Autori contemporanei
affermati, emergenti ed esordienti
Un racconto di
Francesca Simonetti
 

L'Editore

C. Bisazza
 
 
Prefazione
 
La presente raccolta dal titolo: "Poesia per una conversazione" è dovuta all'ingegno e alla penna di una colta signora che, sin dall'adolescenza ha voluto essere una cultrice di Calliope. Francesca Simonetti, (questo il nome dell'autrice) ha voluto introdurre le sue liriche con un racconto: "Una sera d'estate". Il libro consta di quaranta poesie scelte da una copiosa produzione. Esse sono limpide e pulite nella forma e validissime nel contenuto, parlano al sentimento e alla intelligenza con parole gentili e contemplative. Possiamo dire, senza tema di poter essere smentiti, che queste liriche sono il frutto di un'innata ispirazione lirica che, maturata lungo l'arena del vivere quotidiano, emana un vero alone di fede autentica per la vita ed i suoi più nobili valori.
 
 
Racconto
In una sera d'estate
 
Era necessario procedere e concludere il lavoro, anche se dovevo rimanere, quasi segregata, in quella stanza anonima, dove respirare era quasi un lusso!
Ma l'importante era stato fuggire dalla città, inquinata e corrotta da un caldo torrido, che offuscava la mente uccidendo la creatività e l'entusiasmo, e rifugiarsi in un luogo sconosciuto, e anche se poco gratificante e privo d'aria condizionata, utile per dare quella serenità e quella calma indispensabile nelle situazioni d'emergenza!
Qui almeno lo sguardo spaziava, immediatamente, nella campagna silenziosa e avvolta apparentemente dall'abbandono, mentre, a distanza, s'intravedeva il mare lucidato e piatto come un pavimento di lusso, dove danzavano le varie imbarcazioni e le vele... simili a sottogonne di antiche fanciulle, fuggite dal romanzo di Tomasi di Lampedusa!
L'editore mi chiedeva il lavoro ultimato per la fine di settembre, ed io non avevo trovato la conclusione per il mio lungo racconto, quasi un romanzo, che con le varie dissertazioni filosofiche, si dipanava in mille rigagnoli, per poi ristagnare in una specie di lago, pieno di acqua putrida e fosforescente, dove i miei pensieri affogavano, come nell'alcool quelli dell'ubriaco! Improvviso, mi distrasse, il ricordo di un breve viaggio di qualche anno addietro, trascorso insieme ad amici, che la sera prima avevo rivisto!
L'isola di Pantelleria "grosso pachiderma adagiato nel mediterraneo" mi distrasse da quel presente, complesso e travagliato, che mi aveva condotto in quella stanza d'un albergo sperduto d'un litorale quasi anonimo per finire il mio lavoro! Ma come potevo non pensare ad Armida? Ne risentivo la voce, ne rivedevo l'immagine: la vita era ancora in lei, che era riuscita ad imprigionarla nelle sue viscere, ormai quasi distrutte e logorate dal male e s'intravedeva l'ombra della Parca malefica, anche se in veste moderna ed esorcizzata dalla varie terapie che "l'estero" offriva... e lei stessa ne parlava, mentre una voce allegra e controllata usciva dalle sue labbra, abituate ad usare le parole con il distacco di chi sfida la morte sul campo, tutti i giorni. La disperata voglia di vivere la teneva all'erta, attenta ad ogni suono, ad ogni novità, ad ogni sapore... ed il ricordo di quel viaggio insieme, che avevamo fatto, quasi per caso, occupò la nostra conversazione, strappandoci sorrisi e intanto la gioia brillava nei suoi occhi, lucidi anche per qualche po' di febbre, che ormai non le dava tregua! Fra 20 giorni torno all'estero per la terapia... ed io istintivamente le guardai i capelli, appena ricresciuti, ricordandomi dell'ultima volta, quando una graziosa parrucca castana le incorniciava il viso ancora fresco e bello, nonostante tutto! E mentre lei parlava, io pregavo quel DIO in cui credevo e che sembrava sfuggirmi. SIGNORE, non la portare via, lasciala ancora al suo bambino così fiducioso nel sonno, ignaro fra le braccia del padre, e lasciala, soprattutto a quell'adolescente che mi si avvicinava avvinghiandosi al braccio, quasi per attirare la mia attenzione o per implorare una carezza, perché essendo la figlia maggiore, si sentiva abbastanza grande per conoscere la morte ma infinitamente piccola ed indifesa per capire come mai questa cosa fosse capitata a lei: forse avvertiva lo strider della vita e della morte, che ogni sera s'incontravano alla sua porta per combattere il duello del Duemila?
Saranno i medici, gli scienziati o i ricercatori i nuovi cavalieri del futuro: ma sapranno difenderci dal nemico che s'insinua silenzioso nelle viscere per lacerarle? Era ciò che pensavo guardandoli e rispondendo al marito di Armida (non oso scrivere il suo nome ne tantomeno inventargliene uno nuovo, soltanto ricorderò ciò che mi chiese, dandomi la possibilità di continuare la conversazione, senza parlare d'altro, per non scivolare in argomenti pericolosi tali da turbare la gioia di ARMIDA, sentimento prezioso di quel contesto di lotta!)
Infatti il sorriso dell'amica non era né falso né forzato, era vero, forse un po' egoista e generoso insieme: nessun ricordo triste voleva lasciare...
Altrimenti non riuscivo a spiegarmi la sua serenità, la sua gioia di vivere, la sua ansia di strappare tempo alla morte. Ecco la verità era questa: non voleva cedere i suoi giorni preziosi senza lottare, li teneva legati a sé con il sorriso!
Riprese a chiedermi il marito di Armida: ma tu, spiegami come "inventi" le tue poesie, quando e come scrivi? Cercai di rispondere nella maniera più professionale possibile, citai Edgar Allen POE e la sua affascinante teoria sulla composizione letteraria, e di conseguenza svelai l'ironia dell'autore a proposito della composizione poetica! "Per il poeta è necessario trovare un cardine sul quale l'intera struttura potesse girare"; nel caso del POE la sua trovata teatrale fu il refrain invariato che producesse effetti di malinconia con il suono "Novermore" ripetuto dal corvo ad ogni conclusione di strofa! Quindi risultava non del tutto vera la concezione popolare e profana del poeta che scrive in uno stato di frenesia splendida e di estatica intuizione! Mi addentrai ancora nella questione, cercando di far capire come attraverso la musicalità e l'orchestrazione di toni si incorniciasse l'Idea centrale della composizione. Inoltre ricordai l'osservazione dell'Edgar Allen Poe che asseriva di rendersi conto che un autore raramente è capace di raccontare le tappe che lo hanno condotto alle sue conclusioni. "In genere le suggestions, essendo nate alla rinfusa, si inseguono e si smemorano nello stesso disordine".
Ma tu, ribatteva il marito di Armida, come fai a scrivere i tuoi versi? Delle tue prose non ti chiedo, perché capisco che saranno frutto di meditazione e di rielaborazioni travagliate, è la tua poesia che mi incuriosisce!
Per distrarre ancora Armida, che sembrava divertirsi dell'animata discussione, continuai a parlare dell'autore citato, del suo Corvo e delle altre sue opere introdotte in Europa da Baudelaire e poi da Mallarmé e infine in Italia dallo sfortunato traduttore siciliano Antonio Bruno.
Ma ormai non potevo più sfuggire alla richiesta e promisi ai presenti che l'indomani sera, al momento dei saluti avrei consegnato ad Armida una mia considerazione scritta sulle varie discussioni a proposito dello scrivere "poesie", frutto esclusivo di meditazione personale e una raccolta di poesie inedite.
Intanto notavo il pallore nel volto dell'amica ed i miei pensieri divennero quasi blasfemi: DIO, dovunque tu sia, sono certa che mi ascolti, porta via il male dal corpo di lei e fa che vada altrove, dove sai TU! Ma come osavo sfidare l'Onnipotente, chiedendo la vendetta! Compresi in un attimo che i dolori del corpo e dell'anima stabiliscono una comunicazione (quella che magari i medici e profani, esagerando, chiamano psicosomatica) invisibile e misteriosa ma tenace e ci rendono attenti ad ogni richiesta di aiuto: Armida voleva vivere, divertirsi, sorridere, cacciare via la morte, così come io volevo dimenticare i mille problemi, che mi assillavano; entrambe volevamo ricordare il viaggio fatto insieme, la discoteca dove eravamo state in una notte di quella non lontana estate, calda e misteriosamente unica in quell'isola sonnacchiosa ed araba nella sua pigrizia, assolata, sorniona e talvolta austera nella vegetazione, si, mediterranea, ma strana come lo erano i suoi indigeni, immobili innanzi alle case di solito addossate a vecchi "dammusi" e a distanza le sontuose ville degli stranieri, ivi approdati negli anni precedenti, a far da cornice.
Come avrei voluto tornare indietro nel tempo, quando mi disperavo ancora per un braccialetto rubatomi dalla cameriera dell'albergo!
Ma il tempo, mostro dalle mille gole, si ingoia i giorni, le ore come se fossero brandelli delle nostre membra, che invece sono intatte, incontaminate; mentre è nell'anima che restiamo mutilati, storpi, ciechi, lebbrosi e nessuno ci guarisce dal Tempo che ci porta via le persone e le cose che amiamo! Dissi, a voce forse troppo alta, le mie considerazioni sull'isola di Pantelleria, grosso pachiderma sonnecchiante nel Mediterraneo, e aggiunse... quasi sottovoce, la mia sfortunata amica "pronto a levarsi in piedi lentamente per osservare o sedare altri suoi simili pronti ad aggredite gli inerti! I riferimenti potrebbero essere politici e militari, ribadì la donna pensosa e sorridente insieme, ma compresi che nel suo cuore c'era la paura del mostro, in agguato per strapparle la vita!"
Intanto mi si chiedeva il commento immediato sul fare "poesia", risposi: creare, in genere, per me e penso per tutti, vuol dire plasmare una pietra alla maniera degli scultori, e... darle forma e darle pure il cuore, altrimenti il frutto di ogni fatica resterebbe "copia" dell'opera originale, che starebbe da qualche altra parte, magari sconosciuta a chi ne ha realizzato la copia!... La sera dei saluti fu triste e intensa nella sua dolcezza, i miei pensieri tradotti in versi liberi, dentro una busta colorata, scivolarono nella borsetta di Armida...
 
 
Mi hai chiesto
 
Mi hai chiesto come raccolgo
idee e parole e le trattengo
insieme per dire e per non dire
l'ardire, il fare ed il soffrire!
Ma se della vita cerco di scoprire
l'intima essenza, che non ha
colore, fisso nelle parole ciò che fugge
e non si vede, ciò che sento
nel silenzio e nella quiete,
ciò che nella mente passa
e si nasconde
nelle pieghe dell'anima
e nei meandri del cuore...
per pensare a chi non ha pensieri
o li disperde
in questa pattumiera
che é la vita,
quando si butta via l'amore,
e del dolore ci si serve
per procurare il Male
a chi ti passa accanto,
a chi ti sta vicino,
per il gusto della Trasgressione!
 
P S Miei cari
Al di fuori di ogni schema è questa mia considerazione: amichevole risposta al quesito, nella speranza di avervi spiegato ciò che è difficile, talvolta, spiegare a noi stessi! Ma la poesia, sia essa dei grandi o dei minori, è stata sempre un modo per capire... e per vivere non come bruti ma "per seguir virtude e conoscenza".
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Inserito il 24 novembre 2000