- SCRIVO IL
TEMPO
Non indugia la matita sul foglio stropicciato
- ad
infrangere la candida distesa di carta
- con segni
che sono pensieri sfuggenti alle
dita.
- Sentimenti
prendono forma nel silenzio d'una stanza
- sul tavolo
di legno
- complice
di segreti che si svelano nella quiete della
sera.
- Puro e
semplice raccoglimento
- richiede
solo la luce d'una lampada
- e sussurri
d'assenza tra ombre immote
- ed immota
luce a proclamare solitudine.
- E m'accorgo
di non avere mai posseduto il mio tempo
- e da sempre
d'avere camminato su d'un suolo sottile
- che filtra
luci ed ombre e che la vera ricchezza sta in una
carezza
- e in
rimembranze che sanno di viole.
- La carta
si rapprende nel sudore della
mano;
- nel tremore
della mano mentre sfoglia il
passato.
- Scrivo il
tempo che non possiedo
- ed il
tempo s'adagia sul foglio di carta
- e
s'adagiano gioie e dolori.
- Violente
scosse d'impeto
- tagliano
il mio corpo in diagonale
- affilando
l'anima fremente nel suo turbamento.
SPERANZA
AUTUNNALE
Artigli d'un sole rapace
- graffiano
la quiete adagiata sugli olmi
- in questo
pomeriggio d'ottobre.
Dalle feritoie dell'anima
- sfuggono
pensieri che sfiorano i capelli
- per poi
librarsi
- tra i
sussurri d'una brezza improvvisa
- tra gli
spazi infiniti.
E' autunno
- ma i miei
occhi guardano avanti
- e
stranamente vedono germogli
- corolle di
fiori aulenti che esplodono nei
prati.
In un angolo dell'anima
- c'è
sempre una primavera che respinge il
gelo
- che
riveste di rose i sentieri
- e radure
imprigionate tra i boschi.
I miei occhi non vedono
l'inverno
- e non
credono al gelo
- ma alla
gioia profumata di narcisi,
- gialli
come il sole
- selvaggi
come pensieri.
Non credono al gelo
- che
cristallizza gli istanti
- che arresta
la natura tra dita di ghiaccio,
- ma al
tepore di maggio.
E' autunno ma non s'arresta la
vita.
- affilando
l'anima fremente nel suo turbamento.
NEL FONDALE PIU'
REMOTO
Dita di vento
- cullano
sillabe di poesia
- sul ciglio
del nulla
- di questa
sera.
Nel tanto atteso silenzio
- precipitano
i pensieri,
- prillando
su cardini d'estasi
- giù
nel vuoto.
Scorrono come fiumi,
- sfumano in
cirri di vapore,
- si
sollevano dal tempo
- lontani
dallo scandire esatto delle ore.
Non indugio.
- Devo
fuggire,
- scivolare
nell'immensità
- al di
là della pelle,
- immergermi
nell'abisso dell'oblio.
La luce m'insegue,
- ma io
m'immergo nel fondale più
remoto.
- affilando
l'anima fremente nel suo turbamento.
IO LO SO
PADRE
La tua voce acquerella un arabesco di colori
salmastri,
- scaglie di
dolore
- si posano
sulla fronte.
Se chiudi gli occhi, padre,
- non vedrai
più gli alberi cristallizzarsi per il
gelo
- ma onde
spumose frangersi su scogli
aguzzi,
- il
dipanarsi di fondali azzurri.
Se chiudi gli occhi
- troverai la
casa di tuo padre
- e nel
giardino gustosi frutti,
- ritroverai
chiassosi ragazzi
- rincorrersi
allegri nel rione
- e fare
capannella al banco atteso dei
dolci.
Volti e voci,
- grida e
sorrisi
- filtreranno
dai cancelli del tempo,
- percorrerai
le strade con i tuoi fratelli
- tra gli
aromi di colorate piazze.
Padre, io so che puoi sentire
- il mare
anche se ne sei lontano
- che lo
ritrovi in ogni angolo dei sogni
- insieme
alla giovinezza.
Io so che sai far volare alti gli
aquiloni
- se
c'è il vento giusto e splende il
sole,
- che ritrovi
l'entusiasmo d'un fanciullo
- davanti al
dolce
- del tavolo
imbandito
- di tanti e
tanti anni fa,
- quando
c'era ancora tuo padre.
So che ti strugge la dannata
nostalgia
- della tua
terra che a volte rende lontani gli
occhi,
- ma lo
sai
- che io
lontana dal tuo abbraccio
- sento a
volte lo stesso tuo dolore,
- io, un
gabbiano che non vede il mare?
- affilando
l'anima fremente nel suo turbamento.
QUIETE
La flotta di navigli
- di
cristallo solca le tempeste
dell'anima
- per poi
attraccare nelle baie trasparenti degli
occhi.
Scintilla vittoriosa per aver sconfitto i
flutti
- e i sogni
oscuri che si son mutati in spuma
- scomposta
dalle chiglie.
All'orizzonte è comparso il sole che
accarezza,
- divora
l'ombre e tutto è
sfavillare
- catturato
dalle ciglia.
Costeggerò scogliere
- visiterò
insenature
- troverò
gemme ed ambra
- penetrando
arcane grotte,
- e quando
svanirà la luce mi lascerò ghermire dal
vento
- che scivola
sul mare.
- affilando
l'anima fremente nel suo turbamento.
ESILI FIORI
La campagna
tracciata di sentieri
- culla
cortei di memorie
- che
emergono da un silenzio che
sovrasta.
Ecco, li vedo,
- volteggi
di aquiloni in cielo,
- la veste
azzurra di un'estate.
- Riappaiono
volti,
- facce
sorridenti
- che
parevano svanite.
Da orizzonti verdeggianti
- riecheggiano
antiche primavere;
- esili fiori
i ricordi lontani.
Mi rifugio in un luogo appartato del
Friuli
- quando
nostalgia stringe il cuore
- o si
dissolvono certezze;
- cerco solo
le carezze d'un vento
- che sa
ancora cullare.
Mi rifugio qui
- a contatto
con la terra fino a sentirla
pulsare,
- fremere di
vita,
- ed
attingere la forza per
attraversare
- le arene
ignote del mio domani.
- affilando
l'anima fremente nel suo turbamento.
ORIZZONTE
Magnifico orizzonte cala
- sulle baie
salmastre dei miei pensieri.
- Dagli
scogli vedo la linea d'indaco
dell'orizzonte.
- "Un giorno
la percorrerò con i miei
piedi",
- dicevo
nell'infanzia.
Da lì si potranno vedere mondi
magici
- da
lì si potranno raccogliere
- le stelle
ed accendere la luna.
Oggi no, non voglio.
Oggi diverrò conchiglia e ti
sussurrerò
- le fiabe
della mia solitudine,
- diverrò
vela gonfia d'un vascello
- o l'ala
d'un gabbiano che fende tiepide
brezze.
Oggi no, non voglio.
Oggi sarò lo sfavillare
dell'onda
- e
accenderò
- un istante
le penombre
- che
annunciano la sera.
-
- affilando
l'anima fremente nel suo turbamento.
ROSSI
PETALI
M'ero lasciata ammaliare
- da quella
che tutti dicevano fosse
- una rosa
iniqua,
- trapiantata
in un mondo ambiguo
- dai rossi
petali e di breve vita.
M'ammonivano dicendo
- di non
togliere le radici dal mio
giardino
- di non
lasciarmi ingannare
- dal suo
ingannevole profumo,
- perché
presto
- si sarebbe
dissolto nell'aria
- e io non
avrei avuto null'altro che spine.
Mi auguravano spine, quelli!
- Ma io
fedele ai miei sentimenti più
intimi,
- fedele al
mio istinto sincero,
- rischiai,
- abbandonai
tutto ciò che avevo di
sicuro
- e rincorsi
l'ardore del sogno che tutti stimavano
vano.
Lo cercai in quel mondo
sconosciuto,
- lo seguii
nella gioia,
- nella
sofferenza,
- nella
speranza,
- e non
trovai una rosa breve ed
illusoria,
- ma una
robusta sequoia
- saldamente
ancorata al terreno
- che mi
accolse tra le sue benevoli
braccia
- promettendo
di dividere con me
- ogni
carezza di vento,
- ogni
respiro di vita,
- ogni
sorriso,
- ogni
lacrima,
- per
sempre.
- affilando
l'anima fremente nel suo turbamento.
MARE
DENTRO
Dentro me ci sono porticcioli
segreti,
- dove
traghettare pensieri che sanno di
sale.
- Ci sono
gabbiani dalle ali spiegate
- che
sorvolano baie celate da fronde di
pini.
- e vascelli
dalle chiglie dorate
- che fendono
mari d'emozioni che sanno di
cielo.
Ci sono tramonti dalle ali di
fuoco
- che
divorano i giorni,
- spiagge
desolate dopo temporali battenti,
- distese
azzurre che la mia anima non vorrebbe
lasciare.
Da uno scoglio raccolgo l'indaco
dell'orizzonte
- nella mia
ampolla di malinconia
- per i
lunghi giorni lontana dal mare.
- affilando
l'anima fremente nel suo turbamento.
ETERNA
CONCHIGLIA
Forse ci vedremo su di una
spiaggia
- a guardare
bianche rande sospinte dal vento.
- Forse il
mio sguardo sarà timoroso,
- e la mia
voce refolo sospirante tra stridore di
gabbiani.
Forse non mi concederai che un
istante
- per
contemplare le penombre del tuo
volto
- e la tua
mano non si stringerà alla
mia
- in un
saluto,
- ma io non
affogherò la delusione
nell'onda.
Al timone del mio naviglio
- virerò
verso l'orizzonte
- e
sarò eterna conchiglia
- che tu non
avrai mai tra le dita.
- affilando
l'anima fremente nel suo turbamento.
CREPUSCOLO
L'ora del silenzio finalmente è
giunta.
- Le ombre si
allungano sui muri.
- Alla mia
sedia riordino pensieri.
- Tremuli
bagliori accompagnano sospiri
- e le parole
ipogee, sedimentate nell'anima,
- mi scorrono
nel sangue,
- divengono
tumulto.
- Allora
nella mia penna qualcosa si muove dentro
- e le dita
scorrono come giumente al galoppo
- sulla
candida distesa del foglio.
- Non
è mutato nulla nel tempo:
- io bambina
mescolavo lacrime ad inchiostro
- per l'amore
mai nato;
- io donna
intenta a domare i palpiti di un cuore bizzarro,
- e il vento
sferzante d'emozioni
- come la
bora a Trieste.
- E le parole
migrano come le rondini di marzo
- su cieli
candidi senza nemmeno una nube
- e il tempo
scorre,
- non sosta
neppure nella rugiada che stilla
- tra i
petali del rododendri
- o
nell'incanto dorato di un bacio
d'amore.
- Presto
calerà il sipario della notte
- sui
giacinti appena schiusi;
- già
una sottile pioggia d'indaco
- si posa
lieve nel roseto.
- Mi sento
serena senza le maschere
- che la vita
mi fa indossare,
- sotto le
stelle sarò soltanto me
stessa.
- affilando
l'anima fremente nel suo turbamento.
IL VIALE DEI
SAMBUCHI
Terra mia,
- nucleo
d'ispirazione dei miei canti,
- ancora mi
accogli con le tue distese verdi.
- Turbinano
nell'aria effluvi di magnolie,
- narcisi
accesi splendono nei campi,
- viole
tremule ombreggiano
- tra nidi di
foglie umide,
- Abbandono
ciò che sono
- per tornare
come ero allora:
- bambina
immersa nei fiori
- e
ricompongo il ricordo
- di spighe
dorate,
- di rossi
papaveri
- colti lungo
i sentieri.
- Terra mia
- la tua voce
è soave,
- è un
invito all'ascolto.
- Lieve
è il tuo sussurro
- ma il tuo
eco si reitera nel tempo,
- atavico ed
antico,
- si dilata
nell'anima
- e l'avvolge
in eterno.
- Ogni canto
che m'ispiri
- ha il ritmo
di un fiore che si schiude,
- di una
foglia che cerca il sole.
- Ed i passi
divengono lenti
- e gli occhi
si soffermano sui vividi colori.
- Il viale
dei sambuchi è come allora,
- quando
raccoglievo mele acerbe
- e ciliege
non mature.
- Conosco,
terra mia,
- il tuo
linguaggio atemporale,
- il
pentagramma apogeo del tuo canto.
- Ho scolpito
i tuoi colori
- nella creta
molle del ricordo.
- I miei
occhi indugiano
- sull'iris
fiorito nel giardino
- affilando
l'anima fremente nel suo turbamento.
CREPUSCOLO
L'ora del silenzio finalmente è
giunta.
- Le ombre si
allungano sui muri.
- Alla mia
sedia riordino pensieri.
- Tremuli
bagliori accompagnano sospiri
- e le parole
ipogee, sedimentate nell'anima,
- mi scorrono
nel sangue,
- divengono
tumulto.
- Allora
nella mia penna qualcosa si muove dentro
- e le dita
scorrono come giumente al galoppo
- sulla
candida distesa del foglio.
- Non
è mutato nulla nel tempo:
- io bambina
mescolavo lacrime e inchiostro
- per l'amore
mai nato;
- io donna
intenta a domare i palpiti di un cuore bizzarro,
- e il vento
sferzante d'emozioni
- come la
bora a Trieste.
- E le parole
migrano come le rondini di marzo
- su cieli
candidi senza nemmeno una nube
- e il tempo
scorre,
- non sosta
neppure nella rugiada che stilla
- tra i
petali del rododendri
- o
nell'incanto dorato di un bacio
d'amore.
- Presto
calerà il sipario della notte
- sui
giacinti appena schiusi;
- già
una sottile pioggia d'indaco
- si posa
lieve nel roseto.
- Mi sento
serena senza le maschere
- che la vita
mi fa indossare,
- sotto le
stelle sarò soltanto me
stessa.
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