Autori contemporanei
affermati, emergenti ed esordienti

Michele Rossi
Con questo racconto è risultato primo classificato nella sezione narrativa del Premio Vittorio Tolasi - Orzinuovi 2002
Rosa sbiadito
 
"Se fossi donna, non saprei resistermi". Lo biascichi ogni mattina guardandoti allo specchio; la tua piccola dose quotidiana di droga virile che giustifichi il sorriso cinico e malinconico di ogni dongiovanni incallito. Ma l'indiscutibile fascino che trasudi attraverso i pori abbrustoliti dalle lampade, non frena l'incedere del tempo. E ti sbirci all'insaputa dello specchio le piccole rughe che spezzano la fronte, le labbra screpolate da troppi baci bugiardi, la bocca impastata da parole zuccherate eppure mai dolci, i capelli che lambiscono lievi baie diradate sulle tempie. Ti guardi a lungo, nella vestaglia del tuo vigore passato. Ti guardi. Mai negli occhi. Li troveresti patinati fra la cenere di ricordi smessi, rosicchiati dall'usura degli anni. Non adagiati in scrittoi polverosi. Bruciati. Asciugamani sporchi, appallottolati con matematica precisione. Ed un pulviscolo nero; il carbone del desiderio insoddisfatto che ricerchi con vigile ottusità in ogni donna, che ti rende uomo solo finché vi usate a vicenda. Poi rimani di nuovo solo. E il tuo smisurato orgoglio non può ammettere il tuo torto nell'affrontare la vita. Non giochi niente, non perdi niente; a questo pensi quando scivoli con eleganza tra un abbandono ed un nuovo letto? Sono i tuoi amori fuggiaschi che non comprendono la tua poliedrica mascolinità; per questo scappi da ogni storia che varchi il confine dei due amplessi? Sei tu il tuo amante preferito; ma continui a fuggire anche da te nell'eterna ricerca disperata di una briciola di calore che non vuoi donare in cambio. Stupri un po' di felicità e poi sgombri la scena del tuo teatrino così reale da non distinguere più la cartapesta dai muri di pietra. Sei un venditore di illusioni a scadenza. Sei un bambino viziato che si stanca dei suoi giocattoli.
Hai quarant'anni, cazzo.
E tanti bastardi in giro, che all'anagrafe hanno uno sportello con il tuo nome. E tanti avvocati che fungono da padri putativi con i mensili e gli alimenti. Eppure, t'aggiri fresco d'impudenza, brizzolato, piacente, ricco, con una lingua tagliente ed esperta. Ogni vetrina ti restituisce un elegante signore che cammina impettito e sicuro di sé. "Irresistibile. Sono irresistibile". Seconda dose d'erezione virile semi platonica. Direttamente in vena. Della barista che ti serve l'aperitivo con gli occhi sgranati ed un bottoncino sbadatamente aperto sul seno.
 
L'unica donna che hai ammirato davvero - non è la mamma, signor Freud - è stata l'unica che non ha ululato le sue disgrazie strappandosi i capelli e tenendo il "tuo" bimbo in braccio (prezioso equilibrismo). T'ha presentato il frutto dell'incoscienza dei tuoi vent'anni con la dignità di chi ha già perso, ma prova comunque con coraggio. Le sono scivolate solo due lacrime sul viso serio (niente smorfie di dolore, ti disgustano, vero?); non un urlo, niente strepiti. Ha capito in un secondo lo sbaglio nel valutarti, velata com'era da un possibile futuro magari non facile, ma con te. Ha incassato il colpo all'interno, implodendo. Le lacrime sfuggite erano solo ultime schegge. Hai gettato uno sguardo al fagottino accoccolato fra le braccia fragilmente forti. Tanto per sbirciare una paffuta bimba con un cuoricino d'ambra attorno al collo. Poi hai cordialmente insinuato il biglietto da visita del tuo legale di fiducia nel pugno chiuso della nuova madre, donandole un marito in toga e un padre mensile. Chissà cosa racconterà quando la bimba diverrà donna e chiederà di suo padre? Oppure l'abituerà a considerarsi orfana del suo genitore?
 
Ti guardi allo specchio, ogni mattina; stupita, impaurita ed affascinata dai cambiamenti del tuo corpo in boccio. I fianchi sono più pronunciati, pieni ed un lieve lanugine scura infoltisce il pube tenero. Gli occhi nocciola, con un filo di matita, guardano le mani che ti sfiorano il seno; è un seno piccolo, sodo, con piccoli capezzoli che si contraggono immediatamente al contatto leggero delle tue dita. Sorridi, ripensando a come, due anni fa, fossero solo due piccole ciliegie che puntavano con incostante fierezza il cotone della maglia e di reggiseni troppo grandi, ancora. Sì, ti piaci nella tua nuova forma, crisalide a metà della farfalla adulta. Hai quattordici anni. Ma ne dimostri di più. Sei sveglia ed intelligente. Bella, fresca nella tua innocenza maliziosa. Senti già i morsi d'una sensualità curiosa e disarmante. Sei passionale come tua madre. E come lei t'innamorerai di uomini sbagliati.
Non sai nulla di tuo padre. Per te è morto da molti anni. Da sempre.
 
Un dito. Un dito a lambire il contorno dell'orecchio; non ti riconosci nel timido contatto, quasi bimbo a toccar porcellana. Brividi. Brevi ed insistenti. Lei sospira appena; impaurita dalle sue stesse sensazioni.
Un dito. Un dito a solcare il collo morbido, i capelli, le spalle appena pronunciate. Lei tiene gli occhi chiusi. Anche quando le sfiori le palpebre con un bacio. Un bacio tenero. D'arresa alla tenerezza assopita dal vizio. Sepolta; ma presente, tuttavia. Sei il primo ad accorgertene e ti stupisce la diga che ti si scioglie dentro, lentamente, senza flutti che la forzino; l'acqua trabocca, goccia su goccia. Inesorabile.
Un dito. Un dito a disegnarle la bocca socchiusa, le labbra a dipingere le labbra, la lingua come significato intimo dell'astrazione del tuo quadro interiore. Non è l'urgenza che ti spinge. Non l'arrembaggio dei sensi.
Un dito. Un dito che scivola a scandire il ritmo singhiozzante dei bottoni e s'insinua sotto la stoffa; la seta della sua pelle sotto le dita, risalendo piano, verso l'incavo dei seni.
Lei respira, piano; è impaurita quanto basta per restarne affascinata, sente le membra fatte di piume, un calore che si diffonde da dentro, come una candela che scopre nuda l'anima, troppo vicina per non bruciare. E si abbandona senza remore a queste braccia forti, gentili; è strano sentirsi protetta nell'abbraccio di uno sconosciuto conosciuto appena.
Non è amore; nemmeno sesso. È diverso.
"Cogliere le spighe più fragranti da un campo stravolto dall'aratro. Tutte le premesse sono violentemente sbagliate - a questo pensi mentre, piano, ti bacia il seno e si sofferma sui tuoi capezzoli tesi -; avrà il doppio dei miei anni, non lo conosco eppure lo capisco senza bisogno di parole, al parco il tempo era leggero, è stato divertente chiacchierare senza meta, mi piace come mi bacia, sembrava così triste, m'è venuto spontaneo abbracciarlo, sono salita a casa sua con la coscienza soffusa che qualcosa potesse accadere. Volevo accadesse. Volevo vedere i suoi occhi pieni di me; volevo scostare dal trono delle sue pupille lo scettro delle lacrime racchiuse. Ho paura. Tanta la voglia di fuggire quanto quella d'abbandonarmi. È tutto così irreale. Dolce... È la vertigine di quando senti con forza che devi seguire l'impronta del tuo istinto. Non puoi farne a meno. Sento che dev'essere ora, qui, così. Non è sbagliato né giusto. Dev'essere e basta".
Un dito. Un breve sussulto quando la sua mano s'insinua senza fretta fra il cotone delle tue mutandine, giocando con i bordi, e ti penetra appena con l'indice. La rugiada già bagna le tue sponde; petali dischiusi, labbra tiepide che lui accarezza con garbo, lentamente, carezzando il germoglio del tuo corpo, rubandoti sospiri sempre più fondi. La tua curiosità non vince i tuoi occhi, sempre chiusi, quasi non volessi disturbare la magia in atto. Ma le tue mani indagano il suo petto ancora vigoroso e scendono, lentamente, a tastare il sesso teso che tende i pantaloni di buon taglio. Ti ritrovi libera da ogni velo, mollemente adagiata sul letto spazioso; la seta del tuo corpo bacia la seta delle lenzuola. Le sue labbra baciano le tue labbra più nascoste, piano; il calore t'invade come marea; hai paura del passo successivo; e sai che non ti puoi opporre. Il tuo corpo lo reclama con una voce così alta che ti stordisce. Lui, con calma malinconica d'un amante consumato che ama per la prima volta, ti chiede in un sussurro <Vuoi?>.
Tu respiri. Sospiri. Annuisci con un minuscolo cenno del mento. Senti il suo sesso che s'affaccia al tuo tenero uscio appena dischiuso. Entra appena. Il dolore scandisce l'attimo di coscienza piena; un solo corpo. Lui in te. Tu in lui. Per sempre. Un unico attimo eterno. Attimi a muoversi piano, ballando la danza più antica dell'esistenza. Attimi a conoscersi senza parole. Attimi a stupirti, vittima delle tue stesse sensazioni. Attimi infiniti nei brividi che ridisegnano la pelle. Sospiri sempre più fondi. Ancora. Ancora. Sollevati dalla marea. Onde che si rincorrono. Ancora. Più alte. Ti muovi con lui, in lui e brividi invadono come orde guerriere ogni fibra del tuo corpo; una guerra che sale, sale; sembra frustare la tua schiena inarcata, sale ancora e ti lascia senza fiato. Per un attimo ogni cosa si ferma. Immobile. Tesa allo spasimo. Poi si schianta con violenza. Dolce. Sussulti, infiniti piccoli brevi sussulti di piacere che rompono il tuo respiro mentre senti il suo sesso che pulsa in te e senti il suo gemito mentre ti copre con il suo corpo, senza più forze. Piangi di tenerezza provata, non di dolore. Piange anche lui, mentre t'accarezza i capelli. Le parole sono di troppo, ora. T'accarezza i capelli, con dolcezza.
È la prima volta anche per lui, oggi. Ti guarda; ora hai gli occhi aperti e un sorriso vago sul viso. E pensa che di questa diciottenne vestita solo d'un cuoricino d'ambra (hai mentito con l'inveterata esperienza dell'ansia di crescere dell'adolescenza - e ci si può credere, per come sei), potrebbe innamorarsi. Pazzamente. Irrimediabilmente. E s'assopisce con quest'instabile certezza.
Tu, poco più di bimba, lo culli come una mamma. Poi scivoli via dal letto, ti rivesti ed esci dalla porta della sua vita. Pensi che tua madre ti crede ancora al parco.
Pensi che divenire donna sia stato stupendo...
 
Al tuo risveglio ti scendono due lacrime. Di tenerezza. Non pensavi di averne ancora. La stanchezza di tanti errori ti pesa sulle spalle. Trovi un biglietto al posto della pelle di seta. Non c'è il nome scritto. Avete parlato a lungo; ma i nomi non li avete pronunciati. Senza indossare la tua maschera di seduttore, hai parlato godendo la vostra vicinanza e lo spirito pronto di questa ragazza che ha sgretolato ogni trincea scavata dal tuo egoismo, con la sua semplice innocenza sessuale.
"Grazie. È stato molto bello..."
Solo questo c'era scritto. Fermato dal suo cuoricino d'ambra.
Allora.
Allora il ricordo t'ha colpito con sedici anni di rincorsa.
 
Rosata.
L'acqua trabocca.
Goccia su goccia.
Il sangue sfuggito dalle tue vene recise imporpora la vasca.
Era troppo.
Anche per un dongiovanni pentito. Anche se potevi imparare ad amare.
Era troppo.
Anche per te.
 
L'incesto.
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Ins. 12-02-2003