LA PIÚ GRANDE
ANTOLOGIA VIRTUALE
DELLA POESIA ITALIANA

Poeti contemporanei affermati, emergenti ed esordienti

 

Franco Gilardetti
 
A ZINA E SILVANO
(Sonetto-Acrostico)
 
Vi lascio, con un po' di nostalgia,
Il vostro quartierino al terzo piano;
Anche se vado a stare in casa mia
Di voi ricorderò il calore umano,
Amicizia cordiale e simpatia;
Le operose giornate di Silvano
Meraviglioso esempio di energia
Applicata a un impegno quotidiano.
Zina e Silvano, il passo l'ho compiuto,
In questi giorni cambio abitazione,
Adesso, come abbiamo convenuto,
Non mi rimangio quel ch'è stato detto:
Ora ripeto, colmo d'emozione,
Vi tornerò a trovare, lo prometto
E vi saluto con sincero affetto.
 
 
4 NOVEMBRE 1984
 
Era l'anno già quasi terminato
quando venni a trovarti madre mia;
«mamma, il mio matrimonio è naufragato
e seguirò da solo la mia via;
mi spiace tanto di farti soffrire
ma sono troppo stanco di subire».
Tu mi guardasti coi tuoi occhi stanchi
e trattenendo il pianto prorompente
mi ponesti le mani sopra i fianchi;
poi sospirasti senza dire niente
e, per non farmi scorger la tua pena,
il volto mi appoggiasti sulla schiena.
Per non crearti dei nuovi pensieri
vissi per qualche tempo ancora solo
affrontando in silenzio giorni neri;
ma tu soffrivi per il tuo figliolo;
per consolarti ti dicevo spesso:
«Vedrai… saprò cavarmela lo stesso!».
Però dopo parecchie delusioni
iniziarono i primi cedimenti,
cercavo di nasconder le emozioni
ma tu leggevi nei miei sentimenti:
«Quest'oggi non sei tu, ti vedo assente…».
«Non insistere, mamma, non è niente…».
Tu fingevi di credermi ed intanto
rivolgevi la faccia verso terra
cercando di nascondere il tuo pianto
e dell'animo tuo l'interna guerra;
così passaron sette lunghi mesi
ed alle tue insistenze alfin m'arresi.
Quando con te io venni ad abitare
ti vidi finalmente più contenta
di potermi del tutto dedicare
l'ultima parte della tua esistenza;
che fu purtroppo breve, mamma cara,
ma forse fu la parte meno amara.
La sera, spenta la televisione,
ascoltavamo musica in cucina
e quando ti piaceva una canzone
eri contenta come una bambina;
ti alzavi in piedi e poi, con gran diletto,
canterellavi allegra il motivetto.
La domenica, a volte, mi chiedevi
di farti fare qualche breve gita
ma appena una chiesetta tu scorgevi
era quella la mèta preferita;
ed ogni volta tu volevi entrare
ed in silenzio metterti a pregare.
Però la tua salute declinava
e poco a poco ti lasciavi andare
vinta dal male che ti consumava
ed oramai già stanca di lottare;
fin quando sei partita, un triste giorno,
per un viaggio che non ha ritorno.
Osservo la tua foto un po' sbiadita
e, qualche volta, provo del rimorso
ma mi consolo ché, della tua vita,
quel breve tempo che con me hai trascorso
è stato il più sereno e il più felice:
ne sono certo, il cuore me lo dice.
 
 
 
PAROLE AL TRAMONTO
 
Sfogliando un'agenda finita
coperta di nomi, di date,
ho visto tornare alla vita
un po' delle cose passate;
a un tratto, non so dirti come
ho scorto, fra gli altri, il tuo nome.
Un vecchio indirizzo segnato
insieme col nome più noto,
un numero dimenticato
un sogno fugace e remoto.
E dopo, per pagine amare
di nuovo il tuo nome scompare;
per poi ritornare improvviso
stagliato, in un giorno di maggio,
un giorno che tutto ha deciso
togliendomi un ultimo raggio;
togliendo da un palpito vero
un raggio di sole sincero.
Passato quell'ultimo giorno
nei fogli che vengono dopo
quel nome non fa più ritorno;
son pagine senza uno scopo:
son piene di nomi, di note…
ma sembrano pagine vuote.
 
 
 
LA GATTA
 
… e cerca da tre giorni i suoi gattini
vagando senza mèta in ogni prato
si lamenta, chiamando i suoi piccini
fin quasi a rimanerne senza fiato,;
povera bestia! invano cercherai
te l'hanno uccisi, non li troverai.
Il gatto la pedina, assai bramoso
di ritornare alle moine usate;
essa lo guarda, poi con fare iroso
molla feroce un paio di graffiate;
ognun di noi pel suo dolore intende
e mai quello degli altri si comprende.
Ancora cercherà, povera bestia,
per altri giorni udrò quei suoi lamenti;
ritornerà sotto la mia finestra
per dilaniarmi l'anima coi denti;
per ricordar, con miagolio profondo,
quant'è cattivo, quant'è ingiusto il mondo.
 
 
 
A NORGE MORI
 
 
Fu garzone di fioraio
presso un certo Buttiglioni
ma passò ben più di un guaio,
rimediò tanti bidoni:
lo stipendio era modesto
ed a volte nemmen questo.
 
Messa a frutto l'esperienza
lavorò da giardiniere,
con tenacia e con pazienza
coltivò e poté godere
tante piante e tanti fiori
Sottomonte in Corte Mori.
 
Pienamente soddisfatto
della vita che ha passato
oramai si sente adatto
per campar da pensionato:
realizzando qualche lira
ha venduto e si ritira.
 
 
 
NOTTURNO FIORENTINO (acrostico)

Notte: dalla finestra semiaperta
Occhieggia un raggio della bianca luna,
Tenera, in me, un'immagine ridesta:
Traspare il volto di una bimba bruna.
Un raggio, che ogni notte s'introduce
Rilucente, invitandomi a sognare,
Nel guardare la sua pallida luce
Ora torna il mio cuore a sospirare.
 

Filtra m'abbraccia, e il debole chiarore
Intensa tenerezza infonde in me;
O palpiti più puri dell'amore!
Raggio di luna che mi sembra te.
E nella notte un tenero sospiro,
Nel cuore, come dolce rimembranza,
Tutta la tua dolcezza, il tuo respiro;
Intorno a me si annulla ogni distanza.
Notte; sull'ali della fantasia
Ora rivedo te, piccina mia.
 
A Chiara e Michela

Chiara è una diavoletta
tra le più forti tempre
che corre in bicicletta
e vince quasi sempre;
più tenera Michela
ha la passione mia
e dolce si disvela:
le piace la poesia.
Mi unisco al loro gioco,
dimentico gli affanni,
bambino, pressappoco,
di quasi sessant'anni.
Facciamo confusione,
l'ambiente poi s'infiamma,
siamo la dannazione
della nonna e di mamma.
Con Chiara e con Michela
c'è un amore sincero,
se non c'è parentela
se non son nonno vero
che cosa importa dunque?
l'affetto che non langue
vale sempre e comunque
ancora più del sangue.
Nipoti di mia moglie
giochiamo ancora un poco
per togliermi le voglie,
scaldarmi a questo fuoco,
tornar dall'a alla zeta
e quasi a mia insaputa
in quell'infanzia lieta
che non ho mai vissuta.
Anche se il sentimento
viene, a volte, deriso
mi reputo contento
per un vostro sorriso;
per questo alla fin fine
sarà una nota lieta
mie care nipotine
l'omaggio di un poeta.
Oggi è la vostra aurora
ma siete già cresciute,
vi accompagnino ancora
serenità e salute.
E nelle vostre vite
rimanga sempre intatto
l'affetto che nutrite
per questo nonno matto.
 
Il diluvio universale parte seconda

Quando Colui che tutto muove e regge
salvò dall'acqua alta solo un giusto,
promise di non fare altro trambusto
e perdonò lo spaventato gregge.

Ma fu di nuovo infranta la Sua legge
e per castigo ancora più robusto
mandò un diluvio di cattivo gusto
che si sparse, impazzito, in mille schegge.

E Lui che a tutto il mondo aveva dato
tanti artisti di grossa caratura
accolti, ovunque, con fortuna alterna,

per punir l'uomo d'ogni suo peccato
gl'inflisse una terribile sventura
il giorno che creò l'arte moderna.
 
A Franco e Rosanna

Beati voi che siete già in pensione!
un po' invidioso e un poco emozionato
vi leggo questi versi d'occasione
che quasi in fretta e furia ho preparato.

Godetevi il riposo meritato
adesso ch'è più quieta la stagione:
il tempo delle grane è superato,
ormai non siete più sotto padrone.

Contrariamente a quello che si dice
non è la fine della vita, questa,
ma la strada per renderla felice,

e l'occasione per riaverla piena;
non è giornata triste ma di festa
che prelude a una vita più serena.
 
Elogio della pigrizia

C'è chi mette forte impegno
nel lavoro e nella vita
e chi esprime grande ingegno
nella scienza preferita;
io non pratico, non oso,
sono pigro: mi riposo.
C'è chi inventa tante cose
per il bene della gente;
c'è chi osserva nebulose
e chi esplora un continente,
c'è chi cerca e affronta il rischio;
io son pigro: me ne infischio.
C'è chi vola su per aria,
chi si dedica al bel canto,
si diploma nell'agraria
od impara l'esperanto;
chi ci parla dallo schermo
io son pigro: resto fermo.
C'è il botanico che studia
il giacinto e la betulla,
c'è chi corre, c'è chi suda,
chi corteggia una fanciulla,
chi si allena e fa del moto
io son pigro: non mi scuoto.
C'è chi guida un aeroplano
e chi scala una montagna,
chi risolve un caso strano
e chi scopre una magagna,
chi si tuffa nell'abisso
io son pigro: sto qui fisso.
C'è chi legge un verso scemo
e ci trova chissà cosa,
c'è chi bazzica Sanremo
e chi fa un'endovenosa,
c'è chi strepita allo stadio
io son pigro: non ci vado.
C'è Dalmazio che, fra i denti,
mi richiede cose nuove
perché sono deludenti
tutte l'ultime mie prove
e s'inquieta, vuole molto
io son pigro: non l'ascolto.
C'è chi ha la fuoriserie
e viaggia come un matto,
chi lavora per le ferie,
chi dipinge un quadro astratto,
chi scolpisce una scultura
io son pigro: per natura.
C'è chi cerca onori e gloria
e ch'insegue la ricchezza,
chi modifica la storia,
chi commette una sciocchezza
Io non sogno, non m'illudo,
sono pigro: e qui concludo.
 
Elogio del ciclismo
 
Non esiste uno sport che sia più duro
e come questo intensamente bello,
che impegni a fondo e in modo duraturo
le gambe, il cuore, l'anima e il cervello.

Al giorno d'oggi e ancor di più in futuro
il tracciato è veloce, il mezzo snello,
leggero, maneggevole e sicuro
ma il sacrificio resta sempre quello.

Per questo il praticante ed il tifoso,
chi si diletta a fare del ciclismo,
anche s'esprime un tifo caloroso

è, quasi sempre, uno sportivo vero,
una persona senza fanatismo
ch'ama lo sport d'un amor sincero.
 
A Mario Cipollini
 
Sei una vera saetta grande Mario,
veloce e travolgente come un dardo
fulmini sullo scatto ogni avversario
piombando, vittorioso, sul traguardo.
Imposti le volate in modo vario:
calcoli tutto con un solo sguardo
poi sprinti con un guizzo straordinario
come, a caccia di prede, fa il ghepardo.

Se spingi sui pedali, a tavoletta,
lasciando alle tue spalle solo il vuoto,
sembra che per un magico intervento

all'improvviso la tua bicicletta
diventi uguale a una ruggente moto
che corre più veloce ancor del vento.
 
Una città nel cuore

O splendido paese marchigiano
come di te, con gioia, ne ragiono,
come ti penso quando son lontano
e ci sto bene quando poi ci sono;

per la tua gente ch'è così alla mano
e che mi offre questo grande dono:
il sentimento del calore umano
al quale dolcemente mi abbandono.

A Porto Sant'Elpidio son legato
perché mantiene un'anima sincera
retaggio di un durissimo passato;

perché conserva, quale pregio raro,
la cordiale schiettezza di quand'era
solo un piccolo borgo marinaro.
 
Nostalgia

Se passa un anno, un mese, un solo giorno,
o Porto Sant'Elpidio ti ripenso
e sento in me, sempre più vivo e intenso,
un desiderio: fare ancor ritorno.

Rivedere il tuo mare, i colli intorno
a te, paese con un cuore immenso
e riprovare di dolcezza un senso
che si rinnova ad ogni mio soggiorno.

Questa città moderna ha un cuore antico,
ogni abitante suo è cordiale, vero,
per questo conto qui più di un amico

che sarà sempre in ogni mio pensiero
fin quando della vita, nell'intrico,
avrò percorso l'ultimo sentiero.
 
Agli amici di Porto Sant'Elpidio
(per il restauro della torre)

Poiché la gente qui vien sempre accolta
come l'amico della porta accanto
tornare fra di voi mi riconforta,
da lontano vi penso con rimpianto.

Per questo son tornato anche stavolta
e ancora si rinnova in me l'incanto
di quando venni per la prima volta
e vi conobbi per amarvi tanto.

Ed oggi che rinasce a nuova vita
l'antica torre con il suo orologio,
un simbolo di storia e di progresso,

volevo essere anch'io della partita
sono venuto a farvi un altro elogio
pur se di tempo ce ne avete messo!

 
meglio andare sferzati dal bisogno
ma vivere di vita. Io mi vergogno,
sì, mi vergogno d'essere un poeta!
Guido Gozzano
 
Elogio di Gozzano parte seconda

Quasi un secolo fa Guido Gozzano
si vergognava d'essere un poeta;
al giorno d'oggi, e il caso è proprio strano,
persona non c'è più così discreta.

Adesso, invece, qualche ciarlatano
si esprime come fosse analfabeta
e per questo suo stile grossolano
crede d'esser chissà quale profeta.

Non v'è, però, chi sia meno moderno
di chi vuol sembrar tale ad ogni costo
e scrive frasi come un cavernicolo;

per non cader del tutto nel ridicolo
rimettiamo le cose al loro posto:
torniamo ancora al dolce stile eterno.
 
Ad un amico scomparso
 
Oggi sono tornato a ritrovarti
amico mio scomparso e non perduto,
oggi sono venuto a ricordarti
ed a portare un fiore ed un saluto.
A rievocar le lunghe passeggiate
e le liete, tranquille ore serene
che ogni anno, nel pieno dell'estate,
in questi dì trascorrevamo insieme.
Era, ogni volta, una diversa gita:
Massa, Cozzile, Serravalle, Uzzano;
mi raccontavi tutta la tua vita...
Croci, Verruca, Nievole, Stignano...
Questi paesi dolcemente amavi,
di ogni pietra sapevi dir la storia;
qualche volta, per strada, declamavi
le tue semplici liriche a memoria.
E possedevi un'ironia bonaria
diretta verso tutte le persone,
un'ironia così garbata e varia
da non sfiorare mai la derisione.
Ma un giorno, dal lavoro ero tornato,
mi giunse la tristissima notizia
che fu per me un colpo inaspettato
perché fra noi fu grande l'amicizia.
E poi tutto il paese, tutto il mondo
venne a porgerti l'ultimo saluto
ad esprimer l'affetto più profondo
a dimostrar quant'eri benvoluto.
Non ti ho perduto no, perché rimane
uno spirituale arricchimento:
con il ricordo delle doti umane
mi resta il tuo prezioso insegnamento.
E mi resta l'amore appassionato,
che della vita tua fu sempre il perno,
verso questa città dov'eri nato
e dove adesso dormi il sonno eterno.
Oggi sono tornato a ritrovarti
amico mio scomparso e non perduto,
oggi sono venuto a ricordarti
ed a portare un fiore ed un saluto.
Ora, a fatica trattenendo il pianto
vado, nell'aria tersa del mattino
verso quei luoghi che tu amavi tanto;
che caro amico fosti... addio Guerrino.
 
 
 
Preghiera
 
Quando calano l'ombre della sera
e tace tutta la campagna intorno
si leva dal mio cuore una preghiera:
ancora invoco Dio pel tuo ritorno.
Ricordo ancora l'ultima carezza
l'ultimo giorno che ti tenni accanto;
motivi di dolore e di tristezza
che ogni volta rinnovano il mio pianto.
Negli occhi m'è rimasto il tuo sorriso
rimembranza di un tempo ormai lontano;
talvolta mi ricordo il tuo bel viso
e accanto a me ti voglio ancora: invano.
E sempre all'alba quando mi ridesto
penso di averti ognora a me vicina
ma l'illusione mia svanisce presto
per rinnovarsi al sole ogni mattina.
Un giorno, forse, in fondo a quel sentiero
dove ansioso ti davo appuntamento
ti rivedrò: solo questo pensiero
più felice mi fa per un momento.
Ma poi, se penso che di giorno in giorno
è già passata un'altra primavera,
ormai non spero più nel tuo ritorno,
quando calano l'ombre della sera.
 
 
Eco di dolore
 
Piango sull'urna del destino; invano
vano... vano... vano...
fremo al ricordo di quel tuo sorriso
riso... riso... riso...
e grido le mie pene alla foresta
resta... resta... resta...
Un segreto messaggio che s'invola
vola... vola... vola...
affido all'ali d'un mesto richiamo;
chiamo... chiamo... chiamo...
e nel tumulto di un divino incanto
canto... canto... canto...
sfogo la mia tristezza e il mio rimpianto
pianto... pianto... pianto...
 
Home page di Franco Gilardetti
Si è classificato 5° nel concorso Auxilium 97. Per leggere la poesia
Per leggere un breve racconto umoristico di Franco Gilardetti
 
Per la poesia inserita nell'Antologia Marguerite Yourcenar 1998
 PER COMUNICARE CON L'AUTORE speditegli una lettera presso «Il Club degli autori, cas.post. 68, 20077 MELEGNANO (Mi)». Allegate Lit. 3.000 in francobolli per contributo spese postali e di segreteria provvederemo a inoltrargliela.
Non chiedeteci indirizzi dei soci: per disposizione di legge non possiamo darli.
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Per comunicare con il Club degli autori: info<clubaut@club.it>
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Aggiornato il 22 settembre 1999