Autori contemporanei
affermati, emergenti ed esordienti

Roberto Cucaz
Con questo racconto ha vinto il quarto premio all'edizione 2004 del Premio Angela Starace.

Il volo di Libero
 
Domani partiremo, senza saperlo. Oppure sì, ma fingiamo indifferenza. Qualcosa è scattato dentro. A sorpresa, il mio cuore ha schioccato uno strano tac! e ha trasformato i miei giorni in attesa incosciente. Oppure stavo aspettando questo cambiamento. Sapevo sarebbe iniziato un giorno, pure senza il racconto di qualcuno. Deve essere qualcosa che ho con me dalla nascita. Dormiva, tanto da scordarlo. Adesso è sveglio. Procede nel mio sangue. Monta in smania di volare. Come agli altri, anche a me.
 
La terra mi stomaca: quando ci sono posato sopra mi sento arruffato, pesante, intontito. È più forte della stanchezza. Torno a spiegare le ali, aggredisco l'aria. Ecco, tutto cambia: sono ancora giovane, elastico, ardito. Ci sfidiamo fra compagni di giochi. Cabriamo veloci verso le nuvole e poi roviniamo scellerati in picchiata, a fianco a fianco, rasente le pareti del fiordo. "Il primo che s'impenna sull'onda ha perso". Gonfi di paura elettrica e felice, rimbalziamo contro il muro gelido dell'acqua. Il mare può solo spruzzarci e rimbombare il suo disappunto: l'abbraccio mortale non è capace d'inghiottirci. Noi siamo figli dell'aria e del vento: cosa può fermarci? Siamo immortali. Ma questi stupidi giochi ci annoiano in fretta: allora, storditi, restiamo sospesi in spirito santo, insoddisfatti. Da sopra la risacca, scrutiamo il nostro destino laggiù, lontano, oltre la linea scura del confine fra l'acqua e l'aria. Qualcosa arriverà e noi dovremo volare veramente.
 
Anche Artica è cambiata. Non è più l'amica timida fra le amiche, quella che trepidava per nulla. Ha smesso di pigolare. Non bisogna trascinarla sulla falesia per avvitarsi insieme nel cuore del fiordo. Ora è sfrontata, indocile, frenetica. I suoi occhi sono colmati da una malizia che non conosco, ma che accende quando s'incollano coi tuoi. È lei a lanciare la sfida, a sorprendere con pazzie cui mai avrei detto si sarebbe lasciata andare, mai avrei creduto di farmi coinvolgere. La sua ebbrezza è contagiosa, è una forza d'attrazione che non so vincere. Lei incrocia dispettosa le mie traiettorie, interseca esaltata le mie virate e scaccia gli altri d'attorno. Desidera la nostra solitudine. Mi plana davanti, volge il sorriso ammiccante ed espone con insospettata indecenza la sua coda lunga, come se sotto sentisse bruciare; poi, picchia o cabra stridula, impertinente, divertita dal mio eccitato imbarazzo.
 
Tutto diventa silenzio. Il vento frena il suo moto perpetuo, rallentato dalla luce che si stende più lunga sulla terra. La vita sembra concedere tregua a tutti. Un momento di pace regalato al nostro mondo, dove potere scordare ogni cosa che non sia il disco rosso così basso. Il sole rimbalza sull'orizzonte e torna a salire in cielo. Artica mi cerca. S'avvicina. Si preme a me insolita. Sfrega delicata le piume profumate sulle mie. Cerca con un sospiro strozzato il tepore sotto la mia ala. E io non comando più nulla di me. Il cuore si ribella al mio petto, improvvisamente stretto. La pelle è scossa da un tremito che non è freddo. Nessun muscolo risponde. Sono inadeguato all'emozione. Il fiato è vapore caldo che accorcia il ritmo. Conosco una nuova vertigine. Intanto, il sole imperturbabile, senza finire una, comincia un'altra giornata. La tundra e le scogliere si rianimano, gli stormi e la risacca tornano ad assordare l'aria. Un fremito. Artica scatta sfacciata in volo, quasi che il languore dell'attimo precedente non fosse nient'altro che l'ennesimo scherzo impudente. Io rimango avvilito. Succede in me qualcosa di doloroso, che non so classificare. Vorrei fermarmi per capire, ma non ho tempo. Il demonio che ci sta possedendo riprende il sopravvento. Torniamo scaraventati ai nostri voli insensati. Sono già in aria, la malinconia è scordata. L'appello irriverente della gioventù cancella la debolezza con un colpo di spazzola. Torno a ubriacarmi di vento.
 
Domani partiremo, senza saperlo. Non ci sono altre soluzioni. La nostra indole sopraffa la nostra ragione sbigottita. Ci sveglieremo stranieri nei nostri nidi. Non riconosceremo la schiuma del nostro mare, le sue insenature. Ci domanderemo cosa può attirare in quegli anonimi ciottoli delle spiagge, i nostri giocattoli da pulcini. Anche provando a librarci oltre le nostre capacità, non potremo tradurre quel che ci diranno le piane, i laghi, le nevi eterne. Prenderemo l'indirizzo della rotta per casa o verso i banchi di aringhe. Staremo in cerchi sempre più larghi, uno in coda all'altro, lo sguardo ansioso di chi ha smarrito la strada. C'incoraggeremo senza riuscirci con incerti squittii. Stenteremo a rintracciare un indizio che ci avverta d'avere imboccato la via domestica. E ci sentiremo irrimediabilmente perduti. La stessa terra che ci ha cresciuti, ci respingerà. Le scogliere azzurre e i prati giallognoli non ci sono più. Le betulle hanno perso il loro candore. La luce si è fatta obliqua. La ruska ha invaso tutto di rosso ondulato. È il segnale che arriva il Grande Freddo. Nostra madre terra è stanca di nutrirci. Ci ripudia. Vuole proteggere il suo lungo sonno coprendosi di ghiaccio e neve. Così l'oceano. Tutto dice: "Non c'è più posto per voi, andatevene". Siamo orfani senza peccato, ma dobbiamo trovare un'altra casa.
 
E allora domani partiremo, senza saperlo. Per questo sorvolo l'ultima volta il nostro regno perduto. Giuravamo fosse irrinunciabile. Invece, abdicheremo per l'ignoto. Saluto quel che forse non vedrò più così, ciò cui chissà se tornerò un giorno. Addio trampolino di pietra sul fiordo. Addio laghetti dove rincorro gli amici. Addio ogni onda che mi ha sfamato e divertito. Addio Salice Nano, ricovero solitario fra una pesca e l'altra. Addio nuvole che ogni giorno ho cercato di superare. Le nuvole che mi separano dal Grande Cielo, dal sogno delle sterne. Volare nel Grande Cielo, senza nuvole fra le proprie ali e il sole. Volare nella luce sempre viva, sciolti nel vento. Volare nell'estate infinita, senza tempo. Volare nella perfezione del silenzio. Volare senza la fame, il freddo, l'odio, la paura. Paura come un'enorme spina confitta nel petto, a stritolare il respiro e assassinare il futuro. Paura che obbliga a questo volo di protesta disperata contro l'ineluttabile mistero, contro la stessa forza dell'esistenza, contro l'insondabile che attende.
 
Non sono solo. Il cielo è pieno di altri come me. Ci dibattiamo. Soffriamo questo tormento. Non siamo capaci d'imporgli un nome. Voliamo imbizzarriti. Nelle occhiate che ci scambiamo, riaffiora l'ombra di una terribile fatica lontana, così che l'avevamo seppellita per sempre in un anfratto della scogliera. Un pericolo scongiurato alla nostra vita. Ora questa certezza non c'è più. Al suo posto, mille dubbi improvvisi. Voglia d'accucciarsi fra i licheni. Solo Ukko resta imperturbabile. Da quassù è una macchia grigia e nera in sfida colle raffiche rabbiose del vento. Chi direbbe che quel minuscolo punto cocciuto fra continente e oceano sia il capo di un clan? Da quella macchia dipenderà la sopravvivenza di una generazione e la possibilità di un'altra. A quella macchia consegneremo senza domande la nostra fiducia, ogni nostra speranza. A quella macchia sento d'affidarmi, senza remore. Ma da lui adesso vorrei almeno un cenno di conforto, un gesto che mi acquietasse: "È tutto normale, Libero. Domani partiremo".
 
- "Che ne pensi?"
- "È tempo di partire"
- "Quei nuvoloni laggiù. Non dicono niente di buono, intendo dire"
- "Vero"
- "Ancora qualche giorno. Poi nevicherà"
- "Ha già cominciato"
- "Direi anche che fa più freddo"
- "Lo sento"
- "Allora, si parte!"
- "Dobbiamo"
- "Anche noi, E dove andrete?"
- "Dall'Altra Parte. Dove gli umani chiamano la Terra del Fuoco"
- "Un bel viaggio! Non riesco a immaginare quanto sia lontano il posto dove andrete, intendo dire"
- "Già"
- "Ma conviene?"
- "Il mio clan lo ha sempre fatto"
- "È pericoloso. Un volo così lungo, intendo dire. Potreste perdere molti elementi. potreste perdere tutti i giovani"
- "Il mio clan lo ha sempre fatto"
- "Béh, le tradizioni si possono cambiare. Se conviene, intendo dire"
- "Ho sempre fatto questo viaggio, in tutta la mia vita. Chi era mio padre ha fatto altrettanto. Chi fu mio nonno fece allo stesso modo. Ieri i loro padri gl'insegnarono a seguire la rotta che seguiamo noi oggi per insegnarla ai nostri figli che la batteranno domani. Il mio popolo vive da sempre così. Non c'è altro modo. Domani partiremo"
- "Sei un bel testardo, Ukko"
- "Un Codalunga non ha alternative. Noi dobbiamo vivere nella luce perenne"
 
Ukko è irritato. Non tollera interferenze quando discute col capo di un altro clan. Figuriamoci di un'altra specie. Nulla deve sminuire il suo prestigio di monarca, soprattutto quando si manifesta in pubblico. Il suo sguardo ha dissolto tutta la determinazione con cui l'avevo avvicinato. Gli occhi s'abbassano non solo per omaggio, ma per vergogna della mia scandalosa impudenza. E timore della punizione.
 
-"Ebbene?"
 
Adesso non è solo la mia presenza a indispettirlo. Lo infastidisce ancor più il mio silenzio imbarazzato e inopportuno. Avevo una sola domanda da fargli. Per giorni l'ho rimuginata, accumulando scorte di coraggio da spendere in un quesito. Era importante. Ma ora non sono capace nemmeno di un pigolio. Ho perso la cifra dei miei pensieri. Non riesco a riconoscere due parole da coniugare con senso in un suono. La lingua si rifiuta d'aiutarmi a pronunciare una nota qualsiasi, anche se in gola preme una folla disordinata di voci. Ma qualcosa devo dire, ora che sono qui invadendo il suo spazio.
 
- "Ti sei perduto?"
- "No, Ukko. [...] Io... [...]"
- "Se hai qualcosa da dire, ti ascolto"
- "Sì, Ukko. Allora... [...] Da qualche giorno... [...] non so come spiegarmi..."
- "Cerca di farlo"
- "Sì, va bene. Io... [...] è come se... [...] Ukko, sta per succedere qualcosa, vero?"
- "Domani partiremo"
 
Ero convinto che questa risposta m'avrebbe avvolto in un caldo conforto, come quello di una cova piena di piume. È la risposta tanto attesa, capace di quietare il bollore del sangue e domare tutte le stravaganze. Dovrei chetare, trovare pace. Semplicemente riannodare la vita al presente, come facevo fino a qualche giorno fa sopra i cavalloni ripieni di merluzzi. Invece l'inquietudine non vuole cedere: piuttosto di mollare la preda essa tramuta in ansia differente, ma altrettanto soffocante.
 
- "Dove ci porterai, Ukko?"
- "Via"
- "Via dove?"
- "Via di qui"
- "Come faremo?"
- "Come è sempre stato fatto"
- "Io non conosco il passato. Come faremo?"
- "Seguiremo la Via degli Uccelli e il Chiodo del Nord, se non sarà il sole a guidarci"
- "E voleremo sempre?"
- "Voleremo quanto dovremo volare"
- "Perché, sarà tanto?"
- "Sarà quello che dovrà essere. Non è compito tuo stabilirlo"
- "Ma perché dobbiamo andarcene? Non possiamo restare qui? Questa è cosa nostra"
 
Ukko è insofferente. Troppe domande. Non vuole che la strolaga con cui s'intrattiene lo reputi un capo debole. Rimane distaccato, ma se potesse, mi avrebbe già scacciato col suo becco arancione. Dovrei ritirarmi riverente. Io però non posso trattenere la voce. Ho iniziato a chiedere: la curiosità e l'ansia battono la soggezione e chiedono soddisfazione.
 
- "Ukko, perché non rimaniamo? Questa è casa nostra"
- "La morte ghiacciata avanza veloce dal mare. Fra poco qui sarà solo tenebra"
- "Non capisco"
- "Non avremo sole. Non avremo cibo. Avremo solo neve e inedia. Domani partiremo"
- "Non è vero. Non ci credo. Il sole non scompare. Non serve andare a cercarlo altrove"
- "Hai sentito, Ciro? Ci siamo sempre sbagliati! Il sole non scompare. E dove vorresti trovarlo, se per caso tu restassi qui e la luce non ci fosse più?"
 
Lo scherno di Ukko brucia. È un richiamo alle posizioni. Il mio grado consiglia il silenzio. A farmi parlare è la rabbia cocciuta dell'umiliazione.
 
- "Non serve partire. Il sole non scompare. Il sole c'è sempre. È nel Grande Cielo. Se proprio dobbiamo muoverci da qui, dobbiamo volare oltre le nuvole..."
 
Esplodono da non dove lampi di dolore. Fitte che trapassano, improvvise. Ukko ha attaccato. Si è alzato in volo furibondo. Il suo becco aggressivo ha impartita la severa lezione e desidera continuare. Ha picchiato il livore del comando discusso. Inammissibile oltraggio al potere, lesa maestà: il blasfemo che osa contestare in forza della sua ignoranza è stato colpito dal nobile sdegno. Vorrei fuggire, ma so che non devo senza il suo ordine. Vorrei piangere, ma so che non devo se voglio evitare il suo totale disprezzo. Devo aspettare i suoi colpi, senza scansarne uno.
"Giovane stupido chiacchierone, lasci parlare l'età, invece di controllarla. Il Grande Cielo non si può raggiungere. Non è per noi. Il Grande Cielo non esiste. Il sole esiste. È la nostra vita. Senza sole, siamo condannati: questo devi capire. Se non ci riesci, tieni per te questa pazzia. Non coinvolgere nessuno. La luce perenne è la speranza della nostra esistenza. Chi devia, condanna sé all'estinzione. La nostra sopravvivenza non può permettere che neanche ciò avvenga. Meglio per te ubbidire. Non parlare più di Grande Cielo, non pensarci nemmeno. Né in mia presenza, né in mia assenza. Ora vattene"
 
Vorrei. Il corpo sordo però rimane schiacciato a terra. Il terrore della sua furia m'impedisce ogni mossa. Ukko è tornato a sfidare il vento e l'oceano. La virulenta indignazione è sgorgata via dai suoi occhi. Il despota scatenato dall'irriverenza del suddito è dileguato senza traccia. Per lui, tutto questo non è successo. Le mie ferite non esistono. Lui non ha mai lasciato il suo posto, né ha interrotto la conversazione col suo pari dell'altra specie. È sempre stato lì a contare i segni lontani verso cui punta lo sguardo corrucciato. Ha riconosciuto l'arrivo dell'esercito imbattibile che scaccerà il sole. Ha individuato le avanguardie nivee spuntare nella nebbia. Niente può, deve distrarlo mentre spia il futuro. Deve comandare il momento giusto della ritirata. Spetta a lui sollevarci da questo peso. Sa di non potere sbagliare. Un solo errore, la nostra rovina.
 
- "Per essere un subordinato, è un bell'insolente"
- "È giovane"
- "Hai fatto bene a dargli una bella lezione. Ognuno al suo posto, intendo dire. Io non so. Se avessi contestato così il mio capo alla sua età, eh! - chissà come sarei finito"
- "È giovane. Non parla con esperienza. Ha entusiasmo"
- "Appunto. Esperienza. Se non prevale, siamo solo carne facile per i girifalchi. Quel che manca è il rispetto. Troppo poco rispetto. Tanta maleducazione, altro che entusiasmo! - intendo dire. Nel mio clan, queste cose le lascio capitare"
- "Hai visto anche tu. È stato punito"
- "E bene. Vedrai, non metterà più becco nei tuoi ordini. Ci vuole più autorità con questi giovani. Sono ribelli"
- "Se non lo fossero, tu e io non saremmo qui adesso"
- "Ma certo, non intendo dire questo. Io dico che però"
- "Dove andrai col tuo stormo?"
- "Oh, come sempre. Scenderemo verso il Mare Chiuso Fra le Terre. È pieno di umani, ma c'è ancora abbastanza cibo. E c'è tanto sole. Caldo il giusto. Quasi mai tempeste, venti leggeri. Non c'è malaccio, insomma. E il viaggio non è lungo"
- "Sembra una decisione saggia"
- "Perché non venite con noi? Sai che mi piacerebbe viaggiare con te, intendo dire"
- "Non siamo strolaghe"
- "Che differenza vuoi che faccia se una sterna sverna in un posto o in un altro, con chi, perché. Quel che conta è stare lontani dal freddo, dai pericoli, colla pancia piena e un bell'harem! Quel che conta è vivere, intendo dire. Il come, per noi non è poi così importante"
- "Là dove andrai, il sole è sempre in cielo?"
- "Béh, certo che no. Ci sono il giorno e la notte"
- "Noi siamo vivi solo nella luce"
- "La notte ha il suo scopo. Si dorme. Ci si può nascondere più facilmente dai nemici. Non è una cosa così terribile"
- "Per noi, sì. Noi siamo vivi solo nella luce. Grazie lo stesso"
- "Ukko il testardo, eh? Béh, non è una novità, vecchio mio. Se ci ripensi, hai tempo a trovarmi fino a domani"
- "Non c'è permesso ripensare. Seguiremo la nostra natura"
- "Allora addio Ukko. Spero di rivederti alla prossima primavera. Buona fortuna"
 
- "Che fai ancora qui?"
 
È andato via. Non ha aspettato la mia risposta. Era inutile, come me. Una perdita di tempo prezioso. Adesso è già altissimo in cielo. Un punto bianco in sfida colle raffiche rabbiose del vento. Vedetta sotto le nuvole. quasi non lo vedo più. Anch'io vorrei essere capace di volare così. Arrivare lassù con un battito d'ali, in vortice. Come fa lui. Un giorno sarò come Ukko? Volerò anch'io sotto le nuvole? E magari quella volta proverò a superarle? Chissà se ha tentato una volta di volare oltre. Andare nel Grande Cielo! Chissà se ha veramente ragione. Chissà se il Grande Cielo non esiste. O esiste. E se esiste, qual è il suo vero confine? Sono proprio quelle nuvole? O è la nostra ansia di sapere? Oppure è la nostra attesa di felicità? O più semplicemente è un'altra vita, che non conosciamo finché siamo attanagliati a questa, da cui non possiamo tornare per raccontarla agli altri? Perché Ukko rifiuta il Grande Cielo? Cosa nascondono quelle nuvole? Qualcosa di terribile? Un paradiso che non è per tutti? La dannazione? La grazia? Devo saperlo. Lo saprò, perché questo pensiero altrimenti non mi darà pace. Un giorno toccherà anche a me sfidare Ukko. Temo l'arrivo di quell'occasione, ma so che succederà. Dovrà succedere. Non potrò rifiutare quel momento. Il sangue mi obbligherà a non indietreggiare di fronte al suo sguardo severo, perché improvvisamente non mi farà più paura. Forse ne avrà lui, forse no. Anche lui dovrà accettare la sfida. Anche il suo sangue supererà la semplice volontà. Magari in quel mentre sarà stanco o deluso o altro lo preoccuperà di più. O la sua saggezza troverà stupido battersi. Non potrà lo stesso ignorare il nuovo rivale. È condannato a difendere senza tempo il suo trono o a soccombere sotto gli artigli. Allora dovremo lottare e può darsi che perderò per sempre. O vincerò e sarà lui a doversi inchinare. Vassallo di un nuovo re. Forse allora il Grande Cielo si aprirà pure per me. L'autorità mi lascerà provare a raggiungerlo. Finalmente saprò.
 
Quello che so adesso, però, è che domani partiremo. Senza saperlo.
 

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