Autori contemporanei
affermati, emergenti ed esordienti

Maria Angela Chiarenza
Con questo racconto ha vinto il sesto premio ex aequo del concorso Marguerite Yourcenar 2003, sezione narrativa

Due scelte
L'esistenza di un uomo ha dei limiti.
Nel suo pensiero infinito, l'essere umano vuole fuggire le leggi naturali che, alla fine, lo portano a concludere il suo viaggio, breve o lungo, in questa terra dove l'apparenza conta più della sostanza.
Tuttavia vi sono uomini che, nella loro finitezza, riescono a scrutare, negli occhi dei loro simili, la goccia d'esistenza che scivola sulle loro guance e che, trasparente, rivela quello che sono in realtà: uomini.
Io non so che uomo sia; non sono riconducibile né ai veri né ai falsi, forse sono entrambi.
Come klein e Wagner, ora riacquisto la mia maschera, nel perbenismo della società, ora sento la goccia trasparente che, calda, solca il mio viso, nella tristezza della mia vita, nell'orrore del mio futuro, nella consapevolezza della mia fine.
Mi trovo in una spiaggia deserta, l'unica compagnia il vento, che mi spettina i capelli e la sabbia, che mi graffia il viso.
Un gabbiano è a pochi metri da me e mi osserva, pronto a spiccare il volo ad un mio improvviso movimento.
Ripenso a quello che oggi mi ha portato qui e non faccio fatica a starmene tranquillo, forse perché rassegnato e fermamente convinto di quello che voglio fare.
Ho sempre desiderato una vita semplice, soprattutto serena, come quella della gente che mi sta intorno.Forse perché non l'ho mai meritata o perché, lassù, Dio ha voluto così, la mia esistenza è sempre stata segnata dalla tristezza che, fino a poco tempo fa, ho saputo camuffare con un sorriso stampato in faccia o con una battuta pronta.
Quand'ero ancora bambino, imparai ad essere forte di fronte alle situazioni difficili, comportandomi come un adulto, ma, rifugiandomi nella più buia stanza della mia casa, rinnegavo lo sguardo duro e i pugni chiusi, permettendo alle mie lacrime di scorrere, senza avere il coraggio di accendere la luce e, guardandomi allo specchio, gridare alla mia immagine che cazzo d'uomo fossi!Oggi non l'ho ancora scoperto, sono piuttosto stanco e, a questo punto, non m'interessa.
Il vento è molto gelido, quasi volesse cacciarmi da questo posto che è sempre stato presente nei miei pensieri.
Il gabbiano è volato via, gli ho tirato un sassolino, il suo sguardo m'infastidiva, somigliava a quello di mio padre che non ha mai voluto esaudire il mio più gran desiderio: non averlo.
Da un po' di tempo ci evitiamo a vicenda, il suo aspetto riflette il suo carattere, abbandonato al suo destino, rude, gli occhi scuri come la morte, accerchiato da un muro difficile da oltrepassare, ma fragile, pronto a crollare...
Mi ritorna in mente un episodio, un giorno gli gridai in faccia la sua disonestà e ricevetti un ceffone, un'altra volta mi riempì di carezze... è per questo che odio mio padre, è come me, né vero né falso.
Non ricordo quando ha fatto irruzione nella mia vita, ma un bel giorno si è fatto avanti e mi ha detto: io sono tuo padre!ma le sue discussioni avevano sempre la stessa fine, un piatto rotto, una porta sbattuta, una donna che piange.
Io ho imparato a non piangere di fronte alle sue sfuriate e non ho più le forze d'intervenire, probabilmente non lo annienterò mai, ma io non voglio fare la guerra.
Il sole fa capolino tra le nuvole, mi guardo intorno e scorgo in lontananza il vecchio cane che vive in questa spiaggia. Si è accucciato vicino me, non mi conosce, eppure si è fidato.
L'uomo lo ha reso così stanco.Spesso lo ha bastonato, cacciato, legato ad una corda... nonostante tutto quest'animaletto lo ha perdonato, mi ha perdonato e, avvicinandosi col suo corpo stanco, mi ha dimostrato la sua amicizia, quale ironia!un uomo ed un cane amici.
In vita mia ho avuto soltanto un migliore amico, il suo nome è Alex, ma io lo chiamo Al; sicuramente rinnegherebbe la nostra amicizia se sapesse quello che ho in mente.
Al vive in una famiglia in cui la malattia è l'unica sovrana, una famiglia modesta e di stupefacente solidarietà,una famiglia insomma, ha abbandonato la scuola e adesso lavora.
Al è un grande ascoltatore, ha sempre udito le mie parole e capito le mie intenzioni, ma non immaginerebbe mai che un codardo come me potesse arrivare a tanto, ricordo ancora le sue parole: "tu?tu non hai nessun problema, sebbene le mie parole ti sembrino vuote, caro amico mio, questa è la vita per quelli come noi, piccoli e già sovrastati da un enorme peso, poveri cristi, tu porti il fardello della tua famiglia, io quello di un'esistenza consapevolmente destinata a finire, la leggo ogni santo giorno negli occhi di mia madre, non c'è scelta, ma non per questo devi permettere ai cattivi pensieri di sabotare le tue speranze".
Le sue frasi mi s'impressero nella mente e funzionarono come cura per pochi giorni, la mia malattia è troppo radicata nello spirito per essere rimossa dalle belle parole.
Il cane ha drizzato le orecchie, forse ha sentito un rumore che non appartiene a questo luogo, sarà stato il vento che, imperterrito, cerca di sradicare dai cardini la porta di un edificio abbandonato, mi pare di leggere in chiave simbolica il messaggio di Al: io, legato alle mie convinzioni, non cederò alle sue prediche, come quella porta non si arrenderà mai all'azione devastante del vento.
È veramente strano, ma in questo momento mi viene in mente la figura di mia madre, la guardo come un uomo guarda la sue foto da bambino, è sbiadita nei miei ricordi.Fino a cinque anni era presente, poi è nato mio fratello e mi abbandonò come si fa con un giocattolo vecchio.
Non so come descriverla, pratica, invadente, ignorante per certi versi, anche troppi, giustificatrice delle operazioni illecite di suo padre, uomo disonesto e meschino che, nonostante il suo comportamento, trova sempre un appoggio presso la famiglia, ahhhh! Non sopporto tutto questo.
Ricordo una vecchia fotografia, lo vedo sorridente e mi tiene in braccio, vorrei cancellare per sempre quel sorriso e, anche se ho strappato la foto in mille pezzettini, provo ancora una forte attrazione per quest'uomo, ma non è rispetto per quello che ha fatto, non è condivisione d'ideali, non è amore... o forse sì, me ne vergogno, ma è anche rabbia, perché anche lui mi ha tradito, perché anche lui ha contribuito a farmi crescere in questo modo, scapestrato e intollerante verso tutti e verso quelli che indossano una divisa.
Caro nonno, caro mostro, ho ricevuto più visite io, a casa, dalle forze dell'ordine che un medico nel suo laboratorio, a qualsiasi ora del giorno e della notte, gente estranea che rovistava tra le mie cose, come segugi, alla fine mi conoscevano meglio dei loro figli e infine dicevano: "È il nostro lavoro".
Sono riuscito a sopportare anche queste umiliazioni, ma l'aratro dei ricordi lavora ancora.
Il cane si è alzato e, dopo essersi stiracchiato, ricomincia il suo cammino, lascia le impronte sulla sabbia, vorrei seguirlo e allontanarmi da questo posto di cui il tempo sembra avere dimenticato l'esistenza.
Il mare non è cambiato.
Sono stanco, non so che voglio, non ho più la padronanza dei miei pensieri, se ne vanno per conto proprio e si fermano su ciò che mi angoscia.
Tra le immagini che si accavallano, s'insinua quella di un paesaggio di campagna, gli alberi in fiore, la primavera oppure le foglie del colore dell'autunno, l'inebriante fragranza della terra bagnata dalla pioggia, la forza prorompente della natura, bella e incontaminata, oggi sono qui per confondermi con essa e far parte del suo universo.
Il mare è immenso davanti a me, col suo fare impetuoso mi spaventa, vuole parlarmi.
Il sole è ormai calato, aspetterò ancora un giorno, poi...
 
***
 
Ho trascorso la notte sotto una barca, una di quelle notti insonni, in cui i pensieri della mente sembrano prevalere sul freddo che s'insinua in ogni parte del corpo.
Oggi è una bella giornata, il cielo è ornato di perle bianche e di altre forme astruse, cammelli, pecore, case, angeli...
Questo è un vecchio gioco, tutti i bambini lo hanno fatto in vita loro, cioè far corrispondere la forma di una nuvola ad una determinata immagine; io e mio fratello lo facevamo spesso, poi ai giochi si sostituirono i libri, ai libri l'approccio con la realtà e alla realtà?
Il mare è calmo, il terribile vento che la notte precedente aveva devastato ogni cosa, ha portato tutto via con sé, tranne il vecchio blue.
Non riesco a distinguere la linea di confine che lo separa dal cielo, sembrano fondersi insieme, come due amanti, non si distinguono più le loro braccia, il cielo si abbandona al mare, il sodalizio è suggellato, più cerco di districarli e più affonda il mio sguardo, non riesco a distinguere particolare, ma nemmeno ad abbracciare l'universale fusione...non ne sono capace.
Non vado più a scuola da parecchi giorni, tutto ormai è acqua passata, compagni, prof.
Un professore un giorno mi disse "ultimo della classe, primo nella vita" si sbagliava, o Dio, come si sbagliava!se oggi sono qui, vivo, probabilmente non lo sarò domani.
I rimorsi cominciano a rodermi l'anima, non sarò mai 'primo' nella vita, un altro occuperà il mio posto e mi sbatterà la porta in faccia, con uno di quei sorrisi falsi e con tante promesse mai mantenute.
Ho fame, sono due giorni che non mangio e nessuno sembra preoccuparsi della mia assenza, di me, sono figlio di nessuno:
ho una madre troppo impegnata a non fare niente, un padre insensibile, un amico che non mi viene a cercare...
infondo è meglio così, il mio gesto non deluderà nessuno, neanche me, io nell'atrocità dei miei pensieri riesco ancora a trovare dignità.
Non voglio andarmene senza prima aver lasciato un segno, come un uomo famoso, come gli eroi dei films, scriverò una lettera, sì, una lettera al mio amico, sono sicuro che mi capirà, che capirà la mia voglia di andarmene in silenzio, capirà che non è sbagliato, per me, desiderare la morte.
Dal mio zaino esco un quaderno e strappo l'ultimo foglio, concedo ancora un'occhiata alle pagine scritte, scorgo il 'ti amo' della mia compagna di banco, peccato!forse soffrirai anche tu, mia dolce amica?tu e Al.
Comincio a scrivere.
 
***
 
Ho appena finito, non è certo un inno alla vita, ma, capitemi, io della vita voglio solo la parte conclusiva, quando si dice 'vi ho sempre amato, addio!'. Chiuso il sipario.
Dopo avere nascosto la lettera, vedo Al che si avvicina, è arrivato troppo tardi.
Non sembra arrabbiato, il suo andamento è lento ed ha le mani in tasca, si aggiusta i capelli scombinati dal leggero vento che lo accompagna e dice: "Ero sicuro di trovarti qui, è sempre stato il tuo posto preferito, che ti sei messo in testa?"
Non esce dalle mie labbra nessuna parola, alzo solo le spalle come per prenderlo in giro, ero consapevole del fatto che, se avessi detto anche una sola parola, sarei scoppiato a piangere, così avrebbe capito il mio intento.
Per tutta risposta al mio gesto, mi mollò un calcio e sorrise, rido anch'io, ne sono ancora capace, poi Al continua a parlare "Mi ero preoccupato, pensavo che fossi malato, perché non ti sei fatto più vedere in giro, io non ho fatto un bel nulla, no lavoro, nemmeno alla stazione a prendere un treno, come facciamo di solito".
Già, io e Al spesso prendiamo il treno, riuscendo a non pagare il biglietto, viaggiamo per chilometri e chilometri, senza avere una meta stabilita, come è tipico di noi ragazzi 'maleducati' per i quali fumare significa essere adulti.
Nessuno accende la sigaretta come facciamo noi: estraiamo il pacco dalla tasca, con molta calma, pieghiamo la testa verso destra e, con occhi semichiusi, tiriamo fuori una siga dal pacchetto tutto piegaticcio, poi prendiamo, sempre con la stessa lentezza, l'accendino, che nel nostro gergo abbiamo nominato 'fuoco', e accendiamo la benedetta sigaretta, questo rituale si ripete volta per volta.
 
***
 
Rivolgo un ultimo sguardo all'ambiente che mi circonda, la spiaggia, il mare, i gabbiani...
Al mi chiede "Dove andiamo?"
Rispondo io sottovoce "Lontano".
"Dove?" non ha capito la risposta.
Nell'intento di scacciare anche quei bei ricordi che mi avrebbero tenuto ancora lì, con le lacrime agli occhi e il sorriso in faccia, gridai come un forsennato "Addio!Voglio morire e non toccare più questa terra arida, arida di sentimenti, non voglio incontrare più gente, di nessun tipo, sperare in un futuro migliore per me, udire altre parole..."
 
***
 
Mentre diceva queste parole, si avvicinava verso la riva e continuava a rivolgermi uno strano sorriso, misto alle lacrime, come se volesse dirmi qualcosa e continuava a gridare, a sputare in faccia al mondo, un pazzo un pazzo!
Entrava in acqua sempre di più, io non riuscivo a fermarlo, le mie gambe, come le mie braccia, tutto il mio corpo era immobile, fissato al suolo.
Invano le mie grida lo distoglievano da quell'intento macabro, diceva "Io sarò con te, ogni volta che vorrai parlarmi, io sarò sempre qui, diventerò mare, cielo".
Continuavo sempre a gridare, disperatamente, e quando mi resi conto di ciò che stava accadendo, era troppo tardi, scorgevo solo il suo corpo, salire e scendere e poi la sua mano mi salutava, ora saliva ora scendeva e poi... poi signor commissario non lo vidi più.
 
***
 
A distanza di molto tempo, oggi leggo la lettera che il mio amico ha lasciato quel giorno, comincio a leggere, ma la parole sono un po' cancellate, comincio...
Caro Al
Non sono molto bravo ad esprimere i miei pensieri, specie in questi ultimi tempi, la rabbia mi ha trasformato in un mostro, l'infelicità in un essere desideroso di morte, è dunque questa la vita?
Tanta follia per niente caro amico.
La gente si ostina a vivere in un mondo pieno d'indifferenza, di pregiudizi.
Io sono stanco, quando chiudo gli occhi immagini orribili si susseguono l'una dietro l'altra, sempre uguali, come in un vecchio carillon che gira.
Ho trascorso tante notti insonni, pensando al modo giusto per morire, ti prego, non stare a giudicare se sia giusto morire o se esiste un modo, la mia malattia mi ha portato qui, il fuoco che ardeva dentro di me si è ridotto ad una debole fiamma, che da un momento all'altro si spegnerà, completamente.
Non sono pazzo, sono solo stanco di portare questo corpo in giro per la vita, ho voglia di spegnermi e tornare da dove sono venuto, dal nulla: il mio odio è così grande da rifiutare ogni sopravvivenza.
L'essere umano soffre ancor prima di avere coscienza, tutte le sue lacrime lo dimostrano, dalla nascita alla morte, ma io non voglio piangere per la mia morte, me ne andrò col sorriso vero, con la felicità di chi ha trovato la libertà perduta o scoperta per la prima volta, voglio tagliare i ponti con questa vita e rinascere in altro, ti scrivo dunque addio, perché non mi vedrai più correre e sorridere, ma se saprai vincere l'apparenza e quel muro che impedisce di scrutare l'animo riuscirai a scorgere il mio volto, nel tuo cuore, tutti i ricordi ritorneranno a vivere, scoprirai che quest'addio è un arrivederci, ritornerò ogni volta che lo vorrai, se lo vorrai.
Per sempre il tuo grande amico.
 
***
 
Amico mio, sono venuto a farti visita, sono qui, di fronte la tua tomba, e ancora adesso cerco di scoprire le ragioni che ti hanno portato a compiere un simile gesto.
Io non sono solo oggi, in questa spiaggia deserta, per la prima volta, ho portato mio figlio.
Guardalo, è lì che corre e non ha paura di cadere o farsi male, io gli starò sempre vicino e mi comporterò bene con lui, io sono suo padre.
Amico mio, mi manchi, non ho raccontato mai a nessuno di te, quella parte della mia vita se n'è andata, infondo al mare.
Spesso il mio bambino mi chiede se ho mai avuto un migliore amico, io gli rispondo di sì, ma con tanta rabbia, perché la vita non si lascia così, perché si combatte ogni giorno e spesso si vince, guardami, io ho vinto.
Mio grande amico, la vita ci chiama a fare delle scelte, tu hai scelto di morire, io scelgo di vivere ogni giorno, per me, per mio figlio, per la mia famiglia.
Adesso sto piangendo, ho tante lacrime per questo posto e attorno nessun muro che mi possa isolare, sono come hai voluto tu, adesso sono un uomo.
Addio.

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Ins. 21-10-2003