-
- Jolanda
Guardi
-
- Alcune considerazioni
sulle confraternite
- s
f
in India
-
-
- 1. Questo malinteso deriva, a nostro
avviso, da un lato dal considerare musulmani solo gli Arabi,
lasciando tutti gli altri appartenenti a questa religione in una
specie di limbo, in mancanza appunto di una più precisa e
corretta definizione; dall'altro dal fatto che nella maggior parte
dei centri di studio qualificati l'islamistica finisca per coprire
esclusivamente l'area del Vicino e Medio oriente. Per la
confusione tra arabo e musulmano cfr. P. G. Donini, Il
mondo arabo-islamico, Roma, Edizioni Lavoro, 1993.
- 2. Così è per l'Indonesia,
la Cina, gli Stati Uniti, ecc., che pur oggi rappresentano le zone
del pianeta a più alta densità di
musulmani.
- 3. Cfr. G. E. von Grunebaum, a cura di,
L'Islamismo II. Dalla caduta di Costantinopoli ai nostri
giorni, Feltrinelli, Milano 1972, pag. 227: "Di solito lo
studioso della storia generale dell'islamismo sottovaluta il posto
che spetta nel quadro d'insieme della storia dei popoli islamici
al subcontinente indo-pakistano, considerandolo come una semplice
area marginale dell'Islam [...]".
- 4. La
utba
è la "predica" che si svolge in moschea il
venerdì, giorno della preghiera collettiva. Storicamente ha
sempre rivestito un ruolo politico: se il sultano al potere non
veniva nominato, questo stava a significare che il paese o il
governatore del luogo non ne riconoscevano l'autorità e che
in qualche modo si dichiaravano indipendenti.
- 5. Per la storia dei musulmani in India
si vedano, ad esempio, T. Lapidus, Storia delle società
islamiche, Einaudi, Torino 1993, vol. II, pagg. 208-239 e G.E.
von Grunebaum, op. cit., pagg. 227-292.
- 6. Questa tendenza è conseguente
al concetto di Isl
m
periferico. Si veda a tal proposito E. Fasana, "Il ruolo delle
confraternite nella diffusione dell'Islam periferico" in Studi
arabi e islamici in memoria di Matilde Gagliardi, Is.M.E.O.,
Roma 1996, pagg. 75-113; in realtà il sufismo in India
seguì sempre due direttrici: una che possiamo chiamare
impropriamente 'ortodossa', rappresentata dalle confraternite che
si rifacevano in ultima istanza all'Isl
m
ufficiale, l'altra rappresentata dal cosiddetto sufismo 'popolare'
- che tanto piace ad alcuni studiosi - in cui la venerazione di
santi, viventi o defunti, era ed è la forma principale di
espressione religiosa. Si tratta, in questo caso, di un rapporto
emotivo con la religione che ricerca l'identificazione con i
poteri miracolosi dei santi. Esso ebbe successo nel subcontinente
poiché tende a eliminare le differenze tra hindu e
musulmani. Non sfuggì, tuttavia, al coinvolgimento con il
potere politico: i pirzada, custodi delle tombe e dei
cenotafi dei santi, alla fine costituirono una piccola
nobiltà sensibile alle esigenze di diversi governanti.
- 7. Tali santi sono detti marabutti
dall'arabo marb
"legato", perché appunto legati a una certa località
dalla barakah, benedizione.
- 8. Cfr. a questo proposito S. H. Nasr,
Il Sufismo, Rusconi, Milano 1994.
- 9. Per tutto il testo i
adi
sono stati desunti, per la stragrande maggioranza, da
Buh
ri
a

,
D
r
al-Gil, Beirut, s.d.
- 10. Utilizziamo questo termine ormai
entrato nell'uso, anche se, in realtà, improprio. Si veda,
ad esempio, R. Guénon, L'esoterismo islamico,
Scandiano, Sear Edizioni, 1987, pag. 22. Secondo Idries Shah il
termine 'sufismo' deriva dal latino sufismus ed è stato
introdotto in Occidente nel 1821 da uno studioso tedesco (non
viene precisato quale) a sostituire tasawwuf e
nafsaniyy
t
al-ins
niyyah,
precedentemente in uso. Cfr. I. Shah, I s
f
Roma, Edizioni Mediterranee, 1990, pag. 57.
- 11. Sembra che si autodefinissero
così alcuni asceti iracheni. Il primo documento che riporta
il termine risale al 776. Cfr. L.V. Arena Il sufismo, Milano,
Mondadori, 1996, pag. 14 e J. Chevalier, Is
f
,
Milano, Xenia, 1995, pag. 3.
- 12. Molte sono state le origini proposte
per il termine s
f
,
alle quali ogni testo sul sufismo dedica un paragrafo (cfr.
Bibliografia). Ne ricordiamo soltanto due tra le più
largamente accettate: da s
f
(lana), materiale di cui erano tessute le vesti dei primi
s
f
o da saf
'
(purezza), a indicare la purezza interiore che essi cercavano di
conseguire.
- 13. A tal proposito, e per il valore
della parola in ambito sacro, si confrontino: R. Guénon,
L'esoterismo islamico, cit., pag. 24; S. H. Nasr, Ideali
e realtà dell'Islam, Milano, Rusconi, 1989, pag. 148;
P. Scarnecchia "Il sama¯': l'audizione mistica nel sufismo"
in La farfalla e la fiamma, Torino, Ananke, 1996, pagg.
27-36. In tal senso può essere fatto un parallelo con il
valore della sillaba Om nel buddhismo.
- 14. Yahy
bn
araf
al-d
n
an-Nawaw
nacque nel 1233 a Nawa, nei pressi di Damasco. La raccolta da lui
compilata viene considerata la più popolare antologia di
hadit. Si veda An-Nawawi, Quaranta Hadith, Roma,
CESI, 1982.
- 15. La tar
qah,
cioè, è l'involucro dentro il quale il cammino
spirituale ha inizio.
- 16. Il metodo è dunque
l'applicazione quotidiana della conoscenza puramente
intellettiva.
- 17. Mahm
d
abistar
nacque presso Tabriz, in Ir
¯n.
Autore di diversi trattati sul sufismo (Sulla certezza, Il
libro della gioia, Lo specchio degli iniziati) è noto
soprattutto per il suo Mathnaw
:
Gulshan-i ra¯
z.
Morì nel 1320 d.n.e.
- 18. Far
d
ad-d
n
'Att
r
nacque verso il 1140 a Ni
apur.
È autore di un'importantissima opera, Ta
kir
t
al-awliy
'
(Memorie di santi) che riporta le parole e le esperienze di
numerosi santi s
f
.
- 19. Anche il Profeta, nel
mi'r
g˜
,
il viaggio notturno alle dimore celesti, è separato dal
cospetto di Dio da settantamila veli. Tutti questi veli cadono
tranne quello che rappresenta la gloria di Dio prima che Muhammad
senta la parola del suo Signore. Cfr. Il libro della Scala di
Maometto, Milano, SE, 1991, pagg. 48-49.
- 20. F. Schuon, Unità
trascendente delle religioni, Roma, Edizioni Mediterranee,
1980.
- 21. In Ibn 'Arab
,
L'alchimia della felicità, Como, Red, 1996, pag.
26.
- 22. Il problema era quello di dare
aderenza a un impero in via di formazione. Gli Omayadi agirono
cercando di sviluppare gli aspetti del califfato indipendenti
dalla religione, gli Abbasidi, al contrario, puntarono
sull'unità dei musulmani indipendentemente dalla loro
origine. Si veda a questo proposito T. Lapidus, op. cit., vol. I,
pagg. 66 e segg.
- 23. Ciò era già avvenuto
con l'assimilazione delle élite al potere bizantina e
persiana.
- 24. La dinastia dei
alg
successe nel 1290 ai primi sultani di Delhi, noti come "sultani
schiavi"; era di origine afghana turchizzata. 'Al
'
ad-D
n
trasformò il sultanato di Delhi in un impero quasi
subcontinentale.
- 25. Si veda a tal proposito G. Mandel,
Storia del sufismo, Rusconi, Milano 1995, pagg. 42-44; T.
Lapidus, op. cit., Vol. II, pagg. 208-239; A. Hourani, Storia
dei popoli arabi, Mondadori, Milano 1992.
- 26. In particolare, per alcune analogie
significative si veda M. Albanese, "Parola e silenzio nel percorso
conoscitivo indiano", in Quaderni Asiatici 44-46,
gennaio-settembre 1998, pagg. 41-52.
- 27. Si tratta in particolare di
Corano III, 27; XXXVI, 12 e XL, 11.
- 28. All'Isl
m
sono totalmente estranei i concetti di casta e discriminazione per
nascita. Anche il concetto di nobiltà, che in occidente
conta ancora sostenitori, risulta talmente estraneo al musulmano
che questi ha difficoltà a comprenderlo. Il sangue blu, in
quanto direttamente collegato alla divinità che si riteneva
risiedesse in cielo, è del resto ben misero se paragonato
al concetto tipicamente arabo di muru'ah, la nobiltà che si
acquisisce con le azioni e il comportamento.
- 29. I s
f
saranno sempre legati alle lingue locali, non solo in India; qui,
in particolare, la hindi (sadhukkhari) divenne la loro
forma principale di espressione e fu grazie all'uso letterario che
della lingua fecero le confraternite che si sviluppò il
primo nucleo della urd
quale lingua dei musulmani indiani. Altre lingue coltivate dai
s
f
furono dakhni, sindhi, panjabi e pashto.
- 30. La Ci
tiyya
è una delle confraternite che, ancor oggi, in India, ha
molto seguito e si è specializzata nella guarigione. Alcuni
suoi membri sono emigrati in Occidente al preciso scopo di
diffonderne il messaggio proprio attraverso questa
attività. Si veda M. Chishti, Il libro della guarigione
s
f
,
Edizioni Il Punto d'incontro, Vicenza 1995.
- 31. Il riferimento è alla
Baghavad gi
t
,
vv. 40-41.
- 32. Si tratta del
azal
(termine maschile in arabo) che dalla Persia giunse in India, dove
divenne una delle massime espressioni della poesia musulmana. Si
veda A. Consolaro, "Dissonanza e contraddizione nella g
azal
in urd
di
alib",
in Quaderni Asiatici 39, settembre-dicembre 1998, pagg.
13-18.
- 33. Ibn
af
f
di
ir
z
(‡ 982) fu seguace di al-
alla
e fondò una scuola indipendente. Autore di diverse opere,
oltre a concorrere alla formazione della Kazaruniyya sembra abbia
influenzato anche la Suhrawardiyya.
- 34. Per al-
alla
si veda per tutti L. Massignon, La passion d'al-Hallaj, martyr
mistique de l'Islam, Gallimard, Parigi 1975.
- 35.
amd
n
bn Ahmad bn 'Umar Ab
S
lih
al-Qass
r
(‡ 884) fu maestro di altri mistici importanti e politicamente
impegnato nel sostenere alcuni regnanti.
- 36. Per Suhraward
e il suo ordine cfr. L. V. Arena Il sufismo, Mondadori,
Milano 1996, pagg. 134-5.
- 37. Iletmi
o Iltutmi
(1211-1236), sovrano di seconda generazione del sultanato di
Delhi, cercò la conferma della sua legalità per
mezzo di un'investitura del califfo Abbaside al-Mustansir.
Riuscì a unificare l'India settentrionale dall'Indo al
golfo del Bengala.
- 38. I Lod
erano una dinastia di origine afghana che si stabilì poi in
India; il regno di Sikandar Lod
durò dal 1489 al 1517 circa. Egli ampliò le
frontiere del sultanato conquistando il Bihar e sottomettendo
diversi principati rajput.
- 39.
am
',
di origine persiana, resta famoso per aver posto in versi la
storia di Giuseppe e Zulayka, che è stata poi riscritta in
innumerevoli varianti in tutte le letterature
musulmane.
- 40. Fondata da Na

b
ad-D
n
Firdaws
(‡ 1291) è una derivazione della Kubrawiyya. Fu appoggiata
da Muhammad bn Tugluq (1325-1351).
- 41. Confraternita di origine turca
meglio nota in Occidente con il nome di "dervisci
danzanti".
- 42. Ordine fondato in Khorasan da
Na

m
Kubra (1145-1220). Svolse un ruolo importante durante la conquista
mongola.
- 43. Tra l'altro fu Aurangazeb, e non gli
inglesi, il primo, nel 1664, a proibire la
sati.
- 44. Sono stati descritti solamente gli
Ordini caratteristici del subcontinente indiano.
- 45. L'appoggio delle confraternite in
certi frangenti politici ha continuato ad avere un suo peso anche
in epoche più vicine. Si veda, per esempio, D. Abenante,
"L'India coloniale tra rivolta e collaborazione: il Mutiny del
1857 a Multan.", in Quaderni Asiatici 44-46, gennaio-agosto
1998, pagg. 91-102.
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- Home page Culture
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