Scrittori italiani contemporanei
Isabella Michela Affinito
 

"Le mie parole con le ali di farfalla"
Cenni critici sulla poesia di Isabella Michela Affinito
 
 
Un linguaggio, quello della poetessa, che ha messo le 'ali' alle parole. E'vero. Si riconoscono liberi i suoi versi che alla fine non ci lasciano con la solita mestizia,
anzi ci hanno dato un po' di loro, hanno impartito a noi una lezione che sarà difficile dimenticare.
Prendere anche a caso una sua poesia e leggerla per rileggerla, significa non l'evasione, ma l'immedesimazione in quel determinato ruolo che, in quel momento
la poetessa vuole fare 'assumere', per fare ascoltare la 'sua musica'. E' una musica che sà di antico, che ha intinto i suoi scritti nel lontano Rinascimento italiano,
di quando l'uomo Ë divenuto consapevole di sè stesso rispetto all'intero universo e nacque allora l'Umanesimo, l'uomo con il suo valore tornato in auge. E' anche
una musica in un certo qual modo etnica, perchè la poetessa 'ascolta' con la sua particolare sensibilità, i suoni e le tradizioni di un meridione circondato dal
mare: vede in una Sicilia e in una Calabria, regioni culla di una tradizione Greca, una terra che probabilmente i suoi avi hanno conosciuto, perchè pur avendo origini campane per via del padre, si sente attratta dai mitici luoghi osannati dalla letteratura greca. Avrebbe voluto vivere su un'isola circondata interamente dal mare e parlare al cielo, nello stesso modo con cui Ulisse si rivolgeva agli dÈi e guardare sempre nella Valle dei Templi, i magnifici resti di una civiltà come quella appunto Greca. E' straordinario il suo 'fondersi' con tale cultura e poi ancora verso l'Oriente. Una volta da bambina amava circondarsi di grandi cuscini di raso e velluto con sopra disegni di elefanti e di fiori. Oggi appende alle pareti i tappeti-preghiera, apre separè intagliati con uccelli e palmeti, colleziona collane di ambra e lapislazzuli per conoscere il suo didentro, per ammettere a sè stessa che tutto ciÚ Ë vero e che all'in- terno delle sue vene scorre sangue bizantino.
La sua 'officina' Ë la sua casa, il suo viaggiare sono i libri, il suo credo che 'trasuda' da ogni suo verso è la forte 'spiritualità' intesa nell'ascesi in ogni sua forma. Lei non ama la quotidianità applicata ai rapporti sociali, alla sua attività letteraria, alla famiglia. Lei vorrebbe tutto 'trasportare' sul piano dell'irrazionale, di una realtà surreale, che sia capace non tanto di far sognare, ma di far vivere in un modo diverso la vita di tutti i giorni. Quando dà voce alle Colonne Doriche, in una sua omonima poesia, fa diventare umano ciò che è di marmarènio bianco e quando si trova davanti alla statua del Buddha in Estremo Oriente, ci porta a sentire
quello che lei percepisce, nonchè sottili vibrazioni dello spirito. Non ci si può confondere se si obbedisce ad un 'qualcosa' che esiste ma pur non si vede. La
poetessa è sensitiva in questo e ciò che scrive scaturisce appunto da questa sua 'fonte' che 'esiste ma pur non si vede'. Registra ogni sensazione, porta dai livelli del
subconscio a quelli piò elevati, la voce silenziosa della propria anima e infine, scrive, scrive senza fermarsi mai. Se avesse potuto scegliere, sarebbe stata una fatal modella di Gustav Klimt, un artista-compagna di Pablo Picasso, una ragazza tahitiana che avrebbe sicuramente conosciuto Paul Gauguin, un'infermiera discreta di Vincent Van Gogh, un'amica fedele di Vittoria Colonna per riuscire a conoscere piò da vicino il grande Michelangelo. Ora è sè stessa e lo sono anche i suoi versi, i suoi disegni ad inchiostro di China che, conservano senza saperlo, il sapore della delizia.
 

Delia Bulso

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Agg. 04-11-2002