Roberto Mutti IL DIALOGO RIPRESO: CULTURA AMERICANA E FOTOGRAFIA ITALIANA NEL DOPOGUERRA* - Fra i tanti guasti prodotti dal fascismo in Italia, quello di aver tenuto il Paese completamente isolato rispetto al dibattito culturale che si stava sviluppando nel mondo non fu secondario come forse può apparire se confrontato con le più gravi limitazioni di ordine politico e sociale. Ma se il riscatto ottenuto attraverso la Resistenza e l'avvento della democrazia (con una conseguente profonda riflessione) permisero di gettare le basi del nuovo Stato, il ritardo culturale rimase un ostacolo il cui superamento si ottenne in tempi non rapidissimi, nonostante l'impegno delle menti migliori.
- La fotografia italiana era stata necessariamente autarchica, sia per la generale arretratezza del Paese (pochissimi erano coloro che viaggiavano, se ovviamente escludiamo gli emigranti), sia per il clima di sospetto che circondava le democrazie - gli Stati Uniti, l'Inghilterra, la Francia - quelle stesse dove l'arte fotografica si stava sviluppando secondo le direttrici più interessanti. Se proprio bisognava guardare all'estero, era la Germania il modello e questo non era certo uno svantaggio considerando il valore di una scuola di fotogiornalismo alimentata da numerosi periodici molto ben curati, come Vu, Signal, la Berliner Illustrierte Zeitung. 1 Pochi erano al contrario gli autori che avevano avuto contatti con gli Stati Uniti: fra questi Stefano Bricarelli che firmò nel 1940 il reportage "Sbarcando a New York" per il mondadoriano Tempo, o Vincenzo Carrese che tenne la rappresentanza italiana della Wide World Photos (l'agenzia del New York Times) e poi dell'Associated Press fino al 1936, l'anno delle Sanzioni. Ma furono rapporti sporadici che non influirono più di tanto se, sfogliando il bellissimo Annuario fotografico edito da Domus nel 1943 in edizione bilingue italiano e tedesco (!), gli unici autori che sembrano accostabili agli americani sono quelli dell'Istituto LUCE e Federico Patellari, autore anche di un interessante articolo sul 'giornalista nuova formula'. Semmai il poco che filtrava dalla cultura americana era legato alla musica (Natalino Otto o Rabagliati riprendevano il ritmo di canzoni e ritmi da tempo proibiti come il jazz) o al cinema, dove Luchino Visconti poteva firmare nel 1942 lo straordinario Ossessione che, nella fotografia come nel ritmo narrativo e nelle atmosfere, risentiva della grande lezione di John Ford che nei due anni precedenti aveva girato capolavori come Furore, La via del tabacco e Come era verde la mia valle. 2
- Alla fine degli anni Quaranta agli occhi dei fotografi si spalancavano le nuove ed entusiasmanti prospettive offerte dalla cultura americana. Le informazioni erano preziose ma lacunose ed arrivavano attraverso tre canali: le riviste come Camera Usa o Life, fondata nel 1936 e divenuta subito la grande palestra della fotografia 'concerned', le mostre con i relativi cataloghi (una su tutte la celeberrima "The Family of Men" organizzata da Edward Steichen al Museum of Modern Art di New York nel 1955) e i libri. È grazie a tali canali se lo stile ancora troppo salonistico della fotografia italiana subì le prime modificazioni con linee di cui non è difficile seguire il percorso. Si parla spesso delle due linee rappresentate dal Circolo La Gondola di Venezia, che Paolo Monti indirizzava soprattutto verso le esperienze espressioniste della Subjektive Photographie, e La Bussola di Milano, dove Giuseppe Cavalli gettava le basi per una coerente estetica fotografica crociana nel famoso manifesto del 1947. 3 Ma altrettanto importanti sono iniziative come la I mostra internazionale biennale della fotografia organizzata a Venezia nel 1957 con alcune personali e due grandi collettive dell'agenzia Magnum (fra cui Eugene Smith e Bob Capa) e dei fotografi di Vogue (Irving Penn, Edwin Blumenfeld, Norman Parkinson, Horst H. Horst) o le iniziative dell'Unione Fotografica (fondata nel 1950 da Pietro Donzelli e da altri fuorusciti dal Circolo Fotografico Milanese) e del Gruppo Friulano per una Nuova Fotografia di Spilimbergo animato da Italo Zannier che facevano conoscere gli autori - come Dorothea Lange - che avevano qualificato per tutti gli anni Trenta la Farm Security Administration.
- A questo punto si verifica un'ideale saldatura fra le nuove suggestioni d'oltreoceano e le migliori energie autonome emergenti. Talvolta gli autori sono perfettamente consapevoli degli echi della cultura americana sul loro linguaggio fotografico: è evidente nei 'fotodocumentari' di Ezio Sellerio e Carlo Cisventi pubblicati su Cinema Nuovo di Aristarco, è sottinteso nella staordinaria interpretazione fotografica che Luigi Crocenzi fece per l'edizione del 1953 di Conversazioni in Sicilia di Elio Vittorini, è apertamente dichiarata ne Il Politecnico, la rivista dello stesso Vittorini, dove fra le altre vengono pubblicate immagini di fotografi americani come il grande Weegee che peraltro le riviste fotografiche sembravano ignorare. In altri casi, però, gli autori sono del tutto inconsapevoli di avere dei modelli statunitensi: è il caso di Elio Ciol le cui immagini di paesaggio all'infrarosso possono ricordare l'estetica di Minor White (ma non di Ansel Adams, come spesso si è detto in modo un po' superficiale), autore che peraltro Ciol non conosceva, ma sono semmai curiosamente legate all'utilizzo di una pellicola reperita e comprata a caso fra il surplus militare americano dei campi ARAR alla fine della guerra. 4
- Per riannodare i fili di un rapporto fra culture diverse bisogna passare inevitabilmente fra molte contraddizioni; succede così che alcuni libri particolarmente innovativi che rivoluzionarono l'editoria degli anni Cinquanta influenzarono in modo evidente l'opera dei fotografi italiani mentre altri, non meno significativi, non lasciarono traccia come fossero sconosciuti (dato peraltro da non escludere).
- William Klein firmò nel 1956 New York, uno straordinario libro (il cui titolo originale ma ormai dimenticato era Life Is Good & Good for You in New York) mai peraltro pubblicato negli Stati Uniti, dove le immagini - caratterizzate da una forte espressività sottolineata dall'uso del grandangolo e dalla stampa che privilegiava i bianchi puri e i neri profondi poco concedendo ai grigi intermedi - venivano usate con un fortissimo senso grafico. Il modello è seguito da Mario Carrieri che nel 1959 pubblica per i tipi di Lerici Milano, Italia, uno dei più radicali e affascinanti fotolibri su Milano. Più apprezzato è invece Paul Strand per lo stile accattivante (stampe curatissime, forte senso del bello), per l'impegno civile ma anche per l'amicizia con Cesare Zavattini con il quale aveva realizzato nel 1955 per i tipi di Einaudi Un paese, libro di grandissimo successo che descriveva Luzzara come ideal-tipico di qualsiasi insediamento rurale. Altrettanto conosciuti, come si è detto, i fotografi della Farm Security Administration che documentavano la Grande Depressione, e in particolare Dorothea Lange, anche se è difficile capire quanto questa conoscenza abbia influenzato grandi fotoreporter come Franco Pinna o Ando Gilardi che sembrano semmai più vicini allo spirito radicale di Eugene Smith che allora era noto solo ai pochi lettori italiani di Life.
- Lascia perplessi, invece, la quasi totale ignoranza di altri libri ed autori che pure stavano sorprendendo il mondo ma in Italia non influenzarono, come avrebbero potuto, l'ambiente fotografico: Observations (1959) di Richard Avedon, impaginato da Alexey Brodovitch, avrebbe potuto contribuire a un profondo rinnovamento del modo di concepire il rapporto fra fotografia, testo e grafica, Naked City (1945) di Weegee sarebbe stato uno stimolo fondamentale per una riflessione sul fotogiornalismo degli 'street photographers', The Americans di Robert Frank (pubblicato a Parigi da Robert Delpire nel 1958 con prefazione di Jack Kerouac) avrebbe dovuto far riflettere sulla forza dirompente del reportage quando sa essere innovativo sia a proposito dei soggetti che ritrae - in questo caso la dissoluzione del 'sogno americano' - sia in relazione al suo stesso modo di operare. Persino Walker Evans, altrettanto significativo del più amato e fortunato Ansel Adams, non era poi molto conosciuto così che lo stile del più grande fotografo americano della Grande Depressione rimase pressoché ignoto ai più per molti anni. D'altra parte, solo nel 1994 Il Saggiatore ha pubblicato Sia lode ora a uomini di fama, il grande romanzo sociale scritto da James Agee con un portfolio di sessantadue fotografie di Evans che era stato pubblicato negli Stati Uniti, e con grande successo, nel lontano 1941.
- La storia più recente è indubbiamente molto diversa: soprattutto a partire dalla seconda parte degli anni Sessanta la cultura statunitense ha avuto una maggiore penetrazione sia a livello di un pubblico eterogeneo - che cominciò a conoscere i vari Avedon, Smith o Erwitt dalle pagine di Epoca, la rivista che nella formula e perfino nel logo ricordava maggiormente Life, di cui pubblicava alcuni servizi - sia per quanto riguarda il mondo amatoriale grazie alla diffusione di Popular Photography in edizione italiana e a mostre collettive come "Una città: New York" e alle personali di Arthur Rothstein, Mary Ellen Mark, Joan Lyons, Eliott Erwitt presentate fra il 1969 e il 1971 nella prima galleria fotografica italiana, "Il diaframma" di Milano. 5
- Ormai si cominciava a viaggiare e i più coraggiosi, come Ugo Mulas, si potevano avventurare nella New York degli artisti ancora sconosciuti con l'entusiasmo di chi era ben consapevole di tracciare una pista che sarebbe stata seguita da molti altri.
- Le fotografie pubblicate sono tratte dai volumi: Eugene Smith (Milano, Fratelli Fabbri, 1983, collana I Grandi Fotografi); Franco Pinna (Milano, Federico Motta Editore, 1996); Minor Write. Riti e personaggi, (Milano, Federico Motta Editore, 1991); Elio Ciol - Dove l'infinito è presente (Milano, Federico Motta Editore, 1999); Mario Carrieri - Milano, Italia, (Milano, Lerici Editore, 1959) e William Klein - New York, (Roma, Peliti Associati, 1995).
- 1. Eugene Smith
- "Spanish Village", 1951
- Piuttosto evidenti le analogie fra lo stile del fotografo americano Smith e dell'italiano Pinna alle prese con ritratti di cui vogliono sottolineare la ieraticità di posture e gesti antichi.
- 2. Minor WhiteDue fienili
- con ombre,
- Naples, N.Y., 1955
- Osservare il paesaggio agricolo per leggervi una bellezza misteriosa è elemento comune all'americano Minor White e al friulano Elio Ciol: entrambi utilizzano una pellica all'infrarosso.
- 3. William Klein
- "New York", 1956
- Il senso dell'affastellamento dei segni, il tratto aspro e deciso, l'uso di un bianconero che non concede quasi nulla alla tonalità dei grigi e rende le atmosfere quasi catramose viene inaugurato da William Klein e ripreso in Italia da Mario Carrieri.
- 4. Mario Carrieri
- "Milano, Italia", 1959