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               pubblicato il libro
               
               
               
                  Enrico Camisani,
                  Piccole
                  chiose al Cantico dei Cantici?,
                  editrice Montedit, 2000, Collana I gigli (poesia),
                  pp. 32 -L. 10.000 - Euro
                  5,16 ISBN 88-8356-050-7  Prefazione La tradizione del canto
                  alla donna del proprio cuo-re, al fine di esaltarne
                  qualità e virtù, è
                  probabilmente vecchia quanto l'uomo. Lo testimonia,
                  tra l'altro, l'antichissimo Cantico ricordato
                  proprio nel titolo della nuova silloge di Enrico
                  Camisani, autore già ampiamente noto per i
                  suoi saggi di carattere teologico e le sue
                  poesie.Il fatto, poi, che
                  Camisani abbia voluto aggiungere alle sue chiose
                  l'aggettivo piccole ci introduce immediatamente a
                  una dizione distesa e semplice, che occhieggia
                  all'antica tradizione per la costruzione di certi
                  versi e di certi ritmi, ma se ne discosta,
                  né potrebbe essere altrimenti, per il brio,
                  il costante riferimento alla modernità, la
                  gaiezza che percorrono tutta la raccolta, come a
                  voler sottrarre una solennità (che, si
                  intuisce, il poeta preferisce riservare ad altri
                  ambiti) sentita come anacronistica, aggiungendo
                  invece una verve che, senza nulla togliere
                  all'atmosfera di fondo, contribuisce per l'appunto
                  a rendere il tema molto più familiare
                  all'orecchio del lettore. Né si deve
                  trascurare il punto di domanda posto alla fine del
                  titolo: non ci potrebbe essere indizio più
                  sicuro di questo per accorgersi che Camisani ha in
                  mente, eccome, i suoi lettori, tanto da rivolgere
                  proprio a loro la questione. Sono, le sue, piccole
                  chiose al Cantico dei Cantici? La domanda è
                  posta con garbo e un pizzico di allegria, quella
                  stessa che, come si diceva, percorre tutta la
                  silloge, e ha probabilmente lo scopo di
                  coinvolgere, sin dall'inizio, il lettore: sia
                  dandogli una possibile chiave di lettura sia
                  lasciando aperte tutte le altre ipotesi. Ogni
                  autore sa, in fondo, che la propria lettera si
                  trasforma a seconda della sensibilità di chi
                  legge, e che ogni lettore ha il diritto di
                  "prendere" da un testo ciò che
                  vuole.Canto alla donna del
                  cuore, si diceva. Amica mistica o reale,
                  l'importante è che ella, secondo la migliore
                  tradizione, sia nota solo attraverso un nome e
                  alcune qualità che non consentano di
                  individuarla precisamente ma solo di immaginarla;
                  è vero che, da questo punto di vista, il
                  nostro autore si spinge un po' più in la,
                  facendoci sapere, di Floriana (la donna cantata
                  nella silloge) anche l'età e lo stato civile
                  (si tratta di una donna con figli nel pieno della
                  maturità), ma questo, come si diceva,
                  rientra nel disegno generale di ripresa e
                  rinnovamento di una tradizione con elementi tipici
                  della modernità; quel che non muta, della
                  tradizione, è la concezione della donna come
                  dono del cielo e tramite indispensabile per
                  assaporare la beatitudine celeste in terra e
                  aspirare a raggiungere questa stessa beatitudine
                  per l'eternità. Chi ha appena un po' di
                  familiarità con la letteratura del nostro
                  Due-Trecento avrà già capito a cosa
                  ci stiamo riferendo: a quel complesso percorso di
                  stili e contenuti (alimentato com'è ovvio da
                  una precisa mentalità e da un preciso
                  contesto sociale), al termine del quale si colloca
                  la donna angelicata cantata da poeti come
                  Guinizelli e il sommo Dante.La donna, dunque, conduce
                  alla divinità; e lo fa con una grazia (e si
                  noti la ricchezza semantica del termine)
                  ch'è tutta sua, sia che si dedichi alle cure
                  del suo giardino, sia che guidi l'automobile sia
                  che, più semplicemente, consenta agli altri
                  di ammirare i suoi occhi e le sue movenze. Ecco
                  dunque che Camisani, alternando novenari a versi
                  sciolti, rime baciate a rime collocate liberamente,
                  fotografa Floriana nei vari momenti della giornata
                  e della vita riportandone un'immagine di grande
                  vitalità e serenità, dove gentilezza
                  e brio si sposano naturalmente. Potrà
                  accadere quindi al lettore sia di sorridere
                  teneramente sia di sorprendersi a sognare con gli
                  occhi aperti: perché scoprire che esistono
                  ancora sentimenti fatti solo di gioia e
                  disinteresse non è, ci sembra, cosa che
                  possa accadere tutti i giorni. Ed è proprio
                  il piacere di questa scoperta il regalo che Enrico
                  Camisani, con questa silloge, fa a tutti i
                  lettori. Bianca Cerulli |