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- Alessandra
Consolaro
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- I
TEMPLI DELLE UNIVERSITÀ "NAZIONALI" DI BENARES: UN
ESEMPIO DI POLITICIZZAZIONE DI
SIMBOLI.
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- 1. Pedagogia e università
"nazionali" a Benares
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- Il dibattito pedagogico legato
all'elaborazione di una cultura "nazionale" e alla sua
trasmissione alle nuove generazioni attraverso la fondazione di
istituzioni adeguate occupa un lungo periodo della storia
indiana contemporanea. Negli ultimi decenni del XIX secolo il
tema era stato ampiamente trattato nei circoli che si
proponevano un rinnovamento della società hindu
(soprattutto l'Arya Samaj 1);
in generale, tuttavia, inizialmente non si elaborarono sistemi
didatticamente innovativi, ma si espresse piuttosto la
necessità di emanciparsi dal monopolio dell'istruzione
occidentale legata alla lingua e alla cultura inglese
2.
Il problema si pose invece chiaramente in luce all'inizio del
XX secolo, in connessione con lo sviluppo del movimento
svadesi 3
in Bengala. L'incapacità del governo coloniale di
accogliere la posizione dei pedagogisti indiani acuì il
divario tra ufficialità e circoli nazionalisti e fece
della questione scolastica un elemento della lotta per la
libertà.
-
- Nelle United Provinces
4
alla fine degli anni 1860 vi erano già state pressioni
per l'apertura di un'università "vernacolare"
5,
in cui tramite linguistico dell'insegnamento fosse un volgare
indiano; ben presto, tuttavia, ci si spinse fino a richiedere
anche università confessionali, a indirizzo
rispettivamente hindu e islamico 6.
Nel dibattito sulla pedagogia "nazionale" il tema
dell'istruzione religiosa appare infatti di primaria importanza
per la formazione delle nuove generazioni, specialmente di
intellettuali e politici, che avrebbero dovuto assicurare
continuità di esistenza e sviluppo moderno ai propri
gruppi di origine; ma, se da parte ufficiale si riteneva
sconsigliabile l'introduzione dell'insegnamento religioso nei
curricula scolastici (il potere britannico non era mai
stato propenso ad intromettersi nelle locali questioni di fede,
ove non fosse richiesto da esigenze di divide et
impera), da parte dei diretti interessati, invece, se ne
chiedeva a gran voce l'inserimento. Al termine di due separati,
ma comunque faticosi e intricati iter, videro dunque la
luce la Benares Hindu University a Benares ([BHU] o
Kasi Hindu Visvavidyalay) nel 1916 e l'università
musulmana ad Aligarh nel 1920.
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- Pur sottoposta a controllo ufficiale e
nata con caratteristiche diverse da quelle del progetto
iniziale elaborato da Madan Mohan Malaviya 7
nel 1905, la BHU, rispetto alle altre università indiane
coeve - di cui, peraltro, condivideva in sostanza
curricula e impostazione generale della didattica -,
risultava relativamente più indipendente, sia
perché sottoposta a una gestione quasi esclusivamente
hindu, sia perché finanziata con fondi procurati
da prìncipi, industriali, élite fondiaria,
mercanti, professionisti e perfino gente comune, nel corso di
un'immane campagna di raccolta. Di conseguenza essa si pose
subito come un forte simbolo dell'unità della
comunità hindu e il suo campus apparve
l'emblema vivente dell'incarnazione sulla terra della nuova
conoscenza cui il popolo indiano 8
avrebbe dovuto tendere per un proficuo progresso nella
modernizzazione.
-
- I programmi vennero impostati su
questa ottica, a cominciare dall'apertura del primo
dipartimento di hindi in un'università indiana,
anche se ciò non venne a significare che all'interno
dell'istituzione questa lingua godesse di un riconoscimento
effettivo: la lingua veicolare rimaneva l'inglese e solo negli
anni 1930 la si cominciò ad ammettere nelle risposte
d'esame. L'elaborazione della cultura hindi negli anni
1920 e 1930 deve molto proprio all'opera degli studiosi che
lavorarono nel dipartimento di hindi della BHU: il fatto
che essi fossero legati al circolo culturale di Mahavir Prasad
Dvivedi 9
e alla Nagari Pracarini Sabha 10
fece sì che il modello da loro sancito e trasmesso alle
nuove generazioni di studenti rispecchiasse la propensione per
una letteratura didascalica, moraleggiante e ispirata ad un
nazionalismo retorico a forte coloritura hindu.
-
- D'altra parte in quegli stessi anni si
verifica sulla scena pubblica indiana l'avvento di Gandhi e del
suo movimento di non-cooperazione (aprile 1919) che, se
impresse una notevolissima spinta al rinnovamento, mise
però in crisi alcuni delicati equilibri presenti
all'interno del mondo pedagogico indiano, specialmente nelle
UP. La proposta educativa gandhiana è sicuramente la
più radicale e originale tra le tante espresse dal
movimento nazionalista indiano e si caratterizza per essere uno
schema completo di rinnovamento umano, non limitato alla
realtà locale, bensì proposto a livello
universale 11.
Dal punto di vista linguistico la posizione gandhiana è
a favore di una riunificazione delle due tradizioni
hindi e urdu, in quella che viene chiamata la
hindustani : questa deve essere la lingua nazionale, da
diffondersi a livello panindiano 12.
-
- Il primo momento in cui l'impatto
gandhiano si manifestò sulle scuole e università
delle UP si verificò in occasione della campagna del
1919. La mobilitazione di studenti e insegnanti fu massiccia,
come avverrà anche negli anni 1930 in occasione del
movimento di disobbedienza civile 13.
Proprio in connessione con il movimento di non-cooperazione
sorse nel 1920 a Benares il Kasi Vidyapith (KVP), promosso da
Gandhi stesso e realizzato grazie all'impegno di Bhagavan Das
14
e Shiv Prasad Gupta 15.
Si trattava dell'estremo risultato di una serie di piccole
fratture interne alla BHU, che, presenti fin dalla sua genesi
16,
appunto in occasione dello scontro aperto generato dal lancio
della campagna di non-cooperazione si trasformò in una
secessione vera e propria: J. B. Kripalani 17
abbandonò il campus per dar vita al Gandhi Asram,
Bhagavan Das e Shiv Prasad Gupta per fondare il KVP. Sostenuta
da membri del Congresso vicini a Gandhi e da esponenti delle
caste mercantili, dei ceti professionisti e
dell'intelligentsia che avevano aderito all'appello di
non-cooperazione, l'università inizialmente
funzionò come una fucina delle nuove idee e
attività politiche e solo in un secondo tempo
acquisì il carattere di istituzione scolastica come le
altre. La sua caratteristica principale era quella di proporre
un curriculum del tutto innovativo, che non teneva conto dei
requisiti imposti dal governo coloniale e che usava per lingua
veicolare la hindi/hindustani. Studenti e
insegnanti del KVP appaiono inoltre accomunati dall'impegno
attivo nella vita sociale e politica del tempo. Nonostante non
vi si seguisse una linea di discriminazione rispetto
all'elemento musulmano, anche l'università "gandhiana"
risulta prevalentemente connotata in senso hindu
18.
-
- Ora, al di là delle differenze
di impostazione, un aspetto caratteristico di entrambe le
università è la presenza di un tempio all'interno
del campus, fatto di per sé non inusuale, ma che
qui assume una valenza del tutto particolare. Infatti, nel
discorso nazionalista di inizio secolo ricorre spesso la
connessione tra nazione, lingua e conoscenza e proprio
attraverso la simbologia proposta dalle due strutture templari
si può trovare il filo rosso che unisce queste tre
tematiche.
-
- I concetti di induismo e di nazione
erano in fieri nei decenni a cavallo tra XIX e XX
secolo: la confusione tra l'appartenenza a una comunità
connotata religiosamente e l'appartenenza alla nazione era
ancora diffusa, come testimonia anche l'uso del termine
jati 19
per indicare entrambe. Leader come Malaviya, figure
preminenti del Congresso e al contempo attivisti di spicco nel
movimento di organizzazione hindu, incarnano la mancata
consapevolezza che possa esistere contraddizione tra
l'auspicare tolleranza e patriottismo e promuovere un modello
di vita improntato a regole esclusivamente hindu. Ed
è proprio in questo contesto che si collocano
l'insistenza sull'inserimento dell'insegnamento religioso e il
progetto di edificare un grande tempio, emblema dell'energica
vitalità e dell'unità dell'induismo.
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- 2. Visvanath
mandir
-
- Nel progetto della BHU la formazione
religiosa era riguardata come elemento prioritario e
imprescindibile nell'educazione degli studenti; tuttavia furono
proprio questi ultimi, con la loro scarsa frequenza alle
cerimonie rituali 20
e il poco interesse per l'esame annuale - del resto non
soggetto ad una valutazione in termini scolastici - a
dimostrare che le nuove generazioni non erano intenzionate a
continuare l'adesione a quella condotta prescritta dal sanatan
dharm 21,
che tanto stava, invece, a cuore ai fondatori. L'idea di un
tempio che simboleggiasse l'unità e la forza
dell'induismo era comune, inoltre, a molti nazionalisti
hindu dell'epoca e sarebbe rimasta nello sviluppo
seriore delle istituzioni hindu politicizzate. Per
esempio, Svami Sraddhanand, il leader dell'Arya Samaj e
della Hindu Mahasabha, nel suo progetto di organizzazione degli
hindu si esprimeva come segue:
-
- The first step I propose is to
build one Hindu Rashtra Temple [tempio nazionale
hindu] in every city and important town, with a compound
which could contain an audience of 25.000 22
and a hall in which Katha from Bhagavat Gita, the Upanishads
and the great epics Ramayana and Mahabharata could be daily
recited. The Rashtra Mandir will be in charge of the local
Hindu Sabha which will manage to have akharas
[palestre] for wrestling and gatka [bastoni
usati in un tipo di lotta marziale], etc. in the same
compound. While the sectarian Hindu temples are dominated by
their own individual deities, the Catholic Hindu Mandir
would be devoted to the worship of the three mother-spirits
the Gau-mata, the Saraswati-mata and the Bhumi-mata
[Madre Vacca, Madre Sarasvati e Madre Terra]
(Sraddhananda Sanyasi: 1926, 140-141).
-
- Anche Gandhi salutò il progetto
con le parole "It should be a unique thing" (Gandhi: 1980,
LXXXVI, p. 215-216) e riconobbe che sarebbe servito
egregiamente a rafforzare l'identità hindu, anche
se, a differenza della Hindu Mahasabha, egli dà maggiore
rilevanza all'elemento religioso rispetto a quello
nazionalista. La nuova costruzione si sarebbe dovuta erigere in
marmo con dimensioni colossali ed essere fornita di una buona
acustica, in modo da poter fungere anche da luogo di raccolta
di "an unlimited number of people" (ibidem).
-
- La volontà di erigere un tempio
nella BHU non venne mai meno 23,
anche se molte furono le difficoltà da superare: la
mancanza di fondi 24
comportò il rinvio dei lavori dopo la solenne posa della
prima pietra nel 1932, alla presenza di Taponidhi Krishnaswami,
un famoso santo dell'epoca. La costruzione cominciò solo
nel 1938, per bloccarsi però subito al livello del
plinto; bisognò aspettare il dopoguerra per riaprire i
cantieri (1946) e impiegare vent'anni per completare la
costruzione (1966).
- Situato al centro dell'arco formato
dalla pianta del campus in modo da irradiare
uniformemente la sua influenza benefica sull'area circostante
(Misra in Singh: 1961, 120-121), già dalla progettazione
iniziale si era previsto che il tempio venisse realizzato in
marmo con uno slancio verticale superiore a quello del Qutub
Minar 25,
all'epoca l'edificio più alto di tutta l'India
(Caturvedi: 1936, 125). Doveva, insomma, possedere tali
caratteristiche di grandiosità da apparire il simbolo
stesso della rinascente potenza della nazione hindu
26.
-
- Effettivamente, il Visvanath mandir
- gestito da un apposito sottocomitato dell'amministrazione
dell'università e dotato di un fondo speciale - ancora
oggi è considerato un emblema della Varanasi ideale, la
capitale religiosa degli hindu dove si realizza il
superamento di ogni questione conflittuale nella cultura
indiana: vuole rappresentare tutte le correnti di fede e di
pensiero dell'intero subcontinente ed è aperto a tutti,
senza distinzione di casta o credo. Nel 1958 al piano inferiore
vennero installate le murti (statua) di Siv,
Ganes-Ambika e Hanuma n e due anni dopo al piano superiore
quelle di Laksmi-Narayan, Yogiraj Mahadev e Mahamaya (Durga).
Si tratta di un tempio dedicato principalmente a Siv, venerato
però nel suo aspetto di paramvaisnav, ossia
"supremo adoratore di Visnu". Infatti la sua murti si
trova al piano inferiore, mentre nel superiore, esattamente
sulla sua testa, è posta quella di Visnu. Dunque
l'aspetto vaisnav finisce per prevalere, secondo una
tendenza tipica del neo-induismo 27.
-
- Le pareti sono completamente rivestite
di incisioni: vi si leggono i nomi di tutti i donatori che
hanno reso possibile la realizzazione dell'opera e numerose
citazioni tratte da Veda, Upanisad, Purana, Sastra,
Ramayana, Mahabharata e Ramcaritmanas, ovvero le opere
ritenute più rappresentative della letteratura
hindu. La Gita è riportata per intero.
Inoltre sono rappresentati i principali esponenti delle
religioni del mondo, il tutto inteso a conferire al tempio un
carattere "elevato, vero, splendido, filosofico e sacro"
(Satvalekar in Singh: 1961, 53), fedele specchio dell'essenza
della nuova fase di conoscenza che, una volta stabilmente
acquisita, permetterà l'emancipazione del popolo
hindu/indiano. Infatti tutta la struttura del tempio era
stata progettata ed attuata in modo da dare forma vivente a
Sarasvati, la divinità emblematica
dell'università, quella che, da sempre invocata come
protettrice delle lettere e del pensiero, era allora diventata
un simbolo fondamentale nella mitologia nazionalista. La
dedicazione alla dea della scienza sottolinea così ancor
più marcatamente sia l'aspetto testuale della tradizione
hindu, sia il suo nuovo sviluppo - ininterrotto e
rigoglioso - nei modi della letteratura hindi, che si
era andata standardizzando grazie all'opera degli intellettuali
e studiosi efficacemente impegnati nel movimento linguistico
all'interno della BHU.
-
- Emblematici in proposito i versi
composti da Malaviya per celebrare la sua università,
mettendo in evidenza il nesso ideale tra il tempio e
l'istituzione scolastica 28.
Quest'università, egli afferma, che è l'emblema
vivente della conoscenza, porta benefici a tutti, fertile come
le acque venerabili della bella madre Ganga. È la radice
del dharm, fonte di ogni felicità. Fondatore,
sostenitore e protettore dell'università è
Visvanath, l'eterno, il maestro di conoscenza ed il portatore
di felicità, dal quale procede ogni forma di sapere. La
dea Sarasvati ne è l'aspetto conoscitivo (jñan
rupa), Ganga quello devozionale (bhakti rupa), la
confluenza dei fiumi Gange e Yamuna - simile alla folgore
nascosta nel cuore della nube - quello manifesto (karma
rupa). Ma, grazie a Visvanath, Sarasvati (ossia l'aspetto
gnostico dell'assoluto) si è ora manifestata
fenomenicamente nell'università, che porta la luce della
scienza agli uomini immersi nel buio conoscitivo. Siv e
Sarasvati vengono in essa accomunati dall'effetto che
producono: disseminare la conoscenza, il primo illuminando la
conoscenza interiore, l'altra dissolvendo le tenebre
dell'ignoranza.
-
- Il senso che ne deriva è che
l'università e il tempio vengono a coincidere
nell'essere ambedue strumenti di conoscenza delle vera
realtà, l'una manifesta e l'altra nascosta nell'intimo.
L'università è sorta grazie all'opera congiunta
di saggi, brahmani, re e nobili, che hanno reso disponibile a
tutti gli indiani l'acquisizione di conoscenza: il legame tra
elemento religioso, pedagogico e nazionale è così
completo.
-
-
- 3. Bharat Mata
mandir
-
- Non esiste un termine sanscrito che
denoti esattamente una carta geografica: la mappa era citra
(disegno) o alekhya (tratto delineato, dipinto) e
raffigurava la cosmografia secondo la geografia sacra dei
Purana 29,
dove il Bharatvars, l'India, era percorso dai devoti
pellegrini nella circumambulazione che li portava a visitare le
sette città sante, considerate dispensatrici di
liberazione. Esisteva anche una geografia materiale, oltre a
quella immaginaria dettata dal sacro 30,
ma relegata ad uno scopo utilitaristico e perciò
ristretto a una cerchia limitata della popolazione. D'altro
canto, poiché l'immaginario collettivo raffigurava lo
spazio secondo l'idea del viaggio salvifico, le carte
geografiche in senso stretto non erano strumenti necessari per
spostamenti fisici: anche nelle raffigurazioni di luoghi
geografici reali, quali le piante dei circuiti di
pellegrinaggio, ciò che contava non era la
rappresentazione in scala o un orientamento preciso, ma
piuttosto la gerarchia dei siti sacri. In nessun caso si
concepiva l'idea di una carta politica, con frontiere e limiti
territoriali riferiti a stati e nazioni.
-
- L'India, paradossalmente, fu
però il primo paese fuori dall'Europa a venire mappato
accuratamente secondo il sistema cartografico occidentale
31,
tanto che all'inizio del XX secolo risultava essere una delle
aree meglio documentate in tal senso. L'immaginario dei
nazionalisti delle UP se ne servì per rafforzare l'idea
che la nazione indiana, a loro avviso corrispondente con la
popolazione hindu, fosse la legittima abitante di un
territorio che diventava ora sacro anche nella sua moderna
manifestazione come carta geografica, avatar (discesa
incarnata) della Madre India. L'ideale di dare forma concreta
al culto della Madre India venne realizzato da Shiv Prasad
Gupta appunto con la costruzione nel KVP di un tempio nel quale
non si trova la murti canonica, bensì, stesa sul
pavimento, la carta geografica dell'India realizzata in marmo.
La stessa carta dell'India compariva anche nell'emblema del
KVP: la carta geografica in veste di logo si diffonde negli
ambienti nazionalisti e viene infine deificata, in una
rilettura sacrale della geografia scientifica occidentale, che
ben rappresenta quel processo di riappropriazione della
tradizione attraverso le categorie occidentali, tipico
dell'apparato ideologico di buona parte dei nazionalisti di
inizio '900.
-
- Nel 1913 Shiv Prasad Gupta
visitò il Vidyasram di G. D. Karve a Poona, dove vide
alcune piccole mappe dell'India realizzate a rilievo
nell'argilla 32
(Gupta, Sri Bharat Mata Mandir in Krsnanath: 1971,
106-113). Progettò di attuare qualcosa di analogo una
volta tornato a Kasi. L'anno seguente ebbe occasione di
osservare al British Museum altri lavori del genere, ma in
bassorilievo e questo rese ancor più salda l'intenzione
iniziale (Gupta: 1915).
-
- L'idea di un tempio dedicato alla
carta dell'India si sarebbe diffusa anche negli ambienti legati
alla Hindu Maha sabha, ai quali egli era vicino. A ispirare
l'erezione di edifici sacri di tal genere in varie zone
dell'India 33
era il desiderio di strutturare l'induismo come chiesa unitaria
e di trasmettere alla società hindu un senso di
coesione. Il tempio doveva avere una funzione pedagogica:
all'interno del KVP era concepito come un edificio didattico,
dove si sarebbero potute studiare contemporaneamente la
geografia e la storia dell'India, e mirava a cancellare le
differenze castali, nella logica di quello che Jaffrelot chiama
"sincretismo strategico" (Jaffrelot: 1992), volta a trasferire
al tempio hindu il carattere di identità
collettiva tipico del culto islamico.
-
- Quanto al culto di Bharat Mata
(Madre India), esso ha le sue radici nel movimento
nazionalista bengalese: Bankim Chandra Chatterji, componendo
Bande Mataram (Viva la Madre!), creò una fonte di
ispirazione alla fratellanza nazionale che avrebbe avuto
sviluppi inaspettati 34.
Nel contesto bengalese del culto della devi (dea) non
appare strano questo ricorso ad una manifestazione nazionalista
della Madre; piuttosto è interessante la rielaborazione
"matriottica" del patriottismo occidentale 35:
la lotta indipendentista vi appare come un dramma edipico dello
stato nazionale patriarcale, in cui l'amore per la Madre buona
spinge i figli a eliminare il Padre cattivo (lo stato laico
occidentale e i musulmani), per poter godere di libertà,
potere e ricchezze che lo stesso Padre sottrae loro
malvagiamente.
-
- Va sottolineato, tuttavia, come
l'accentuazione esplicita in senso esclusivamente hindu sia un
fenomeno che non impedisce al simbolo di Bharat Mata di valere
anche in senso puramente nazionale, senza il connotato
decisamente religioso. Nel 1935 nella prolusione di
inaugurazione all'anno accademico del KVP (Hussein: 1993,
19-33) Zakir Hussein 36
chiude il discorso con l'invito a creare "such an Adam who
could shape a new culture and a civilization", con un termine
chiaramente tratto dal patrimonio islamico, ma subito dopo
continua:
-
- Therefore the greatness of India
depends upon your good qualities. By developing all your
potentialities, form yourself such a moral personality that
when you go to present it before Bharat Mata, you would not
be ashamed of it, and she would accept it with pleasure.
-
- E ancora:
-
- You have to focus ... in a physical
and moral manner your attention on that picture of Bharat
Mata which should ever be present in your heart, namely the
picture of this land where truth governs the country, where
justice would be done to all, where distinction of rich and
poor would not exist, where all would have an opportunity to
develop fully and completely as per their abilities, where
people would trust each other and help each other, and where
religion would not be used in order to secure small demands
and become a shield for selfish desires, but it would become
an instrument to improve life and make it meaningful. If you
were to glance at this picture, your fatigue would all
disappear and you would again be engaged afresh in the task
(Hussein: 1993, 32-33).
-
- Nonostante il riferimento all'offerta
che la divinità deve accogliere rimandi a un contesto
hindu, il fatto che quest'ultima sia simbolica e
interiore lo rende accettabile anche al retaggio islamico.
Ciò che colpisce è la diversità della
Madre India che viene qui presentata: anziché un modello
del passato da far rivivere o una costruzione personificata
secondo il modello femminile hindu, essa appare un
ideale proiettato nel futuro, da costruire attraverso il
rinnovamento interiore e l'attività sociale e politica;
è l'Utopia, la nazione ideale, difficile da
rappresentare circoscritta nei limiti di una carta geografica
perché i suoi cittadini sono definiti in base a
qualità morali universali e non determinate etnicamente
o religiosamente. Ma questo discorso verrà lasciato in
disparte con l'affermarsi sempre più forte delle
posizioni comunitariste e del separatismo.
-
- L'architetto del tempio del KVP fu Sri
Durga Prasad, membro della Court e del Council della BHU. La
mappa dell'India contenuta nel tempio ha una lunghezza di 9,5
m. per 9,2 m. di altezza ed è costruita con 762 blocchi
cubici di marmo di 28 cm. di lato. Si tratta di una cartina
fisica del subcontinente in scala 1: 500.000, il cui costo fu
di circa trecentomila rupie. Sulla mappa compaiono in dettaglio
montagne, fiumi e luoghi sacri (tirth ) e famosi. Il
modello è quello della grande India
dell'antichità, il Bharatvars 37.
-
- L'inaugurazione si svolse il 2 aprile
1928 con una solenne cerimonia; alla celebrazione del
decennale, nel 1936, presiedette M. K. Gandhi. Nel 1939 il
tempio venne aperto al pubblico e da allora diventò meta
di pellegrinaggio religioso e di turismo.
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- Quanto fin qui esposto riguarda la
lettura spirituale dei due templi, ma, secondo quanto messo in
luce da Anderson, in ambito coloniale la carta geografica non
si trasforma solo in emblema della nazione, bensì funge
anche da richiamo storico (Anderson: 1991, 174). Ci pare
interessante notare come nel Bharat Mata mandir questa
pregnanza venga realizzata contornando il plastico dell'India
con il racconto delle gesta della nazione dall'antichità
al presente, quasi a voler recuperare la tradizione del
racconto delle saghe (katha) in un contesto di induismo
nazionalistico. Infatti non sono le vicende degli dèi ad
essere illustrate, bensì quelle dei "matrioti", figli
della comune Madre India: personaggi che hanno contribuito
all'elevazione della religione, delle lettere e della
società indiana. A presentarle è un'iscrizione
epigrafica, inaugurata il 3/4/1927, che riporta, incisa sulle
pareti del tempio, una cronologia dei principali eventi della
storia indiana dall'epoca vedica al 1927. Nella selezione di
fatti e personaggi l'aspetto hindu e hindi
risulta predominante. Esaminiamone brevemente il contenuto:
all'origine della storia nazionale si pone un corpus
letterario, i Veda, e la serie degli eventi si svolge
sulle linee delle vicende dell'epica sanscrita (Maha bharata
e Ramayana). In seguito si elencano le diverse penetrazioni
esterne, da quelle più antiche (Alessandro Magno,
Milinda) fino alle invasioni musulmane e all'insediamento del
dominio inglese. A far da contrappunto all'elenco degli
invasori stranieri si ricordano i valorosi sovrani e guerrieri
hindu che nelle varie epoche si prodigarono per
respingere gli assalti esterni. Tra questi spiccano i
rajput (principi guerrieri dell'India settentrionale) e
il re di Ajmer, Prthviraj Cauhan (XII sec.), eroe della
resistenza alle armate musulmane come anche il maharaj
Pratap di Mevar (XVI sec.) e Sivaji (XVII sec.), fiero
oppositore dei mugal e fondatore della potenza maratha;
altrettanto rilevanti appaiono l'impero hindu di
Vijaynagar (1336-1565), baluardo dell'induismo nel sud
dell'India, e i regni maratha e sikh. Naturalmente è
alla storia più recente, legata alla presenza coloniale
britannica e alla lotta per l'indipendenza, che viene riservato
lo spazio maggiore. Si ricordano le varie tappe dell'avanzata
del potere britannico in India, a partire dall'istituzione
della East India Company; a differenza di quanto riportato
nella storiografia ufficiale, la "rivolta" del 1857 è
ricordata in termini nazionalistici come "prima lotta per
l'indipendenza"; infine si attribuisce un'importanza sempre
crescente all'azione di Gandhi. Ma la conclusione è
amara: il conflitto tra hindu e musulmani si aggrava
ogni giorno di più, di pari passo con il drammatico
problema dell'unità hindu-musulmana.
-
- Un ruolo particolarmente rilevante
ricoprono nell'epigrafe le organizzazioni e le istituzioni che
avrebbero contribuito a consolidare il sentimento nazionale e
l'organizzazione della nazione. Oltre all'Arya Samaj e al
Brahma Samaj 38,
associazioni culturali dal forte influsso politico, si
menzionano naturalmente anche il Congresso e la Muslim League,
ormai in tutto e per tutto veri e propri partiti. Ma - e questo
è l'elemento meno prevedibile - la rosa delle
organizzazioni protagoniste della storia attuale della nazione
indiana viene completata dallo Hindi Sahitya Sammelan e da
quattro istituzioni universitarie "nazionali":
l'università musulmana di Aligarh, il Gurukul Kangri
39,
la BHU e il KVP. Con ciò si vuole indicare che
l'attività linguistica, letteraria e pedagogica sta
sullo stesso piano dell'impegno politico. Tale idea si
esplicita ancor meglio se consideriamo la presentazione di
alcuni tra i "matrioti": Sir Sayyid Ahmad Khan 40
e Madan Mohan Malaviya non vengono ricordati per il loro
impegno politico, bensì per aver fondato rispettivamente
il Mohammedan Anglo-Oriental College 41
e la BHU, cioè per i loro meriti in campo
pedagogico.
-
- Spicca infine la preponderanza
dell'elemento letterario, che viene costantemente proposto come
esempio della grandezza della nazione. Oltre che in quella
sanscrita 42,
la tradizione "nazionale" trova espressione nelle letterature
hindi e bengali, in ottemperanza
all'atteggiamento linguistico promosso dagli ambienti
hindi, che tendevano a ricondurre a questa lingua tutte
le tradizioni neo-indo-arie del passato; tutte le altre lingue
indiane vengono ignorate. In particolare la letteratura
hindi appare strettamente legata alle vicende storiche
della "nazione" e se ne porta ad esempio Cand Bardai (XII
sec.), autore del poema Prthvira j raso, in onore del re
suo patrono 43.
Anche la tradizione devozionale è messa in rilievo,
specialmente con le figure dei poeti bhakta Surdas
(XV-XVI sec.) e Tulsidas (XVI-XVII sec.), autore quasi
santificato della saga ramaita. In epoca moderna appaiono molto
importanti i "promotori della letteratura hindi " Raja
Laksman Simh (1826-1896) e Bhartendu Hariscandra
(1850-1885).
-
- Alcuni elementi accomunano i due
templi presenti nei campus delle università
"nazionali" di Benares, pur nella loro diversità. In
entrambi si promuove una forma di induismo moderno, ecumenico,
che presenta aspetti non tradizionali e mira a infondere un
sentimento di identità collettiva connessa alla
religione e alla nazione. Entrambi, poi, attribuiscono notevole
importanza all'elemento testuale e alla scrittura: citazioni ed
epigrafi sono volte a sottolineare il passato nazionale che si
esplica nella tradizione letteraria e identificano la religione
con un testo scritto (Veda, Gita, ecc.), secondo un
processo caratteristico del neo-induismo, come abbiamo
già rilevato. E ancora, ambedue i monumenti permettono
di notare come, alla fine del processo di interiorizzazione
delle categorie importate dall'Occidente avvenuto nell'arco dei
decenni che vanno dalla metà del XIX secolo agli anni
1930, i nazionalisti si esprimano proprio con il linguaggio che
si è cocreato nell'interazione con il
raj.
-
- Nell'ambito della presente indagine,
tuttavia, appare estremamente interessante il forte legame che
nei due templi viene messo in luce tra la storia della nazione
e la letteratura hindi: non solo i testi sanscriti
partecipano dell'aura di sacralità connessa alla nuova
visione testuale dell'induismo, ma anche le opere fondamentali
della letteratura hindi. Basta, infatti, scorrere la
cronologia dell'epigrafe del Bharat Mata mandir per notare come
tra le figure "sacre" compaiano religiosi, politici
nazionalisti e autori della letteratura hindi: a
Tulsidas e alla sua versione in volgare del Ramayana
tocca una posizione di preminenza; i testi delle origini della
storia letteraria hindi vengono esplicitamente connessi
al risveglio della nazione, che appare connotata come
hindu. La rilettura della storia, infatti, nei toni in
cui ci viene proposta nell'epigrafe, presenta un orientamento
teleologico, come se tutto si fosse svolto in passato per
preparare l'attuale momento di lotta nazionalista, che appare
qui ispirata prevalentemente al modello gandhiano, pur con una
forte coloritura hindu. Così i musulmani sono in
prima istanza gli invasori contro i quali si è
manifestato l'eroismo degli antichi guerrieri hindu; al
presente compaiono attraverso il personaggio di Sayyid Ahmad
Khan, la Muslim League e il movimento khilafat
44.
La partecipazione dei nazionalisti islamici alla lotta per
l'indipendenza resta tuttavia in subordine rispetto
all'elemento hindu: non va dimenticato che in effetti
con il movimento khilafat la direzione generale della
politica musulmana indiana era passata nelle mani di uno
hindu, il maha tma Gandhi.
-
- Inoltre, nella visione offerta dai due
templi la tradizione hindu tende a inglobare anche
gruppi che nel movimento nazionalista stavano invece a loro
volta sviluppando un'identità politicizzata autonoma:
nell'immaginario hindu nazionalista buddhisti, jaina,
sikh, parsi, vengono tutti inclusi nel nuovo induismo
45.
Per Gandhi toccare il tasto religioso in un contesto politico
era un puro stratagemma retorico, poiché la
religiosità veniva chiaramente definita in termini di
interiorità. Eppure il discorso nazionalista
hindu riesce ad affermarsi anche all'interno
dell'università sorta sulle basi ideologiche del
più genuino pensiero gandhiano: la retorica del culto
della Madre India, diffusa in tutto l'ambiente nazionalista, si
colora anche nel Bharat Mata mandir di toni esplicitamente
hindu. Basti, appunto, osservare come nella lunga
epigrafe alcuni elementi della storia passata siano
interpretati come forieri di un futuro nazionale, in cui la
Madre India vivrà libera e indipendente. Non sarà
infondato, allora, sostenere che appare qui esplicitata e
reificata quella selezione del sapere iniziata qualche decennio
prima ed elaborata attraverso le diverse istituzioni
linguistiche e culturali, che considera la nazione
essenzialmente connotata come hindu dal punto di vista
religioso e hindi da quello linguistico-letterario.
-
-
- 4. Conclusioni
-
- Nel 1983 il Visva Hindu Parisad (VHP)
46
fece costruire a Hardwar un grande tempio dedicata alla Madre
India. Vi si rinvengono non solo gli elementi caratteristici
dei due templi di Benares, ma nel piano dedicato alla
"sacred memory of our valiant ancestors, bold and gallant
sons and daughters of Bharat Mata, who sacrificed their lives
for the patriotic cause of protecting the Sanatan Dharma and
the glory of the Motherland" (Mc Kean: 1998, 272), compare
la stessa serie di personaggi che si trova nella ricostruzione
storica là operata dagli intellettuali hindi
attivi nelle associazioni culturali e nelle università:
maharana Prata p, Sivaji, Guru Govind Singh, fondatore
della moderna potenza sikh nel XVIII secolo, la rani di
Jhansi (m. 1858), eroina della resistenza contro i britannici.
Resta, a nostro avviso, degno di riflessione il fatto che sia
Madan Mohan Malaviya, sia il mahatma Gandhi vengano
riconosciuti come padri del genuino nazionalismo, mentre
è cospicua l'assenza di Nehru.
-
- Al terzo piano, in cui è
collocata la sezione femminile, si trova, fra le altre, la
murti di Annie Besant. L'inclusione dell'attivista
irlandese sulla base delle caratteristiche di dedizione
muliebre celebrate nell'ambito della riscoperta nazionalista
della donna è problematica da giustificare. È
inoltre improbabile che sia qui immortalata per le sue
attività politiche, poiché le simpatie del VHP
vanno in direzione ben diversa; d'altra parte, la presenza
concomitante di Malaviya ci suggerisce che a determinare tale
scelta siano state proprio la comune attività per
l'istituzione della BHU e la riscoperta della tradizione
hindu : parola e conoscenza sono, anche qui, la chiave
della liberazione politica e spirituale. Ma i simboli
selezionati funzionano solo in un immaginario hindu: nonostante
gli appelli all'unità panindiana, i protagonisti del
movimento per la diffusione dell'istruzione nazionale a Benares
contribuirono tutti a rafforzare proprio questo immaginario,
anche attraverso la storicizzazione della lingua e della
letteratura hindi in un contesto che sarebbe diventato
sempre più esclusivamente hindu.