LA PIÚ GRANDE
ANTOLOGIA VIRTUALE
DELLA POESIA ITALIANA

Poeti contemporanei affermati, emergenti ed esordienti

 

Francesco Alberto Giunta
Recensioni a "Karin è tra noi"
Karin è tra noi e il romanzo di Francesco Alberto Giunta
 
Discorrere di uno scrittore come Francesco Alberto Giunta significa ripercorrere prima di tutto una carriera anomala in quanto il romanziere (lascio infatti l'attività del poeta, del giornalista, del viaggiatore) è nato in lui con un certo ritardo a causa di un tirocinio tutto rivolto all'esperienza bancaria sia pure con numerosi contatti all'estero ed è collocabile nella più recente stagione della sua vita. Giunta ha impostato un ciclo narrativo di libri che si richiamano l'un l'altro svolgendo un discorso che solo in parte è della trama narrativa, ma è impostato soprattutto su ragioni ideologiche. A dissipare ogni possibile equivoco va detto che lo scrittore catanese è estraneo alle ideologie politiche ed è, invece, affascinato dalle filosofie, dalle religioni, dai problemi spirituali ed insieme estetici; in definitiva da un vastissimo ambito culturale in cui sentimenti ed intrecci hanno il loro referente nelle culture: cultura aristocratica, basata sulle esperienze di livello superiore. I personaggi della sua trilogia A Lipari un giorno. Avvenne; Il posto delle pietre e Karin è tra noi, si muovono in un orizzonte internazionale ed appaiono orientati non proprio da ragioni economiche o di carriera, ma dalla cosiddetta congiura sentimentale e dal profondo bisogno di capirla.
Le protagoniste, al femminile, incarnano il tipo della donna moderna, libera e disinvolta, ma dominata da una ricerca interiore.
La Elisa del primo romanzo, la Chiara del secondo e la Karin del terzo sono incarnazioni diverse di un'unica femminilità di taglio moderno, ma di bisogni antichi.
Per esse conoscere la verità è prima di tutto conoscere sé stesse nell'amore; ma l'avventura e la passione, l'orgoglio e la famiglia, l'ambizione e le frustrazioni si giustificano in un fondo misterioso che fa ogni atto di vita un interrogativo etico. Così Elisa, protagonista di Un giorno a Lipari. Avvenne, intreccia un amore appassionato con un giornalista siciliano, ma non conclude l'idillio perché attratta da un mondo sempre vagheggiato sin dall'infanzia che è la spiritualità dei popoli nomadi in Oriente e nell'Africa; Chiara, protagonista ne Il posto delle pietre, è una donna già apparentemente 'collocata' nell'ambito familiare, ma chiamata a risolvere la propria vita nell'affannosa rincorsa di un marito scomparso: questo marito che, pur rientrerà alla fine in famiglia, è stato attirato dalla stessa febbre evasiva che aveva ispirato l'avventura e la tragedia di Elisa. Manuela-Karin, protagonista di Karin è tra noi, riassume gli ideali e i desideri delle altre due protagoniste e in questo terzo romanzo passa da una vita familiare infelice ad un pellegrinaggio psicologico e ideologico verso i paesi insanguinati dall'ingiustizia e dalla violenza. Non per nulla il suo volto pensoso appare, nella sovraccoperta disegnata da Giorgio Michetti, come un misto di mistero e di sofferenza incorniciato dalle torri di Tower Bridge: ma non è soltanto l'America Latina o il paesaggio londinese a dilatarsi sotto quel volto. È l'Oriente dal Nilo alla Siria, Parigi e la Bretagna, da Trouville a Mont Saint-Michel; è l'Italia dei musei e delle vistose tracce romane e medievali: Roma, la Valle dell'Aniene, Paestum e, naturalmente, la Sicilia. Una esistenza nomade, contrassegnata da sbalzi tremendi (i primi amori; il matrimonio con l'avventuriero Gordon impigliato in loschi affari internazionali, che a un certo punto le sottrae il figlio Juanito; il mancato rientro del bambino) porta Manuela alla saturazione, alla ribellione verso la società ingiusta e traboccante d'egoismo e violenza, al distacco amaro, alla partenza verso un mondo ignoto e vergine da cui ricominciare la vita. Il nomadismo interiore e simbolico della sua vocazione s'incontra in tal modo col nomadismo storico dei cammellieri e degli emigranti, di Giosuè e di Giacobbe: tradita dal marito, la donna trova così il mondo delle pietre, lo spazio leggendario da cui Chiara aveva voluto strappare il proprio. Ma s'incontra anche con le tracce di quell'Elisa che laggiù aveva assunto il compito 'missionario' di redimere la società primordiale, violenta e superba, realizzando per un istante l'utopia di una trasformazione nel segno della dignità umana, conciliata dalla religione e dall'arte. Anzi, lo scrittore, fa in modo che, in un arcano o magico flashback, Manuela s'incontri con Elisa (anzi si sia incontrata, prima che morisse la vittima sacrificata), ne ascolti i propositi e li faccia suoi ribattezzandosi Karin.
Mi sembra chiaro che, maturando questa problematica nella coscienza dell'autore mentre scriveva i primi due romanzi, egli abbai strutturato il terzo verso una conclusione in un certo senso non prevista. Scrivo 'in un certo senso' perché sono convinto che le parole abbiano una vita propria, indipendente dalle labbra che le pronunciano. In altri termini, Francesco Alberto Giunta, sarebbe stato preso per mano dai propri personaggi che gli hanno imposto una certa soluzione che carica di senso l'impianto profondo della trilogia mentre rituffa nell'ombra le connessioni. Saremmo dunque nel solco della gran nave pirandelliana? senza dubbio, ma non trascuriamo quel sottotitolo romanzo d'idee che non figura nei primi due volumi e che impone al terzo una tensione speculativa (e, largamente politica) a cui Pirandello non avrebbe certo consentito, lasciando verosimilmente i personaggi prigionieri dei propri sogni: poiché, alla fine, non interessa all'autore concludere un discorso storico, bensì agitare un problema.
In fondo l'autore ha dichiarato di scrivere un romanzo d'idee non nel senso ormai sorpassato dei programmi politico-sociali, ma in quello dell'inquietudine che ci riporta alla vibrante atmosfera del primo Novecento quando la narrativa era, assai più di oggi, un progetto di ricostruzione filosofica e morale. Libri come La disfatta di Oriani; Il Santo di Fogazzaro; La beata riva di Angelo Conti; Le storie dell'amor sacro e dell'amor profano di Gallarati Scotti non si leggono più: ma non sarebbe male riesumarli insieme con il loro fascino dopo un secolo di neorealismo e di iperrealismo. Non bastano l'atto, il régard, il documento, la registrazione, il gioco delle cose e dei fatti. Occorrono le idee, s'intende quelle rispettose del mistero umano ad illuminare i percorsi, accrescere nella conoscenza, a muovere la storia.
 

L'aleteia di Francesco Alberto Giunta vista attraverso le pagine del suo romanzo Karin è tra noi
di Ninnj di Stefano Busa'
 
Francesco Alberto Giunta in questo suo ultimo romanzo ci presenta uno spaccato a 360° riguardo i valori, i significati profondi dell'umana esistenza. Apparentemente il volume si presenta come una trama d'appendice, un libro tra i tanti, (si direbbe erroneamente), ma proseguendo man mano nella lettura si evince il tentativo di Giunta di dare al racconto un orientamento più particolareggiato che sviluppa il filo del tessuto linguistico attraverso un recupero memoriale dove la fantasia si avviluppa e si estrinseca di volta in volta in scene e personaggi come la piece teatrale d'autore in cui al trama fa da guida al canovaccio senza debordare mai dall'alveo del suo proprio destino di recita. Sfogliando le pagine intense di questo volume si avviene l'intensità, lo spessore, la nobiltà dei buoni intendimenti, non contaminati da sterile e avvilente narratio pronta a dire e a dare del mondo un'implicazione non manualistica né di maniera. La femminilità creaturale creatura di Karin/Manuela è uno scandaglio nella coscienza e nel connettivo storico della modernità fatta di tanti fili, di ipotetici scenari, di sbocchi e di schemi che fanno invidia a qualsiasi narratore. Vi si può trovare da subito l'incursione di una ratio votata a fare della fantasia il cavallo di battaglia per viaggi interplanetari, da cui si evincono fatti e avvenimenti di storia contemporanea, di necessità epocali nei tempi e nei luoghi dell'islamismo e dell'assetto religioso, ma sempre risulta toccante e ben costruita la realtà dei giorni, così come si presentano ai protagonisti, con le parentesi e gli scenari che fanno di questa società odierna un campo di battaglia per sempre nuove avventure. L'uomo resta legato alle radici, ma vola alto nell'etere di un limbo sconosciuto in cui ripone sé stesso e le tremende frammentazioni ontologico-morali che evidenziano il travaglio di un corpo dentro le fratture, gli spaesamenti dell'anima. Sicché corpo e anima finiscono per comporsi in un tutt'uno che lascia intravedere profonde piaghe e lacerazioni riguardo la coscienza dell'universale e del mondo. Vi sono ricche pagine di una non passiva digressione per quanto attiene agli sviluppi del futuro, ma nel contempo Francesco A. Giunta sa dosare le sofferte diagnosi del presente e dell'assente attraverso i personaggi e il ruolo che essi assumono nei riguardi della storia e della vicenda umana. Vi è una lezione di vita nell'affascinante avventura che vede muovere i protagonisti e ognuno per proprio conto dare ragione e senso al problema esistenziale. Una virile virtù del più forte vi fa capolino fra le righe, una sfida che nasce adulta fra l'ambientazione individuale del singolo e i controversi limiti in cui si dibatte l'uomo, la sua controversia attitudine ad essere parte di un tutto più universale. L'individuo crepuscolare, l'uomo moderno porta in sé le umilianti sottomissioni della votata al martirio, umiliata spesso da una tendenza al conflittuale, al dissodante, al disagio morale, alla lotta per la sopravvivenza, alle contraddizioni. Un'ampia e approfondita disamina degli avvenimenti mette in chiaro talune immagini di Manuela che diventa Karin, ma la metamorfosi o il calarsi nella vicenda storica presuppone una tale analogia col personaggio, da far dimenticare che in essa le due donne sono la stessa persona. Particolarissimo rilievo ha, in questo momento storico il dialogo fra Elisa e Karin sul tema dell'Integralismo, sull'islamismo e sulla cultura mediorientale che occupa il cap. XI. Si può dire che percorra i tempi l'individuazione di un piano che sperimenta la precarietà dell'essere nelle sue varie sfaccettature. Trattasi di un messaggio di tipo esistenziale sul quale spicca per sua propria natura un tentativo di neutralizzare che interpelli le coscienze e metta fine alle differenze fra popoli e religioni. Il lettore resta impressionato dalla vastità degli sviluppi, dalla profondità nel toccare temi e ragioni storiche che affrontino argomenti scottanti. La Pace è vista in funzione di catarsi nel percorso narrativo e l'azzardo per ogni nuovo sviluppo è un modo individuale di cogliere le profonde motivazioni del genere umano. Potremmo allora definire il romanzo di Giunta, una strategia di linguaggio calata nel contesto storico dell'odierno contrasto fra l'uomo e la religione, fra l'uomo e il suo credo, o fra questo e la causa avventurosa del suo percorso terreno, fermo restando l'enigma inscindibile dell'ignoto che sovrasta ogni azione uguale e contraria. La storia poi degli affetti familiari, delle ambientazioni e delle esperienze dei protagonisti no fa che ammorbidire le tinte forti della narrazione che diventa lieve per taluni passaggi che si appropriano di condizioni sotterranee, di inserti e sbocchi psicologici per lanciare messaggi di storicità e di umanità. La sostanza del testo in esame vive di una sua luce naturale, immette il lettore in una sua propria drammaticità con l'ubi consistam del mondo. Vi sono pagine che sono vere lezioni di scrittura. Non è impossibile non essere solidali con l'autore per averci regalato pagine indimenticabili. Karin è tra noi come emblematicamente recita il titolo del romanzo, ci dà di rimando la certezza che è in ognuno una realtà tendenzialmente atta a trasformare la realtà effimera relativa, in verità assoluta o parziale, basterà interpretarla con occhi diversi, basterà trasformare il dubbio in certezza e questa in sfida e avventura per un ideale di pace che vede affratellati gli uomini della terra. Vi trovo una sicura metafora in questo personaggio intenso e centrale; Karin è la coscienza di essere uno e tanti, Karin è in ogni viandare esistenziale in cerca della terra promessa. Ed ha un che di insolubile movimento verso, un itinere verso territori abitati dalla mente o dall'utopia questo viaggio ramingo che non porta a nessuna meta certa, se non a una destinazione dell'oltre sconosciuta e mutilante che vede come uniche protagoniste della storia umana l'evangelica parola, l'ecumenica sperimentazione di un motivo umanistico del soggetto-uomo, di ogni uomo di qualunque meridiano o parallelo appartenga, di qualsiasi etnia o civiltà si tratti. Una narrativa agile e pure profonda che da la misura del presente, dello scacco epocale e si sintonizza sulle lunghezze d'onda di un universale dialogo tra culture e popoli, tra uomini e donne, tra religioni e ontologie, ma uniti dallo stesso umanesimo integrale che fa simili. Questo libro ventila e fa suoi problemi del nostro tempo, a partire da quelli del territorio per finire a quelli religioso-politici, vi sono molte e vivibili processi di carattere psicologico che vivisezionano l'intolleranza e l'integrazione fra le genti giocando un ruolo importante nella direzione del procedimento storico e delle traiettorie ideologiche del tempo. Una retrospettiva intensa, un ampio linguismo organolettico fanno di questo romanzo, infine, un impianto psicologico di prim'ordine. Di questo bisogna dare atto all'autore e complimentarci.
 

Francesco Alberto Giunta nella vita e nell'arte
 
'L'iter' di Francesco Alberto Giunta si snoda come 'work in progress' con una forte caratterizzazione umana che, assieme alla componente propriamente stilistica, rappresenta la cifra di questo straordinario artista della parola: di una parola che è musica, risonanza di vita interiore, in quanto tutto nell'introspezione lirica "si concettualizza 'in voce', in emozione, in sentimento; e il poeta affida al 'suono' il gravoso compito di riprodurre, per affinità e concordanza, i frastuoni e le dissonanze della vita, del cuore, dell'anima e del pensiero" (G. Quinci). Le parole sono cose (Una delle sillogi di F.A. Giunta edita da C. Cursi di Pisa, nel 1984) rappresentano, per questo, un momento esemplare del suo svolgimento bio-bibliografico. Giunta annota fedelmente le 'cose' della vita quotidiana: amori teneri e appassionati, momenti di solitudine, nostalgie disperate, attimi di contemplazione e di preghiera, delusioni per la precarietà e l'incertezza che condizionano spesso la piena realizzazione del nostro 'io', ma anche il ritorno alla fiducia nei valori; da questi elementi l'artista trae ispirazione per scavalcare "l'indifferenza umana che incalza, la provvisorietà dell'azione individuale" e riuscire "confessandosi, ad instaurare un rapporto lirico ed emotivo, tra il concreto di sé, del proprio vivere e l'incertezza della sorte" (G. Quinci).
Lo stesso Giunta, nel puntualizzare il suo pensiero, ci presenza la 'poiesis' come 'il frutto poetico che sgorga dall'anima e non invece componimenti 'costruiti' secondo mode e tecniche più o meno accattivanti, come una creazione che ha una sua ragione di essere in quanto è una carica interiore che esplode portando la forza del mistero. Mistero dell'uomo diretto ai grandi temi: pace, fratellanza, amore. La virtù della parola poetica crea, in tal modo, quella comunione di anima che scaturisce dall'interesse che Giunta rivela per l'uomo, quale centro della vita universale; questa attenzione al dialogo, questa capacità di ascolto delle vibrazioni 'segrete' dell'io assieme alla disponibilità a coglierne e tramandare i valori che costituiscono il sale dell'iter esistenziale di ciascuno, rappresentano lo 'spicco personalissimo' del Nostro come uomo e come artista.
Possiamo, così, ammirare in lui la genialità, la freschezza di ispirazione dell'uomo di lettere 'chansonnier vagabondo' che, nello scrutare la nostra psiche, attraverso la ricchezza delle sue esperienze, delle sue emozioni, delle sue capacità analitiche, ci da prova di rare qualità di comunicativa con i lettori.
 
Nell'iter' letterario di F. A. Giunta, che è autore di opere di narrativa, di saggistica e di poesia (anche bilingue: per la capacità del Nostro di comporre pregevoli componimenti in lingua francese, oltre che in lingua italiana), si rivela un'impronta prettamente autobiografica che fa delle sue creazioni come un unico grande romanzo: quello dello svolgimento lirico-esistenziale di un infaticabile ricercatore 'de li vizi umani e del valore', di un osservatore attento della realtà e del costume, antico e contemporaneo, di un uomo che rimane fedele a sé stesso, ai suoi principi.
La 'provincia dell'anima' che vive nel profondo di questo 'io' che scruta sé stesso, nei suoi ricordi, nelle sue nostalgie, nelle sue aspirazioni, ripercorrendo un 'iter' esistenziale che si proietta nella storia della sua generazione, è la Sicilia che diventa, nella visione allargata dello scenario in cui si incide l'opera dell'uomo, osservatorio dell'universo.
Da Notizie da via Daniele (Serarcangeli, Roma, 1988) il romanzo dell'identità riconquistata, che ci presenta il cammino difficile del giovane protagonista Alberto (l'alter ego, dello stesso autore) nell'ambiente desolato di una Sicilia devastata dalle rovine e dalle violenze del secondo conflitto mondiale (partendo da via Daniele che, nella Catania dei suoi verdi anni, è la via-simbolo, dove egli ritornerà dopo essersi trasferito temporaneamente a Lovanio per motivi di studio, a A Lipari un giorno. Avvenne (Ed. Tracce, Pescara, 1994), il romanzo-messaggio che, attraverso le vicende di un idillio tra il giornalista Giorgio (ovvio ritratto dell'autore) e una turista scandinava di forte presenza intellettuale e religiosa, Elisa (che rimarrà vittima-martire di un epilogo tragico), una simbologia affiora: quella dei miti, della storia, dei monumenti della Sicilia, che diventa una filosofia dell'esistenza: è quella che i due innamorati si comunicano nei vari incontri. Lo stesso <<leit-motiv>> appare in momenti della creazione successiva: da Il respiro dell'uomo (Serarcangeli, Roma, 1992), una raccolta di racconti immaginati che ci presentano un 'amarcord' nostalgico dello svolgersi di una giovinezza felice, anche se tormentata dalle vicende della difficile fase di transazione storica vissuta ('Allora alle ragazze per bene si dava del lei e nessuno osava mancare di stile e di educazione', racconta l'autore in Mara è fatta così): pagine in cui riaffiora l'immagine-ricordo di via Daniele (nel racconto 'La via') dove il giovane protagonista ritorna dopo essere riuscito a farsi assumere in un rispettabile posto di lavoro, a Il posto delle pietre (Ed. Tracce, Pescara, 1996), il romanzo in cui, attraverso il viaggio disperato che Chiara compie prima in Africa, poi in Italia (soffermandosi a Taormina) e quindi in Giappone per ritrovare Casimiro, lo sposo misteriosamente scomparso, è adombrata la simbologia del viaggio-avventura, che diventa viaggio-mistero alla ricerca della verità; caratteristici, in proposito, i personaggi di Omar, Hans-Felipe, Evaristo, Karin che dell'avventura stessa rappresentano le complicazioni, quali sfaccettature di una umanità tormentata.
Infine dal volume di saggistica Atupertu (Serarcangeli, Roma, 1993), journal di luoghi, persone, vagabondaggi letterari, alle raccolte di liriche La foule d'un désargenté ou trente-trois chansons oubliées (Roma, 1982); Verso i Tatra (Pisa, 1985); Ballate e Canzoni, no (Roma, 1988); Al vagar di stelle (Ed. Tracce, Pescara, 1997) ci si rivela sempre, nella ricchezza della sua interiorità, un personaggio protagonista che, nel colloquio con gli altri personaggi, ambienti del presente e del passato, mantiene intatto il suo stile di coerenza, nel culto degli ideali di cui si è nutrito, con una impronta di onestà intellettuale e morale.
Da Paternò (Catania) in cui ebbe i natali, a Roma, dove da lunghi anni dimora, all'Europa, al mondo, che rappresentano lo scenario immenso del suo universo contemplativo e del vissuto quotidiano, il Giunta riesce a presentarci, nel tempo e nello spazio, una umanità variegata in cui si esprime una ricerca di sé attraverso l'altro.
L'immagine più bella di questo viaggio-verità compito idealmente dal Giunta attraverso i suoi libri (oltre che nella realtà) è la Catania degli anni felici: quella del Caffé Lorenti, della Montagna (il candido vulcano che richiama a sé ciascuno dei suoi figli migliori, come il Padre che attende con amore il ritorno del figlio al prodigo), delle prime scoperte letterarie, del sogno di partire...
Mi preme sottolineare questa sola immagine, che è insieme storica e umana, oltre che letteraria, nel concludere queste rapide note (dolendomi di non potere fare altre citazioni, per brevità), sia perché mi onoro anch'io di appartenere alla schiera dei siciliani della 'diaspora', legati idealmente alla città del Verga, De Roberto Rapisardi, Martoglio, De Felice-Giuffrida, sia perché mi è gradito menzionare un brano raro di Giunta, dal titolo Noi giovani del tempo, compreso nella raccolta di scritti A Catania con amore di Aldo Motta (Gli anni 50-60 sul filo della memoria, Ed. Greco, Catania, 1995); evidentemente, è un brano che non è capitato tra le mani, pur esperte, di critici qualificati che si sono finora occupati dello stesso autore. Ne parlo per conoscenza diretta: in esso Giunta ci presenta con schiettezza, ispirazione, nostalgia, l'Atene sicula degli anni della sua giovinezza, nelle sue bellezze, nella sua poesia, quando, com'egli scrive cominciava la scommessa della vita di tutti noi.

 
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Agg. 15-10-2003