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Gaetano Caricato

 

«La poesia, come la musica, è la voce dell'anima che, vibrando all'unisono con le gioie o le sofferenze che l'esistenza le arreca, ne lascia una traccia più o meno indelebile.

Ho avvertito sin da piccolo questa esigenza, ma sono stato sempre severo con me stesso.

Ho avvertito che se l'Arte deve contribuire ad elevare lo spirito delle creature, e a purificare i suoi sentimenti e i suoi pensieri, per penetrare negli abissi misteriosi dell'anima umana e dell'intero Creato, è fondamentale il progresso scientifico.

Ed essendo ugualmente innamorato della Poesia e della Fisica Matematica, ho voluto percorrere entrambe queste strade. Ho dedicato finora molto più tempo alla Fisica Matematica conseguendo risultati concreti che mi hanno permesso di insegnare questa disciplina dapprima nell'Università di Napoli Federico II e poi nell'Università di Roma La Sapienza.

Ma ora che desidero compiere una sintesi del lavoro da me finora svolto, sto riprendendo in mano anche le pagine di poesia scritte per soddisfare i bisogni dell'anima: tracce e frammenti di brama di vita, contemplazione del Creato, profonda pace, gioia o sofferenza o tormento. E lentamente le affido alla Storia».

Gaetano Caricaro è stato inserito nell'antologia del premio letterario Città di Melegnano 1997, clicca qui per leggere l'opera.

L'Avisio

 

Acqua che scorri ininterrottamente

tra verdi prati soffici e odorosi,

boschi di abeti ove più lieve ancora

avverte l'anima l'indefinita

ansia d'eterno, infondimi un frammento

dell'enorme poter che Dio t'ha dato.

Fragile è il corpo mio più dei fuscelli

che tu trascini nel perenne fluire;

ma inesauribile l'anima mia

dal perenne vigor con cui sospingi

corpuscoli, fogliame, ramoscelli

trae un'intensa forza che l'eleva

fino a quel limite vago ove un'arcana

soave gioia tutta la conquide.


 

Piazzetta Giusti

 

Nella piazzetta che lampade vive

e balconi fioriti rendon gaia

giovani donne ed uomini fiorenti

canta in coro «amor quando fioria»

presso una stele che ricorda ai vivi

chi offrì la sua vita in una guerra.

Stanno su un podio, e tutt'intorno, attenti,

donne eleganti ed uomini cortesi

odon seduti il madrigal senese

sorseggiando una bibita o un gelato.

 

È tepida la sera settembrina

ma d'improvviso folate di nebbia

invadono la piazza; tremolanti

diventano e lontani, volti, luci,

azzurre vesti e candide camicie:

una fantasmagorica piazzetta

tutta in un velo palpitante avvolta.

Mi pare di sognar. Si fa lontano

anche il brusio noioso d'un gruppetto

che non ama il bel canto. Divien vago

perfino il corpo mio. Pallidi raggi

di rifratti color tingono il cielo:

come tenue farfalla abbacinata

ebbra, vagando va l'anima mia.


 

Lungo la via dell'Annunziata

 

Salendo per la via dell'Annunziata

con passo lento i ripidi gradini

della lunghissima scala che porta

fino alla parrocchiale di Ravello

spesso sostavo ad osservare i muri

che recingon la via, le ampie arcate

che sostengon le sovrastanti case,

cipressi e olivi che al di là dei muri

rivolti al cielo sembravano immersi

in una mistica contemplazione.

 

Il profondo silenzio che regnava

era turbato sol, con discrezione,

da un tenue gorgoglio d'acqua gaia

dentro i tombini della fognatura

e dai rintocchi lenti e regolari

dell'orologio della parrocchiale

che rammentava il flusso inarrestabile

del tempo ch'è concesso alle creature.

Talvolta riguardando fra i cipressi

intravedevo il mare non lontano

le luci tremolanti di Maiori

che dal placido mare s'estendeva

ai colli adorni di agrumeti e vigne.

 

La Luna inondava dall'alto

mare, vigneti, cipressi, olivi

e i tetti di coppi delle case

in quella tiepida sera di settembre

mentre lungo la via dell'Annunziata

solitario viandante, lentamente

con passo lieve avanzavo, sostavo

non volevo turbar l'immensa pace.

 

Anche la fontanina che l'arsura

placa nelle ore calde dell'estate

a chi percorre quella lunga via

pareva che tacesse. S'associava

in quella vaga sinfonia lunare.


Dal suo libro Frammenti:

E vado oltre quei monti

 

Quanta serenità sull'ampio piano

cinto da colli che il tramonto sfuma

di tenero pallore.

Deposto d'improvviso sul fogliame

all'ombra dei tepidi arbusti

d'alloro odoroso, il mio fardello

vado vagando su le sparse case

che occiduo sole avviva.

E vado oltre quei monti

oltre l'immensità che mi separa

al nido misero ma palpitante

della mia vita, e con trepidazione

a l'atmosfera che s'impregni e informi

sussurro che mi ha scritto Dio ne l'anima:

I fratricidi non ti uccideranno.


 

Non resta che il nome su una pietra

 

Torbide scorrono l'acque della Pescia

mentre sugli argini, con veemenza

il vento sferza le canne, le biodole

e rari uccelli spauriti.

 

Frettolosi passanti, indifferenti

van sotto i platani donde per caso

non penzolai anch'io tanti anni or sono.

Il ponte è lì più agile di prima

ma di quelli che ai platani appesero

non resta che il nome su una pietra:

monito inutile all'umanità.

 

Sono tornato a salutare Egidio

e a rivedere l'olivo, ancor più stento

cui tante volte deluso poggiai

l'arma e la schiena umida, dolente.

All'ombra sua più volte sognai

la prima alba di pace: si levava

un esultante coro da ogni luogo

del piccolo pianeta, e l'avvolgeva

una meravigliosa sinfonia

che l'anima inondava, inteneriva

rendeva puro il cuore.


 

E mi rivedo bambino

 

Memoria della Daunia è nelle fibre

più riposte dell'anima mia.

Mi par di risentire dei grilli

le monotone sinfonie che inondavano

le ampie distese di ristoppie;

di riveder le lunghe serpi che attratte

dal sole ardente lasciavano le tane

spesso impietosamente trapassate

dai rebbi selvaggi di un forcone;

di risentire il ronzio delle zanzare

che al tramonto dai fossi tutt'intorno

si diffondevano per ampio raggio

ad aggredire uomini e animali.

 

E mi rivedo bambino seduto sull'aia

presso una fioca lampada a petrolio

con altri bimbi attorno intrattenerci

giocando a carte fino a che il torpore

del sonno lentamente ci prendeva.


 

Non ebbi adolescente il privilegio

 

Non ebbi, adolescente, il privilegio

di poter ascoltar, quando l'avessi

desiderato, quello che accadeva

nelle varie regioni del pianeta

con la lieve pressione di due dita

su un nero magico pomello d'ebano

o, per sedare il mio spirito inquieto,

un melodioso brano musicale.

 

Potevo solo concedermi la sera

di passeggiar lentamente per le viuzze

antiche e buie che dalla piazzetta

delle tre Fiammelle mi permettevano

di giungere alla sveva Porta Arpana

e di sostare talor presso un uscio

ad ascoltar qualche triste notturno

scandito da un vibrante pianoforte

o una romanza eterea belliniana

o qualche notiziario che informava

di episodi esaltanti del Regime.

 

M'era piacevole pensare allora

nel buio di quei vicoli sì quieti

ad invisibili onde che remote

sorgenti a noi inviavan bisbigliando

impercettibile messaggio arcano.


 

La folla ascoltava in silenzio

 

Sotto il caldo sole d'agosto

la folla ascoltava in silenzio

le note dolorose dell'adagio

maestoso e solenne dell'Eroica

che una banda scandiva, nell'ampia piazza

docile alla guida del suo Direttore:

volti rugosi, bruciati dal sole

studenti, visi adulti gentili

tutti assorti nei loro pensieri

che quella musica mirabile destava.

 

La festa dell'Assunta, ravvivata

dal ricordo del ritrovamento

del quadro sacro avvolto in lunghi veli

che i Dauni vivono religiosamente

rimane un potente richiamo

per chi, lontano ormai dalla sua terra

avverte sempre profondo il legame

con l'immensa piana ove trascorse

la sua lieta o triste adolescenza

ove ascoltò dai suoi avi racconti

di transumanze, di fosse del grano

di privilegi sveli.

 

Anch'io ne sono lontano

ma mi rivedo spesso

vagare per viuzze e piazzette, o per gli ombrosi

vialetti della villa comunale

o far ricerche e consultar volumi

nella Biblioteca provinciale.

Ritorna spesso il mio pensiero ai luoghi

ove l'infanzia densa di eventi

ed una tormentata adolescenza

temprarono il mio spirito, il mio corpo;

in un cumulo di reminiscenze

sempre la mente rischia di affogare.


 

I falò

 

Era una fredda sera di dicembre

la luna piena inondava case e strade

in qualche vico falò scoppiettanti

fra grida festose di bambini

rosse nuvole di allegre faville

innalzavano al cielo; lieve brezza

diffondeva nell'aria il profumo

stuzzicante dei turcinielli

che brace ardente arrostiva

dinanzi alle porte, sulle strade.

Era costume ricordar così

l'Immacolata; al popolo piaceva

la pastorale usanza dei suoi avi.

 

La guerra cruenta di liberazione

distrusse tante bianche basse case;

migliaia di creature rimasero

sotto le ferree travi delle volte

o sotto i muri di tufo e mattoni

dell'umile loro dimora.

 

Spenti gli orrori dell'atroce guerra

pareva che la Terra palpitasse

tutta protesa a una feconda pace.

Ma fu per poco: e più fu l'illusione

dei semplici che ignorano le arcane

leggi brutali di sopraffazione

uniche ancora a scuotere e incitare

gli uomini schiavi a barbari massacri.

 

Eppur le madri schiudono alla vita

con gioia intensa tenere creature

e nel cuore del Cosmo eterna incalza

la misteriosa legge dell'Amore

che l'uomo non potrà mai sradicare.

 

Forse la guerra è pur essa una legge

che all'uomo è data, che non può annullare?

Dubbio crudele che non mi dà pace.

 


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