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- Anime senza
realtà
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- Una città come tante altre. Un
agglomerato di edifici, di persone, di alberi e
giardini come tanti altri. Voci e rumori come si
sentono in qualsiasi altro posto del mondo. Odori e
sapori non molto differenti da quelli di altri luoghi
simili a questo.
- Una città insomma. Uguale a tante altre.
Unica come tante altre.
- Il nome non ha molta importanza; i nomi li
hanno inventati gli uomini per differenziare.
Soprattutto per dividere. I nomi sono dei confini
meravigliosi, dei perfetti strumenti di
discriminazione. E di selezione, e di
controllo.
- Così, guardando dalla finestra, sono
queste le considerazioni che la mia mente costruisce
osservando i movimenti, ascoltando i rumori e
annusando gli odori di questa città.
- L'aria è fredda. Il Signor Gennaio anche
quest'anno non si risparmia distribuendo freddo, vento
e pioggia in ordine sparso ma in quantità
abbondante. Il penultimo anno del secondo millennio
inizia così com'erano iniziati tutti gli altri
prima di lui.
- In sordina. Con una coltre di domande senza
risposta nel cassetto ed esagerate speranze per il
futuro. Il freddo di mezzo inverno non congela le
pessime abitudini delle persone: giunte al termine del
calendario tutte si sperticano in sproloqui pieni di
buone intenzioni e ottimistici propositi di cui, come
recita un vecchio adagio, è lastricato
l'Inferno. Tutte a fare promesse che nella migliore
delle ipotesi sopravviveranno il tempo di una notte di
sonno. Persone. Uomini e donne. Ricchi. Poveri. Gente
di mezza fascia. Tutti quanti uniti nel grande coro
delle «belle speranze di fine d'anno». La
grande danza della sincera menzogna attorno al
falò delle ipocrisie.
- Ma tant'è, il nuovo anno è
già qui a Febbraio, già bussa alla
porta.
- La città si muove come prima. Il ritmo
non è cambiato. Come se il tempo non fosse mai
trascorso. Tutto è uguale, maledettamente
uguale. Qui o nell'estremo sud del mondo, nel lontano
oriente o, proseguendo nel girotondo, fino al nostro
occidente... Uguale.
- Identico. La musica è la stessa, una
nenia senza mai fine. Una composizione oziosa e
disadorna capace ogni tanto di impennate, ma che
fondamentalmente rimane fine a se stessa.
- La nebbia scende.
- Come un velo va lentamente a coprire la
città senza nome.
- Nascondendo i crimini e le nefandezze, ma anche
le buone azioni e le gioie. Il circo però va
avanti, ignorando questa semi invalidità
visiva. In mezzo alla gelida coltre le parole
fluiscono, i pensieri viaggiano, i sogni continuano a
nascere, seppur destinati al loro inesorabile e triste
destino.
- La città senza nome va avanti, qui come
altrove, in un turbinio continuo e noioso.
- Con il palmo della mano libero il vetro davanti
a me invaso dal mio alito. Sui marciapiedi anime in
partenza e anime di ritorno si incrociano muovendo gli
arti superiori o la testa in cenni di saluto: gesti
automatici privi di pensiero, forse provenienti da
anni di concetti inculcati «gioco-forza».
Dogmi da seguire scrupolosamente per non cadere nella
trappola mortale dell'indicazione, o riconoscimento
per maleducazione. Le solite abitudini che non muoiono
mai insomma, che non ti permettono di essere assorto
nei tuoi pensieri ( e non importa se sono belli,
brutti o «così-così»)
dimenticando che sei parte di un grande gruppo dove il
libero arbitrio è roba da ridere; abitudini,
regole, dogmi appunto che fissano la nostra esistenza
come puntine su un piano di sughero. Forse. Come
dicevo prima.
- Comunque sia, sono gesti meccanici. Di sicuro
spesso senza nessun interesse. Si saluta, si
riverisce: sillabe e movimenti quasi impercettibili
che non danno niente di nuovo alla nostra esistenza e
che non arricchiscono quella di chi le riceve. Si
chiamano formalità e sono ossequiose e
scrupolose, ma prive d'anima.
- La città senza nome è piena di
questi individui. Anzi, forse solo di questi e magari
ne faccio parte anch'io, mio malgrado. E la mia
immagine si riflette pallidamente sul vetro, come una
fotografia sfocata, vecchia e sgualcita. Forse lo
spettro che mi rappresenta in questa vita, tra quelle
vie e quelle strade che sono le arterie e le vene di
questa città.
- Spettri, fantasmi, anime che vagano spesso
senza meta. La città accoglie tutti, in un
grande abbraccio privo di calore che sa di viscida
inerzia, di freddo e matematico raggruppamento: le
individualità si vanno disperdendo, forse non
sono mai esistite.
- Nomi e cognomi come numeri, cifre che ci si
appiccicano addosso e che diventano parte di noi.
Diventano noi. I numeri di telefono, i numeri di conto
corrente, i numeri di previdenza... numeri. Siamo solo
questo ormai. Tutti questi numeri viaggiano nell'aria,
come il fetido respiro della città che vive,
sorniona, sotto e dentro e attraverso di noi.
- Anime. Entità marchiate a fuoco con
queste cifre. Così, tutti a riconoscersi
attraverso il numero che rappresentiamo, attraverso la
capienza del nostro portafoglio, il gelido cuore
pulsante di menzogne di ognuno di noi. L'eterna
unità di misura umana.
- Numeri, nomi, denari.
- Come è folle tutto questo.
- La nebbia, sempre più densa, abbraccia
questi pensieri mentre apro la finestra. Dolori e
gioie mi scorrono sulla pelle, che vibra toccata dal
gelo. Posso quasi scorgere brandelli di pensieri e di
sogni, qua e là nel candido e impenetrabile
buio. Pare quasi che si nasconda la città.
Pensieri? Sogni? Desideri? Ma ci sono ancora?
- O forse sono soltanto ruderi, reperti
archeologici di un passato lontanissimo che ormai non
ci appartiene più?
- Che cosa siamo adesso?
- Gli alberi intirizziti, con le loro braccia
scarne rivolte al cielo, sembrano chiedere
pietà per noi. Pietà e misericordia a
chi non ci ascolta più.
- La città ascolta e non rimanda. Non
proferisce parola lei, non ne ha bisogno.
- Questa entità ci attornia. Ci unisce e
ci divide. Osserva i nostri frenetici movimenti,
spesso angusti, come fossimo topi in un piccolo
labirinto da laboratorio. Osserva e si
compiace.
- Freddo. Mi penetra nelle ossa questo gelo, non
mi lascia andare.
- Una lacrima debole di olio e amore mi riga la
guancia. Una brezza sostenuta mi spazzola i capelli.
Come un sospiro.
- Questa città, unica come tante e uguale
a tante altre, osserva placida e quasi disattenta il
mio sofferente peregrinare attraverso le pieghe del
mio essere, alla ricerca di qualcosa che mi faccia
sentire individuo. Non uno dei tanti, come quelli
là fuori.
- Anime senza realtà.
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- Grazia
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- Accarezzo il tocco flebile
- che il tuo sguardo regala.
- Il sole esplode
- nella sua vivace allegria
- mentre i nostri passi
- solleticano l'erba fresca.
- La tua pelle profuma
- di anni lontani
- illuminando la mia strada
- cosparsa di sorrisi dimenticati.
- Sento il rumore dei cigni
- che navigano sul fiume
- e la tua voce cristallina
- che li accompagna.
- Accarezzi i miei capelli.
- Io accarezzo i tuoi occhi
- sotto ombre d'alberi in tumulto,
- il vento soffia silenzioso
- e il mio cuore osserva stupito
- la grazia del tuo.
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- (Dedicata a Christina)
- Poesia inserita nell'antologia tedesca «Ly
La Lyrik» - 2000 - edita dalla casa editrice
Frieling.
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- Amor di luna
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- E che amore sia
- se amore vuole,
- questa luna senza peccato
- che bussa a questa notte.
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- Cosa vada sibilando
- proprio non saprei
- e cosa senta nel suo grembo
- come lo posso immaginare?
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- E allora amore vada
- se amore deve andare,
- a questa luna gravida
- forse «no» non si può
dire.
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- Ma cosa vorrà ancora
- nel cuore del mio sonno
- e cosa cercherà
- tra le bianche mie lenzuola?
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- Ma forse amore è
- e allora amore sia,
- se questa luna chiama
- bussando a questa notte.
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- Il guardiano
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- In questo letto caldo
- camminano i tuoi sogni
- che forse son pensieri
- che dormono con te.
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- Osservo un po' stupito
- la tua espressione stanca
- di questo grande sonno
- che pare affaticarti.
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- Chissà che fantasie
- stai osservando ora
- mia piccola sirena
- che mi rapisci il cuore.
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- Tra le lenzuola bianche
- io ti accarezzo piano
- e ascolto il tuo dormire
- che lento mi sconvolge.
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- Io sono il tuo guardiano
- e aspetto il tuo risveglio
- mentre tu corri libera
- tra i prati dei tuoi sogni.
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- (Dedicata a Christina)
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- Non è vero che non ascolto
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- Non è vero che non ascolto.
- Io sto sempre all'erta,
- con l'orecchio teso.
- Puoi giudicarmi freddo
- ed inerte se ti va
- ma io ascolto sempre.
- Sempre in attesa di un segnale.
- Non è vero che non ascolto.
- È questo mondo,
- è questo mondo che non parla.
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- Poesia inserita nell'antologia tedesca
«Welt der Poesie 2000» edita dalla casa
editrice Frieling.
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- Non so...
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- Saetta nel cielo una luce
- ed immobile l'osservo rapito.
- Notte fonda o forse pieno giorno,
- non so...
- Mi coglie improvviso il desiderio
- d'acqua fresca di cascate e di spuma
- d'onde sulla spiaggia.
- Profondo sogno o veglia lucida,
- non so...
- Colpi d'ali libere tra gli alberi
- che verdi sbatacchiano al vento dolce
- di questa estate sbarazzina.
- Immagine astratta o vivida
realtà,
- non so...
- Brilla una luce nei miei occhi
- che distesi osservano le danze delle
nuvole.
- Quest'amore eterno o quest'eterno
amore,
- non so...
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- (Dedicata a Christina)
- Poesia inserita nell'antologia del premio
«Città di Melegnano 2000»
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- Epilogo
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- Fredda terra non canti,
- perché?
- Mi avvolgi e mi umili
- mi ammutolisci e mi strazi,
- cos'altro ancora vuoi?
- Di cremisi e turchese
- ho dipinto il tuo volto
- in parole che cuore e pensiero
- mai hanno sognato.
- Nel profondo tuo essere
- ho dormito e amato,
- perché mai ora mi scanni?
- Forse non sono anch'io
- figlio della tua forza?
- Fredda terra... Fredda realmente sei
- o solo non comprendo il castigo?
- Queste mani e questi occhi
- ancora respirano di calore! Di vita!
- Il mio seme ancora
- non è placato, egli esplode!
- Il mio sangue straripa
- e di sorrisi s'inventa utopie
- dov'anche tu m'accompagni...
- Perché dovrei accettare
- di non vedere più il mio alito?
- Di canti e poemi
- ho disegnato il tuo volto,
- con fiori e miele e acqua
- ho segnato il tuo nome, Terra.
- Così fredda sei?
- Così gelida ora?
- Questo dunque è il regalo
- che ultimo mi pongi. Silenziosa.
- Odoro di muffa e umido,
- Castigo,
- ma ancora ho una lacrima per te,
- Fredda,
- e di calda vita ancora ti ricordo,
- Terra.
- Tuo adesso come mai prima.
- Suppongo...
- ... e di morte mi assopisco tremante.
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