosalba e Pina riprenderanno a fare l'amore e a odiarsi in riva al pantano. Quello stesso pantano che, anche se non lo vediamo, lambisce le vite di ciascuno di noi.
 

Bianca Cerulli

 
 
 
Per leggere il racconto classificato ottavo ex equo al concorso Marguerite Yourcenar 2001 sez. narrativa
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Inserito il 7 luglio 2000