- Letteratura
 
               
                
               
                
               Paolo Dondossola 
               
               -  
 
               
               - FANTASCIENZA
               E LIBERTÀ
 
               
               - GLI
               ARCHETIPI LETTERARI E IL VALORE DELLA
               DIVERSITÀ*
 
               
               -  
 
               
               -  
 
               
               - La fantascienza è una
               modalità di indagine per conoscere gli esseri
               umani, sebbene sia stata spesso considerata soltanto
               un genere letterario "popolare", quasi che la sua
               commerciabilità fosse necessariamente sinonimo
               di banalità. Questo era indubbiamente vero tra
               la fine del XIX e gli inizi del XX secolo, quando,
               fatta eccezione per due dei fondatori di questo genere
               - Jules Verne e Herbert George Wells - la maggior
               parte di ciò che veniva pubblicato era
               narrativa di mediocre fattura, scritta ad uso e
               consumo di chi preferiva letture disimpegnate e
               fantastiche rispetto alla più "nobile"
               letteratura realistica.
 
               
               - Ma le cose cambiarono grazie
               a Hugo Gernsback e John W. Campbell Jr., che hanno
               influenzato la fantascienza americana (e, di
               conseguenza, mondiale) più di ogni altro,
               attorno ai quali si coagulò nel corso del tempo
               - ma specialmente dopo la metà degli anni
               Trenta, quando si affermò la Golden Age
               - una nutrita schiera di giovani scrittori del calibro
               di Isaac Asimov, Ray Bradbury, Robert Heinlein e
               Theodore Sturgeon1.
 
               
               - La science fiction
               cominciò così ad uscire dal "ghetto" dei
               pulp magazines, acquisendo dignità
               letteraria e affermandosi come un genere in grado di
               analizzare - prima da un punto di vista scientifico,
               poi sotto il profilo sociologico e psicologico - gli
               enormi cambiamenti sociali apportati dalla scienza e
               dalla tecnologia, riallacciandosi così alla
               tradizione utopistico-distopica che, da Platone a
               Orwell, si era sempre posta il problema di immaginare
               possibili "mondi" alternativi per comprendere meglio
               il proprio.
 
               
               - La fantascienza non è
               semplice "paraletteratura" (Suvin: 1979, 3), ma tratta
               i grandi temi della vita, come la fede, l'etica, il
               rapporto tra gli esseri umani e le istituzioni, per
               mezzo di una profonda analisi - talvolta politica,
               più spesso metaforica - della società in
               cui viviamo. In breve, è possibile affermare
               che la science fiction sia il genere letterario che
               decanta il valore della libertà in ogni sua
               forma e sostanza.
 
               
               - Alcuni ritengono che gli
               elementi tipici della fantascienza siano
               rintracciabili fin dall'antichità (Suvin: 1993,
               788-792); altri, invece, accostano questo genere
               letterario al romanzo poliziesco, per via della comune
               discendenza dal "romanzo nero", o gothic, un
               sottoprodotto popolare della rivoluzione romantica
               (Solmi: 1978, 55); altri, ancora, sostengono che tutta
               la letteratura, dalla Bibbia in poi, presenti
               determinate tematiche che, per un verso o per l'altro,
               rientrerebbero nella science fiction. Ma ci
               sono anche autori che denunciano questa pratica
               acritica che tende a non tenere conto
               dell'originalità dei temi trattati dalla
               fantacienza (Kornbluth: 1964); tali critiche
               considerano la SF una forma moderna di letteratura non
               riconducibile al passato (Scholes e Rabkin: 1979, 13).
               Essa appare come un elemento caratteristico
               dell'età contemporanea in grado di rivelare le
               tendenze del momento, ma anche di inglobare e rendere
               evidente la maggior parte delle "costanti epocali"
               (Dorfles: 1965, 208) presenti in ogni società.
               Ciò nonostante, la science fiction
               presenta elementi comuni con l'utopia positiva del
               passato, e ancor di più con la distopia del XIX
               e XX secolo.
 
               
               -  
               
               
                     - La storia
                     della fantascienza è anche la storia di
                     come l'umanità ha cambiato atteggiamento
                     di fronte allo spazio e al tempo. È la
                     storia del progresso della nostra comprensione
                     dell'universo e della posizione nell'universo
                     della nostra specie (Scholes e Rabkin: 1979,
                     9).
 
                   
               
  
               
               -  
 
               
               - La specificità della
               fantascienza risiede nel fatto che, allargando i
               confini spazio-temporali, permette di passare dalla
               conoscenza dell'individuo a quella dell'umanità
               nel suo complesso, scandagliando le meraviglie e gli
               orrori della società, nel tentativo di
               comprendere il genere umano. Di questo avviso è
               il critico Darko Suvin:
 
               
               -  
               
               
                     - La posizione
                     di chi scrive è che la fantascienza sia
                     la forma letteraria dello "straniamento
                     cognitivo" e che debbano essere accettati come
                     primi esempi di fantascienza non solo tutta la
                     narrativa utopistica e gran parte dei voyages
                     extraordinaires, ma anche molti generi
                     affini risalenti, ad esempio, alla
                     Repubblica di Platone, a Luciano di
                     Samosata, a Moro, Cyrano e Swift. Questo
                     problema può essere superato se si
                     ricorda che tra il XVII e il XVIII secolo,
                     all'epoca delle rivoluzioni borghesi (e
                     specialmente della rivoluzione industriale),
                     accanto ai luoghi tipici della fantascienza, il
                     passato e lo spazio, fu introdotto il futuro,
                     concepito come una quarta dimensione (come ad
                     esempio in La macchina del tempo di H. G.
                     Wells). E questo mutamento operato dalla
                     fantasia, omogeneo al tipo di vita introdotto
                     dal capitalismo, è così
                     fondamentale da caratterizzare l'intero
                     cronotopo della fantascienza anche là
                     dove essa continua (come in Verne o nelle prime
                     avventure interplanetarie) a essere collocato
                     nello spazio, o addirittura nei casi in cui
                     ritorna al passato (come in Uno yankee del
                     Connecticut alla corte di re Artù di
                     Mark Twain o nel sottogenere fantascientifico
                     del "romanzo preistorico"). Pertanto si
                     può individuare un corpus - lo si
                     chiami poi "passaggio all'anticipazione" o
                     fantascienza tout court - il cui termine
                     a quo è l'ambiguo gruppo di
                     scritti dell'epoca delle rivoluzioni
                     democratiche. Questo corpus inizierebbe
                     con gli entusiasmi per le innovazioni più
                     radicali di L'an 2440 di Sebastien
                     Mercier e del Prometeo liberato di Percy
                     Bysshe Shelley, e con la reazione a esse del
                     Frankenstein di Mary Wollstonecraft
                     Shelley e di alcuni racconti di Poe. Il
                     corpus della fantascienza risultante da
                     un approccio di questo tipo, accettabile nelle
                     sue linee generali, potrebbe essere suddiviso in
                     una parte premoderna e in un'altra moderna, con
                     Wells come momento di passaggio fra il cronotopo
                     newtoniano e quello einsteniano, tra
                     un'anticipatoria pretesa all'estrapolazione e
                     "mondi possibili" alternativi, peraltro
                     decisamente analogici al nostro (Suvin: 1993,
                     788).
 
                   
               
  
               
               -  
 
               
               - Brian Aldiss sosteneva che
               nella fantascienza confluiscono due correnti
               principali, la scientifica e la fantastica, quella che
               si basa sulla realtà e quella che costruisce
               castelli in aria.
 
               
               - Il lungo e difficile cammino
               compiuto dalla science fiction per trovare un
               posto di prima importanza nel panorama letterario
               passa anche attraverso le definizioni che la
               identificano come un genere indipendente dalle altre
               correnti narrative. Se le origini "tematiche" ed
               epistemologiche della fantascienza possono essere
               rintracciate nella letteratura fantastica del passato,
               è senz'altro vero, tuttavia, che il neologismo
               che ne definisce la natura è figlio del
               Novecento, ed è ascrivibile a una delle figure
               editoriali più importanti del settore, Hugo
               Gernsback2.
               Nel 1926 ideò la rivista destinata a entrare
               nella storia degli appassionati del genere: Amazing
               Stories, dove comparve, per la prima volta, il
               termine scientifiction. Nel 1929, invece, fu
               ideato il neologismo science fiction, che
               divenne la definizione ufficiale del moderno genere
               letterario, grazie a una nuova rivista, Science
               Wonder Stories.
 
               
               - Con l'andare del tempo tale
               termine divenne sempre più "stretto": negli
               anni Sessanta, la nuova generazione di scrittori -
               quella formata dai vari Ellison, Dick, Spinrad - non
               faceva più largo uso della scienza, e la
               tecnologia, comunque, rivestiva una funzione diversa
               all'interno della narrazione rispetto alla
               fantascienza hard degli anni
               precedenti3.
               Cominciarono ad affermarsi diverse definizioni, tra
               cui quelle di science fantasy e speculative
               fiction, che, avendo in comune con il termine
               science fiction le iniziali, permettevano
               l'identica abbreviazione di SF4.
               Fu in quest'ottica che nacquero le discussioni sulla
               differenza tra estrapolazione e
               speculazione.
 
               
               -  
               
               
                     - Extrapolation,
                     as is implicit in the word's etymology, is
                     basically a logical and linear process. The
                     author accepts the current state of scientific
                     knowledge, projects from it either in time or in
                     space, and tries to imagine and articulate the
                     resultant situation or conditions. In "pure"
                     extrapolation one must adhere strictly to the
                     current state of scientific theory and fact.
                     Writers firmly committed to extrapolative SF
                     occasionally find themselves in an embarassing
                     position when subsequent scientific discoveries
                     invalidate the facts which they had presumed to
                     be true while writing the story (Malmgren: 1991,
                     12).
 
                   
               
  
               
               -  
 
               
               - La speculazione, invece,
               è un sistema di comprensione visionario e
               intuitivo; nondimeno, non significa che essa sia un
               modo per evadere dalla realtà o per cercare una
               via di fuga dai problemi quotidiani. Al contrario, il
               pensiero speculativo trascende l'esperienza, ma
               unicamente per cercare di spiegare, comprendere,
               unificare e ordinare l'esperienza stessa.
 
               
               -  
               
               
                     - The emphasis
                     here upon the intuitive nature of speculation
                     and upon its desire to transcend experience, to
                     discover as it were a deep structure of reality,
                     pertains, I think, to the creation of
                     speculative SF worlds. Working metaphorically
                     rather than metonymically, the speculative
                     writer tries to inscribe a world whose relation
                     to the basic narrative world is less logical
                     than analogical or even anagogical; there are
                     systems of correspondence between the two
                     worlds, but they are not linear or one-to-one,
                     and they are consequently more problematic, more
                     difficult to establish with certainty (Malmgren:
                     1991, 13).
 
                   
               
  
               
               -  
 
               
               - Comunque sia, la fantascienza
               è un genere letterario mobile perché
               tale è la società di cui essa narra. Non
               ha importanza che si parli di science fiction o
               speculative fiction, che si tratti di un
               romanzo di anticipazione, di estrapolazione o di pura
               speculazione.
 
               
               -  
               
               
                     - La
                     fantascienza è la ricerca di una
                     definizione dell'uomo e della sua condizione
                     nell'universo che si inserisce nel nostro
                     avanzato ma confuso stato di conoscenza
                     (scienza) ed è caratteristicamente
                     forgiata nello stampo gotico o post-gotico"
                     (Aldiss: 1973, 14).
 
                   
               
  
               
               -  
 
               
               - La science fiction,
               quindi, non è solo lettura di svago -
               "literature of escapism" (Nicholls: 1976, 8) -
               ma serve a comprendere meglio la realtà che ci
               circonda, a mostrare come dietro l'apparente
               normalità degli eventi si estenda un mondo
               oscuro animato da fenomeni grotteschi poco o per nulla
               visibili agli occhi della gente. Essa rappresenta, in
               ultima analisi, l'interface area, "the area
               where science fiction meets real life" (Nicholls:
               1976, 8).
 
               
               - La novità letteraria
               di Frankenstein (1818), la presenza cioè
               della creatura - definita, di volta in volta, mostro,
               demone, ecc. - che non solo rappresenta
               l'incapacità degli esseri umani di riconoscersi
               nell'altro da sé (il diverso) e di trovare in
               esso amore e compassione, ma che è anche
               l'emblema del risultato teratologico di chi osa
               sfidare la Natura, costituisce il fulcro di molti
               romanzi della science fiction contemporanea,
               specialmente quelli incentrati sulle figure dei
               mutanti. Pur non comprendendo una vera e propria
               teoria scientifica, Frankenstein può
               comunque essere considerato un racconto di
               fantascienza (Pagetti: 1993, 5)5.
 
               
               - La fantascienza è nata
               sotto il segno del mostro. Il primo romanzo definito
               quasi unanimemente di SF è, appunto,
               Frankenstein, e dal 1818 questo genere si
               è diramato in una incredibile serie di
               sottotipi che hanno affrontato il difficile tema della
               diversità sotto ogni punto di
               vista.
 
               
               - Già il Medioevo e
               l'epoca moderna furono pervasi da figure straordinarie
               e mostruose narrate dai viaggiatori e dagli
               esploratori, specialmente europei, che incutevano
               timore e un forte senso di repulsione, e che avrebbero
               giustificato gli stermini e gli incubi palingenetici
               dei dominatori bianchi. In quei tempi il "mostro" era
               una creatura naturale che rivestiva di volta in volta
               valori e significati differenti, ma che, di fatto,
               testimoniava un'ibridazione tra uomo e animale - dove
               spesso la linea di confine tra le due entità
               non era nemmeno troppo netta - i cui risultati erano a
               dir poco orrifici6.
 
               
               - Il passaggio dall'ibrido
               naturale a quello artificiale fu piuttosto breve. Nel
               Rinascimento l'alchimia giocò un ruolo
               essenziale nella creazione della figura
               dell'homunculus e del golem - l'automa,
               la figura senza spirito che, nella leggenda giudaica,
               indica l'essere creato magicamente dai Cabalisti - che
               attestò il tentativo da parte dell'uomo di
               imitare la creazione divina, con la conseguente e
               inevitabile ribellione da parte della creatura nei
               confronti del proprio creatore. Era il punto di
               partenza di quell'artificializzazione della natura
               che, nel corso del 1900, avrebbe prodotto nella
               letteratura della science fiction le figure del
               robot, del cyborg e dell'androide, provocando una
               mutazione antropologica - indotta dalla crescente
               avanzata della tecnologia - sconvolgente e
               alienante.
 
               
               -  
               
               
                     - La tecnologia
                     è figlia di un'attività umana, e
                     come tale non è causa, ma sintomo
                     eclatante, elemento mediatore, simbolo della
                     trasformazione che ci avvolge. Ciò non
                     toglie che quando il cambiamento è
                     magmatico, prepotente, pervasivo, l'uomo stenti
                     a riconoscere la propria impronta in ciò
                     che avviene e preferisca attribuire a figure
                     autonome, che si ergono minacciose contro di
                     lui, le cause del disordine che lo circonda
                     (Caronia: 1985, 8-9).
 
                   
               
  
               
               -  
 
               
               - Il primo passo verso la
               completa frantumazione dell'Io, verso quel
               vacillamento ontologico che, nel nostro secolo,
               avrebbe prodotto un'inquietudine metafisica di tipo
               esistenzialista negli uomini, fu compiuto da Mary
               Shelley. Frankenstein è un vero e
               proprio conte philosophique che racchiude in
               sé i temi dell'umanità: il rapporto tra
               il creatore e la creatura da lui forgiata, metafora
               dell'invisibile catena che unisce Dio al genere umano;
               il pentimento del creatore e il suo rifiuto nei
               confronti di un essere tanto ripugnante, simbolo della
               solitudine umana; la scintilla, non prevista, del
               libero arbitrio della creatura, che, una volta appreso
               l'uso del linguaggio e la capacità di pensare,
               si ribella al proprio padrone; il bisogno di sentirsi
               parte di qualcosa, di avere qualcuno accanto da amare
               e il rifiuto del creatore di generare un altro essere
               tanto abietto; la rivolta del "mostro" a un mondo
               così insensibile e privo di
               umanità.
 
               
               - Frankenstein introduce
               il tema del doppio: il doppelganger, ovvero la
               copia o la proiezione di se stessi, un topos tipico
               della fantascienza contemporanea. Il doppio "umano"
               della letteratura fantastica si trasformerà
               nella science fiction del Novecento nel doppio
               "artificiale", vale a dire nel robot, nell'androide e
               nel cyborg, ma anche in una forma umana deviata
               rispetto a ciò che viene comunemente definito
               "normale".
 
               
               - In realtà, sono almeno
               quattro i grappoli narrativi in cui si può
               suddividere il tema della diversità nella
               fantascienza, a volte sconfinando negli archetipi che
               appartengono essenzialmente al genere horror.
               Il primo è costituito dai romanzi incentrati
               sulle figure degli alieni, esseri cioè
               provenienti da altri pianeti, a volte minacciosi,
               altre volte pacifici; la produzione letteraria di
               questo sottotipo è incalcolabile. Il secondo
               grappolo include le opere che hanno per oggetto i
               vampiri e i licantropi. Il terzo riguarda le figure
               del robot, del cyborg e dell'androide - che presentano
               notevoli differenze biologiche o biomeccaniche -
               mentre il quarto grappolo narrativo annovera tutti i
               romanzi e i racconti che sviluppano il tema della
               mutazione7.
 
               
               - L'alieno, oltre che
               rappresentare un "rompicapo biologico" (Giovannoli:
               1991, 39), diviene un mezzo per proiettare le paure
               sociali - scaricandone, di fatto, le tensioni - "al di
               fuori" (di una nazione, o addirittura del mondo
               intero). In un periodo che possiamo grosso modo
               racchiudere tra la fine degli anni Trenta - la
               Golden Age, ed escludendo tutta la letteratura
               precedente che pure annovera opere che hanno avuto il
               pregio di alimentare l'interesse della gente comune -
               e gli anni Cinquanta - quando l'avvento della
               fantascienza sociologica spostò l'attenzione
               verso problemi più "terrestri", senza tuttavia
               soppiantare completamente i viaggi interstellari e gli
               incontri con forme di vita extraterrestre - la
               science fiction americana (che ha sempre
               costituito il novantacinque per cento circa di tutta
               la SF) alimentò i sogni di conquista dello
               spazio, alternando vicende dozzinali ad altre molto
               più attente ai problemi connessi
               all'estrapolazione scientifica e ai rapidi
               sconvolgimenti tecnologici di quell'epoca. Era
               inevitabile che anche il cinema, in quegli anni,
               facesse ricorso alla fantascienza per esorcizzare - o
               nutrire - l'isterismo collettivo e la repulsione per
               il diverso, che spesso acquisiva connotazioni
               politiche o razziali.
 
               
               - L'alieno, biologicamente
               dissimile, diviene dunque una proiezione
               dell'alterità ontologica, metafora di tutte le
               possibili forme di diversità tra gli esseri
               umani. Sebbene la science fiction abbia
               prodotto anche alieni amichevoli, la maggior parte
               della letteratura sugli extraterrestri li dipinge come
               nemici terribili, sempre pronti a impossessarsi delle
               risorse della Terra, assoggettando il genere umano e
               rendendolo schiavo. In passato, l'interpretazione
               sociologica attribuiva questi elementi al "pericolo
               comunista", ma in epoche più recenti essi sono
               stati analizzati essenzialmente come forme di paure
               biologiche - ad esempio il cancro e le mutazioni da
               radioattività - o come una semplice immagine
               del Predatore (Giovannoli: 1991, 59). Ma è
               sufficiente osservare la realtà che ci circonda
               per capire quali siano i reali motivi che hanno spinto
               gli scrittori di SF a descrivere simili situazioni:
               ancora oggi ci sono nazioni che combattono guerre
               spietate in nome di Dio o di una ideologia politica,
               Stati afflitti da lotte intestine per la supremazia
               etnica, governi tirannici che mantengono il potere con
               la violenza, la tortura e l'assassinio, ed esecutivi
               "democratici" che mentono sistematicamente al popolo,
               promettendo qualcosa che non sarà mai
               mantenuto. Di fronte a un ipotetico pericolo comune,
               nulla di tutto questo avrebbe più importanza:
               il colore della pelle, le opinioni politiche, le
               scelte confessionali, la cultura di appartenenza...
               niente di tutto questo avrebbe più senso, o
               meglio, tutto acquisirebbe un significato più
               intenso e profondo, proprio perché sarebbe la
               vita umana - di tutto il genere umano - a
               guadagnare la giusta dignità. Il pericolo
               alieno, oltre che rappresentare l'incapacità
               degli uomini e delle donne di identificarsi e di
               fondersi nell'altro, estraneo ma simile,
               costituisce probabilmente - insieme al sottogenere
               delle catastrofi naturali - il momento di massima
               collaborazione mondiale, almeno per ciò che
               riguarda il panorama letterario - e cinematografico -
               della fantascienza.
 
               
               - Vampiri e licantropi fanno
               parte di un filone fantastico sempre a cavallo tra
               science fiction e horror. Sebbene si
               tratti di archetipi utilizzati quasi sempre per
               suscitare terrore, queste figure possono anche
               assumere una connotazione più vicina al
               classico tema della diversità, caro a molti
               autori di fantascienza, proprio perché, come
               gli alieni, rappresentano una forma di vita biologica
               deviata rispetto alla normalità, ma tuttavia
               umana. Ecco perché, comunque, l'orrore indotto
               è spesso superiore a qualsiasi altro archetipo
               letterario.
 
               
               - La figura dei vampiri non
               è che l'ennesima proiezione del "morbo di
               Frankenstein", metafora letteraria dell'incomprensione
               umana, non tanto sotto il profilo della ribellione
               delle creature - che pure esiste - quanto, piuttosto,
               per la latente incapacità degli individui di
               percepire la diversità altrui come punto di
               contatto e di dialogo, anziché come forma di
               rivendicazione di superiorità culturale o
               razziale.
 
               
               -  
 
               
               - L'Altro è l'essere che
               è diverso da te stesso. Tale essere può
               differire da te nel sesso; o nel suo reddito annuale;
               o nel modo di parlare, di vestire e di agire; o nel
               colore della pelle, o nella quantità di gambe e
               di teste che ha. In altre parole, esiste l'Alieno
               sessuale, e l'Alieno sociale, e l'Alieno culturale, e
               infine l'Alieno razziale (Le Guin: 1986,
               87).
 
               
               -  
 
               
               - Questo rapporto di
               identificazione/opposizione con "l'alieno" è
               stato affrontato dagli autori di science
               fiction anche e soprattutto attraverso le figure
               del robot, del cyborg e dell'androide, che acquistano
               nomi diversi a seconda del grado di antropomorfismo
               raggiunto.
 
               
               -  
               
               
                     - Il termine
                     robot designa un automa vagamente
                     antropomorfo, in genere con superficie
                     metallica; ma se l'automa, pur conservando una
                     natura essenzialmente meccanica, è
                     ricoperto da una "pelle" molto simile a quella
                     umana, si comincia a parlare allora di un
                     androide; infine, se il robot è
                     piuttosto un uomo sintetico, costituito da
                     tessuti organici artificiali e artificialmente
                     vivi, viene talvolta usato il termine
                     replicante.
 
                     
                     - Sembra che
                     questa nomenclatura presupponga un
                     continuum graduato (di cui designa solo
                     le principali regioni),
 
                     
                     - (i) che in
                     tutta la sua estensione è una sorta di
                     divenire, di metamorfosi, di evoluzione che
                     porta dalla macchina all'organismo (o viceversa,
                     se si inverte l'asse del tempo);
 
                     
                     - (ii) il cui
                     massimo assoluto è una copia dell'uomo (o
                     comunque di un organismo) indistinguibile
                     dall'originale, cioè, di fatto se non di
                     principio, ad esso identica (Giovannoli: 1991,
                     22).
 
                   
               
  
               
               -  
 
               
               - Il cammino dall'uomo al robot
               - passando attraverso il cyborg e l'androide -
               costituisce un vero e proprio processo di
               macchinizzazione degli individui che racchiude in
               sé molte metafore: l'allontanamento dalla
               natura, l'incapacità di amare, la ricerca
               dell'immortalità, l'alienazione e la
               frammentazione del mondo interiore scaturiti
               dall'aumento dei compiti delegati alle macchine e, non
               ultimo, una sorta di fenomeno entropico dove, se da un
               lato la macchina si umanizza sempre più - come
               alcuni robot di Asimov - dall'altro gli esseri umani
               si macchinizzano, cedendo, con l'andare del tempo,
               quei valori e quelle qualità che ne definiscono
               l'essenza. Si tratta, in definitiva, di un cammino a
               senso unico, tutto giocato sulla distinzione - non da
               poco - tra essere e apparire. L'androide
               sembra un uomo, ma non lo è; il cyborg non
               sembra un uomo, ma lo è; il robot non sembra un
               uomo, e non lo è. La vecchia distinzione tra
               essere umano e macchina, tra naturale e artificiale,
               così come la conoscevamo fin dai tempi di
               Cartesio - per il quale l'universo era una gigantesca
               macchina e gli animali non erano altro che automi;
               solo l'individuo era parzialmente esente da questa
               visione meccanicista8
               - si dissolve di fronte a una simile disgregazione
               della realtà, e tutto, all'improvviso, appare
               indistinto, vago, incerto.
 
               
               - Il mostro di Frankenstein, i
               robot di Capek in R.U.R. e quelli di Asimov
               simboleggiavano l'inquietudine degli individui di
               veder affiorare in corpi "artificiali" sentimenti,
               pensieri e sensazioni ritenute "umane". Questo senso
               di disorientamento si fa ancora più profondo
               quando ci si imbatte nella figura del
               cyborg9,
               vale a dire in una creatura in cui il corpo di un
               essere umano è inestricabilmente unito a quello
               di una macchina. Si tratta, di fatto, di un ibrido -
               come lo erano le creature di Wells in The Island of
               Dr. Moreau - ma l'elemento animale è
               sostituito da una componente meccanica che trasforma
               il cyborg in una sorta di freak tecnologico da
               mostrare a tutti come un fenomeno da baraccone per
               esaltare il progresso scientifico, e, al tempo stesso,
               da nascondere, poiché il processo di
               cibernetizzazione non annulla le qualità umane
               del nuovo essere, incutendo un notevole senso di
               fastidio negli osservatori.
 
               
               - Nati come ideali esploratori
               dello spazio, all'inizio i cyborg non suscitarono
               interrogativi radicali, ma vennero salutati come un
               ulteriore passo del genere umano verso quella
               perfezione così lungamente inseguita. Questa
               sorta di ottimismo meccanicista ebbe vita breve;
               infatti, nel giro di poco tempo prevalsero
               l'alienità e la mostruosità del nuovo
               essere, e il senso di caos e desolazione subì
               un passaggio decisivo dall'esterno all'interno degli
               individui. Il corpo artificiale suscita inquietudini
               superiori agli stravolgimenti scientifici del passato,
               perché c'è la consapevolezza che dietro
               alla struttura di metallo vive e opera un cervello
               umano.
 
               
               -  
               
               
                     - Mentre
                     l'automa settecentesco, quello concreto e
                     materiale costruito dai grandi automisti, aveva
                     anche l'effetto di rassicurare riguardo
                     all'eccellenza del corpo dell'uomo (così
                     complesso da meritare di essere imitato) e della
                     sua mente (così acuta da essere capace di
                     realizzare quell'imitazione), il robot,
                     l'androide, il cyborg della fantascienza
                     annunciano il declino dell'uomo quale noi lo
                     conosciamo, o quale pensiamo di conoscerlo da
                     ciò che la storia e l'abitudine ci hanno
                     tramandato, e la nascita di un nuovo uomo,
                     simbionte della creatura che lui stesso ha
                     costruito ma ormai in qualche modo
                     autonomizzata. Lo fanno riproponendo un
                     interrogativo certo non nuovo, ma
                     indiscutibilmente attuale ("che cosa è
                     l'uomo?"), nella forma emotivamente e
                     narrativamente più efficace del "come si
                     distingue un uomo 'naturale' da uno
                     'artificiale'?". Se risposta esplicita non si
                     dà quasi mai, una risposta implicita
                     è spesso contenuta nella modificazione
                     dell'interrogativo, fino al suo radicale
                     rovesciamento: "come può l'essere
                     artificiale diventare uomo a tutti gli effetti?"
                     (Caronia: 1985, 58-59).
 
                   
               
  
               
               -  
 
               
               - Il processo simbiotico tra
               uomo e macchina, se inizialmente era esaltato come un
               tentativo di avvicinamento alla perfezione e
               all'immortalità e come un superamento della
               ciclicità e, quindi, della precarietà
               della vita, successivamente fa emergere interrogativi
               di ordine epistemologico e ontologico. Il cyborg
               rappresenta il connubio tra natura - l'essere umano -
               e scienza - la macchina. Nondimeno, ogni essere umano,
               proprio a causa delle sue imperfezioni, è
               unico; la scienza, al contrario, opera attraverso
               rigorose codificazioni che, di fatto, rappresentano
               una forma di standardizzazione. La scienza fa emergere
               la regolarità e le leggi che governano
               l'universo, mentre la tecnica imbriglia le forze della
               natura, mettendole a disposizione degli individui.
               L'unione di questi due fattori - l'elemento umano e
               quello tecnologico - fonde due diverse prospettive:
               quella ciclica della vita umana e quella lineare,
               ottimistica, della scienza, che prevede uno sviluppo
               costante e crescente delle forze produttive. La
               nascita di questi nuovi ibridi provoca in loro quel
               genere di sentimenti contrapposti tipici di ogni
               gruppo emarginato rispetto alla maggioranza di
               "normali": da un lato c'è un forte desiderio di
               reintegrazione nell'umanità, dall'altro
               un'ostinata e orgogliosa chiusura nella propria
               corporazione.
 
               
               - Il cyborg rimette in
               discussione tutte le credenze e le convinzioni sulla
               natura degli esseri umani, su quale sia la reale
               definizione di "uomo". Il corpo meccanizzato dei
               cyborg annulla ogni emozione, o meglio sottrae la
               possibilità di manifestare compiutamente e
               degnamente tutti gli stati d'animo - gioia, dolore,
               rabbia, amore, partecipazione, empatia - che ci
               rendono umani. In più, il processo di
               metamorfosi, come ha descritto Kafka, assume
               connotazioni mostruose e socialmente
               inaccettabili.
 
               
               - In quest'ottica si inserisce
               il bel romanzo di Frederik Pohl, Man Plus
               (Uomo +), dove la colonizzazione del pianeta
               Marte da parte degli esseri umani è resa
               possibile grazie all'ausilio dei cyborg, individui i
               cui organi sono stati sostituiti con arti artificiali
               e che sono stati adattati a vivere nell'atmosfera
               irrespirabile di Marte, traendo dal sole la necessaria
               energia per sopravvivere. Il Progetto Man Plus prepara
               gli astronauti a vivere sul pianeta, anzi, li
               "modifica" trasformandoli in organi cibernetici: ma il
               prototipo che viene mostrato agli astronauti che
               diverranno cyborg è una specie di
               mostro.
 
               
               -  
               
               
                     - Il
                     teleschermo mostrava un uomo.
 
                     
                     - Non sembrava
                     un uomo. Si chiamava Will Hartnett. Era un
                     astronauta, democratico, metodista, marito,
                     padre, suonatore dilettante di timpano, ottimo
                     ballerino. Ma non sembrava niente di tutto
                     questo. A vederlo, era un mostro.
 
                     
                     - Non pareva
                     affatto umano. Gli occhi erano globi
                     sfaccettati, rossolucenti. Le narici si aprivano
                     tra le pieghe della carne, come il muso d'una
                     talpa stellata. La pelle era artificiale e aveva
                     il colore di una normale abbronzatura, ma la
                     robustezza della pelle di un rinoceronte. Non
                     c'era nulla, in lui, che avesse l'aria di essere
                     una caratteristica innata. Occhi, orecchi,
                     polmoni, naso, bocca, sistema circolatorio,
                     centri della percezione, cuore, pelle... tutto
                     era stato sostituito o potenziato. I cambiamenti
                     visibili altro non erano che la punta
                     dell'iceberg. Ciò che avevano fatto
                     dentro di lui era di gran lunga più
                     complesso e più importante. Hartnett era
                     stato ricostruito, con l'unico scopo di metterlo
                     in condizioni di restare in vita, senza l'aiuto
                     di apparecchi esterni, sulla superficie del
                     pianeta Marte.
 
                     
                     - Era un
                     cyborg: un organismo cibernetico. Era in parte
                     uomo e in parte macchina, e le due sezioni
                     distinte erano fuse insieme in modo che lo
                     stesso Will Hartnett, guardandosi nello specchio
                     le rare volte in cui gli era permesso di vederne
                     uno, non sapeva quanto di lui fosse veramente
                     suo e quanto fosse stato aggiunto (Pohl: 1976,
                     p.12).
 
                   
               
  
               
               -  
 
               
               - Analogo discorso per gli
               androidi, ma con qualche piccola differenza.
               L'androide, infatti, tende a confondersi con gli
               esseri umani; per converso, gli individui giungono al
               punto di mettere in discussione persino la propria
               "umanità". Il dubbio ontologico, qui, è
               portato all'estremo. L'autore più attento
               nell'analisi dell'alienazione degli esseri umani a
               contatto con gli androidi è senza dubbio Philip
               K. Dick: nella sua personale visione della
               società, l'androide diventa un sinonimo di
               Vuoto, oltre che di Falso indistinguibile dal Vero. Il
               processo di androidizzazione, per Dick, riguarda
               quegli esseri umani che hanno perso la capacità
               di provare emozioni, o che, con assoluta acquiescenza,
               sono stati manipolati e devitalizzati: in sostanza,
               Dick si domanda costantemente se siamo umani o se
               siamo stati programmati a crederlo. Sotto questo
               profilo, l'ossessione del simulacro - cioè di
               un essere svuotato di sostanza e significato - si
               riflette nella figura dell'androide.
 
               
               -  
               
               
                     - Diventare
                     quello che io chiamo - in mancanza di un termine
                     più appropriato - un androide, significa
                     acconsentire a trasformarsi in un mezzo, oppure
                     essere oppressi, manipolati e ridotti a un mezzo
                     inconsapevolmente o contro la propria
                     volontà: il risultato non cambia. Ma
                     è impossibile trasformare un essere umano
                     in androide se quest'essere umano infrange le
                     leggi ogniqualvolta gliene si presenti
                     l'occasione. L'androidizzazione richiede
                     obbedienza. E, soprattutto,
                     prevedibilità. Solo quando la
                     reazione di una data persona a una qualsiasi
                     situazione data risulterà prevedibile con
                     precisione scientifica, si potrà dare il
                     via alla produzione su larga scala di androidi.
                     (...)
 
                     
                     - Nell'universo
                     esistono cose gelide e crudeli, a cui io ho dato
                     il nome di "macchine". Il loro comportamento mi
                     spaventa, soprattutto quando imita così
                     bene quello umano da produrre in me la
                     sgradevole sensazione che stiano cercando di
                     farsi passare per umane pur non essendolo. In
                     questo caso le chiamo "androidi". Per "androide"
                     non intendo il risultato di un onesto tentativo
                     di ricreare in laboratorio un essere umano. Mi
                     riferisco invece a una cosa prodotta per
                     ingannarci in modo crudele, spacciandosi con
                     successo per una nostra simile (Dick: 1995,
                     231-232, 251)10.
 
                   
               
  
               
               -  
 
               
               - I romanzi più famosi
               di Dick dedicati alla figura dell'androide sono Do
               Androids Dream of Electric Sheep? (Blade
               Runner), e The Simulacra (I
               simulacri): il dramma esistenziale dei personaggi
               di queste opere è figlio del caos universale,
               del sempiterno farsi e disgregarsi delle cose, delle
               tensioni inconsce che prendono il sopravvento sulla
               razionalità, dei conflitti interiori che
               obliterano qualsiasi certezza ontologica,
               dell'alienazione sociale e individuale che trasforma
               la vita in una faticosa e, spesso, vana ricerca del
               proprio Io, dell'angoscia per la piccolezza e
               l'estrema caducità della condizione umana,
               della ricerca disperata di un dio che, se esiste, non
               risponde più al richiamo dell'individuo, anche
               se poi comprendiamo che siamo noi ad esserci chiusi
               come ricci di fronte al fascino del trascendente.
               Nelle opere di Dick il senso di disorientamento
               è assoluto: la presenza di moltissimi
               personaggi è una costante dei suoi romanzi, e
               serve ad attestare non solo la coralità della
               vita, che, spesso, si compie pienamente tra le persone
               semplici, ma anche la moltitudine di piani in cui la
               nostra esistenza è calata; le trame
               aggrovigliate, al limite della comprensione, i
               dialoghi a volte farneticanti, i grandi temi
               dell'umanità - fede, politica, etica, ... -
               mescolati ad esperienze banali e prive di significato,
               amplificano, invece che diminuire, il significato
               della vita, mentre la presenza degli androidi - con il
               loro forte simbolismo di vacuità - è un
               serio ammonimento nei confronti di tutti quegli
               individui che rinunciano alla propria
               personalità, alla propria libertà e ai
               propri diritti.
 
               
               - Esiste un'ultima figura,
               nella letteratura di fantascienza, che pone il
               problema dell'essenza umana e di ciò che la
               costituisce: quella dei mutanti. Essi rappresentano
               un'evoluzione - naturale o indotta - della specie, che
               può essere progressiva (creando, quindi, il
               superuomo) o regressiva (che genera il mutante
               mostruoso). Comunque sia, il mutante rappresenta
               un'ipotetica variante della "normalità", e
               può anche essere percepito come una minaccia al
               genere umano: tuttavia, la sua funzione all'interno
               dei romanzi e dei racconti è quasi sempre
               positiva, o "propositiva", e tende a evidenziare tutte
               le differenze esistenti tra gli individui, ma anche e
               soprattutto la comunanza di valori e l'appartenenza -
               al di là della semplice e superficiale
               apparenza - allo stesso genere.
 
               
               - La sofferenza, il senso di
               abbandono, la ricerca di un significato della propria
               vita, il bisogno d'amore, sono temi che ricongiungono
               questo gruppo all'archetipo di riferimento, la
               creatura di Frankenstein. Due racconti meritano di
               essere ricordati per la straordinaria
               sensibilità con cui viene affrontato il tema
               della diversità, ma soprattutto perché
               sono accomunati dal fatto di essere narrati
               direttamente dai mutanti stessi.
 
               
               - Il primo racconto è
               Born of Man and Woman (Nato d'uomo e di
               donna)11,
               di Richard Matheson, lo struggente diario di un
               bambino - una specie di mostro - che vive rinchiuso in
               cantina, spesso incatenato al letto. L'artificio
               letterario adottato da Matheson è estremamente
               efficace, in quanto la narrazione sgrammaticata del
               piccolo protagonista spinge il lettore ad affrontare
               la terribile realtà con gli occhi del diverso.
               La famiglia di questa povera creatura - che non ha
               nemmeno un nome, dato che la madre, dopo la nascita,
               l'ha definita "un obbrobrio" - vive una vita
               apparentemente normale, tenendo lontano il bambino
               dalla vista della gente. Il piccolo, tuttavia, sente
               le risate dei genitori e della sorella, e a volte
               striscia faticosamente sulle scale ed entra nella
               casa, provocando rabbia e orrore tra i genitori.
               Questi lo incatenano al letto, picchiandolo
               affinché impari la dura lezione che lui non fa
               parte della famiglia, ma può al massimo
               considerarsi una sorta di animale domestico.
               Nondimeno, la creatura avverte lo stesso bisogno
               d'amore - e, forse, di più - degli altri esseri
               umani e, alla fine, stanco di questi indicibili
               soprusi, medita - proprio come il mostro di
               Frankenstein - una terribile vendetta nei confronti di
               chi lo rifiuta e non vuole amarlo.
 
               
               - Il secondo racconto è
               Flowers for Algernon (Fiori per
               Algernon12),
               di Daniel Keyes, che, sotto alcuni aspetti, rimanda
               alla vicenda precedente. Anche qui, infatti, ci si
               trova di fronte a un diario scritto da un ritardato
               mentale - Charlie Gordon - il quale viene sottoposto a
               una serie di esperimenti - precedentemente eseguiti su
               un topo, Algernon, appunto - che dovrebbero migliorare
               le sue potenzialità intellettive. Le frasi sono
               slegate, scorrette, quasi incomprensibili, ma dopo
               l'operazione alla testa si assiste a un progressivo
               miglioramento nel linguaggio e nella grammatica,
               segnale che, in Charlie, sta improvvisamente
               aumentando l'intelligenza. Ma il suo mondo cambia. Le
               persone che prima lo schernivano perché
               stupido, ignorante e indifeso, ora lo temono e lo
               evitano perché hanno paura di ciò che
               è diventato. Charlie desidera soltanto essere
               una persona normale, come tutti gli altri: infatti si
               innamora della dottoressa che lo ha in cura. Ma le sue
               considerazioni sul mondo che lo circonda sono piene di
               amarezza e desolazione.
 
               
               -  
               
               
                     - Strano che
                     delle persone civili e sensibili, le quali non
                     si sognerebbero di approfittare di un uomo nato
                     senza le braccia o le gambe o gli occhi - queste
                     stesse persone non esitino poi a offendere un
                     uomo nato povero d'intelligenza.
                     (...)
 
                     
                     - Solo poco
                     tempo fa ho scoperto che la gente rideva di me.
                     Ora capisco che, senza saperlo, mi univo a loro
                     per ridere di me stesso. Questo soprattutto mi
                     fa male.
 
                     
                     - (...) Anche
                     un deficiente sente il bisogno di essere come
                     gli altri.
 
                     
                     - Un bambino
                     può non sapere come nutrirsi o di che
                     cibo, e tuttavia sa che cos'è la fame
                     (Keyes: 1959, 505-506).
 
                   
               
  
               
               -  
 
               
               - Theodore Sturgeon ha fatto
               della difesa di ogni diversità il punto di
               forza della propria carriera letteraria. Attraverso
               una serie di romanzi - almeno tre - e racconti,
               Sturgeon ha affrontato tutti i temi possibili, persino
               quelli più scomodi come l'omosessualità
               - Venus Plus X - e l'incesto - Se tutti gli
               uomini fossero fratelli, lasceresti che tua sorella ne
               sposasse uno? - senza mai scadere nella
               banalità e, soprattutto, mantenendo un livello
               letterario difficilmente eguagliabile persino tra gli
               autori più acclamati della corrente
               principale.
 
               
               - Anche se ciò
               potrà sembrare strano riferito a un autore di
               science fiction, la caratteristica più
               evidente di tutte le opere di Sturgeon è il
               tema dell'amore, in ogni sua possibile
               manifestazione. Per Sturgeon la libertà degli
               esseri umani passa attraverso questo sentimento, che
               è in grado di elevare gli individui a uno stato
               di assoluta perfezione.
 
               
               - Sotto questo punto di vista,
               ci sono due romanzi che meritano di essere menzionati
               per la loro rara e struggente bellezza: Cristalli
               sognanti e Nascita del
               Superuomo.
 
               
               - The Dreaming Jewels
               (Cristalli sognanti) è la storia
               meravigliosa di un bambino, Horty, un mutante con una
               grave carenza di acido formico che lo costringe a
               mangiare le formiche. Scoperto, viene duramente
               castigato dal patrigno, uno spietato avvocato in
               carriera. Così Horty fugge di casa e si unisce
               ai membri di un circo: qui la sua diversità si
               confonde con quella dei geek - gli uomini che
               mangiano ogni genere di cose disgustose - dei
               freak - gli esseri deformi - e di Zena, una
               nana che lo accoglie subito con grande affetto.
               L'espediente fantascientifico è fornito dai
               "cristalli sognanti", una sorta di razza aliena che
               proietta i propri sogni nel mondo. Nondimeno, la
               funzione dei cristalli è anche metaforica e
               testimonia l'incanto della vita, il dovere da parte
               degli individui di dare il giusto valore alle cose, di
               saper apprezzare anche la più infima
               manifestazione della natura, perché, spesso, la
               bellezza più autentica riposa nelle cose meno
               nobili. Traslata sul piano umano, questa
               considerazione si sposta ovviamente sui personaggi del
               circo, rifiutati dal mondo dei "normali" - che, salvo
               poche eccezioni, è dipinto impietosamente - e
               costretti a vivere in una specie di ghetto, ma dotati
               di qualità umane tanto straordinarie che
               eccedono rispetto alle limitazioni fisiche. Ed
               è proprio qui che risiede la capacità
               più grande di Sturgeon: quella di saper ridare
               la giusta dignità agli oppressi, ai deboli, a
               quanti vivono una vita ai margini e, d'altro canto,
               quella di stroncare gli opportunisti, i meschini, gli
               egoisti che si nutrono del dolore del prossimo e
               giocano coi destini delle persone più
               sensibili. Il circo è il luogo in cui vivono
               tutti quei sentimenti che il normale consorzio umano
               talvolta dimostra di aver dimenticato: è una
               dura lotta tra l'amore e la rispettabilità, la
               posizione sociale, il calcolo, la
               superficialità, la grettezza e
               l'avidità. Secondo Sturgeon, la vera
               libertà si afferma e si consacra nel concetto
               di umanità, e si compie nel rispetto di
               tutti, specialmente di quanti vivono
               nell'invisibilità.
 
               
               -  
               
               
                     - L'umanità
                     è un concetto vicino, incredibilmente
                     vicino agli esseri anormali, che anelano a
                     confondersi con gli altri, che anelano ad essere
                     come gli altri, che con i loro corpi deformi
                     chiedono disperatamente il diritto di
                     cittadinanza tra gli altri esseri umani, che
                     tendono le braccia avidamente verso quell'idea
                     di uguaglianza, di partecipazione al tutto, con
                     la stessa intensità dell'assetato che
                     tende le braccia verso l'oasi nel deserto
                     (Sturgeon: 1950, 161).
 
                   
               
  
               
               -  
 
               
               - L'altro romanzo -
               strettamente collegato, sul piano ideale, con quello
               precedente - è More Than Human
               (Nascita del Superuomo), in cui lo spunto
               originario per lo sviluppo della vicenda è
               fornito da un'affermazione della psicologia della
               Gestalt (o psicologia della forma): il tutto è
               maggiore della somma delle sue parti. Questa nuova
               teoria della totalità è fautrice,
               quindi, di una diversa concezione dell'essere umano,
               quasi come se l'homo gestalt costituisse il
               passaggio successivo dell'evoluzione umana. Ma il
               cammino non sarà breve: il
               "superuomo"13,
               prima di acquisire un'identità completa,
               dovrà compiere un lungo percorso evolutivo, sia
               sotto il profilo fisico, sia sotto quello etico.
               Sebbene sia piuttosto evidente l'ideologia
               sentimentale della solidarietà (Giovannoli:
               1991, 117) che permea l'intera vicenda, è
               tuttavia doveroso ricordare l'intento principale di
               Sturgeon, che è quello di dimostrare che la
               teoria gestaltista - o olista, o sistemica -
               stabilisce che la forma complessiva (la
               Gestalt, appunto) sia qualcosa in più
               della somma delle parti che la compongono, e che
               questo "qualcosa in più" sia, in definitiva, la
               moralità. Per Sturgeon il nuovo balzo
               dell'evoluzione umana non sarà fisico,
               bensì psichico ed etico.
 
               
               - Con questo romanzo, e con
               Cristalli sognanti, Sturgeon ha offerto una
               metafora della solidarietà umana, chiudendo
               idealmente quel cerchio cominciato da una critica nei
               confronti di qualsiasi forma di manipolazione contro
               cui gli esseri umani sono costantemente chiamati a
               lottare per rivendicare la propria libertà e il
               proprio diritto di essere unici.
 
               
               -  
               
               
                     - Se uno nega
                     qualsiasi affinità con un'altra persona o
                     genere di persona, se afferma che è
                     completamente diversa da se stesso, come gli
                     uomini hanno fatto con le donne, e le classi
                     hanno fatto con le classi, e le nazioni hanno
                     fatto con le nazioni, può odiare l'altra
                     persona o deificarla; ma in ogni caso ha negato
                     la sua eguaglianza spirituale, e la sua
                     realtà umana. L'ha trasformata in un
                     oggetto, con il quale un solo rapporto è
                     possibile, un rapporto di potere. E così
                     ha fatalmente impoverito la sua stessa
                     realtà. Ha, in effetti, alienato se
                     stesso (Le Guin: 1986, 89).
 
                   
               
  
               
               -  
 
               
               - Gli esseri umani possiedono
               un dono unico: quello di poter correggere i propri
               errori - sia sotto il profilo intellettuale, sia sotto
               quello morale - rimediando con il dialogo, la
               comprensione, la conoscenza e l'esperienza; questa
               qualità si realizza compiutamente nella
               libertà di ognuno. Sebbene le forze avverse
               alla libertà siano sempre in agguato, essa
               rimane un valore supremo da difendere, poiché
               senza libertà gli esseri umani non sarebbero
               pienamente umani. Pertanto, il diritto di essere unici
               e liberi passa anche attraverso il riconoscimento
               dell'identità e della libertà altrui,
               lungo quella strada della comprensione reciproca tanto
               difficile da percorrere perché lastricata dalla
               diffidenza tra le persone, tra i popoli, tra le
               nazioni.
 
               
               -  
 
               
               
             
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