Autori contemporanei
affermati, emergenti ed esordienti
 
Anna Maria Cerrella


Cara Carmen ed altri racconti, pagg. 136, Casa editrice Todariana, Milano, novembre 2006, Euro 12,00 - ISBN 88-7015-338-X

C A R A C A R M E N
 
 

 
Le storie non finiscono
 
Incipit
 
Le macchine arrivarono tutte insieme sul piazzale antistante la villa. I convenuti discesero silenziosi, quasi contemporaneamente e rimasero fermi, riuniti ed incerti come in preda ad un'improvvisa malinconia.
Il tempo era passato sui loro volti ed essi stentavano a riconoscersi oltre l'intricato gioco dei ricordi e dell'immaginazione.
Infine la curiosità ebbe il sopravvento e fu tutto un chiamarsi, un salutarsi fra esclamazioni e risa, un riecheggiare di nomi noti, seguito da pause e da silenzi.
 
 

 
Conclusione
 
..............Si schiarisce la gola, armeggia col bicchiere e la bottiglia. Respira forte.
All'improvviso si alza e barcollando va verso il bagno. Con furia si strappa la camicia di dosso.
Fa scorrere l'acqua nel lavabo, si china a bagnarsi la testa, poi scosso da un rigurgito corre a vomitare nel water, scivola , annaspa, si trova disteso in un miasma maleodorante. Le pareti bianche si piegano, stanno per crollare sopra di lui. Il peso è intollerabile, una morsa dolorosa. Il bianco delle pareti è fosforescente, una lampada accecante negli occhi.
Ecco, vedete signori, questa donna è mia moglie. E' una puttana e ride, ride. Gode nel confessare tutte le sue malefatte. Poi fugge . Sotto la pietra si muove qualcosa. Avanza. Nero viscido mi avvolge percorre il mio corpo, nera zampa di ragno potente d'acciaio mi stringe una gabbia. Non posso correre mi strappa una gamba lei fugge, ridendo signor giudice la sente è una puttana , sputa su quanto le dai, ridendo Fa freddo. La melma mi copre, come un verme, una giustizia, una giustizia...
Ammutolisce, un sonno pesante lo coglie all'improvviso, riverso sul pavimento.
Alle prime luci dell'alba si scuote. Rimane per qualche istante fermo, indeciso. Si alza a fatica, ancora legato nei movimenti. Dinanzi allo specchio si guarda a lungo. si scruta. Infine incomincia a lavarsi e a cambiarsi.
Nella stanza da letto ora alcune luci sono spente, la penombra è silenziosa. Sul letto, vestita, con il capo appoggiato sul braccio giace Patrizia addormentata. I capelli biondi sono sciolti e poggiano leggeri sul cuscino. Sembra più giovane ed indifesa
Alfonso si avvicina senza far rumore.
Sul letto, in ginocchio, la guarda a lungo con un'espressione indefinibile, poi si sdraia e rimane immobile fino al mattino, senza pensieri.
 
Il mattino è gelido. L'aria è tersa, vi sono sospesi rari grappoli di rumori cristallini.
Dinanzi all'entrata principale della villa Vanna, Enrico, Diana, gli altri indugiano nei saluti..
Ecco anche Alfonso e Patrizia.
Si muovono con naturalezza, salutano sorridenti.
< Vanna! >
< Diana! >
< Non perdiamoci di vista .>
< Soprattutto, non perdiamoci! >
Gli abbracci sono prolungati.
Il rombo dei motori accesi.
In fondo agli sguardi il fremito di una febbre nascosta.
Un altro saluto.
Diana ha deciso di rimanere ancora un giorno
Non sarà sola, con lei resteranno alcune di quelle presenze, che è necessario non vadano disperse.
Perché le storie non finiscono. A volte sembrano paludi stagnanti, senza respiro, ma poi riprendono vigore, intersecano altre storie: spesso da quelle vengono travolte o confortate di nuova linfa.
Sempre comunque sono storie vive e generatrici di verità, per coloro che sappiano ascoltare.
Un momento di pausa. Avanza il silenzio.
Forse è giunto il momento di incontrare la propria storia.
 
 
---°-- -
 
 
 
Nelle altre stanze
 
 
 
...Nello scompartimento di un treno Emma incontra una ragazza. .E' Elisa, che va a Roma per sfuggire al dolore per la morte del suo ex ragazzo.
 
..................
<Quel topolino lassù era del mio ex ragazzo. Si, era suo, come tanti altri. >
< Singolare, come passione! >
< Li amava, i topi, veramente. Ne aveva di diversi tipi.
E aveva anche diversi tipi di animali, fra gli altri una scimmietta, tre tartarughe, due serpenti, un pappagallo e un cane alto più di un metro. Bellissimo. Si chiama Caos.>
< Tutti in casa?>
< Si, tutti in casa. Ma non passeggiavano mica liberamente! Se ne stavano tranquilli nelle loro gabbiette. Proprio questa mattina l'ultima cucciolata. Sono nati quattro topolini. Fuori pioveva che non ti dico. Io li ho presi e sotto la pioggia sono corsa a portarli al riparo dell'arcata di un ponte. Certo là non saranno soli, cresceranno in buona compagnia.
Ci siamo divisi i compiti, a me è toccato occuparmi della
sistemazione dei topi. Perciò vado a Roma. Ho intenzione di regalare quel topolino al mio amico.>
< Lui lo sa? >
< No, non lo sa. >
< Immagino che sarà sorpreso e commosso dinanzi ad un regalo così inconsueto! Se qualcuno volesse gratificarmi nella stessa maniera, non potrei certamente dimostrare il mio entusiasmo !>
< Ma io non potrei mai regalare un topo a una signora! >
< Ti assicuro che, se fossi una ragazza, il mio rapporto con i topi sarebbe lo stesso. Non ho un buon ricordo dei cosiddetti roditori. Ricordo le loro fughe precipitose, non appena mettevo piede nel mondo misterioso della soffitta, al tempo della mia infanzia. Li sentivo silenziosi e guardinghi, quando mi aggiravo sospesa fra gli oggetti polverosi che si erano salvati dal tempo.
Quando alfine mi fermavo accanto ad una cassa o ad un baule e affondavo come rapita le mani fra i cimeli, non mi temevano più, mi sentivano inoffensiva e allora, prima tentavano qualche piccola sortita e poi si mettevano a correre e a rodere in piena libertà, quasi con spavalderia. >
< I topi si affezionano, sentono quando si possono fidare. >
< Certo, quelli domestici. Ricordo gli abitatori delle vecchie case di campagna, quel loro rosicchiare insistente in qualunque luogo mi trovassi, accolta dall'acuto odore di legna bruciata, di fumo e di mele. Altra cosa i topi di città, quelli che vivono nella maleodorante miseria delle strade, nelle fogne, sotto i ponti. Una cosa sconvolgente.>
< Sono grossi, scuri.>
< Si, sono grossi, scuri, viscidi, con delle grosse code. Attraversano le strade con prepotenza. Sono i ratti
Conosco bene quelli di Venezia: di notte corrono per le calli come saette.
Conosco anche quelli di Roma: A Roma, sotto il ponte del= l'Aniene, si dice che si diano convegno i topi, chiamiamoli
topi, di tutta Europa.
Pare che provengano persino dalla Svezia e dalla Norvegia
Ne hanno parlato anche i giornali.
< Anche quel topolino diverrà grande. Adesso è piccolo perché è nato da poco, ma poi crescerà e avrà una lunga coda.>
< Naturalmente il tuo amico non lo sa. >
< No, non lo sa. Lo saprà dopo, che il topo è piccolo, ma che poi diventerà grande. Lo vedrà crescere poco a poco. >
Piccola risata maliziosa.
< Crescerà di giorno in giorno. >
< Diventerà tanto grande da occupare tutta una stanza. >
< Si presenterà alla porta tutto lucido e tirato come un maggiordomo e farà un inchino, salutando. >
< Avrà la marsina e una cravatta a farfalla. >
< E un bastone dal pomo dorato. >
< Il mio amico rimarrà sbalordito ed esclamerà ma dov'è il topo? >
< E avrà timore dell'animale misterioso,
< che troneggia in mezzo alla stanza,
< che impartisce ordini misteriosi
< in una lingua misteriosa
< che nessuno conosce. >
< E allora...
Entrambe si guardano e scoppiano in una risata. Non si sono nemmeno accorte che di nuovo la luce ha preso amichevolmente posto nello scompartimento.

LIMITE
 
 
 
Dopo aver vagato a lungo con il cuore gonfio di solitudine,
acquattata contro la roccia, quasi a nascondere e, nello stesso tempo, a proteggere il suo corpo cresciuto troppo in fretta, Nora si sentì finalmente lontana.
L'aria era fremente, il sole alto dardeggiava implacabile. Attonita, la terra. Scomparso, il cielo tutto un bagliore. Ovunque il mistero.
Nora rimase a lungo immobile, soggiogata.
Quando alfine il sole, liberatosi dal rogo, poté riprendere il suo corso, come sopravvissuta ad un incubo ella rialzò il capo
Con quale grazia ora il piccolo nocciolo riusciva a chinarsi verso di lei; con quale vivacità saltavano i girini sull'acqua, raccolta nella piccola crepa sotto al suo piede. Una biscia si muoveva fra i rovi e un rospo la stava fissando. Sorrise al lieve respiro del vento, che le sfiorava i capelli.
Timidamente le ombre erano tornate.
Improvviso, il fischio di un treno: Nora si mosse come ad un richiamo.
Sul piazzale, ecco Danilo
Scosso anch'egli da quel segnale, abbandonato a fatica il letto, febbricitante, era uscito barcollando all'aperto. Pallido in volto, i capelli incolti.
Camminava tutto piegato sul fianco sinistro, stremato dal peso della sua malattia.
Ogni tanto era scosso da una tosse, che gli toglieva il respiro. Doveva fermarsi, allora, incapace di proseguire. Si guardava intorno con gli occhi sbarrati, come in attesa di una risposta, che tardava a venire. Ogni giorno, ogni ora doveva fare i conti con la sua nemica.
Di notte, quando era estate e le finestre erano aperte e la luce spenta, la sua tosse squarciava il silenzio. Ora egli cercava di trascinarsi verso i binari. Nora lo sentiva ansimare alle sue spalle.
 
Voci imperiose, insistenti squilli del telefono, ritmo febbrile del telegrafo, nell'ufficio movimento della stazione.
Ferma accanto al cancello dell'uscita, sperando di non dare nell'occhio, Nora cercava di capire cosa stesse accadendo.
Un ufficiale tedesco entrava ed usciva dall'ufficio, minaccioso, seguito da due soldati armati.
< Tu sabotare, tu kaputt! > gridava
Nora fissava suo padre, il quale cercava di farsi capire: la linea era interrotta, c'era stato un attentato: il treno non poteva proseguire.
Ad ogni tentativo di spiegazione aumentavano le grida
Infine, a pochi centimetri dal suo interlocutore, quasi a volerlo annientare, l'ufficiale ripeteva gelido, scandendo le parole:
< Tu sabotare, tu kaputt! >
Si trattava di un treno merci dal carico sconosciuto, diretto in Germania, blindato, con scorta. Non solo non poteva proseguire, ma non poteva neanche sostare sul terzo binario, riservato ai treni in transito. Il terzo binario doveva essere liberato.
La voce di Adelfo era ferma, decisa:
< Pronti per la manovra! >
Il convoglio si muoveva lentamente. I manovali correvano a lato, facendo segnalazioni al macchinista. Le sentinelle li seguivano con il fucile puntato.
Nora tratteneva il respiro: con gli occhi fissi sul quadro delle operazioni, dinanzi al quale seguiva attento la manovra, suo padre controllava il movimento degli scambi.
Il treno faceva marcia indietro a passo d'uomo, si bloccava sul binario di sosta. Le sentinelle iniziavano il loro turno di guardia
E intanto si era fatta notte. Nella sua stanza Nora non riusciva a prendere sonno, tesa a cogliere ogni variazione nei rumori già noti. Ansiosa, di tanto in tanto andava a controllare la presenza del convoglio attraverso le persiane socchiuse. Oltre alle sentinelle non c'era nessuno. Danilo era scomparso. Il treno era sempre lì, fermo. Le canne dei fucili rilucevano sinistre.
Le ombre erano immobili, eppure era come se da quei carri fermi, dal fondo delle tenebre, dalla terra stessa, si levasse un ansito greve.
Il direttissimo irruppe improvviso nella notte, con un fischio lacerante, che si protrasse a lungo, in lontananza . Quando alfine un'alba fredda ed incerta cominciò a sbiancare il cielo, Nora sprofondò in un sonno agitato.
I vagoni si piegavano tutti da un lato, rotolavano gli uni sugli altri.
E appariva una lunga fila di gente. che non aveva volto, avanzava tutta china, muta.
Intanto tornato nella sua stanza, riverso sul letto, Danilo attendeva. Dopo un lungo accesso di tosse, che lo aveva sfinito, giaceva immobile, ad occhi chiusi, senza fiatare, perché sua madre, sempre pronta ad accorrere, potesse pensare che stava dormendo.
Olga non c'era. Fra le lenzuola s'intravedevano ancora le tracce del suo corpo, come se si fosse alzata da poco.
Tornerà domani, ha detto che tornerà domani, domani sarà qui di nuovo.
Per un attimo egli si sentì travolgere dalla commozione. <Non dubitare, ritorno> gli aveva detto.
Il suo viso era serio, a quelle parole, animato da buone intenzioni, anche se già illuminato dalla luce della prossima fuga. Gli occhi chiari esprimevano anche una sorta di gentilezza tenera, genuina, scevra da compassione, per la quale egli sentiva di esserle grato.
Un lento torpore si stava impossessando delle sue membra. Lame di luce negli occhi ,il rombo del sangue negli orecchi. Ecco, era giunto il momento. Si alzò a sedere a fatica. Rimase fermo per qualche istante, in attesa che il suo sguardo si facesse più chiaro e le gambe più ferme
Olga sarebbe tornata. Aveva detto io ritorno. Olga.
Si muoveva leggera, con lo sguardo ridente e il passo arioso di chi è abituato a camminare lungo le rive del mare.
Quel sorriso chiaro nel volto fresco e dorato dal sole, la voce che indugia nelle frasi argute e a volte carezzevoli,
con toni vari come le nuvole....
La sua immagine era così viva, che lei sembrava tornata davvero.
Non c'era altra scelta
L'ansia saliva. Di nuovo quell'incubo.
E' notte, ma è come se fosse giorno, il cielo è sbiancato. Il crepitare delle mitragliatrici, il boato dei cannoni. Scoppi, fiamme ovunque E urla, gemiti. Urla! E infine la barriera del filo spinato, l'ultima agonia E' finita. Lubiana diventa la nuova provincia del regno d'Italia. L'avanzata non ha né tregua, né pietà, dilaga: villaggi incendiati, rastrellamenti, fucilazioni, deportazioni..
Primavera 1941. Così si concludono le operazioni congiunte d'Italia e Germania, le operazioni dal nome gentile: Primavera e Genziana.
Eppure la sua ora non è ancora arrivata. Quando l'aiuto sarebbe più necessario, proprio durante l'assalto finale, e la città sta agonizzando, egli deve abbandonare i compagni. Con il suo male è diventato inutile, pericoloso. Deve andarsene, vagare da solo, nei boschi , in preda alla febbre e al delirio, in cerca di un rifugio: Giorni e giorni interminabili, notti eterne, con il pugnale del gelo in mezzo al petto Ignorato da tutti. Ma ora tutto è finalmente chiaro
Danilo Novak, sei arrivato. Danilo Novak, finalmente! Questo è il tuo nome. Nessuno te lo può più cambiare. Nessuno ti può più imporre un nome non tuo Sei nato come Danilo Novak e come Danilo Novak te ne andrai
Danilo Novelli. è rimasto sull'altipiano. a vagare come un'ombra. Non è mai esistito Nessuno. Per sempre.
Cercando di non far rumore Danilo si lavò le mani e il viso, si cambiò la camicia. Una grande calma si era impossessata di lui. Raggiunse la porta.
Il giorno non era lontano, un fremito percorreva la natura che si stava svegliando.
Nella stazione il personale in servizio taceva, seduto, vinto dalla stanchezza. Accanto ai vagoni le sentinelle stavano immobili, in attesa del cambio.
Nora nel sonno udì un precipitarsi di passi concitati, un grido che si prolungava in un'eco, dei colpi ripetuti contro i vagoni in sosta L'intimazione dell'alt! Pochi istanti, poi una raffica
 
Voci che gridano, tramestio, gente che accorre.
Danilo giace riverso sui binari L'espressione del suo volto è serena. La chiazza di sangue sulla sua camicia si fa sempre più ampia.
La madre, subito accorsa, tutta china su di lui, gli carezza
i capelli, piangendo silenziosamente, senza chiedere un perché.
Le sentinelle con il calcio del moschetto cercano di tenere lontani la gente, che vuole vedere.
 
Presto fu come se nulla fosse accaduto. ll corpo di Danilo fu fatto scomparire in fretta Nessuno fece più cenno al suo nome.
Quando fu pieno giorno il treno alfine poté ripartire.
Altri treni arrivarono e si fermarono, in attesa di proseguire. Alcuni transitavano senza fermarsi: treni su treni verso il confine. Tradotte di soldati, treni carichi d'armi. E inoltre vagoni carichi di tutti i beni razziati:. oro, gioielli, argenterie, quadri, tappeti, ma anche vestiario e vettovaglie.
Una volta un carro, sventrato, lasciò sui binari una scia di farina
Quella notte tutti a precipitarsi, per raccogliere un po' di quel ben di Dio, per fare il pane, che non si vedeva da un pezzo.
Non finivano mai di passare, le tradotte di soldati: soldati che andavano al fronte, nei Balcani Un luogo lontano, si diceva.. Nella sosta c'era spazio per qualche occasione di gioco e di allegria sul piazzale, a tirarsi l'acqua l'un l'altro, con le gavette, lontani dalla guerra
E treni ospedale, destinazione sconosciuta
E convogli, che provenivano dal confine e trasportavano mezzi corazzati e cannoni, con i soldati tedeschi immobili accanto.
 
E poi, a seguire nel tempo, treni dal carico non dichiarato, piombati, con scorta; diretti in Germania e in Polonia. Irrompevano nella notte con un lungo fischio lancinante..
Un giorno un cantoniere trovò sui binari un pezzo di carta tutta stracciata, con sopra uno sgorbio contorto, tremante. Vergato col sangue :- Aiuto ! &endash;
 
Territorio limite. L'inferno era vicino.

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Ins. 10-10-2007