Autori contemporanei
affermati, emergenti ed esordienti
Racconti di

Roberta Strano

 
Il figlio del paese delle nebbie
 
Un giorno, non ricordo nemmeno quando, mi ritrovai in un mondo popolato da folletti, elfi e valchirie, circondato da un'atmosfera magica e irreale e sullo sfondo, un paesaggio imbiancato da nevi perenni e una nebbia bassa e fitta che impediva al mio sguardo di vedere ogni cosa distintamente.
Un giorno, mi ritrovai una fotografia tra le mani, non so quando, né dove, né come questo avvenne.
Un giorno arrivai sulle bianche scogliere di Rugen, oltre quelle scogliere vi era il nulla e lui, il giovane della fotografia, era lì, sulla scogliera, rivolto verso il mare, che guardava smarrito lontano, avvolto da una nebbia spettrale, mentre le onde del mare s'infrangevano sugli scogli e poi ricadevano mescolandosi di nuovo con le altre.
Nonostante la nebbia riuscivo a riconoscere in lui la stessa persona della fotografia, quel volto stupendo incorniciato da capelli colore del mistero, nero corvino.
In lui si rispecchiava tutto.
I suoi occhi richiamavano il sud mescolato con il nord delle origini di quei posti incantati e tormentati allo stesso tempo. Lui era bello come un angelo ed era anche il demonio, era il tutto ed era il nulla.
Rivolto verso il mare, sconvolto dalla tempesta, con gli occhi spalancati, protendeva la sua anima verso l'infinito, fin quasi a sentire il vuoto dentro se stesso.
Quel paesaggio desolato non riusciva a riempire il vuoto della sua anima, ma nemmeno un luogo caldo e solare avrebbe mai potuto colmarlo.
Lui era il figlio del paese delle nebbie, la coscienza infelice, solo, anche tra la moltitudine.
Egli mordeva le sue labbra vermiglie, sembrava un dio, il figlio del paese delle nebbie, avrebbe voluto trasformare quel deserto in un giardino dai mille fiori profumati e colorati, dove avrebbe aleggiato il suo canto tanto triste, simile al lamento di un grande, bianco e candido gabbiano. Invece apriva gli occhi e capiva di essere ancora lì, la realtà era un'altra, non era tempo di sognare.
Nella sua anima l'angoscia, nei suoi occhi il sogno perduto.
Il paesaggio avvolto da una malinconica tristezza, adesso, stava per diventare sempre più sfumato, stava arrivando il tramonto dove il giorno ha fine per rinascere nuovamente domani.
Io non riuscivo più a guardare tanto era rosso abbagliante il cielo, mi girai un attimo e quando mi voltai di nuovo verso la sua direzione, egli non c'era più.
Un giorno ho incontrato il figlio del paese delle nebbie.
Egli era il tutto ed era il nulla.
Era un angelo dallo sguardo demoniaco.
L'ho incontrato un giorno, sulle bianche scogliere di Rugen ed ho conosciuto cosa sia l'amore.
Un paesaggio innevato nel sole morente di un tramonto invernale attorno a me e la voce invisibile del silenzio.
 
 
 
David Gahan is never alive
 
Sono trascorsi ormai quasi otto mesi da quell'indimenticabile 25 ottobre 1998.
Era domenica, credo, il giorno in cui mi sono innamorata di te.
L'autunno strappava via dai rami secchi le foglie dipinte di giallo e l'aria era pungente.
La sera giungeva presto, mentre la natura andava addormentandosi pian piano preparandosi al lungo sonno invernale.
Nel mio cuore invece era come se fosse scoppiata la primavera, in realtà era nato un nuovo amore, una nuova speranza, forse un'ennesima illusione.
Il mio mondo di colpo si era dipinto di rosa, sentivo il mio cuore battere e capivo di essere viva.
Non ti avevo guardato per anni, lo so, è assurdo va bene, non so nemmeno come sia potuto accadere, ma adesso ti amo e vivo per te la notte e il giorno.
Incredibile, sembra quasi irreale, io innamorata del cantante inglese David Gahan.
Storia di un amore nato sulle note di una canzone d'amore, «Only When I Lose Myself» e da labbra di tragedia.
M'innamorai di quella canzone al primo ascolto e della tua voce sensuale e bellissima.
Otto mesi fa non sapevo molto di te, ma ti amavo già ugualmente come adesso.
Oggi invece conosco i tuoi mille volti, ma so che dietro, nonostante tutto quello che sia successo e quello che sia stato detto su di te, ci sia un uomo migliore.
David, sei passato attraverso mille confusioni, ma la vita sotto i riflettori è quella che più ti si addice, dinanzi a un pubblico che pende dalle tue labbra e guarda i tuoi movimenti leggiadri, sensuali e a volte anche un po' provocatori.
Dentro questo mondo di luci e ombre, l'angelo David ha perduto se stesso.
Nel 1990 si trasferisce a Los Angeles: in pochi anni cambia il suo look, capelli lunghi, barba e tatuaggi, sembra quasi un'altra persona, ha l'aria un po' americana, selvaggia e anticonformista.
E qui, in America, cominci a farti male sul serio.
Dall'alcool alle lacerazioni, dalla speed-ball all'arresto, al tentato suicidio.
Nel '96 a trentaquattro anni stavi per lasciare questo mondo.
I giornali riportano che il suo cuore si era fermato per due minuti, ma poi aveva ripreso miracolosamente a battere.
David Gahan è ritornato dal mondo dei morti.
E un fantasma lo sembravi davvero, con il teschio che ti traspariva dalla pelle sottile delle tempie, la tua bellezza era scomparsa, la tua giovinezza bruciata.
Ti odiavi, ti tagliavi le vene, in quelle squallide stanze di hotel, con la morte nel cuore e il sorriso ancora sulle labbra.
Vita tormentata di una star decadente, sola e dai mille problemi. Una candela nel vento.
Stava per morire l'uomo, stava per nascere il mito.
Ma tu, malgrado tutto, sei ancora qui, in questo mondo ad esibire la tua voce tenebrosa e vibrante, davanti a tutto il mondo.
Ma il tuo volto è ancora provato, stanco, e il tuo sguardo ancora perso nel vuoto, sembri un cucciolo smarrito.
La felicità, forse, non esiste davvero.
Vorrei proteggerti e donarti la forza che non hai, per affrontare quest'amara vita, e tutto l'amore che provo per te.
A volte, penso, che se tu fossi morto quel giorno di maggio, io adesso non sarei innamorata di te.
Dimmi, cos'accadrà ancora? È il 1999 e sei mesi e il ventunesimo secolo è ormai alle porte.
Continueranno i Depeche Mode a farci sognare ancora con le loro meravigliose canzoni? E di te? Cosa ne sarà di te senza di me? Ma, forse David Gahan non è mai vissuto.
 

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inserito il 6 agosto 1999