Autori contemporanei
affermati, emergenti ed esordienti
 
"Le mie parole
con
le ali di farfalla"

Poesie di
Isabella Michela Affinito.
L.30.000
 
" Il sorriso dell'alba "
 
Il primo canto d'uccello
e tutti gli altri all'unisono,
io ti raggiungo con gli occhi
desiderata Aurora!
Principio della vita
impensata madre di tutte le cose,
di tutti gli animali
e di tutte le piante,
quando giungi ci accarezzi
e dolcemente ci risvegli
all'esistenza
su questo mondo
verso il quale hai rivolto
il tuo lieto arriso.
Ma perché te ne vai
ogni volta
sostituendoti con la tua
contraria sorella Notte?
Tu non vorresti andartene:
io non credo
che la stanchezza
di tutta una giornata
di continuata luce
possa farti eludere
alla vista di noi mortali.
Tu vuoi solo farci il dispetto
di giocare a nasconderti
dietro i pesanti tendaggi
tirati dalla Notte,
per poi far capolino
di nuovo sorridendo
a noi che ancora una volta
abbiam creduto di perderti!
 
" Acquarelli "
 
Pallidi colori che ripassati
creano personali ombreggiature
alle volte piu accentuate
dal tratto forte di un bistro,
o leggermente spostate
dalle versatili manovre
di un pennello irrefrenabile,
restano comunque tenui velature
che non coprono l'intera campitura.
Paesaggi acquosi
dove un pigmento si e sciolto
in scolorite memorie
su una carta ruvida
divenuta ondulata.
E il tipico gesto di un pittore
alle prime armi
che vende i suoi acquarelli
senza dipoi pentirsi.
Sono immagini da reportage
di rocce, alberi, piante,
montagne, particolari architettonici,
di ruderi Classici,
ricordanze trasmesse
su un diario di viaggio
lo stesso di Albrecht Durer
o di John Ruskin,
oppure quello tracciato da August Macke
assieme a Paul Klee
nel loro viaggio in Tunisia.
Ma anche i nudi
del tormentato espressionismo di Egon Schiele.
Cosi inconsistente
la trasparente cromia
che frettolosamente veste
il disegno sottostante
cercando di assomigliare al vero
ed insieme all'atmosfera stregata
resta il foglio
di carta inzuppata!
 
 
 

In omaggio ad uno Stile nato alla fine del x1x secolo, basato su un

accentuato decoratismo e dalla scelta per le linee arrotondate.

 
" Art Nouveau "
 
Scherzavano ad inseguirsi
le linee suggestive
di chiara ispirazione giapponese
anche sulle ali di farfalla
delle eleganti entrate della Metropolitain di Parigi
e sulle squisite carte da parati della fine dell'800.
Allo stesso modo del decisivo segno
lasciato impresso da una stilografica
che interpreta una calligrafia
sinuosa ed aggarbata,
cosi le sottili ringhiere in ferro battuto
seguivano movimenti circolatori
protesi all'infinito quasi come
l'estendersi delle radici vegetali
che a migliaia si diramano a mo di serpentina
intrecciandosi fra loro.
Erano linee disinvolte,
libere di arrotolarsi nello spazio,
di abbracciare scale, mobili e gioielli,
di interpretare fiori, uccelli,
di sbizzarrirsi in tutta la loro evoluzione,
di diventare lavoro dell'artista
e costante motivo per un decoratore
che aveva scoperto un'Arte Nuova.
Le spille di Rene Lalique
con le classiche libellule,
le languide chiome dei capelli delle Gorgoni
del Fregio di Beethoven
di Gustav Klimt a Vienna,
l'evanescente Salome di Gustave Moreau:
un milieu simbolista
perso in un sonno senza ritorno
che viaggiando nel coinvolgimento
di uno stile volumetrico
aveva raggiunto anche il di piu.
 
 
 
" Polvere di Alabastro "
 
Scintille magiche
dai bagliori fulgenti
capitate disòpra
oggetti addormentati
senza più la vita quotidiana
che non li fa vivere da anni.
E' quel che resta compatto
di questa leggera polvere d'alabastro
sono le preziose sculture striate
che nel venire alla luce
hanno liberato migliaia
di quei minuscoli cristalli di gesso
che compongono la finissima polvere.
Probabilmente adesso
è piovuta sui ricordi sfioriti
che segnarono i festosi tempi
di un musico, di un genio
o di un pittore,
oppure è caduta
sulle increspate pagine
di un libro
che viene sfogliato dal vento
che dipoi si diverte
a minacciare il pulviscolo di brillantini
che pur impalpabili
attaccano l'inchiostro,
seppur da tempo essicato,
di quel particolare libro
scritto da un poeta
dopo aver nostalgicamente
elevato a simulàgro
un miniaturato pezzo raro
di variegata pietra d'Alàbastron.
 
 

Omaggio a mia madre.

 
Per te mamma.
 
 
Perdonami mamma,
se ti dico sempre
che non sono felice di essere nata,
ma è che avrei voluto darti di più
e non ci sono riuscita.
Sai quella vita che mi hai donato
non mi ha permesso
di diventare quella che sognavo.
Avrei voluto restituirti
i sorrisi che mi hai sempre dato,
l'amore che non mi è mai mancato,
il calore ed il conforto
che non mi hai mai negato.
Per te mamma,
vorrei fermare il tempo
perché non porti via
la tua bellezza eterea.
Per te mamma,
cambierei le regole del mondo
per farti rinascere di nuovo.
Solo per te mamma,
credimi
non mi pento di essere nata!
 
 

Omaggio alla donna cantata da Dante Alighieri nella Vita Nova e soprattutto

nella Divina Commedia. Compagna-guida del Poeta nel raggiungere le sfere

celesti, il suo nome è rimasto a significare l'allegoria della Beatitudine ed il

suo nome appunto fu quello di 'Beatrice'.

 
 
" Ti chiamerai Beatrice ".
 
 
Più che una musagéte
una creatura empirea...
Più che una donna
un'apparizione...
Più che un sentimento
un amore eccelso...
Più che un'ispirazione
della mente e del cuore
una Commedia Divina!
Un nome che sà di Cielo
lo stesso del Paradiso.
Donna Gentile in vita
angiolo tutelare nel noumenico.
Attraverso una rapita memoria
di chi smarritosi
nei meandri ultraterreni,
dapprima conosciuti come Ade,
venisti delineata
quanto una sfuggente Donna
beata e bella
come la realtà poetica dantesca.
Ti chiamerai 'Beatrice'
qualifica di modi e di abito
di eletta fattura
in seno ad un galetéo
dove regnavano solo
grazie e virtùde.
E' passato del tempo
da quando codesta gentil donna
di molto piacevole aspetto
salì all' 'altro passo '
verso la Luce
" e cominciò: " Le cose tutte quante
hanno ordine tra loro, e questo è forma
che l'universo a Dio fa simigliante. (Par.I,103-105)
E discriveva a Dante
il Paradiso
con gli occhi fissi al Sole.
Dante rivolto a lei
era incantato
come un pittore
difronte ad un Ritratto.
Si portò per sempre dentro
il ricordo
di una nuvola di fiori (Pur.XXX,28)
ora dormente,
ora figurazione d'amore,
ora morta,
ora beata. . .
E infin diceva:
" Ma quella reverenza che s'indonna
di tutto me, pur per Be e per ice,
mi richinava come l'uom ch'assonna. (Par.VII,13-15)
E non disdignava
di riconoscerla grande!
 
 
" Nel Regno dell'Arte ".
 
 
E' un luogo lontano
forse dove trascorrono il tempo
tutti gli déi. . .
Dove è sempre giorno
come nella Terza Cantica di Dante. . .
Dove creano le Muse
sulla cima del Parnaso
in un invisibile laboratorio
le mirabili opere
destinate alla vista
di noi miseri mortali.
Deve pur esistere
il Regno dell'Arte
perché non è solo l'uomo
a comporre,
a scolpire,
a ritrarre,
ma è in quel mondo
che prima si concretano le opere
per poi discendere
come desiderata manna
su quest'arida Terra
che ha acquistato un'anima
con il tocco magico dell'Arte.
E se davvero Euterpe
non avesse badato alla Musica,
e Tersìcore alla Danza
e Le Grazie alla Bellezza
ed allo splendore di tutte le Arti
che ne sarebbe stato
di un mondo senza colori,
grigio come il cielo
di un'interrotta pioggia,
perso e piatto
quanto un dipinto
prima di Giotto
senza sua maestà la Prospettiva.
Sarebbe stato sordo
senza le leggiadre note
della Musica. . .
Un mondo mancante
delle pietre del passato
che messe insieme
hanno formato
grandezze strutturali
al di là di ogni anonimato.
Basti pensare ai Grandi
elargiti dei doni
piovuti dal mitico Regno
dove l'Arte è un bel vestito
indosso ad Afrodìte!
 
 
 
 
 
" Gocce di luna ".
 
 
Non si possono afferrare
tutte le goccie di Luna
e nemmeno le stelle
che stazionano in cielo,
neanche la pioggia
trattenerla per mano!
Io prenderei solo
uno spicchio di luna
che gironzolando va
a far capolino
sulle speculari superfici
in una di quelle notti di piena
dove la ritrovi
tal qual rimandata
su di un lucido pavimento
di granito scuro
o su di una vetrata
palcoscenico della notte
apertosi alle ombre astratte
che in una pantomima
baloccano con tutte le goccie di luna.
E sali scalini
non ben definiti
e catturi con gli occhi
le traslucide perle:
tante lacrime di gaudio
che garbatamente rigano
il viso di una Luna
che sta ora apparendo. . . !
 
 
 
" Mondo Ellenico ".
 
 
Distante come gli scritti di Omero,
poetico quanto un verso di Amore,
tragico come l'avesse diretto Euripide,
complicato e vibrante
quasi come i Miti
di tutti gli dei.
Sei sbarcato lontano
dai tuoi luoghi natii,
hai portato i volti eterni
stampati nel caldo marmo greco
e sui drappeggi di chitone ed himation
son rimasti i vestigi
di uno stile delicato.
Statue senza occhi vitrei
ma istoriate dal perfetto dono
della Bellezza
esprimono un Ellenico influsso
dove tutto era considerato divino.
Si inseguivano gli dei
per quel mondo inventato
ed escluso agli occhi dei mortali
ma si udivano i pesanti sandali di Zeus
o il lieve passo di Afrodite
tra le fila delle colonne
dei loro maestosi Templi.
Ombre amiche calavano
sulle immote Sculture
quasi a catturarle
o ad abbracciarle
giocando a far cambiar
sembianze ad Hera,
ad Hermes o a Pallade Athena.
Non piu un bellicoso Ares
a distruggere per il gusto della guerra:
in quell'ambiente Ellenico
regnava il primato
di far diventar protagonista
anche un semplice masso
purtroppo rimasto fuori
dalle magiche Architetture Greche!
 
 
" Sulle rovine di un teatro greco ".
 
 
Gradoni smussati
che si riversano ora
su di un proskénion desolato.
Sono spenti
come addormentati dall'ultima volta
che hanno recitato gli attori
su degli alti coturni
celati dalla lunga veste del chitone.
Tra le colonne
dell'edificio scenico
dove una volta giravano i perìatti
osservo l'enorme cavea concentrica. . .
Quasi avverto mille occhi addosso,
quasi sento
con l'immaginazione
i coréuti che rispondono all'attore,
quasi vedo ottenebrato
l'intero Teatro
da un silenzio cosmico,
lo stesso che induceva
tutti gli occhi degli spettatori
a convergersi sulla skené
per lo svolgersi della Tragedia.
Dal primo
come dall'ultimo posto
il paradigma della vita
poteva seguirsi
con la stessa tensione:
gli attori guidati
dagli stessi poeti
accordavano il gesto alla parola
e la parola al gesto.
Scandivano una ad una
le battute di un dramma
intessuto di eroi,
di fraticidi, padricidi
con il fatale intervento degli déi
che in un modo o nell'altro
trasportavano la Tragedia
al suo compimento.
Come si poteva rimanerne distaccati
e non partecipare
assieme agli attori
a vivere quegli attimi magici
come lo era lo stesso Teatro greco?
Presentemente da quì si può fare:
da questa parte del Teatro
in codesto semicerchio di terra
spogliato della prospettiva
senza più vita,
senza più quegli attori
e quel pubblico
e neanche il coro,
io vivo le sorti
di un Teatro greco.
Quei gradoni che prima erano a squadra
ora sono consunti
per la moltitudine di gente
che ancora accorre
con trepida attenzione
difronte ad un proskénion
pronto a ridestarsi da un sonno
solo apparente
che non ha alterato nulla
alla Tragedia Attica!
 
 
L'Inquietante presenza di Athena Pronaia ".
 
 
Sò che sei ancora lì
mentre ti aggiri
fra gli enormi massi irregolari
che adesso giacciono a terra.
Un tempo tutti quei blocchi
formavano il tuo Santuario di Delfi.
Ora . . . li osservi di lontano
nessuno sà che ci sei
solo loro ti vedono
e ti riconoscono.
Neanche tu Athena Pronaia
osi calpestarli:
c'è del sacro su ognuno di loro,
dentro di essi
una misteriosa vita
perdura assieme a te.
Riprovi a componerti sul tuo piedistallo
vicino all'altare a te consacrato:
purtroppo mancano quei mitici eroi,
i guerrieri votati alla guerra
che prima di lasciare la terra
venivano ad offrirti dei doni.
Mandi il tuo sguardo al di là
delle stesse montagne
per ignorare l'erba cresciuta
fra gli stessi ruderi
ed i segni lasciati
dall'incuria dell'uomo.
Tacita. . . segui l'ombra
che fanno le alte colonne restanti
e comprendi che il tempo
non è più lo stesso:
è ora di tornare lassù fra gli déi
su un Olimpo rimasto tuttora a fissare
le gesta di chi non segue più le conquiste
lasciando che i sacri resti
diventino sabbia. . .
Di colpo dispàrisci
dentro una nuvola di vento!
 
 
 
" Ignota Abbazìa ".
 
 
Circondata da un'aura sconosciuta,
forse di un altro passato,
ti distacchi da quel mondo incantato
per diventare vera
al rumore dei miei sandali
che indegnamente ti riportano
ad un presente disilluso.
Monoliti segnati uno ad uno
da un tempo implacabile
siete freddi come la rugiada del mattino,
come l'acqua invernale,
come un bicchiere riempito di solo ghiaccio,
come un vuoto metallo sferzato dal vento,
come una livida mano senza più vita.
E' una pietra che durerà ancora,
che numererà altri secoli,
farà una disputa con il tempo
per vedere chi giungerà prima alla fine.
Mi piace all'interno
quella luce un po' dimessa
che dalle strette bifore entra,
filtrata minuziosamente per non eccedere
e rovinare immancabilmente quel fascino
che mi riporta a trascorrere
e a risentire ancora,
seppur in una lontananza immaginaria,
le Sante Messe medioevali
dove le forti omelie di Vescovi
facevano eco
per tutte le lunghe e alte navate
fino a sfiorare i cuori più insensibili.
Nel silenzio di questa arcana abbazia
si tramanda la storia
e si conservano le rare e preziose ricette d'erbe.
Fuori il mondo incalza con il progresso,
dentro, invece, ancora si conserva
l'essenza misteriosa della vita:'lo Spirito'.
Avvolta da una pace irreale
la secolare abbazia
spiccherà il suo volo
nel nuovo Millennium!
 
 
" Déa Roma ".
 
 
Guardavi inorgoglita
come 'cresceva' Roma
contando i secoli
alla maniera di giorni.
Non ti bastò Giulio Cesare
e nemmeno il potente Augusto
per fare della tua Roma
la Capitale,
ma una scìa di Imperatori
costruirono un pezzo
della Tua gloriosa Storia.
Più forte della Dèa Giunone
nelle guerre per terre e per mari
vincevi senza alcuna condizione
integrando nel tuo Impero
colui ch'era sconfitto.
Sei arrivata persino ai confini del mondo
che restano tuttora segnati
dalla tua opulentia. . .
Non potevi farti dimenticare
facilmente
e così hai consegnato
alla futura discendenza
le tue memorie
in ricordi di pietra.
Più forte dello stesso Giove
hai piegato l'altrui fermezza
facendo risuonare a colpi di metallo
gli scudi del tuo invincibile esercito.
Ti sedevi al tavolo
con tutti gli altri déi
sentendoti tu la sovrana del mondo.
Hai visto il biondo Tevere
alternare diversi colori. . .
Hai visto sgomenta
gli affronti subìti:
i passi indegni dei Barbari
sopra le lastre imperiali.
Ma tu hai visto anche
la Roma rinata.
E' diventata così la tua
Città eterna.
E continui a guardarla
senza battere ciglio!
 
 

Omaggio a Michelangelo Buonarròti, scultore, pittore, architetto, poeta italiano

(1475-1564), che tra il 1508 ed il 1512 decorò la volta della Cappella Sistina in

Vaticano. Tra il 1536 ed il 1541 la completò con il 'Giudizio Universale' realizzandolo sulla parete di fondo. Tra i riquadri della volta, c'è la gloriosa

" Creazione dell'Uomo " dal quale è nata questa mia lirica.

 
 
" Finalmente Dio disse: 'Facciamo l'uomo'. . . ". (Genesi1,26)
 
 
. . . allora il Signore plasmò l'uomo
con la polvere del suolo
e soffiò nelle sue narici un alito di vita
e l'uomo divenne un essere vivente ". (Genesi 2,7)
Volgersi addietro
nella lontanissima Genesi
a ricercare un Dio
per conferirGli un Volto
ed un Primo Uomo
per dargli la vita,
fu per Michelangelo
il suo sublime traguardo.
Preso dall'estasi dell'ingegno
immaginò
su di un azzurro lapislazzolo
intenso come il Creato della Genesi
l'istante della Creazione dell'Uomo
perpetuandolo
nell'apparente congiunzione
dell'Indice di Dio
con quello di Adamo.
Astratta unione
avvenuta solo mediante
la potenza generatrice
scaturita dalla Mente di Dio:
un Indice della mano destra
che additava,
comandava,
comunicava con un Adamo
ancora accasciato a terra
incapace di sorreggere
il peso di se stesso
della Creazione di Dio:
'l'Uomo'.
Dunque non ancora pronto
e a stento rispose a Dio
con un accenno di mano sinistra,
debole ed inconsistente
non adeguatamente ricettiva
ed atta ad imbeverarsi
invisibilmente
dello Spirito della Vita.
Ponendo
in un ipotetico centro cosmico
l'incontro dei due antitetici indici,
Michelangelo idealmente
li fece unire
ma mai si toccarono. . .
A Michelangelo bastò quel gesto
per discrivere la Potenza di un Iddeità
che da quel preciso momento
fece scandire nell'esistenza dell'uomo
un ritmo sempre uguale:
il battito del suo cuore.
A Michelangelo non bastò immolare
tutta la sua intuizione creativa
per dare delle tinte cromatiche
ad una scena come la biblica
'Creazione dell'Uomo':
andò oltre il soffio di Dio
immesso nelle narici di Adamo.
Per lui l'Onnipotente Dio
si era proteso
raggiungendo un'infinitesima distanza
verso un corpo
modellato a sua immagine e somiglianza
per donare all'Uomo
la Lampada della Vita.
' E venne sera, . . . ' ( Genesi 1,5)
 
 
 

 

Omaggio alla figura di Antonio Canova (1757-1822), un artista neoclassico

italiano che divenne uno dei più famosi scultori del XVIII secolo. Uno stile

che applicato ad una pietra dura come il marmo, lo ha investito di una luce

propria tanto da non risultare più freddo e monotono, ma 'raddolcito' da

una fiamma bianca di vigore canoviano.

 
 
" Polvere di marmo dalle mani di Canova ".
 
 
La scultura modellata
con le sue mani
diventava oro
colato uniformemente
su sembianze irripetibili
e forse divine
per niente confondibili
con altrui sculture
solo un Canova era Canova!
Nobile semplicità
lasciata vivere
dentro e fuori la superficie
di un immacolato marmo
reso unico
dalle sacre mani del Canova.
Antichità in forma di bellezza ideale
e mentre il Neoclassicismo chiedeva
conformità e misura
Antonio Canova dimostrava
di raggiungere il superiore
infondendo calma ed armonia
nei corpi dei suoi 'figli di pietra'.
Un fuoco bianco li attraversava
depurandoli dagli impercettibili errori
elevandoli.
E non chiedeva altro
che di rappresentar la Perfezione
come gli scultori della Grecia Ellenica
tornata in auge proprio ai suoi tempi.
Quando Possagno
ti diede gl' illustri natali
non sapeva di dare al mondo
un eccellente scultore
dallo squisito Ideale
che già nel bozzetto iniziale
studiava di superare l'umano,
l'imperfetto.
Non più Fidia o Prassìtele
a forgiare creature eterne
nella Grecia antica,
ma polvere di marmo
venuta fuori dalle mani di Canova
che si concretizzava
per diventare Classica e Pura!
 
 
 

Dedicata all'antichissima tradizione storica, nonchÈ spettacolare partita a scacchi 'vivente', che negli anni pari si svolge nella piazza Castello della cittadina trecentesca di Marostica nel Veneto.

 
" La Marostica, ovvero il gioco degli Scacchi ".
 
 
E' vero che là
all'ombra del Doglione
merlato a coda di rondine
avviene il grande gioco degli Scacchi?
Ma i pezzi sono viventi!
Gli sbandieratori aprono il Torneo.
I Pedoni,
soldati del Re,
schierati in prima fila.
I Bianchi contro i Neri
sembra una battaglia trecentesca!
Ma che linea difensiva,
che perfezione di panneggi
che ricalcano la scacchiera
nel suo intervallo cromatico.
Ognuno nella propria casella
lotta per conseguire la vittoria.
La Torre sempre attenta
aspetta la sua colonna libera.
Che incipiente lavoro
quello di concordare l'altrui astuzia
per evitare la fatale minaccia al Re.
Quei fedeli Pedoni
che sono più forti
quando formano
una catena umana in trasversale.
I Cavalli sempre al centro
per avere più campo di caselle.
Gli Alfieri
che colpiscono alle spalle.
La nobile Regina,
il pezzo più forte,
disposta a dare la sua vita
per salvare la gran partita.
Un corteo di strascichi
con velluti e broccati,
di luci e suoni polifonici,
una maestria di difficili movimenti
e facili catture:
pezzi che vanno via
e quelli che rimangono
si ingegnano per sfatar
la cattiva sorte.
Nella terza ed ultima fase
il Re entra in scena,
combatte finalmente
per essere il più forte.
Ma due Re sulla scacchiera
non possono durare,
uno solo rimarrà per prevaricare,
con la buone azioni
o con i sortilegi,
per riuscire solo e sempre
a comandare!
 

In omaggio a Gustav Klimt (1862-1918), pittore ed incisore austriaco che ha fatto della 'donna' il soggetto ossessivo della sua mirabile Arte.

 
 
" Alla maniera di Klimt ".
 
 
In una Vienna dorata
come il fondo
dei tuoi impareggiabili Fregi
dove le chiare spirali
dell'Albero della Vita
ben si accordavano
con l'inclito Abbraccio
e la lunga Attesa.
Materiali colorati
che non bastavano a rivestire
la tua congettura
proiettata su bianche pareti
che dopo vestivano l'aspetto
di un'accurata decorazione
simile ad un prezioso mosaico.
Sei entrato come un esperto osservatore
in quel mondo muliebre
per scoprirlo sino in fondo
e riportare alla luce
sensualità e versatili metamorfosi
attraverso le quali
presero vita la tua Igea,
la tua Giuditta,
la tua luminosa Danae,
la tua Pallade Athena,
le tue Gorgoni,
le tue simboliche Allegorie,
della Giovinezza,
della Scultura, della Tragedia ...
Tutte donne rivestite
di quel lucore inconfondibile,
che trasmettevi a colpi
di leggero pennello
addestrato a far diventare
tutto Teatrale
con l'uso di simboli antichi
collegati a quella realtà idealizzata
nel fitto intreccio dell'Art Nouveau.
Sinuose, evanescenti,
antropomorfe, androgine
figure femminili,
per lo più ricoperte da lunghi manti
di capelli ramati
come dettava la moda di allora,
hanno configurato il mondo di Klimt.
Sono state la sola forza dominante
della sua indorata Arte...
Sono state le pazienti di quel ' medico '
che ha studiato
la loro complicata psiche e natura...
Sono state le sue modelle,
le sue amiche,
le compagne di Klimt...
Sono state la sua vita,
senza di loro Gustav Klimt
non avrebbe potuto ' inventare'
le famose immagini
di quel mondo d'oro
tutto al femminile.
 
 
 

 

Omaggio al Carnevale di Venezia: una città che si trasforma riecheggiando un clima di pieno Settecento tra calli, campielli e sestrieri con eleganti sfilate in maschera e cortei di gondole sotto Palazzi addormentati.

 
 
" Carnevale a Venezia ".
 
 
Tra pomi d'argento
di bastoni galanti
e piume bianche di struzzo
attorno a un tricorno
dalle perle pendenti. . .
Tra ricamati polsini
di pregiatissimo Burano
e dorate maschere di seta
contornate da mantelli. . .
Si insegue infaticabilmente
il Sior Carnevale
detto anche di Venezia .
Sulle sponde del Canal Grande
c'è il ritorno ad una vita
vagabonda e libertina
come al Secolo dei Lumi
in quel clima in cui si visse
più in finzione che in realtà.
Già si sente su per le narici
l'ebbrezza della pomposità
interpretando canoni
all'insegna dell'ilaritade
seducendo con néi in taffettà
e schiamazzando per tutti li campielli,
sopra il Ponte di Rialto,
nelle calli e pei sestrieri
ossequiando tutti i menestrelli.
E poi al Gran Ballo,
alle Feste nei Palazzi,
giù a Piazza San Marco
per incontrare il Carneval
che a tutti lascia un qualcosa
anche a chi non ha il Costume.
Venezia è la più bella maschera
della Comédie Italienne
che vive ancor bambina
la stagione delle risa:
come farebbe a piangere
con tutte quelle Musiche
del tempo di Amadeus. . .
Come farebbe a smettere
di essere felice
in mezzo a tanto turbinìo
altamente vorticoso:
una Venezia d'oro
come i Mosaici della sua Basilica,
una Venezia acquamarina
come il colore dei suoi Canali,
una Venezia rosa
come il riflesso che fa il sole
quando illumina i Palazzi,
una Venezia sempre in Festa
su di una lucida gondola nera
che ancor cantando va
verso l'aurora.
Per leggere la prefazione del libro di poesie " Da Sparta ad Atene"
Per leggere le poesie del libro " Da Sparta ad Atene"
Per leggere la prefazione del libro di poesie " Le mie parole con le ali di farfalla"
Cenni critici sulla poesia di Isabella MIchela Affinito
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Agg. 04-11-2002