- Tutto come
allora
-
- Il lento avvicendarsi giù e su, su e
giù, del copertone sospeso dalla corda al ramo
più alto dell'olmo in giardino, mi fece tornare
all'infanzia, come il dolce frinire dei grilli col
loro ritmico cri-cri, che io comandavo con un filo
d'erba, con i guanti candidi indossati su mani ossute,
troppo piccole per vestirli al meglio e che, a volte,
scivolavano dai polsi per aggrovigliarsi a dita di
bambina, impacciando ancor di più i miei sforzi
per comporre da tutto quel ciarlaticcio un'opera degna
di merito, come quelle che si sentono alla radio nei
giorni di festa.
- Sul davanzale, ancora fumante, il profumo della
torta invadeva l'atmosfera, tutt'intorno pareva come
allora!
- Nulla era cambiato, alterato, se non io, la mia
età, il mio aspetto, ma non certo il mio cuore,
i miei sentimenti.
- Dietro casa, il laghetto d'acqua cristallina
dove mille volte ci siamo tolti i vestiti e giù
di corsa a starnazzare come oche.
- Disturbavamo i pesci con i nostri schiamazzi,
che importava? in quel momento aveva valore solo il
nostro divertimento e null'altro; egoisti?
- Sì, tanto quanto lo può essere la
felicità e la spensieratezza di un
bambino.
- Nel suo specchio limpido, come allora per falsa
vanità mi specchiai, il mio viso or ora che
l'osservava apparteneva di nuovo a quella bambina
pelle ed ossa, dalle tante lentiggini disperse in
grandi occhi blu, tutto come allora.
- Gli anni sfuggirono; tornò l'età
dell'innocenza, delle gote rosee e piene, della
spensieratezza.
- I lunghi capelli neri raccolti in grosse trecce
scure fermate da più elastici colorati mi
facevano sembrare un grazioso, piccolo
arcobaleno.
- Mi sentivo la padrona del sole, si alzava al
mio risveglio, si coricava con me, si annuvolava al
mio solo imbronciarsi, splendeva alto, folgorante nel
cielo alla mia felicità.
- Ogni giorno rubavo al mio amico qualche raggio,
posandolo sulle tenere gote rosee che la sera ardevano
come ceppi incandescenti nel camino sempre acceso
inverno ed estate, mattina e sera, sempre.
- Sapevo che lì, al suo interno, abitavano
i folletti del dolore e dell'amore, della guerra e
della pace; assieme come amici avrebbero convissuto
fino a quando il fuoco fosse arso intenso e
schioppettante delle loro risa e dei loro
bisticci.
- Cosa fosse accaduto se le fiamme si fossero
spente o abbassate a tal punto da scoperchiare le
magiche dimore, nessuno voleva pensarci.
- La cosa mi colpì molto, non lo nego,
soprattutto quando la bomba scoppiò, fuori in
giardino, davanti alla porta.
- Con quel fragore la guerra bussò
all'uscio di casa nostra, tutti gli uomini dovettero
seguirla, incantati, come seguissero il pifferaio
magico.
- Da molto si era abbassata la fiamma ed i paggi
magici erano sfuggiti al nostro controllo; così
tutt'intorno a noi si ergevano le ceneri del loro
passaggio, nulla potevamo fare se non
pregare.
- La mia folta chioma scura, sempre raccolta in
due grossi appigli per la felicità, doveva
sparire mi dissero.
- Non dovevo più sembrare una dolce e
brava bambina, era troppo pericoloso per me.
- Un'informe massa scura si eresse sul mio capo,
avevano tagliato troppo, erano troppo corti per stare
composti, ora avevo le sembianze di un istrice
arrabbiato, ne ero addolorata. Fino a quel momento non
mi ero resa conto quanto tenevo alla mia
femminilità, al mio aspetto.
- Dovetti dire addio forzatamente a tutto: a
gonne, a maniche a sbuffo, anche ai cappellini che
tanto odiavo indossare nei giorni di festa.
- Al loro posto comparvero vestiti smessi di
uomini più grandi, vestiti da lavoro che
dovevano nascondere e proteggere.
- Il viso e le mani, le poche cose che ancora mi
legavano ad uno spensierato passato, ancora non troppo
remoto, dovevano essere concordi con l'immagine che mi
avevano creato: dovevo rosicchiarmi le unghie, non
lavarmi più tanto spesso, modificare persino
parole e voce.
- Tutto doveva essere appropriato al mio aspetto
e all'attimo di vita che ci stava freneticamente
passando accanto.
- Dovevo cambiare modo di esprimermi, ed
addirittura potevo, anzi dovevo pronunziare tutte
quelle parole per cui prima venivo castigata,
poiché non si addicevano a una bambina, anzi ad
una signorina.
- Com'è strana la vita!
- Buffo come il passaggio di una tempesta come
quella che esplodeva tutt'intorno a noi mi facesse
amare ciò che fin d'ora avevo odiato, rinnegato
a tutti i costi.
- Amavo la mia libertà ed ora ero
segregata in un corpo, in una parte che non
comprendevo.
- La paura, il dolore, ci facevano essere
più uniti con tutti coloro che condividevano la
nostra sorte.
- Non capivo più nulla, pochi istanti
prima ero una bambina spensierata, ora dovevo crescere
di colpo, in un sol attimo mi trovai grande, adulta,
ma in un corpo che non era il mio, di cui dovevo star
attenta, ne ero responsabile, ne andava della mia
stessa vita.
- Stavo vivendo una storia che non era più
la mia, vivevo all'ombra di una bambina imprigionata
dal fato nella paura della morte; un tempo ero la
protagonista della mia vita, ora solo una comparsa per
un'apparizione tutt'altro che fugace in questa torbida
storia che osiamo definire vita.
- Uno strano cigolio mi risvegliò dal
sonno dei ricordi, di nuovo sentivo il profumo della
torta lasciata a raffreddare sul davanzale, il dolce
profumo dell'erba pervase di sicurezza e
felicità.
- Tutto era passato, la nostra casa era stata
ricostruita. Come allora, anche il vecchio olmo che
aveva resistito a mille battaglie era ancora lì
imperterrito a vegliare su tutti noi.
- Nell'aria di nuovo udivo i grilli urlare la
loro e la mia storia, gli uccellini volavano in alto,
uniti, al sorgere del sole anche loro erano
tornati.
- Dal comignolo si ergeva denso, soave, continuo,
un fil di fumo, questo significava che i folletti
erano di nuovo magicamente rinchiusi e che di nuovo
avrebbero vissuto assieme.
- L'aria era fresca, la brezza mattutina portava
canti di galli e cinguettii di uccellini, il suo
profumo era ricco e dolciastro, stava arrivando la
bella stagione, il sole splendeva alto e folgorante
nel cielo azzurro, solo il fumo dei comignoli
offuscava a tratti i suoi raggi, tutt'intorno era
musica, soave silenzio di madre natura.
- Di tanto in tanto risa di bimbo, nenie di tata
e racconti d'amore cavalcavano le ali del vento e
giungevano qua da me, dove si ampliavano a dismisura e
fragorosamente esplodevano, trasmettendo il loro
amore, la loro gaiezza, i loro sentimenti.
- Non più l'acre odore della polvere da
sparo, non più deflagrazioni, esplosioni, urla
di terrore e dolore, non più sacchi alla
finestra, non più la paura di uscire per
strada.
- Non ci si doveva più nascondere dai
cecchini, dalle bombe, dagli uomini, dalla guerra,
tutto era tornato come allora, ma in una parte remota
del mio cuore il segno era rimasto, la ferita era
ancora lì e sanguinava.
- I capelli sono cresciuti, gli abiti di una
signora, ma mai, mai potrò scordare quegli anni
di terrore, d'indefinibile dolore.
- Saranno ricordi che porterò con me
finché vivrò, con cui dovrò
convivere ogni giorno, come i giorni della mia
gioventù.
- Si tratta solo di far tesoro di ciò che
viviamo per far sì che il nostro domani sia un
domani migliore, di cui poi non dovremmo
vergognarci.
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