Linguistica e glottodidattica

 
Francesca Santulli
 
DAL POLITICO AL PUBBLICO:
FORME E FUNZIONI DEL DISCORSO RIPORTATO
 
 

 
1. Tra 'politico' e 'pubblico'
 
L'espressione 'discorso politico' è frequentemente utilizzata con accezioni diverse, che dipendono dal modo in cui si intende il dominio cui può essere applicata. L'articolazione dell'ambito qui considerato e l'impossibilità di delimitarlo in modo univoco ed esaustivo ha portato ad osservare che, dal punto di vista dell'analisi del discorso, non è opportuno pensare ad un genere discorsivo compatto, ma piuttosto considerare il discorso politico come una costellazione di generi (o 'sottogeneri'), che comprendono forme e soprattutto situazioni molto diverse in cui si esplica l'attività politica lato sensu intesa. Al di là della presenza di una configurazione complessa al suo interno, il dominio in questione pare presentare anche confini tutt'altro che netti: van Dijk invoca il concetto di fuzzy set per meglio comprendere la natura di questa classe di generi, sicché alcune forme del discorso politico, come i dibattiti parlamentari, le riunioni di governo, i discorsi dei politici, i programmi o la propaganda dei partiti si potrebbero considerare come rappresentanti prototipici di questo ambito, senza tuttavia dover escludere altri casi in cui le implicazioni politiche del discorso sono comunque considerevoli, pur in mancanza di un contesto formalmente tale. In realtà il criterio primario per individuare il discorso politico sembra essere proprio il contesto (van Dijk: 1998), benché a questo proposito sia necessario sottolineare che esistono situazioni frequenti e consolidate in cui i 'contenuti' politici si manifestano interagendo con condizioni contestuali tipiche di altri generi. È questo in primo luogo il caso della comunicazione attraverso i media.
La politica, per sua natura, si realizza e si dispiega in un ambito pubblico. Ciò è vero a partire dalla sua stessa nascita, che nel mondo occidentale è legata, anche etimologicamente, alla grande stagione culturale della polis greca. L'intento persuasorio, che si realizza attraverso il ricorso alla retorica, è connaturato al discorso politico, e nell'agone politico, a partire dalle agorà delle città-stato della Grecia antica, si mettono in atto tutte le strategie comunicative finalizzate alla persuasione e alla gestione dei rapporti di forza, con il fine ultimo di conseguire, mantenere e consolidare il potere. L'importanza della comunicazione non è certamente un aspetto nuovo né una degenerazione della politica contemporanea. È solo la disponibilità di nuovi mezzi che consentono forme amplificate e differite di comunicazione ciò che ha determinato una modificazione dei rapporti originari, gestiti nel contatto diretto e dialettico tra i cittadini, e ha introdotto sulla scena politica, tradizionalmente dominata dai soggetti politici da un lato e dai cittadini (-elettori) dall'altro, un terzo attore, che con Mazzoleni (1998) potremmo denominare il sistema dei media 1.
Diverse sono le possibilità di interpretare e schematizzare i rapporti tra i tre soggetti coinvolti sulla scena politica, che differiscono soprattutto per il ruolo che si attribuisce ai mass media: questi, difatti, in un modello che viene definito "pubblicistico-dialogico" della comunicazione pubblica, si pongono come soggetto aggiuntivo, la cui azione si somma alle interazioni esistenti tra gli altri due, sicché gli scambi comunicativi possono avvenire a due a due, senza che per questo si neghi la presenza di un'area di interazione complessa ('mediatizzata') che coinvolge contemporaneamente i tre attori. Tuttavia questo modello in cui i tre elementi agiscono come primi inter pares (Mazzoleni: 1998, 25) non pare a molti sufficiente a dar conto del peso reale dei mass media, entro i quali di fatto pare realizzarsi pressoché ogni forma di comunicazione pubblica. Un diverso modello, dunque, 'mediatico', considera i media come lo spazio entro cui si svolge la comunicazione politica, che ne condiziona la natura e la adatta alla propria logica.
Pur senza voler prendere posizione a favore dell'una o dell'altra interpretazione, non si può fare a meno di osservare quanta parte viene svolta dal sistema dei media, anche solo considerando quantitativamente la gestione dei flussi di informazione. Il discorso politico pubblico può realizzarsi in un contesto comunicativo caratterizzato dalla presenza di un destinatario, ma di norma esso implica l'esistenza di altri destinatari assenti, omogenei rispetto ai presenti (si pensi ad un comizio elettorale o ad un discorso comunque rivolto ad una assemblea di cittadini, ad una 'piazza') ovvero, non infrequentemente, da questi profondamente diversi per ruolo e dunque caratteristiche (si pensi al discorso parlamentare che si indirizza, nella concretezza della situazione, ad altri parlamentari, ma raggiunge anche il cittadino). Naturalmente l'ampliarsi del pubblico di destinatari oltre i limiti del contesto fisico in cui si realizza la comunicazione è possibile grazie al filtro dei media. Questi esercitano così una vera e propria funzione di 'mediazione'2, collocandosi tra gli altri attori, per permettere il flusso della comunicazione là dove questa non può realizzarsi direttamente, ma allo stesso tempo agendo nella comunicazione stessa: non si tratta, dunque, di un filtro neutro, ma di un soggetto attivo che struttura l'informazione e, nella sua nuova forma, la ripropone al suo - spesso vastissimo - pubblico.

 
2. La mediazione dei media
 
Nell'analisi del discorso dei media si parte ormai dal presupposto che la notizia non esiste come fatto autonomo che attende di essere riferito dal giornalista, ma piuttosto è il giornalista che fa la notizia, parlandone. Negli ultimi decenni dello scorso secolo questo concetto si è affermato con forza e ha indotto a numerosissimi studi e commenti, sia nella prospettiva sociologica sia in quella più specificamente linguistica3.
Se dunque da un lato è aumentato enormemente il numero di eventi fruibili da parte del pubblico, la possibilità di accedervi nella stragrande maggioranza dei casi esclusivamente attraverso i media attribuisce ai giornalisti il potere 'simbolico' di creare attivamente gli eventi. Come sottolinea Thompson:
 
 
For most people today, the knowledge we have of political leaders and their policies, for insance, is a knowledge derived largely from newspapers, radio and television, and the ways in which we participate in the institutionalised system of political power are deeply affected by knowledge so derived (Thompson: 1990, 216).
 
In questa prospettiva, il sistema dei media finisce con l'assorbire in sé lo spazio pubblico, sicché l'area di intersezione dei tre attori della politica individuati sopra si estende a dismisura e pare anzi affermarsi il modello mediatico di cui si è fatto cenno, secondo il quale la comunicazione politica avviene nello spazio mediale o comunque dipende in larga misura da questo.
L'agire politico 'primario', tuttavia, è pur sempre del soggetto politico, sia esso il singolo rappresentante individuale ovvero l'entità istituzionale, mentre il 'cittadino-elettore' possiede un potere di azione concreta nella realtà sostanzialmente limitato al momento dell'espressione del voto. Da questa azione il politico trae però legittimazione per le proprie azioni istituzionali e la costruzione del consenso, non solo nei periodi immediatamente pre-elettorali, rappresenta senz'altro uno degli obiettivi persuasori, più o meno palesi, della comunicazione. L'agito politico raggiunge però il suo destinatario finale entro e attraverso il contesto mediatico, che produce uno spostamento dei riferimenti impliciti del discorso e necessariamente introduce un nuovo punto di vista, una nuova 'prospettiva'4. Viene in pratica costruito dal giornalista un nuovo schema cognitivo (frame) nel quale si iscrive l'evento divenuto notizia. All'analisi dei testi mediatici si applica in modo esemplare il concetto di frame, anche nella sua forma più articolata proposta da Goffman (1974). Usando l'immagine della trasposizione tonale in musica, Goffman proponeva di denominare 'chiave' (key) un frame per così dire di secondo livello, che contiene inscritto in sé un altro frame. Ogni volta che avviene un fenomeno di trasposizione "a systematic transformation is involved across materials already meaningful in accordance with a schema of interpretation, and without which the keying would be meaningless" (Goffman: 1974, 45). Adottando questa prospettiva e questa terminologia si può affermare che i reportage giornalistici, televisivi o giornalistici, fungono da 'chiavi' per gli eventi che descrivono, modellando, a partire dallo schema originario, una realtà del tutto nuova.
Nel processo comunicativo della politica nasce così, accanto alla realtà oggettiva dell'azione politica (eventi, decisioni, leggi, ecc.) e a quella soggettiva percepita dagli attori e spettatori diretti, una realtà 'costruita', che ingloba "gli eventi che diventano visibili, percepibili e quindi assumono senso soltanto in quanto 'coperti' dai media" (Mazzoleni: 1998, 81). Questa terza 'realtà politica', trasformando i frame di partenza, genera una nuova percezione dell'agire politico primario, anche allorquando si propone idealmente come mera struttura di passaggio, con il compito primario, se non esclusivo, di riferire gli accadimenti. Insomma, non solo il commento, l'analisi, il classico 'fondo' giornalistico introducono nuove prospettive discorsive; anche l'articolo di cronaca politica, sul quale si rifletterà ora più specificamente, muta il punto di vista e introduce un nuovo contesto, determinante per l'interpretazione del messaggio.
L'analisi che segue si concentra su una situazione relativamente semplice di trasmissione (o meglio, nell'ottica sopra proposta, di costruzione) dell'informazione, che si ha quando un discorso di un politico viene 'riferito' al pubblico. Verranno confrontati due diversi articoli, apparsi su due quotidiani italiani di ampia diffusione, che il giorno 3 luglio 2003 riferivano il discorso tenuto da Silvio Berlusconi davanti al Parlamento Europeo. Data l'importanza, in questa tipologia specifica di news report, della citazione, la discussione del caso esemplificativamente prescelto sarà preceduta da alcune osservazioni sulla natura e la funzione del discorso riportato, nella cronaca politica in particolare.

 
3. Il discorso riportato: classificazione fondamentale ed esempi d'uso.
 
Nelle trattazioni sintattiche i tipi di discorso riportato sono tradizionalmente classificati a partire dalla contrapposizione tra discorso diretto e discorso indiretto. Tale schematizzazione, tuttavia, non dà conto di numerose possibili variazioni che fanno sì che il confine tra discorso diretto e indiretto sia di fatto estremamente sfumato (Tannen: 1989). Vi sono stati perciò numerosi tentativi di superare la visione dicotomica, individuando tipi intermedi, alcuni dei quali, e in particolare il discorso indiretto libero, possono ormai contare su una consolidata tradizione. Più di recente, la tendenza a preferire alle classificazioni discrete schematizzazioni di tipo continuo, combinandosi con il fruttuoso modello dei fuzzy sets, ha indotto a interpretare le diverse forme di discorso riportato nella dimensione di variazione lineare tra i due estremi della mimesi (discorso diretto) e della diegetica (discorso indiretto) (Yule: 1993). Tale variazione in alcuni casi si articola su più livelli, grazie all'introduzione di ulteriori parametri strutturali e funzionali (Sakita: 2002).
Tuttavia, per gli scopi di questa ricerca, che si avvale di dati empirici raccolti nell'ambito di corsi universitari, si utilizzerà uno schema tripartito, che si articola nei tre tipi più comunemente individuati nelle classificazioni sintattiche: discorso diretto, discorso indiretto e discorso indiretto libero5. Il primo, che implica la citazione della parola d'altri, può essere considerato, seguendo Halliday (1985: 250-273), un processo verbale di tipo paratattico, laddove il secondo, che comporta il 'riferire' (reporting) un contenuto, è piuttosto un processo mentale, fondato sull'ipotassi. Il terzo tipo, più marginale nell'ambito dei generi di cui si sta discutendo, comporta una intersezione tra il centro deittico dell'enunciato originariamente prodotto e quello della narrazione in cui avviene la citazione.
A partire da questa classificazione fondamentale si possono poi prendere in considerazione diversi parametri, tra i quali spiccano la struttura e la posizione della frase citante unitamente all'uso della punteggiatura, nonché la scelta del verbo (o del nome) che funge da introduttore.
Sulla base di queste nozioni elementari è possibile rilevare la presenza di discorso riportato negli articoli giornalistici, classificando questi ultimi, oltre che in base alla testata che li ospita, anche in base all'argomento trattato e al genere che rappresentano (cronaca, editoriali, ecc.). Una ricerca condotta in questo ambito con un gruppo di studenti dell'Università Iulm ha permesso di raccogliere dati interessanti6.
Il corpus, al momento di modesta rilevanza quantitativa, includeva articoli apparsi su varie testate nazionali nella primavera del 2003; erano presenti editoriali, articoli di cronaca politica interna e di politica estera ed erano stati considerati separatamente i titoli. Com'era ipotizzabile, il discorso riportato, nelle sue varie forme, appariva frequentemente negli articoli di cronaca, mentre era quasi del tutto assente negli editoriali. Quanto ai tipi prescelti, predominava senza dubbio il discorso diretto tout court (per un gruppo di 20 articoli del Corriere della sera, rappresentava da solo più del 60% delle occorrenze totali), seguito da forme di ibridazione tra discorso diretto e discorso indiretto, ottenute con l'introduzione di una citazione all'interno di una porzione più ampia di testo strutturata come un report. Le forme canoniche di discorso indiretto erano decisamente meno numerose, forse in quanto esse comportano un notevole appesantimento delle strutture sintattiche. Rarissimi i casi di discorso indiretto libero.
L'esame della punteggiatura utilizzata per introdurre il discorso riportato dava interessanti risultati. Anche nei casi più canonici di discorso diretto virgolette e due punti erano presenti insieme solo in un numero ridotto di casi (circa il 20%), mentre molto più spesso, forse per mantenere più snello l'uso degli elementi di punteggiatura, comparivano solo le virgolette. Più rara l'occorrenza dei soli due punti, legata anche alla frequente posposizione della frase citante, tranne che nei titoli. In questi ultimi (che comprendevano di fatto tutti gli elementi paratestuali, inclusi occhielli, sommari, sottotitoli, ecc.) era presente quasi esclusivamente il discorso diretto, segnalato dalle virgolette o, in casi comparativamente molto numerosi, dai due punti. Questi si prestano evidentemente alla combinazione con le forme ellittiche e nominali frequentemente utilizzate, per esigenze di brevitas e di impatto sul lettore, nel contesto dei titoli.
Un'analisi dei dati sulla base delle testate sembrava suggerire una maggior presenza di discorso riportato in generale e una prevalenza del discorso diretto nei giornali di larga diffusione che non sono fortemente connotati in senso ideologico. In questa prospettiva la citazione garantirebbe l'obiettività di cui la testata si fa vanto, mentre il ricorso al discorso indiretto rifletterebbe maggiormente la presenza e la costruzione di opinioni più palesemente propria dei quotidiani che si presentano apertamente come politicamente connotati (es. il Manifesto, l'Avvenire). I dati, tuttavia, forniscono a questo proposito solo indicazioni preliminari, che dovranno trovare conferme in indagini svolte su un campione più ampio di testi.
Più significativa quantitativamente è invece la curiosa differenza riscontrata tra articoli di cronaca politica interna ed estera: nel secondo gruppo la presenza del discorso riportato è inferiore ed è decisamente infrequente la commistione tra discorso diretto e indiretto che, viceversa, trova la sua massima espressione proprio negli articoli di cronaca politica interna. Si potrebbe ipotizzare che, per gli avvenimenti e i protagonisti più lontani, la notizia si costruisce più frequentemente intorno ai fatti, cui le parole degli attori politici fanno quasi da contorno, laddove per le vicende più vicine la notizia spesso parte proprio dalle dichiarazioni (si pensi all'impatto che queste hanno nei reportage televisivi) da cui si desume il fatto. La predilezione per la commistione dei due tipi principali di discorso riportato potrebbe poi scaturire dall'esigenza di mantenere uno stile discorsivo (allineato con le caratteristiche generali della testata) senza rinunciare all'elemento apparentemente più oggettivo che assicura la fedele riproduzione dell'evento.
Più in generale, il ricorso non esclusivo al discorso diretto, pur con tutti i vantaggi che questo presenta sia come garanzia di obiettività sia come strumento stilistico più agile e più adeguato alla drammatizzazione degli eventi, scaturisce senz'altro anche da un'esigenza di variatio retorica, mirante ad evitare che l'articolo si trasformi in un mero elenco di battute.
Le indicazioni fornite da questa indagine preliminare, confermando l'importanza del discorso riportato in particolare nell'articolo di cronaca politica interna, lasciano intuire la complessità del frame in cui si iscrive la comunicazione politica giornalistica, nel quale il continuo spostamento del fuoco deittico del discorso, ancor più sfuggente nei casi di commistione tra modalità diretta e indiretta, implica la presenza simultanea di più prospettive, orchestrate dall'autore del pezzo per il raggiungimento della propria finalità comunicativa. Si cercherà, nell'analisi che segue, di individuare diverse modalità di costruzione del contesto di riferimento in cui si inserisce la costruzione mediatica dell'evento, a sua volta oscillante tra i poli opposti della drammatizzazione (apparentemente) oggettiva e del commento più o meno dichiaratamente ideologico.

 
4. Riportare un discorso: due esempi
 
4.1 Il fatto. Oggetto di questa breve analisi sono due articoli di cronaca apparsi il 3 luglio 2003 su due importanti quotidiani italiani, il Corriere della sera e il Giornale, nei quali veniva riportato il discorso tenuto il giorno precedente dal Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi davanti al Parlamento Europeo in occasione dell'inizio del semestre di Presidenza italiana dell'Unione.
Scopo del discorso era presentare il programma di attività della Presidenza italiana, di cui peraltro era già stata diffusa dal Ministero degli Affari Esteri una versione scritta più dettagliata. In una situazione di questo tipo il giornalista è, insieme ai destinatari espliciti del discorso (i parlamentari presenti in aula), senz'altro un obiettivo primario della comunicazione, proprio per la funzione di filtro che esercita nei confronti del pubblico più vasto dei cittadini. Lo si potrebbe considerare un 'partecipante collaterale' (side participant, Goffman: 1981; Dressler: 1994)7 dell'evento comunicativo, la cui presenza silenziosa, riconosciuta istituzionalmente dalle altre parti coinvolte, è essenziale per l'amplificazione della platea e, come si è detto, determinante nella creazione di nuovi modelli di senso attraverso i quali il messaggio stesso viene ricostruito e riproposto.
Com'è facilmente intuibile, la situazione qui considerata presentava una importante componente di ritualità e per questo aspetto era paragonabile alla seduta di insediamento di un nuovo esecutivo nella quale viene illustrato al Parlamento il programma di governo8. Tuttavia, la seduta di Strasburgo del 2 luglio 2002, dopo il discorso di Berlusconi e l'intervento del Presidente della Commissione Europea Romano Prodi, fu turbata, nel corso del successivo dibattito, da un polemico scambio di battute intercorso tra un parlamentare tedesco e lo stesso Berlusconi, sicché i quotidiani del giorno dopo, non diversamente dai notiziari radio-televisivi, concentrarono la loro attenzione primariamente su questo episodio, sia nella cronaca che nei commenti (gli editoriali in primo luogo). Tra le numerose testate che ho preso in considerazione il giorno 3 luglio ho potuto trovare solo due articoli che riportavano, seppure con le diverse modalità che illustrerò di seguito, una cronaca del discorso, riferendone i passaggi giudicati più significativi. In questa situazione le diverse modalità di costruzione del contesto in cui si iscrive l'evento-discorso risultano particolarmente interessanti e significative.
 
4.2 Il Giornale. Un ampio articolo di cronaca veniva dedicato dal Giornale al discorso di Berlusconi: la natura di vero e proprio reportage è immediatamente evidente nell'indicazione della firma dell'autore (Renato Pera), qualificato come "nostro inviato a Strasburgo". Il titolo si presenta già come una citazione, riportata tra virgolette (""Così l'Italia ridarà slancio all'Europa"")9, benché in realtà sia difficile ritrovarla tal quale nel testo del discorso: si tratta dunque di una citazione apparente, una sintesi dell'autore che tuttavia, per darle maggior valore di autenticità, la propone come frase effettivamente prodotta dall'oratore. Com'è consueto, al titolo ad effetto si aggiunge un sottotitolo che illustra il contenuto referenziale del testo ("Berlusconi illustra il programma: dall'allargamento a Est alla riforma delle pensioni").
Di maggiore interesse è tuttavia il modo in cui il giornalista costruisce un vero e proprio frame in cui iscrivere il suo riassunto del testo: l'ora zero è il momento d'inizio del discorso, le 9.05, assunta come presente. Si osservi l'alternanza temporale:
 
 
le nove del mattino sono passate da cinque minuti quando Silvio Berlusconi prende la parola (...). L'emiciclo non è pienissimo (...), si riempirà progressivamente (...). Il neopresidente del consiglio europeo siede accanto a Gianfranco Fini (...). Se è emozionato non lo dimostra. Parlerà per oltre mezz'ora. Esordisce affrontando i massimi sistemi europei, per poi addentrarsi...
 
 
La scelta del presente si può sicuramente ricollegare, in armonia con la teoria dei tempi di Weinrich (19712), all'esigenza di presentare il racconto in forma di commento, avvicinandolo all'osservatore piuttosto che proiettandolo in una dimensione di distacco mitico. Il presente, inoltre, sembra assumere nella cronaca giornalistica un valore perfettivo, non dissimile da quello individuabile (più facilmente, in virtù della nota contrapposizione tra forme semplici e progressive) in inglese, in particolare nelle telecronache e nelle didascalie, là dove la forma di presente semplice è finalizzata alla descrizione 'istantanea' della situazione (Williams 2002). Certamente tale valore può essere collegato all'intento di riprodurre verbalmente l'accadimento hic et nunc, con una evidente componente di rimando deittico (si pensi alla presenza dell'immagine fotografica o televisiva); tuttavia anche allorquando le parole non hanno il sostegno dell'immagine ma sono appunto finalizzate a ricostruirla, il ricorso al presente facilita la ri-creazione di una dimensione senza tempo, di un fuoco deittico della situazione rispetto al quale è possibile guardare al passato o proiettarsi nel futuro. Insomma, il giornalista nell'articolo esaminato ha decisamente scelto di rappresentare l'evento drammatizzandolo e dunque coerentemente parte dalla individuazione della scena10.
Avendo tracciato la cornice può quindi procedere riportando il discorso. Lo stacco è netto ("Ecco che cosa ha detto su questi argomentiž") e l'articolazione del testo è evidenziata dalla scansione in paragrafi preceduti da brevi titoli in grassetto (Il preambolo, La nuova Costituzione, Economia, L'Europa più larga, I rapporti con gli Usa, Medio Oriente, Immigrazione, La conclusione). La suddivisione riproduce abbastanza fedelmente la scansione del discorso reale ottenuta dall'oratore con l'introduzione di un segnale discorsivo molto evidente, l'appello ai presenti ("Signor Presidente, signori deputati, signor Presidente della Commissione").
Vi sono tuttavia due eccezioni: il giornalista tiene distinto il tema rapporti con gli Usa dal Medio Oriente, laddove Berlusconi li aveva trattati insieme, scandendo però successivamente un passaggio alla situazione mondiale più generale della quale, per limiti di tempi, diceva esplicitamente di poter solo far cenno; l'altra discrepanza è nella parte iniziale, presentata come un tutto unico dall'oratore, ma suddivisa nell'articolo tra Preambolo e Nuova Costituzione. Evidentemente questo secondo tema è ritenuto particolarmente importante e il giornalista vuole assicurarsi che il lettore lo individui senza difficoltà.
Tutto il testo si fonda sulla citazione. Ve ne sono ben 16, molto ampie, in un caso con omissis regolarmente segnalato. L'intervento del giornalista non è tuttavia sempre uguale. Nella parte iniziale predomina quella commistione tra discorso diretto e indiretto di cui si è detto nel paragrafo precedente, che, oltre a consentire un'esposizione più varia e più sciolta, permette di intervenire nella costruzione del testo, in primo luogo attraverso la scelta degli elementi citanti. Subito all'inizio, difatti:
 
L'Europa è per Berlusconi "uno dei più straordinari esperimenti politici e istituzionali nella storia dell'umanità" e anche per questo nell'attuale fase costituente "bisogna aggrapparsi saldamente alla lezione del passato per costruire l'avvenire".
 
 
La prima citazione nel testo originale non è in realtà l'affermazione di un'opinione diretta (come suggerirebbe "per Berlusconi") ma piuttosto una presupposizione (l'Italia, diceva Berlusconi, è fedele allo spirito dei Trattati che "ci hanno portato a costruire, nel segno della pace, uno dei più straordinari..."), così come il legame causale con il bisogno di aggrapparsi al passato non è espresso in modo diretto nel testo originale. La ricostruzione del giornalista si fonda ovviamente anche sulla scelta dei verbi di dire (Berlusconi assicura, annuncia sono a questo proposito significativi) oltre che sull'interpolazione di opinioni non espresse dall'oratore:
 
 
"Una grande Europa ha bisogno di grandi istituzioni" che finora evidentemente non ha avuto. A questo scopo "può curarsi della sindrome di Amleto e decidere..."
 
 
L'intervento qui è particolarmente intrusivo se si considera che Berlusconi non parla affatto di inadeguatezze (non dice esplicitamente che l'Europa finora non ha avuto grandi istituzioni) e piuttosto che guardare al passato progetta il futuro. La prima parte del resoconto è, comunque, quella in cui il giornalista si assume maggiori oneri interpretativi, certo per la rilevanza dei temi trattati, ma anche per condurre il lettore all'acquisizione dei dati successivi, presentati con maggiore distacco e anzi in qualche caso ulteriormente schematizzati (i punti del programma economico sono infatti scanditi dalla presenza di numeri che, riprendendo fedelmente lo schema originario, guidano la lettura).
Ancora due punti sono degni di nota. Innanzi tutto, per trattare del rapporto con gli Stati Uniti vengono utilizzate due citazioni, che appaiono tuttavia in ordine inverso sì da permettere al giornalista l'individuazione esplicita di un legame causale che nell'originale si presentava in modo sfumato e decisamente implicito:
 
 
"Intendiamo adoperarci per restituire al rapporto tra l'Unione e gli Stati Uniti spessore e dinamismo" essendo convinti del fatto che "non ci sono contraddizioni forti tra un forte impegno europeo e un'altrettanto forte solidarietà transatlantica"
Originale: Vogliamo ribadire il nostro convincimento sul fatto che non ci siano contraddizioni tra un forte impegno europeo e un'altrettanto forte solidarietà transatlantica. In questo spirito intendiamo adoperarci per restituire al rapporto tra l'Unione e gli Stati Uniti spessore e dinamismo.
 
 
In secondo luogo, a proposito dell'immigrazione, cui è dedicato un paragrafo consistente in un'unica citazione senza commento né introduzione, il giornalista sostituisce l'avvio di Berlusconi, "Soprattutto però ribadiremo l'esigenza di inserire i temi dell'immigrazione...", con le parole: ""È assolutamente necessario inserire i temi dell'immigrazione..."", attribuite quindi all'oratore. Appare evidente l'intento di modificare deliberatamente l'impegno dell'oratore, certo per soddisfare le esigenze dei lettori, le cui posizioni ideologiche sono date in qualche modo per scontate, e conseguentemente assecondate.
Ancora poche note sulla conclusione, che si apre con una insolita forma di citazione breve ("sono insomma "numerose e delicate" le sfide con le quali si deve confrontare la UE...") peraltro non rispondente alla lettera del testo di partenza, dove si parlava della "delicatezza e la complessità delle sfide...", completata da un'ampia ripresa del testo originale. Nel momento della chiusura, cruciale dal punto di vista retorico, si è nuovamente di fronte all'esigenza di rielaborare più efficacemente per il pubblico, lasciando sì ampio spazio alla parola citata, ma intervenendo per focalizzarla, anche con note esplicitamente metadiscorsive, come quelle che introducono la citazione che conclude il testo:
 
 
L'immagine finale scelta dal presidente è particolarmente delicata. "L'Europa di oggi non è più quel leggero aquilone, capace di intercettare il vento della storia, si è molto irrobustita e quindi si è appesantita di responsabilità e di doveri. La mia aspirazione è che si riesca a restituire a questo nostro gigante istituzionale qualcosa della sua leggerezza e del suo slancio originario."11
 
 
4.3 Il Corriere della Sera. Anche l'articolo del Corriere si presenta come il resoconto di "uno dei nostri inviati" (Giuseppe Sarcina), con un titolo che, avendo l'apparenza di una citazione (""Così il mio semestre dall'economia agli Usa""), in realtà non lo è affatto, com'è del resto facilmente immaginabile per il tono decisamente colloquiale e tipicamente riassuntivo della frase. La tecnica della citazione procede anche nel sottotitolo (""La nuova Carta Europea sarà firmata a Roma" Apprezzamenti anche da Veltroni e Napolitano"), che riproduce un'affermazione più plausibilmente pronunciata da Berlusconi (non rintracciabile però in tale forma nel testo originale), ma priva di particolare rilevanza discorsiva. Più interessante il riferimento alle valutazioni dell'opposizione, che tuttavia si collocano immediatamente in diversa prospettiva quando, fin dalle prime righe del testo, il giornalista presenta il resoconto del discorso come una parentesi, magari felice ma ormai priva di senso, chiusa e vanificata dalle polemiche successivamente scoppiate in aula. La ricostruzione dell'accadimento è dunque completamente diversa da quella proposta nell'articolo precedentemente esaminato.
Già nell'occhiello l'intenzione di leggere il discorso in prospettiva appare evidente dall'uso di un trapassato ("Davanti all'Assemblea aveva parlato di nuove regole istituzionali, controllo del Welfare e rapporti internazionali"), ripreso poi inizialmente nel testo, sicché l'ora zero del racconto diventa un momento successivo, la conclusione di tutta la seduta. Si legge difatti in apertura dell'articolo:
 
Alle 13.30 il discorso di Silvio Berlusconi si accatasta, come un copione dimenticato, nella sala stampa dell'Europarlamento. Quelle frasi che avevano aperto la seduta, alle 9 in punto, sembrano un po' stonate.
 
 
Il giornalista, pur volendo riferire del discorso (cosa che in quel giorno, come si è detto, non fecero la maggioranza dei giornali e telegiornali), non può tuttavia, come il suo collega del Giornale, ignorare la vera "notizia" del giorno e la rende cornice e chiave di lettura di tutto l'evento, non solo del discorso in sé, ma anche dei primi commenti, positivi, degli avversari politici. La narrazione dei fatti, all'interno di questo frame primario, è costruita in modo da suscitare un atteggiamento positivo, a partire dall'introduzione che, significativamente, si apre con una avversativa, ma ("Ma agli atti della seduta numero uno, mese primo del semestre italiano, restano quelle espressioni di grande apertura verso il Parlamento, la Commissione, gli altri Paesi dell'Unione"). L'intento è evidentemente quello di contrapporre le polemiche scoppiate durante la seconda parte della seduta al discorso vero e proprio, presupponendo una forte disapprovazione per le prime, ma tuttavia salvaguardando un apprezzamento per il secondo. Per introdurne più dettagliatamente i contenuti il giornalista prosegue con la costruzione ad incastro di un secondo frame, ottenuto con una transizione graduale segnata dalle scelte temporali. Il racconto difatti procede inizialmente al trapassato ("Berlusconi si era calato alla perfezione nella parte del Presidente"), ma dopo una lunga parentesi nominale, che riproduce un elenco dei principali temi trattati, opta decisamente per il presente ("Le cartelle del testo accuratamente preparato dallo staff di Palazzo Chigi in stretto coordinamento con la diplomazia italiana a Bruxelles scorrono per 35-40 minuti senza strappi"). Il grado zero è a questo punto il tempo reale del discorso, come dimostra anche la frase successiva, che riferisce un commento: ""Lei oggi ha parlato un po' come Ciampi", dirà subito dopo il socialista Baron Crespo".
Anche all'interno di questa seconda cornice, tuttavia, la ricostruzione del giornalista è molto diversa da quella del suo collega: si riscontra innanzi tutto una maggiore autonomia dal testo originale, che non è ripercorso sistematicamente, mentre vengono operati interventi di sintesi e di rielaborazione più numerosi e significativi e, come si è già potuto vedere, vengono inseriti commenti di altri e osservazioni non relative direttamente al testo (ad esempio si parla della posizione di Romano Prodi).
Tale atteggiamento si riflette nel numero e nei tipi di citazione utilizzati. Vi sono, infatti, nel testo solo 7 citazioni che non si limitino alla pura indicazione di elementi nominali. Solo due di esse, inoltre (presenti peraltro anche nell'altro articolo) sono assolutamente fedeli, benché una sia esplicitamente collocata tra le conclusioni nonostante appaia nella parte iniziale del discorso originale. L'intento era evidentemente quello di accorpare le citazioni di carattere più generale e con richiami metaforici (la sindrome di Amleto e il paragone con l'aquilone). Le altre cinque comportano rielaborazioni più o meno sensibili, soprattutto nella persona (es. "Apriremo quindi la conferenza intergovernativa..." nel testo originale, diventa: "Il primo impegno dell'Italia, comincia Berlusconi, è di "aprire la conferenza intergovernativa...""). Ciò da un lato permette di utilizzare più agevolmente e con maggiori variazioni le frasi citanti e i relativi verbi di dire, dall'altro contribuisce ad integrare maggiormente testo e citazione. Questo intento è evidente anche nel ricorso a citazioni nominali (8 in totale, quindi più numerose delle altre), segnalate dall'uso delle virgolette e in qualche caso consistenti in una sola parola. Questo tipo di citazione permette un'appropriazione del testo da parte del narratore che lo rielabora in modo molto più libero, più facilmente ricostruendone in modo arbitrario lo spirito e persino la lettera. Ben due volte, infatti, le parole poste tra virgolette non si ritrovano nel testo: in un caso Berlusconi non dice esplicitamente che i punti da correggere relativamente ai lavori della Conferenza intergovernativa sono "pochi"; nell'altro, a proposito dei rapporti con gli Usa - tema evidentemente spinoso come mostra anche l'analisi dell'articolo precedente - il giornalista riferisce: "Berlusconi sostiene la "perfetta compatibilità" tra l'integrazione europea e il "forte legame transatlantico"", laddove nell'originale (già riportato sopra) si parlava piuttosto di assenza di contraddizioni. Certo, si tratta di un cambiamento di prospettiva, che tuttavia stupisce in quanto presentato come fedele riproduzione del testo di partenza.
 
Mentre l'articolo del Giornale si chiudeva con l'ultima citazione, qui il giornalista provvede a completare la narrazione, chiudendo in successione i frame aperti all'inizio: dapprima quello dell'evento-discorso, raccontato con la tecnica dell'hic et nunc ("Buona parte dell'emiciclo applaude. Il portavoce Paolo Bonaiuti, nelle retrovie, un colpetto di penna sul banco..."); poi quello della chiave di lettura prescelta che lo iscrive nella totalità della seduta e lo legge anche alla luce degli accadimenti successivi. Lapidaria, difatti, la conclusione: "Insomma per Berlusconi sembrava fatta. Invece era solo l'inizio". Il tempo del discorso, anzi più precisamente della conclusione del discorso, è spostato nel passato, in un mondo più lontano e tuttavia non acquisito in modo distaccato, quanto piuttosto reso ambiguo dalla sapiente alternanza tra sembrare ed essere; un mondo in cui anche la scelta dell'imperfetto suggerisce che l'accadimento fondamentale, quello che si colloca in primo piano nel discorso, è ancora tutto da narrare.

 
5. Osservazioni conclusive
 
Gli esempi qui brevemente analizzati confermano che le modalità del riferire sono fortemente condizionate dalle scelte della testata in cui appare l'articolo di cronaca, e quindi dal pubblico dei lettori e dalle loro aspettative, evidentemente in sintonia con gli intenti dell'editore.
Il testo apparso sul Giornale ignora l'episodio polemico avvenuto in aula a Strasburgo e tutte le valutazioni, anche complesse, successivamente emerse. Pare invece proporre un evento senza tempo, centrato sulla ritualità di una funzione e il carisma di un personaggio, un evento compiuto nella sua interezza, carico di significati ma fortemente rassicurante. Il giornalista lascia parlare, pur non rinunciando ad intervenire, sia per scopi stilistici sia, in qualche caso, con motivazioni decisamente ideologiche, come quando esprime con diversa forza l'impegno di Berlusconi rispetto al problema dell'immigrazione.
Il Corriere, per contro, iscrive l'evento nella cornice delle polemiche, pur riconoscendone il valore autonomo che gli dà diritto ad essere raccontato. È però solo all'interno della cornice che la narrazione propone il fatto nel suo compimento, rinunciando a lasciare troppo spesso la parola al protagonista, e anzi affiancando alla sua altre voci. La tecnica di citazione più libera e soprattutto l'introduzione, tra virgolette, di brevi sintagmi nominali consente di mantenere quell'impressione di obiettiva narrazione dei fatti che è tra le aspettative dei lettori, ma in realtà lascia ampio spazio all'interpolazione e dunque all'interpretazione e alla manipolazione del discorso. Anche questo giornalista va dunque incontro ai suoi lettori che, pur cercando il resoconto (apparentemente) oggettivo proprio della cronaca, non lo avrebbero accettato senza una decisa "messa in prospettiva", che consente e anzi suggerisce una valutazione più pacata dell'evento-discorso, mettendone sì in luce le valenze positive, ma ridimensionandone la portata, quasi si trattasse di una fortunata, ma breve parentesi.
Attraverso l'analisi di questo esempio di news report, che può per certi aspetti considerarsi paradigmatico, è dunque possibile vedere come il giornalista "crea" il discorso politico per i lettori, svolgendo una funzione di filtro nient'affatto neutro tra il soggetto politico e il cittadino, e anzi da un lato costruendo nuovi frame interpretativi e dall'altro proponendo schemi argomentativi diversi rispetto a quelli propri dell'evento di cui offre la cronaca. Il fatto originario ha vita agli occhi dei destinatari finali solo entro l'universo mediatico, di cui necessariamente assume regole e prospettive.

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