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- Ignoti
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- Lucia, io stanotte l'ho sognata e da
questa notte so quanto profondamente Lei sia
entrata in me...
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- Una fanghiglia appiccicosa ha coperto gli
scarponi, le divise, gli uomini. Ogni cosa si possa
vedere.
- Una brodaglia ocra e pesante è
stesa al suolo a riempire le impronte, le tracce,
le buche e gli scavi del terreno, a bagnare i
detriti e le baracche, i sentieri scavati e buttati
a casaccio nel fango.
- Sullo sfondo, una fila interminabile di
soldati cammina lenta, puntando verso il sipario di
nuvole chiare e di cielo sereno.
- Davanti, in primo piano, è un
fante seduto su di un legno mezzo sommerso dal
fango.
- Il giovane con un bastone stretto nella
mano sinistra traccia righe dritte sul terreno
devastato.
- Nella mano destra ha un foglio
stranamente bianco e pulito, piegato fra le sue
dita.
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- Lì.
- Seduto davanti ad un cratere rotondo che
sprofonda dolcemente nel terreno.
- Seduto davanti alla piana cosparsa di
piccoli affossamenti circolari che scuriscono e
punteggiano qua e là il terreno rossiccio,
arido.
- Intorno a me è il silenzio, solo
rotto da qualche canto d'uccelli e spalmato del
ripetersi uguale ed eterno degli insetti.
- D'improvviso il rombo devastante di un
caccia supersonico attraversa come un'ombra
violenta l'immobile tranquillità ed il
cielo.
- Alzo la testa, a seguire la striscia di fumo
bianco e denso che si va allargando tra le
nubi.
- Non riesco a scorgere gli uccelli che hanno
cantato con insistenza fino a poco fa.
-
- ...Lucia, ho ritrovato la sua presenza
questa mattina. Mi ha allontanato per un attimo da
questo posto, da questo sovrapporsi di uomini, di
sangue, di morte.
- Questa mattina mi è parso di
risentire la sua mano inguantata che stringeva la
mia. Ho avuto la sensazione che quelle dita fossero
la stretta che io stesso avrei dedicato ad un altra
persona...
-
- Una scarica di mitragliatrice, distante,
svogliata. Poi ancora un silenzio ostinato,
pesante.
- La teoria di soldati continua a sfilare
inesorabile sullo sfondo.
- Si notano ammassi di rocce, qua e
là punteggiati dalle strisce scure dei
reticolati e dalle file bionde dei sacchi di
sabbia.
- Il fante porta con un gesto lento il
foglio alla bocca.
- Si libera la mano destra, reggendo la
carta ripiegata fra le labbra.
- Poi incomincia a slacciarsi lento la
giacca della divisa.
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- Sento il rombare dell'aviogetto sparire
lontano.
- Gli insetti ricominciano a riempire il
silenzio. Torno a guardare il paesaggio, segnato da
una strada in terra battuta. Qualche metro
più avanti la via disegna un'ampia curva di
tono più scuro.
- Matasse di filo spinato arrugginito
punteggiano qua e là la pianura, accanto ai
crateri e agli arbusti. Riprende timido il canto
degli uccelli. Schegge di legno, imbiancate dal
sole, sono sparse tra le rocce chiare.
-
- ...Credo che questo ritrovare Lei in me
sia la forza che mi sta donando il coraggio di
scriverle.
- E oso immaginarla seduta mentre legge le
mie povere righe.
- E oso immaginare, Lucia, che da queste
povere righe traspaiano almeno in parte i
sentimenti che mi stanno
travolgendo...
-
- La carta stretta tra le labbra trema
leggermente mentre il soldato estrae dalla tasca
interna della giacca una fischietta.
- Si sente da qualche parte un colpo
d'artiglieria, poi un sibilo e un tonfo
distante.
- Il soldato non se ne cura, apre la
borraccia e se la pone fra le
ginocchia.
- Dall'interno della giubba estrae una
busta che sembra di cuoio. Versa dell'acqua sulle
mani e con gesti delicati pulisce la tasca di pelle
dal fango di cui era ricoperta.
- Poi si versa altra acqua sulla mano, a
lavarsela.
- Soffiando leggero, asciuga le sue
dita.
- Prende il foglio e con gesti lenti lo
pone nella busta.
- La rimette nella tasca interna della
divisa.
- Si sente un'altra esplosione, lontana,
poi un sibilo che si fa più
vicino.
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- Sento un clacson d'automobile risuonare da
qualche posto lontano.
- Delle strisce rocciose segnano i limiti
della pianura.
- Roccia chiara, che ritrovo sparsa e
frantumata ai miei piedi. Disseminata in schegge
ovunque, a punteggiare il terreno
argilloso.
- Il bianco di quelle pietre nello scontrarsi
col sole mi provoca d'improvviso quasi un senso di
vertigine.
- D'istinto distolgo gli occhi dal suolo,
guardando il cielo.
- Vengo distratto da un muoversi fulmineo e
rumoroso.
- Ritorno a guardare in basso, verso uno
stormo d'uccelli che s'alza in volo da una
buca.
- Li seguo nel loro spostarsi. Gabbiani che
puntano il cielo. Verso l'impronta ormai quasi
illeggibile lasciata dal caccia militare.
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- ...Lucia, lei è così
distante da tutto questo orrore che mi circonda,
è così distante da questo assurdo
essere uomini, è così distante da
questo morire per la Patria, ed è
così distante da questa Patria per cui gli
uomini stanno morendo, che scriverle è come
se mi portasse in volo un po' lontano da
qui...
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- Il sibilo diventa un trascinarsi
lancinante.
- Poi un'esplosione di fango e fuoco copre
tutto il paesaggio.
- Scintille. Polvere. Acqua. Odore pesante
di zolfo.
- Poi, dietro al fumo che si va diradando,
più niente.
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- Alzo la testa seguendo lo stormo bianco che
vola leggero finché non sparisce
nell'orizzonte, in un punto abbagliato di
sole.
- Accecato e infastidito, mi alzo.
- Abbraccio lentamente con lo sguardo il
paesaggio nudo e silenzioso.
- Cammino.
- Mi fermo solo un istante, davanti ad un
cippo.
- Pietra e parole ormai sbiadite dal
tempo.
- Tempo che è sottrazione fra me,
lì, e una guerra. Lì.
- Mi allontano.
- Non mi volto più.
- Chiudo gli occhi. Sforzandomi di sentire il
respiro esplodere dentro di me.
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- Lucia, Le chiedo di poter incontrare
ancora una volta le sue labbra, di poter incontrare
ancora una volta il suo sorriso, Le chiedo di poter
sfiorare ancora le sue dita.
- Lucia, glielo chiedo
disperato.
- Per il rispetto che Lei, come l'universo,
dovete ad una vita pur piccola e insignificante
come è la mia. (Lettera rinvenuta su ignoto
- Carso - 1916)
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