LA PIÚ GRANDE
ANTOLOGIA VIRTUALE
DELLA POESIA ITALIANA

Poeti contemporanei affermati, emergenti ed esordienti

 

Augusto Buono Libero
 
Poesie tratte dalla raccolta 'Certe sere' (1985-1988)
 
Leuca
 
un porto io conosco
dove approdò Enea
figlio di Venere
si trova fuori mano
ove i pini marittimi
e gli ulivi hanno il dorso
piegato dalle tempeste
si trova alle soglie
dei giardini grecanici
che guardano le spoglie
di un angelo evaso dal cielo
che illumina il mare
con fasci di canoe alate
un porto io conosco
dove ancora oggi
giungono viaggiatori
senza bussola né stelle
senza pane né verghe
ma con piccole urne
per seppellire i morti
si trova fuori mano
ove una ragazza tacente
una sirena bianca
veloce e cieca discopre
le quattro zone del cielo
in cui precipitano i moli
le bitte le banchine
i ponti le gru i vicoli
e i nuovi pergolati
in bilico sulle lievi serre
 

 
 
L'isola della luce
 
viandante, forestiero, ascolta...
se verrai da queste parti dal mare, o per sentieri diversi,
fermati ad ascoltare le nostre voci...
viandante, forestiero, ascolta...
se verrai da queste parti
(non ha importanza a quale razza, religione,
né a quale tempo tu appartenga)...
troverai sempre le rocce fiorite
il profumo della resina e le dune di sabbia chiara,
udrai bisbigliare nei campi l'argento degli ulivi
e sulle due riviere lascerai sospeso il cuore...
viandante, forestiero, ascolta...
se verrai da queste parti tu vedrai rinascere la luce
come un primo mattino del mondo,
ritroverai l'oro sparso nei cieli,
potrai esplorare i tuoi sogni
in un mare di trasparenti meraviglie,
ascolterai la musica infinita del vento
(ponente maestro libeccio grecale levante
austro scirocco) che soffia per ogni dove...
viandante, forestiero, ascolta...
fermati un istante ad ascoltare le nostre voci
racchiuse nell'anima del tempo...
se verrai da queste parti con il cuore innocente
tu potrai vedere il viso della divina fanciulla
e soltanto allora potrai capire che tu stesso
sei la musica il mare e la luce
e che qui, nell'isola della luce,
è la tua meta e la fine di ogni tuo viaggio
 
 
Certe sere
 
certe sere a Gallipoli
non so quale serafino senz'ali
o cane da guardia
mi cammina dentro
e trasporta i miei piedi
su e giù per i vicoli-corridoi
di selce e le case-pianeti
dai muri di calce
nell'umida sorgiva scabra quiete
di spiriti trapassati
davanti alle soglie delle case
odore di pesce fritto
e danze di arlecchino
di mani e di candele
di osti-bottai fannulloni
di grida e pianti di bambini
e donne tra supplizi di croci
sussurri gonfiori mutismi
impudicizia gemiti sospiri
o anime sorelle
tra stinte fotografie e canti
la timida mobilia
il catino il pitale il setaccio la nassa
e l'agitarsi delle camicie al vento
insieme alle lenzuola stinte
e alle losanghe colorate.
certe sere a Gallipoli non so quale
messaggero o portabandiera cieco
mi cammina dentro leggero
andando su e giù dalla torre
di San Giovanni alla Giudecca
dove le fanciulle gialle e rosa del Pagliano
sono avvizzite asfittiche muse
che gracidano nel lezzo dei rifiuti
e i pescatori - poeti ignari - continuano
ad intrecciare giunchi per nasse-conzi
e gemiti-pensieri di vecchiaia e morte
tra voragini di nubi e bocche di viola
che esplodono in un cielo di bambini feriti
 
 
Errante
 
errante in prode di vento
scuoti la folla di altre radici
e ti dividi in frantumi aspri
e taglienti
in molecole d'ansie e di fughe
in atomi d'eternità
ti muovi verso sentieri a noi
ignoti
dentro limiti chiusi distilli
i colori della fatica e del sangue
il verde tenero della vite e del
cactus
emergente da insidiose propaggini
di rocce
primavera è nel tuo sguardo
ferito
è nella tua bocca rossa e nuda
è nel tuo volto innumerevole
e antico
è nel lampo delle tue mani
misteriose
 
 
Salento
 
l'uomo appena creato
attraversò i tuoi occhi
e ti ferì il cuore
con un grido
quel grido
un monolite aguzzo
come una lancia
ha spaventato i ruscelli
e i fiumi
e gli angeli
sono fuggiti per sempre
ruscelli sorgenti
e naiadi
ti è rimasta un'atavica
sete riarsa
di labbra incrostate
sulle rocce
 
 
Gallipoli
 
Gallipoli nave bianca di calce
con l'aureola sfumata di rosa
sulla calura del cielo
asciugato e striato dai venti
di ponente e tramontana;
Gallipoli mare di smeraldo e di turchese
dove sono sepolte icone fresche
d'erbamarina e pesci già inquieti
danzano in attesa di barche
nella sfida antica con reti nasse
conzi catene e spoglie e gridi...
Gallipoli nave di desideri
sempre in attesa di essere varata
ti guardo in piedi dalla serra
e al tuo orizzonte vedo un angelo
con la spada snudata ch'aggruma il cielo
in una porpora di sangue...
Sto ora sul ponte veneziano
di pietra e di sangue nero
che imprigiona l'isola alla terraferma
e vedo due cavalieri messapi
che cavalcano senza sella
due cavalli di rame - insieme.
Erano centomila magnifici e poderosi
sotto Artas il Grande e ora galoppano
contro il muro del vento
sulle rocce nutrite di solitudine.
 
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inserito 11 febbraio 2000