Sommario Culture 2001

 

NOTE
Il presente articolo è basato sulla mia tesi di laurea "Fantascienza, Politica e Libertà", discussa presso la Facoltà di Scienze Politiche dell'Università degli Studi di Milano il 15 giugno 2000, relatore la Prof.ssa Antonella Besussi, correlatore il Prof. Roberto Escobar.

1 Per un'esauriente elencazione sugli autori che più hanno stimolato lo sviluppo della fantascienza, si consiglia di consultare la monumentale opera curata da James Gunn, The New Encyclopedia of Science Fiction, 1988. Si veda anche Del Rey (1979), Pagetti (1993), Sadoul (1975), Smith (1981).

2 Questo aspetto è piuttosto singolare, soprattutto se si tiene in considerazione il fatto che alcuni degli scrittori ritenuti tra i fondatori della science fiction - Mary Shelley, Edgar Allan Poe e Jules Verne - non hanno mai conosciuto questo termine, mentre Herbert George Wells ha potuto osservare, solo per qualche anno, i primi tentativi dei nuovi autori di passare dai pulp magazines alle edizioni commerciali per il consumo di massa.

3 Se per Asimov la fantascienza rimaneva un prezioso strumento di educazione scientifica, sostenendo in questo modo la corrente "pedagogica" e più pragmatica, per Frederik Pohl la science fiction doveva essere essenzialmente rivolta agli aspetti "ideologici", mantenendo viva, quindi, la corrente satirica e demistificatoria che aveva conosciuto parecchio successo a partire dagli anni Cinquanta.

4 Fu Robert Heinlein il primo autore a suggerire il nome di speculative fiction in luogo dell'ormai "stretto" termine science fiction. Un simile concetto permetteva la ridefinizione di tutto il genere, un suo ampliamento e una maggior interdipendenza con le discipline sociali - come la psicologia, la sociologia e l'antropologia - che riscuotevano sempre più interesse tra i lettori.

5 Carlo Pagetti definisce Frankenstein "scientific romance", ponendolo sullo stesso piano dei Gulliver's Travels di Swift, De la Terre à la Lune di Verne e The Time Machine di Wells. Lo scientific romance è l'anello finale di una catena iniziata con l'Illuminismo - che si pose il problema della comunicabilità del linguaggio della scienza - e proseguita con il processo di divulgazione scientifica che presupponeva la volgarizzazione dei termini, allontanandosi però, in questo modo, dalla fonte originaria del sapere.

6 Il mostro era, in epoca medievale, l'abitante di un altro mondo, o meglio, dell'altro emisfero. Questo tipo di considerazioni poggiava su quei presupposti metaforici che descrivevano la Terra come un corpo vivente: la parte alta era sede della testa e del cuore, quindi della ragione e dei sentimenti. La parte bassa, al contrario, era legata alle parti del corpo più vili - la riproduzione e l'espletamento fisiologico - ed era associata a esseri abietti, degradati e, ovviamente, deformi. Il legame che esisteva tra luoghi e mostri era di tipo estetico e morale (Caronia: 1985, 17).

7 È opinione di molti ritenere che Herbert George Wells abbia fornito buona parte dei soggetti letterari che hanno successivamente costituito i filoni tradizionali della fantascienza: The Time Machine ha inaugurato il filone dei viaggi nel tempo; The Island of Dr. Moreau (insieme al famoso Dr. Jekyll di Stevenson) ha introdotto nella science fiction l'archetipo dello scienziato pazzo. Il tema dell'alieno non è esente da questo tipo di considerazioni. È infatti con il celebre romanzo The War of the Worlds (La guerra dei mondi) che si inaugura la lunga serie di invasioni extraterrestri che tanta fortuna conosceranno sia in campo narrativo sia in campo cinematografico, specialmente nell'America maccartista dei primi anni Cinquanta, dove la figura dell'alieno rappresenterà quasi sempre l'immagine del nemico comunista.

8 Molti romanzi, a partire da Frankenstein di M. Shelley e Der Sandmann di E. T. A. Hoffmann, sono figli della filosofia meccanicista del Seicento, l'epoca in cui René Descartes formulò, in Principia Philosophiae, la teoria degli animali-macchina, secondo la quale non esiste alcuna differenza tra le macchine costruite dagli artigiani e gli esseri viventi, se non quella che le prime possiedono ingranaggi e tubi così grandi da essere visibili agli occhi degli individui, mentre i secondi sono dotati di organi "miniaturizzati". Il meccanicismo, fondato su un rigoroso determinismo, rifiutò ogni interpretazione finalistica del mondo e alimentò la convinzione che il macrocosmo e il microcosmo non fossero altro che congegni a orologeria, riducendo i fenomeni del mondo fisico al mero movimento spaziale dei corpi. Da questa dottrina filosofica nacque la robotica.

9 Cyborg è la sigla di cybernetic organism. Il termine fu coniato nel 1960 da Manfred Clynes e Nathan Kline, due medici del Rockland State Hospital che stavano compiendo studi sull'astronautica. L'articolo in cui comparve per la prima volta il neologismo si intitolava "Cyborg and Space", e fu pubblicato sulla rivista Astronautics nel settembre di quell'anno. Pertanto, il termine cyborg non è stato inventato dagli scrittori di fantascienza, anche se tale figura compare nella letteratura di genere fin dagli anni Venti sui pulps, contemporaneamente a quella del robot e dell'androide. Ricordiamo The Clockwork Man (1923), di E. V. Odle; The Comet Doom (1928), di Edmond Hamilton; e The Jameson Satellite (1931), di Neil R. Jones.

10 Si tratta di una raccolta postuma, curata da Lawrence Sutin, che comprende diversi saggi scritti da Dick nel corso della sua carriera letteraria.

11 Born of Man and Woman, del 1950, compare nella raccolta L'ora di fantascienza, a cura di Carlo Fruttero e Franco Lucentini, Einaudi, Torino, 1982, p. 68. Il racconto è presente anche in Il secondo libro della fantascienza. Le meraviglie del possibile, sempre curata da Fruttero e Lucentini.

12 Flowers for Algernon, scritto nel 1959, compare nella raccolta Le meraviglie del possibile. Antologia della fantascienza, a cura di Sergio Solmi e Carlo Fruttero, Einaudi, Torino, 1992, pp. 481-515.

13 La traduzione del titolo in italiano non è, a mio parere, molto efficace, e rischia di essere fuorviante. Sarebbe stato meglio tradurre il titolo alla lettera - Più che umano - perché spiega con maggior chiarezza l'intento dell'autore.

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