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- C
A R A C A R M E N
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- Le
storie non finiscono
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- Incipit
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- Le macchine
arrivarono tutte insieme sul piazzale antistante la
villa. I convenuti discesero silenziosi, quasi
contemporaneamente e rimasero fermi, riuniti ed
incerti come in preda ad un'improvvisa malinconia.
- Il tempo era
passato sui loro volti ed essi stentavano a
riconoscersi oltre l'intricato gioco dei ricordi e
dell'immaginazione.
- Infine la
curiosità ebbe il sopravvento e fu tutto un
chiamarsi, un salutarsi fra esclamazioni e risa, un
riecheggiare di nomi noti, seguito da pause e da
silenzi.
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- Conclusione
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- ..............Si
schiarisce la gola, armeggia col bicchiere e la
bottiglia. Respira forte.
- All'improvviso si
alza e barcollando va verso il bagno. Con furia si
strappa la camicia di dosso.
- Fa scorrere l'acqua
nel lavabo, si china a bagnarsi la testa, poi scosso
da un rigurgito corre a vomitare nel water, scivola ,
annaspa, si trova disteso in un miasma maleodorante.
Le pareti bianche si piegano, stanno per crollare
sopra di lui. Il peso è intollerabile, una
morsa dolorosa. Il bianco delle pareti è
fosforescente, una lampada accecante negli
occhi.
- Ecco, vedete
signori, questa donna è mia moglie. E' una
puttana e ride, ride. Gode nel confessare tutte le sue
malefatte. Poi fugge . Sotto la pietra si muove
qualcosa. Avanza. Nero viscido mi avvolge percorre il
mio corpo, nera zampa di ragno potente d'acciaio mi
stringe una gabbia. Non posso correre mi strappa una
gamba lei fugge, ridendo signor giudice la sente
è una puttana , sputa su quanto le dai, ridendo
Fa freddo. La melma mi copre, come un verme, una
giustizia, una giustizia...
- Ammutolisce, un
sonno pesante lo coglie all'improvviso, riverso sul
pavimento.
- Alle prime luci
dell'alba si scuote. Rimane per qualche istante fermo,
indeciso. Si alza a fatica, ancora legato nei
movimenti. Dinanzi allo specchio si guarda a lungo. si
scruta. Infine incomincia a lavarsi e a
cambiarsi.
- Nella stanza da
letto ora alcune luci sono spente, la penombra
è silenziosa. Sul letto, vestita, con il capo
appoggiato sul braccio giace Patrizia addormentata. I
capelli biondi sono sciolti e poggiano leggeri sul
cuscino. Sembra più giovane ed indifesa
- Alfonso si avvicina
senza far rumore.
- Sul letto, in
ginocchio, la guarda a lungo con un'espressione
indefinibile, poi si sdraia e rimane immobile fino al
mattino, senza pensieri.
-
- Il mattino è
gelido. L'aria è tersa, vi sono sospesi rari
grappoli di rumori cristallini.
- Dinanzi all'entrata
principale della villa Vanna, Enrico, Diana, gli altri
indugiano nei saluti..
- Ecco anche Alfonso
e Patrizia.
- Si muovono con
naturalezza, salutano sorridenti.
- < Vanna!
>
- < Diana!
>
- < Non perdiamoci
di vista .>
- < Soprattutto,
non perdiamoci! >
- Gli abbracci sono
prolungati.
- Il rombo dei motori
accesi.
- In fondo agli
sguardi il fremito di una febbre nascosta.
- Un altro
saluto.
- Diana ha deciso di
rimanere ancora un giorno
- Non sarà
sola, con lei resteranno alcune di quelle presenze,
che è necessario non vadano disperse.
- Perché le
storie non finiscono. A volte sembrano paludi
stagnanti, senza respiro, ma poi riprendono vigore,
intersecano altre storie: spesso da quelle vengono
travolte o confortate di nuova linfa.
- Sempre comunque
sono storie vive e generatrici di verità, per
coloro che sappiano ascoltare.
- Un momento di
pausa. Avanza il silenzio.
- Forse è
giunto il momento di incontrare la propria storia.
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- ---°--
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- Nelle
altre stanze
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- ...Nello
scompartimento di un treno Emma incontra una ragazza.
.E' Elisa, che va a Roma per sfuggire al dolore per la
morte del suo ex ragazzo.
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- ..................
- <Quel topolino
lassù era del mio ex ragazzo. Si, era suo, come
tanti altri. >
- < Singolare,
come passione! >
- < Li amava, i
topi, veramente. Ne aveva di diversi tipi.
- E aveva anche
diversi tipi di animali, fra gli altri una scimmietta,
tre tartarughe, due serpenti, un pappagallo e un cane
alto più di un metro. Bellissimo. Si chiama
Caos.>
- < Tutti in
casa?>
- < Si, tutti in
casa. Ma non passeggiavano mica liberamente! Se ne
stavano tranquilli nelle loro gabbiette. Proprio
questa mattina l'ultima cucciolata. Sono nati quattro
topolini. Fuori pioveva che non ti dico. Io li ho
presi e sotto la pioggia sono corsa a portarli al
riparo dell'arcata di un ponte. Certo là non
saranno soli, cresceranno in buona
compagnia.
- Ci siamo divisi i
compiti, a me è toccato occuparmi
della
- sistemazione dei
topi. Perciò vado a Roma. Ho intenzione di
regalare quel topolino al mio amico.>
- < Lui lo sa?
>
- < No, non lo sa.
>
- < Immagino che
sarà sorpreso e commosso dinanzi ad un regalo
così inconsueto! Se qualcuno volesse
gratificarmi nella stessa maniera, non potrei
certamente dimostrare il mio entusiasmo !>
- < Ma io non
potrei mai regalare un topo a una signora!
>
- < Ti assicuro
che, se fossi una ragazza, il mio rapporto con i topi
sarebbe lo stesso. Non ho un buon ricordo dei
cosiddetti roditori. Ricordo le loro fughe
precipitose, non appena mettevo piede nel mondo
misterioso della soffitta, al tempo della mia
infanzia. Li sentivo silenziosi e guardinghi, quando
mi aggiravo sospesa fra gli oggetti polverosi che si
erano salvati dal tempo.
- Quando alfine mi
fermavo accanto ad una cassa o ad un baule e affondavo
come rapita le mani fra i cimeli, non mi temevano
più, mi sentivano inoffensiva e allora, prima
tentavano qualche piccola sortita e poi si mettevano a
correre e a rodere in piena libertà, quasi con
spavalderia. >
- < I topi si
affezionano, sentono quando si possono fidare.
>
- < Certo, quelli
domestici. Ricordo gli abitatori delle vecchie case di
campagna, quel loro rosicchiare insistente in
qualunque luogo mi trovassi, accolta dall'acuto odore
di legna bruciata, di fumo e di mele. Altra cosa i
topi di città, quelli che vivono nella
maleodorante miseria delle strade, nelle fogne, sotto
i ponti. Una cosa sconvolgente.>
- < Sono grossi,
scuri.>
- < Si, sono
grossi, scuri, viscidi, con delle grosse code.
Attraversano le strade con prepotenza. Sono i ratti
- Conosco bene quelli
di Venezia: di notte corrono per le calli come saette.
- Conosco anche
quelli di Roma: A Roma, sotto il ponte del= l'Aniene,
si dice che si diano convegno i topi,
chiamiamoli
- topi, di tutta
Europa.
- Pare che provengano
persino dalla Svezia e dalla Norvegia
- Ne hanno parlato
anche i giornali.
- < Anche quel
topolino diverrà grande. Adesso è
piccolo perché è nato da poco, ma poi
crescerà e avrà una lunga
coda.>
- < Naturalmente
il tuo amico non lo sa. >
- < No, non lo sa.
Lo saprà dopo, che il topo è piccolo, ma
che poi diventerà grande. Lo vedrà
crescere poco a poco. >
- Piccola risata
maliziosa.
- <
Crescerà di giorno in giorno. >
- <
Diventerà tanto grande da occupare tutta una
stanza. >
- < Si
presenterà alla porta tutto lucido e tirato
come un maggiordomo e farà un inchino,
salutando. >
- < Avrà la
marsina e una cravatta a farfalla. >
- < E un bastone
dal pomo dorato. >
- < Il mio amico
rimarrà sbalordito ed esclamerà ma
dov'è il topo? >
- < E avrà
timore dell'animale misterioso,
- < che troneggia
in mezzo alla stanza,
- < che impartisce
ordini misteriosi
- < in una lingua
misteriosa
- < che nessuno
conosce. >
- < E
allora...
- Entrambe si
guardano e scoppiano in una risata. Non si sono
nemmeno accorte che di nuovo la luce ha preso
amichevolmente posto nello scompartimento.
-
LIMITE
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- Dopo aver vagato a
lungo con il cuore gonfio di solitudine,
- acquattata contro
la roccia, quasi a nascondere e, nello stesso tempo, a
proteggere il suo corpo cresciuto troppo in fretta,
Nora si sentì finalmente lontana.
- L'aria era
fremente, il sole alto dardeggiava implacabile.
Attonita, la terra. Scomparso, il cielo tutto un
bagliore. Ovunque il mistero.
- Nora rimase a
lungo immobile, soggiogata.
- Quando alfine il
sole, liberatosi dal rogo, poté riprendere il
suo corso, come sopravvissuta ad un incubo ella
rialzò il capo
- Con quale
grazia ora il piccolo nocciolo riusciva a chinarsi
verso di lei; con quale vivacità saltavano i
girini sull'acqua, raccolta nella piccola crepa sotto
al suo piede. Una biscia si muoveva fra i rovi e un
rospo la stava fissando. Sorrise al lieve respiro del
vento, che le sfiorava i capelli.
- Timidamente le
ombre erano tornate.
- Improvviso, il
fischio di un treno: Nora si mosse come ad un
richiamo.
- Sul piazzale, ecco
Danilo
- Scosso
anch'egli da quel segnale, abbandonato a fatica il
letto, febbricitante, era uscito barcollando
all'aperto. Pallido in volto, i capelli incolti.
- Camminava
tutto piegato sul fianco sinistro, stremato dal peso
della sua malattia.
- Ogni tanto era
scosso da una tosse, che gli toglieva il respiro.
Doveva fermarsi, allora, incapace di proseguire.
Si guardava intorno con gli occhi sbarrati, come in
attesa di una risposta, che tardava a venire. Ogni
giorno, ogni ora doveva fare i conti con la sua
nemica.
- Di notte,
quando era estate e le finestre erano aperte e la
luce spenta, la sua tosse squarciava il silenzio. Ora
egli cercava di trascinarsi verso i binari. Nora lo
sentiva ansimare alle sue spalle.
-
- Voci imperiose,
insistenti squilli del telefono, ritmo febbrile del
telegrafo, nell'ufficio movimento della
stazione.
- Ferma
accanto al cancello dell'uscita, sperando di non dare
nell'occhio, Nora cercava di capire cosa stesse
accadendo.
- Un ufficiale
tedesco entrava ed usciva dall'ufficio, minaccioso,
seguito da due soldati armati.
- < Tu sabotare,
tu kaputt! > gridava
- Nora fissava
suo padre, il quale cercava di farsi capire: la linea
era interrotta, c'era stato un attentato: il treno non
poteva proseguire.
- Ad ogni
tentativo di spiegazione aumentavano le
grida
- Infine, a pochi
centimetri dal suo interlocutore, quasi a volerlo
annientare, l'ufficiale ripeteva gelido, scandendo
le parole:
- < Tu sabotare,
tu kaputt! >
- Si trattava di un
treno merci dal carico sconosciuto, diretto in
Germania, blindato, con scorta. Non solo non poteva
proseguire, ma non poteva neanche sostare sul terzo
binario, riservato ai treni in transito. Il terzo
binario doveva essere liberato.
- La voce di
Adelfo era ferma, decisa:
- < Pronti per la
manovra! >
- Il convoglio si
muoveva lentamente. I manovali correvano a lato,
facendo segnalazioni al macchinista. Le sentinelle li
seguivano con il fucile puntato.
- Nora
tratteneva il respiro: con gli occhi fissi sul quadro
delle operazioni, dinanzi al quale seguiva attento la
manovra, suo padre controllava il movimento degli
scambi.
- Il treno faceva
marcia indietro a passo d'uomo, si bloccava sul
binario di sosta. Le sentinelle iniziavano il loro
turno di guardia
- E intanto si
era fatta notte. Nella sua stanza Nora non riusciva a
prendere sonno, tesa a cogliere ogni variazione nei
rumori già noti. Ansiosa, di tanto in tanto
andava a controllare la presenza del convoglio
attraverso le persiane socchiuse. Oltre alle
sentinelle non c'era nessuno. Danilo era scomparso. Il
treno era sempre lì, fermo. Le canne dei fucili
rilucevano sinistre.
- Le ombre erano
immobili, eppure era come se da quei carri fermi, dal
fondo delle tenebre, dalla terra stessa, si levasse un
ansito greve.
- Il direttissimo
irruppe improvviso nella notte, con un fischio
lacerante, che si protrasse a lungo, in lontananza .
Quando alfine un'alba fredda ed incerta
cominciò a sbiancare il cielo, Nora
sprofondò in un sonno agitato.
- I vagoni si
piegavano tutti da un lato, rotolavano gli uni sugli
altri.
- E appariva una
lunga fila di gente. che non aveva volto, avanzava
tutta china, muta.
-
- Intanto
tornato nella sua stanza, riverso sul letto, Danilo
attendeva. Dopo un lungo accesso di tosse, che lo
aveva sfinito, giaceva immobile, ad occhi chiusi,
senza fiatare, perché sua madre, sempre pronta
ad accorrere, potesse pensare che stava
dormendo.
- Olga non
c'era. Fra le lenzuola s'intravedevano ancora le
tracce del suo corpo, come se si fosse alzata da
poco.
- Tornerà
domani, ha detto che tornerà domani, domani
sarà qui di nuovo.
- Per un attimo egli
si sentì travolgere dalla commozione. <Non
dubitare, ritorno> gli aveva detto.
- Il suo viso era
serio, a quelle parole, animato da buone intenzioni,
anche se già illuminato dalla luce della
prossima fuga. Gli occhi chiari esprimevano anche una
sorta di gentilezza tenera, genuina, scevra da
compassione, per la quale egli sentiva di esserle
grato.
- Un lento
torpore si stava impossessando delle sue membra. Lame
di luce negli occhi ,il rombo del sangue negli
orecchi. Ecco, era giunto il momento. Si alzò a
sedere a fatica. Rimase fermo per qualche istante, in
attesa che il suo sguardo si facesse più chiaro
e le gambe più ferme
- Olga sarebbe
tornata. Aveva detto io ritorno. Olga.
- Si muoveva leggera,
con lo sguardo ridente e il passo arioso di chi
è abituato a camminare lungo le rive del mare.
- Quel sorriso chiaro
nel volto fresco e dorato dal sole, la voce che
indugia nelle frasi argute e a volte carezzevoli,
- con toni vari come
le nuvole....
- La sua immagine
era così viva, che lei sembrava tornata
davvero.
- Non c'era altra
scelta
- L'ansia saliva.
Di nuovo quell'incubo.
- E' notte, ma
è come se fosse giorno, il cielo è
sbiancato. Il crepitare delle mitragliatrici, il
boato dei cannoni. Scoppi, fiamme ovunque E urla,
gemiti. Urla! E infine la barriera del filo spinato,
l'ultima agonia E' finita. Lubiana diventa la nuova
provincia del regno d'Italia. L'avanzata non ha
né tregua, né pietà, dilaga:
villaggi incendiati, rastrellamenti, fucilazioni,
deportazioni..
- Primavera 1941.
Così si concludono le operazioni congiunte
d'Italia e Germania, le operazioni dal nome gentile:
Primavera e Genziana.
- Eppure la sua
ora non è ancora arrivata. Quando l'aiuto
sarebbe più necessario, proprio durante
l'assalto finale, e la città sta agonizzando,
egli deve abbandonare i compagni. Con il suo male
è diventato inutile, pericoloso. Deve
andarsene, vagare da solo, nei boschi , in preda alla
febbre e al delirio, in cerca di un rifugio: Giorni
e giorni interminabili, notti eterne, con il pugnale
del gelo in mezzo al petto Ignorato da tutti. Ma ora
tutto è finalmente chiaro
- Danilo Novak, sei
arrivato. Danilo Novak, finalmente! Questo è il
tuo nome. Nessuno te lo può più
cambiare. Nessuno ti può più imporre un
nome non tuo Sei nato come Danilo Novak e come Danilo
Novak te ne andrai
- Danilo Novelli.
è rimasto sull'altipiano. a vagare come
un'ombra. Non è mai esistito Nessuno. Per
sempre.
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- Cercando di non far
rumore Danilo si lavò le mani e il viso, si
cambiò la camicia. Una grande calma si era
impossessata di lui. Raggiunse la porta.
- Il giorno non
era lontano, un fremito percorreva la natura che si
stava svegliando.
- Nella stazione
il personale in servizio taceva, seduto, vinto dalla
stanchezza. Accanto ai vagoni le sentinelle stavano
immobili, in attesa del cambio.
- Nora nel sonno
udì un precipitarsi di passi concitati, un
grido che si prolungava in un'eco, dei colpi ripetuti
contro i vagoni in sosta L'intimazione dell'alt! Pochi
istanti, poi una raffica
-
- Voci che gridano,
tramestio, gente che accorre.
- Danilo giace
riverso sui binari L'espressione del suo volto
è serena. La chiazza di sangue sulla sua
camicia si fa sempre più ampia.
- La madre, subito
accorsa, tutta china su di lui, gli carezza
- i capelli,
piangendo silenziosamente, senza chiedere un
perché.
- Le sentinelle con
il calcio del moschetto cercano di tenere lontani la
gente, che vuole vedere.
-
- Presto fu come se
nulla fosse accaduto. ll corpo di Danilo fu fatto
scomparire in fretta Nessuno fece più cenno al
suo nome.
- Quando fu
pieno giorno il treno alfine poté
ripartire.
- Altri treni
arrivarono e si fermarono, in attesa di proseguire.
Alcuni transitavano senza fermarsi: treni su treni
verso il confine. Tradotte di soldati, treni carichi
d'armi. E inoltre vagoni carichi di tutti i beni
razziati:. oro, gioielli, argenterie, quadri,
tappeti, ma anche vestiario e vettovaglie.
- Una volta un
carro, sventrato, lasciò sui binari una scia di
farina
- Quella notte tutti
a precipitarsi, per raccogliere un po' di quel ben di
Dio, per fare il pane, che non si vedeva da un
pezzo.
- Non finivano mai
di passare, le tradotte di soldati: soldati che
andavano al fronte, nei Balcani Un luogo lontano, si
diceva.. Nella sosta c'era spazio per qualche
occasione di gioco e di allegria sul piazzale, a
tirarsi l'acqua l'un l'altro, con le gavette, lontani
dalla guerra
- E treni ospedale,
destinazione sconosciuta
- E convogli, che
provenivano dal confine e trasportavano mezzi
corazzati e cannoni, con i soldati tedeschi immobili
accanto.
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- E poi, a
seguire nel tempo, treni dal carico non dichiarato,
piombati, con scorta; diretti in Germania e in
Polonia. Irrompevano nella notte con un lungo fischio
lancinante..
- Un giorno un
cantoniere trovò sui binari un pezzo di carta
tutta stracciata, con sopra uno sgorbio contorto,
tremante. Vergato col sangue :- Aiuto !
&endash;
-
- Territorio limite.
L'inferno era vicino.
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