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               Dal romanzo di
               Chiara Parola, ID( R )A - Il ritorno, Sovera
               Editore
               
               PRESENTAZIONE DELL'AUTRICE
               
               
Id( r )a - Il
               ritorno, come anche i miei due romanzi precedenti
                Id( r )a - Il sogno e Id( r )a - Il
               mare, è profondamente autobiografico. In
               esso non ho inventato niente, ma ho cambiato solo i
               cognomi e alcuni nomi delle persone: tutte le vicende
               che vi ho narrato mi sono realmente accadute, proprio
               negli anni, mesi e luoghi che ho menzionato. Vi ho
               raccontato pure un fatto di cronaca di cui sono stata
               protagonista a Genova nel 1997, quando l'anoressia mi
               ha portato in coma e sulle pagine di numerosi
               quotidiani. La storia di Ida,
               riportata in forma epistolare, è un viaggio. Il
               viaggio di una persona e di un'anima. Di una donna e
               di una coscienza. Si tratta di una narrazione a due
               voci, dove il tutto si esprime e si amalgama alla
               ricerca di un difficile equilibrio
               interiore.Il romanzo è
               costituito dalle lettere che la giovane protagonista
               Ida scrive a un'amica bolognese, l'anziana Verbana.
               Quando scrive Ida, con una certa ironia, si sdoppia e
               si guarda vivere, raccontando in terza persona le
               avventure di un personaggio di nome Idra che è
               sempre lei, la parte più autentica di se
               stessa: Idra è il doppio di Ida. La scelta del nome
               Idra, con l'aggiunta a Ida di una r liquida, non
               è casuale. Infatti se, come sostiene Jung,
               l'acqua simboleggia l'inconscio, Idra rappresenta la
               parte più interiore di Ida. Le lettere sono
               quindi polifoniche: alla voce di Ida si alterna quella
               di Idra.Per consentire al
               lettore di distinguere l'io di Ida, soggetto
               scrivente, dall'io dei monologhi interiori di Idra, mi
               sono servita di un artificio tipografico: l'uso del
               colore azzurro. Le parti comprendenti le riflessioni e
               i soliloqui di Idra vengono scritte da Ida non in nero
               ma in azzurro, il colore del pensiero, del flusso di
               coscienza e soprattutto il colore dell'acqua, tanto
               amata da lei.Idra si sente
               distaccata dalla realtà materiale, dalle cose
               che la circondano e che guarda con un occhio diverso
               da quello comune. Forse è per questo che le
               piace tanto l'azzurro, che è il colore
               più immateriale: in natura è presente
               come trasparenza, fatto cioè di vuoto ( vuoto
               dell'aria, dell'acqua, del cristallo ).I suoni e i
               movimenti, come le forme, svaniscono nell'azzurro, vi
               si annegano, si dileguano come un uccello in cielo. In
               sé immateriale, l'azzurro smaterializza tutto
               ciò che si avvolge in esso: è la via
               dell'infinito dove il reale si trasforma in
               immaginario. Non è la
               prima volta che questo colore è il protagonista
               di un libro. Dà il titolo anche a un romanzo di
               Franz Werfel, in cui una lettera in "una scrittura
               femminile azzurro pallido" fa riaffiorare la storia di
               un amore cancellato. Grande ai miei
               occhi è la forza dell'azzurro, che rappresenta
               quella del mio pensiero, grande è la potenza
               dei colori, che sono le azioni e le passioni della
               luce, come ha scritto Goethe nella sua  Teoria dei
               colori, superando le barriere fra letteratura e
               scienza. Per Goethe l'azzurro è una
               contraddizione di eccitazione e di pace, e un vetro
               azzurro mostra gli oggetti in una luce triste. Anche
               la mia vicenda, riflessa nei monologhi azzurri di
               Idra, è triste, come la mia malattia psichica,
               la mia anoressia, le mie nevrosi, la mia paranoia: una
               storia intrisa di riso e di pianto.Id( r )a - Il
               ritorno è dominato dal motivo del doppio,
               la cui ossessione è ben presente nella nostra
               tradizione letteraria, spesso legata al tema della
               vendita della propria ombra al diavolo. Hoffmann,
               Chamisso, Stevenson, Dostoevskij, Gogol', Conrad, Poe,
               i francesi Gautier e Maupassant, i nordamericani
               Hawthorne e James, i sudamericani Quiroga, Borges,
               Ocampo, gli italiani Papini, Tarchetti, Pirandello,
               Bontempelli, Savinio e chi più ne ha più
               ne aggiunga.D'altronde, se
               anche a voi capitasse di sentire che bussano alla
               vostra porta, di alzarvi in piedi, aprire e vedere una
               persona esattamente identica a voi, nel viso e nel
               sorriso, cosa pensereste? Oppure se vi trovaste in
               mezzo a una folla, composta da individui assolutamente
               identici a voi, nei tratti e nello sguardo, che
               fareste?
               
               
 Lettera
               tratta dal romanzo di Chiara Parola,
               ID(
               R )A - Il ritorno,
               Sovera Editore:Ginevra,
               10 dicembre 1995 Cara
               Verbana,un lunedì il
               professor Bongiovanni dice ai suoi
               studenti:« In questo
               seminario sui narratori post-calviniani noi parleremo
               quasi esclusivamente di Del Giudice. Tuttavia voi, a
               casa, leggete anche i romanzi di Andrea De Carlo.
               Ricordate, dietro questo seminario c'è De Carlo
               ».Tornata a casa,
               Idra comincia subito a leggere Arcodamore di De
               Carlo. Voglio raccontartelo, cara amica. Il
               protagonista maschile è Leo, un fotografo
               d'oggetti che, dopo aver divorziato dalla moglie che
               gli ha dato due figli, corteggia senza slancio ragazze
               molto più giovani. Il cugino, anche lui
               separato dalla moglie, gli fa conoscere Manuela, una
               strana musicista, molto istintiva, che suona l'arpa in
               grandi orchestre classiche ma frequenta anche
               discoteche afro, vestita con giacche di pelle e
               jeans.Manuela porta con
               sé un vortice esaltante di intelligenza,
               dolore, desiderio di vivere e paura, nascondendo una
               zona d'ombra e di pericolo. Leo s'innamora di lei e
               perde la testa: insieme precipitano nella passione,
               nell'odio, nella gelosia e si mettono nei
               guai.Mmm
               Leo fotografo: tutto ciò ha un valore
               metaletterario
 De Carlo ha così tanta
               dimestichezza con le tecniche di ripresa, da non far
               differenza tra due modi di rappresentare la
               realtà così diversi, la letteratura e la
               fotografia. Questo romanzo è ricco di
               descrizioni fotografiche molto precise, con attenzione
               ai minimi particolari. La scrittura è franta,
               minimale, secca, con una sintassi paratattica. Guarda
               qui quanto sono frequenti i verbi "guardare" e
               "fotografare"!Vi è una
               profonda differenza tra lo sguardo di De Carlo e le
               regard degli scrittori naturalisti. Nell'epica della
               realtà di questi ultimi, l'osservazione del
               creato era ancora d'intesa fra l'uomo e il mondo o fra
               il dentro e il fuori dell'uomo stesso. Lo sguardo di
               De Carlo, invece, testimonia l'avvenuta separazione
               fra il mondo e l'uomo, per cui la rappresentazione
               della realtà si pronuncia come la catalogazione
               disarticolata di ciò che esiste al di fuori
               dell'uomo, questa volta senza più
               legami.Oh,
               quanto è diversa la scrittura di De Carlo dalla
               mia, tentativo abortito di un romanzo! Io non riesco a
               guardare, a descrivere, a fotografare la
               realtà. A me il "fuori" non interessa: io sono
               attenta solo al "dentro". Arcodamore mi ha
               trasportato in un mondo diverso dal mio, che è
               fatto solo di libri e solitudine.Per
               Leo che, nello stesso periodo, ha anche rapporti
               sessuali con due o tre donne, ogni storia d'amore
               è un arco, una linea curva che sale, poi scende
               e s'interrompe; tutti sperano che non finisca mai e
               invece dura sei mesi o un anno o due al massimo.
               Secondo Manuela, meno si conosce un uomo più
               sembra che possa nascondere cose interessanti ma poi,
               man mano che lo si conosce, la passione si riassorbe
               ed è una delusione terribile, una specie di
               truffa.Per
               me invece l'amore è unico ed eterno: il mio
               sentimento per Gabriele è unico e non
               morirà mai. Mi sconvolge che in
               Arcodamore i rapporti sessuali del protagonista
               siano fotografati e descritti nei minimi particolari,
               come in un libro quasi "pornografico".Io
               ho orrore del sesso, che secondo me non è un
               fatto da uomini, ma una cosa da bestie che non mi
               appartiene. Il sesso mi è estraneo,
               perché riguarda la dimensione corporea
               dell'essere umano: vorrei quasi distruggere il mio
               corpo ed essere fatta di sola mente e
               spirito.Per
               ciò che mi riguarda l'amore è solo
               spirituale e platonico ed esclude ogni
               corporeità. La mia passione per Gabriele non ha
               neppure bisogno di essere corrisposta: può
               vivere per sempre dentro di me.Quando
               a Nizza, dopo l'avance del professor Moroso, sentii il
               bisogno di saperne di più sul sesso, al posto
               della Guida pratica per una felice vita
               sessuale, avrei fatto meglio a leggere
               Arcodamore!Idra ha una grande
               paura del sesso, forse perché nell'infanzia,
               pubertà e adolescenza, i genitori non le
               diedero mai un'educazione sessuale. Ida però si
               arrangiò da sola quand'era bambina, rovistando
               e curiosando fra i libri della madre.In seguito, al
               liceo, a parte le scritte scurrili lette sui banchi e
               nei bagni, la sua conoscenza del sesso fu mediata
               esclusivamente dai testi letterari, come i versi di
               Catullo o il Decamerone. Rifiutò sempre i
               rapporti con i coetanei, che pure la
               corteggiavano.Ida a Nizza, dove
               aveva frequentato dei corsi universitari di
               preparazione a un concorso per gli insegnanti, dopo
               l'avance fattale dal professor Moroso, si era comprata
               la Guida pratica per una felice vita sessuale.
               Dopo averla letta, Idra era rimasta così
               turbata, che aveva deciso di respingere l'avance di
               Moroso e tenere per sempre il sesso lontano da
               sé. Idra rifiuta i
               comuni piaceri della vita: la buona tavola, il sesso,
               i divertimenti. Per lei esiste solo il piacere del
               testo letterario.Ma
               com'è possibile che Gabriele mi abbia detto di
               leggere De Carlo, un autore che scrive un libro
               così "erotico" come Arcodamore?Allora
               forse io non conosco bene Gabriele. Forse anche lui
               come De Carlo ha una concezione dell'amore fondata sul
               sesso. Probabilmente Gabriele vuole avere con me solo
               un'avventura fugace e passeggera. Perché mi
               viene in mente quel professore dell'università
               di Bologna
Come si chiamava pure?
Ah
               sì, Montanari! Ci invitava a leggere Sade e la
               letteratura erotica del 1700. Durante una lezione
               disse:«
               Vedete ragazzi, c'è il matrimonio, che è
               un fatto sociale. Ma poi, al di fuori, ognuno, come
               nel 1700, si può gestire liberamente la sua
               vita sentimentale e sessuale ».Ma
               no! Non ci posso credere! Non devo dimenticare che nel
               seminario di Gabriele non si parla mai di sesso, ma
               soprattutto di Del Giudice. No, se Gabriele mi amasse,
               nutrirebbe per me un sentimento esclusivamente
               platonico. Il nostro amore non sarà un arco, ma
               una linea diagonale che sale soltanto e continua
               dritta all'infinito. Va a letto molto
               presto Idra quella sera, come sempre e come i genitori
               le imponevano quand'era bambina. Non esce mai, non
               guarda neanche la televisione, perché non l'ha
               e non la vuole. Sogna. Sì, e anche questa volta
               sogna voli di uccello, simboli di libertà e,
               chissà, forse freudianamente indici di una
               celata liberazione della sua sessualità ardente
               e repressa. Si sveglia alle tre, come sempre. Le piace
               alzarsi quando è ancora notte, per cogliere in
               tempo i frutti proibiti dell'oscurità.
               C'è un gran silenzio. Idra ama
               appassionatamente la notte. In genere alle tre, dopo
               avere preso il caffè, si accinge subito a
               scrivere, prima di pettinarsi, prima che il pettine
               faccia cadere i sogni.Quella mattina
               sente il bisogno di rileggere l'inizio del racconto La
               notte (incubo) di Maupassant:« Amo
               appassionatamente la notte. L'amo come si ama la
               patria o l'amante, di un amore istintivo, profondo,
               invincibile. L'amo con tutti i miei sensi, con gli
               occhi che la vedono, con l'odorato che la respira, con
               le orecchie che ne ascoltano il silenzio, con tutta la
               mia carne che le tenebre accarezzano
               ».Il Maupassant dei
               Racconti fantastici, Proust, Svevo, Calvino,
               Del Giudice: questi gli scrittori preferiti da Idra.
               Non De Carlo. Ma quel mattino Ida avverte poi la
               necessità di rileggere alcune scene erotiche di
               Arcodamore. Ecco che, improvvisamente, si
               affaccia alla sua mente un ricordo. Mi
               trovavo a Nizza, quest'anno, all'inizio di febbraio.
               Erano le due di notte e io non mi ero ancora alzata.
               Nella mite Nice era venuto un gran freddo e io nel mio
               letto tremavo, perché la proprietaria del mio
               squallido monolocale non mi aveva dato sufficienti
               coperte, quei panni che non hanno mai riscaldato e mai
               riscalderanno un uomo vicino a me. Sono stata
               svegliata da lamenti femminili e soffocati, e mi sono
               chiesta da dove venissero. No, non era la voce di
               Louise, che abitava nel monolocale a destra e viveva
               sola. Non avevo ancora fatto amicizia con lei, non
               avevo ancora appreso che era alcolizzata, non avevamo
               ancora condiviso la sofferenza della nostra vita
               difficile. Louise, però, l'avevo già
               vista e sentita parlare: la sua voce era rauca, da
               quella cinquantenne fumatrice che è.
               No,
               non era lei: quella era la voce di una donna giovane,
               che gemeva. Era un po' coperta dal rumore del mare
               vicinissimo e mi pareva provenire dal monolocale a
               sinistra del mio. All'inizio l'avevo creduto
               disabitato, ma poi ci avevo visto entrare delle coppie
               e mi era venuto il sospetto che lo affittassero come
               garçonnière. Ma cosa fosse una
               garçonnière non lo sapevo veramente.
               Però mi vergognavo un po' di abitare in quel
               postaccio, con il bagno sul pianerottolo esterno al
               monolocale, anche se ero vicina alla bella
               Promenade des Anglais. Dovevo vivere lì:
               non avevo tanti soldi. Ma ero felice, perché i
               miei genitori non sapevano dove fossi. Presto sarei
               diventata insegnante d'italiano in Francia, mi sarei
               fatta la mia vita e loro non l'avrebbero mai saputo.
               Amavo sempre Gabriele dentro di me, ma mi ero
               già rassegnata alla sua lontananza.
               All'università di Nice avevo ottenuto risultati
               brillanti e mi ero fatta delle amiche. Uno studente
               che, guarda caso, si chiama Fontana di cognome, mi
               aveva corteggiato un po'
 E ora mi inserisco
               io, Chiara Parola, anche per interrompere un po' il
               monologo delirante di Idra, e vi dico che a quel
               ragazzo, che ricordo con simpatia, non ho cambiato il
               cognome.Perché?
               Perché adesso mi viene in mente quel detto
               belga che avevo appreso a Liegi due anni prima, quando
               ero fuggita da Strasburgo per insegnare l'italiano
               lassù? Eau douce, eau claire, je ne boirai
               jamais à ta fontaine! Acqua dolce, acqua
               chiara, non berrò mai alla tua Fontana!: un
               modo per dire «Non amerò mai
               veramente»! Eh già
io ho bevuto solo
               alla fonte delle lacrime, del dolore. A
               Nizza ho ascoltato meglio quella voce di donna e ho
               sentito mescolarsi ad essa anche quella di un uomo. In
               quel momento ho provato una grande sofferenza e ho
               pianto, senza sapere il perché. Nel monolocale
               attiguo c'era un rapporto sessuale e per quella
               giovane, chissà, forse era la prima volta. Ma
               io nell'ascoltare quelle voci non l'ho nemmeno capito.
               Io, alla mia matura età di vent'otto anni, non
               sapevo veramente cosa fosse l'unione carnale tra uomo
               e donna, perché mamma e papà non avevano
               voluto dirmelo quando io l'avevo chiesto loro. Questo
               farà ridere i lettori del romanzo della mia
               vita! Per fortuna che non lo leggerà nessuno!
               Mamma, nella mia infanzia, pubertà e
               adolescenza, non ha mai voluto staccarmi da lei, mi ha
               sempre voluta nel suo ventre, nel liquido amniotico,
               in quell'acqua. Non ero ancora andata in quella
               libreria di Genova per comprare la Guida pratica
               per una felice vita sessuale, la cui lettura mi ha
               veramente fatto schifo.In
               facoltà, dieci giorni dopo, il professor
               Moroso, spiegava dal punto di vista filologico alcuni
               verbi di una poesia di Petrarca. Io, con la minigonna
               e seduta nel primo banco, gli mostravo
               involontariamente le mie belle gambe e forse
               qualcosina d'altro. Il prof mi ha detto "Amare,
               dormire
". In quel momento mi è parso di
               riudire i gemiti di quella notte, mi sono sentita
               attraversare, penetrare dalla voce del professore, in
               tutto il corpo e ho avuto paura. Sì, tanta
               paura, paura di perdere l'infanzia in cui sono sempre
               vissuta e vivrò sempre. Così sono
               scappata dall'aula, davanti a tutti gli altri studenti
               che continuavano ad ascoltare la lezione di Moroso.
               Mentre
               camminavo per le strade di Nizza, mi sfilavano davanti
               agli occhi manifesti del film Il sesso è il
               potere; poi sono andata a Genova.Genova. Libreria
               Feltrinelli. Un commesso munito di distintivo, con una
               barba brizzolata, si avvicina a Ida, che si sta
               guardando intorno smarrita. «Posso esserle
               utile?».Dalla bocca
               dell'infante escono solo le parole:
               «No
cioè 
.ecco
sì.
               Io stavo solo cercando un libro di
» e poi,
               quasi con nonchalance « 
educazione
               sessuale».Malgrado il freddo
               pungente, una vampa di caldo rossore colora il bianco
               visetto di Idra, che guarda il libraio con l'aria di
               chi chiede pietà e indulgenza plenaria.
               Il commesso,
               freddamente: «Secondo ripiano a
               destra».Raggiunto il
               settore sexy-shop, Ida si perde nella marea di libri,
               pornografici ai suoi occhi increduli, finché
               non si presenta alla cassa, cercando con mille
               movimenti della mano di coprire il titolo, scritto in
               rosso fiammante a caratteri cubitali, di una Guida
               pratica per una felice vita sessuale. Titolo molto
               promettente ma alquanto compromettente, per la
               poverina. Paga come chi sa di commettere peccato. Che
               ridicola! Dopo
               una notte insonne, eccomi correre in quella cabina,
               telefonare a mia madre e dirle: «Mamma, io, tu e
               tuo padre, dobbiamo restare sempre insieme, sempre
               uniti, in un unico abbraccio». Dimenticavo che il
               nonno era morto quando avevo tre anni, farneticavo.
               Quel nonno col quale mia madre aveva formato una cosa
               sola, unione che, nella mia infanzia, pubertà e
               adolescenza, lei ha voluto stabilire con
               me...Ecco
               la mamma per le strade di Nizza, dove è venuta
               per cercarmi, anche se io non le avevo detto che
               abitavo in quella città. Ha come indizio solo
               il numero di quella cabina, ma mi trova, sì!
               Accidenti, mi ha visto! Mi ha trovato bene, molto in
               carne, bella, non più turbata. Ma mi ha
               accalappiato ed è venuta a conoscenza della mia
               residenza, che conosce anche oggi. Così io,
               anche se si è trattenuta con me a Nizza solo
               una settimana, mi sono sentita privata della mia
               libertà, la libertà di maturare, di
               essere donna. Una settimana dopo che è partita
               da Nice, ho cominciato a urlare parole apparentemente
               senza senso in quel centro commerciale. Ma lo conosco,
               sì, il loro significato più profondo. Il
               mio è stato, a suo modo, un delirium
               cordis, un delirio del cuore.Passano i giorni e
               Idra sente dentro di sé qualche cosa di strano.
               A poco a poco, torna a soffrire di anoressia. Le
               ritorna infatti un sintomo che aveva avuto
               nell'adolescenza: fa fatica a deglutire. Mentre
               c'è una parte di lei, Ida, che vuole piacere
               fisicamente al professor Bongiovanni, l'altra
               metà, Idra, vuole distruggere il suo corpo con
               l'anoressia perché lui l'ami solo per la sua
               mente, per il suo spirito.Ida vorrebbe
               diventare l'amante anche sessualmente del professore;
               Idra aspira ad avere con lui un rapporto
               esclusivamente platonico, mentale e intellettuale. A
               Ida piace leggere Arcodamore e le opere di Sade; Idra
               è appassionata di Del Giudice e Petrarca. Ida
               mangia panini a più non posso, si compra abiti
               nuovi, indossa la minigonna e all'università si
               mette nel primo banco; Idra fa fatica a deglutire e si
               riempie lo stomaco solo di liquidi non
               alcolici.Quando Ida, che
               è alta un metro e settanta, era arrivata a
               Ginevra, pesava cinquantaquattro chili. Ora Idra
               comincia a perdere peso. È più forte di
               lei, impiega tantissimo tempo per mangiare, ha sempre
               paura di non digerire e beve grandi quantità di
               acqua.Provo
               un piacere indescrivibile nel bere acqua: c'è
               qualcosa che la associa alla mia interiorità.
               Quando bevo, è come se volessi rinsaldare il
               legame segreto e profondo con la forza del mio
               subconscio. Mi sento riportata nel ventre di mia
               madre, da cui lei non ha voluto farmi uscire
               mai.Ora, a Ginevra,
               sono i genitori che mantengono Idra: rifiutando il
               cibo, è come se lei rifiutasse inconsciamente
               il nutrimento che viene da loro, la sua dipendenza.
               Come ben sai, dopo
               essere partita da Bologna, Idra per un lungo periodo
               non aveva più fatto avere sue notizie alla
               madre e al padre, non aveva più chiesto loro
               del denaro e si era mantenuta con le lezioni private e
               vendendo litografie di porta in porta. Era sempre
               senza un soldo, si nutriva solo di pane e latte, ma
               non aveva l'anoressia: mangiava tantissimo. Adesso i
               genitori, che le danno tutto il denaro di cui ha
               bisogno, sanno che lei abita a Ginevra, le telefonano
               spesso, e Idra fa fatica a mandar giù il cibo,
               a deglutire.I compagni di
               università talvolta la invitano a mangiare
               fuori, ma Idra rifiuta sempre con un pretesto. Infatti
               si vergognerebbe tanto a mangiare davanti a loro
               leggendo un libro, a piccoli bocconi e con grande
               lentezza, come è solita fare. Così non
               stringe amicizie ed è sempre sola, ma senza
               soffrirne perché i libri le fanno tanta
               compagnia. Quando
               si guarda allo specchio, ha una dolorosa
               sorpresa.Ma
               guarda qui
non mi riconosco
.non riconosco
               più la mia immagine
Sì, come
               succedeva a Maupassant!
 È come se
               in me si stessero affrontando due facce, due donne:
               l'Ida autonoma, indipendente, che vuole essere bella e
               piacere fisicamente a Gabriele, e l'Idra anoressica,
               dipendente dai genitori, che vuole annullare il suo
               corpo per essere fatta solo di mente e spirito.
               
               
               
               
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