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- IL
SOGNO
-
- Siamo stati creati
a immagine e somiglianza di Dio. Ma potrebbe essere
anche il contrario, se non fosse per la fede. Anzi,
dalle scempiaggini che escono dall'umanità
intorno a questi argomenti, la seconda ipotesi
è la più accreditata. Qualcuno dice che
sono in Tipo Strano. "..Sarebbe?" chiedo io." Boh?..
Non lo so. Così...così." mi
rispondono.
- Avevo
un'acquisizione quasi mnemonica di capitoli,
paragrafi, versetti di tutte le sacrosante scritture.
"Vado" in chiesa la domenica e qualche volta prego.
Preghiere truccate per lo più. Come tanti ( non
dico tutti), io penso che Dio non se ne accorga, (ma
più spesso sono del parere che la pensi come
me). Anzi, mi sono convinto che, da sempre, una delle
cose più truccate al mondo, sia proprio la
preghiera e le religioni. Quale che sia il dio che
debba sopportarne i trucchi.
- Provate a
pensarci.
-
- Io mi considero un
credente medio. Questo non vuol certo dire che io
creda davvero. Oh Gesù!..
- "Credere conviene.
Se Di Là non ce niente, neanche te ne accorgi.
Se c'è, e non sei stato credente, beh... allora
sei fottuto". Lo diceva Pascal.
- Mi sembra di vedere
un Dio calvo e barbuto, con una spalla appoggiata allo
stipite della porta del Paradiso, che dice al mio
inseparabile amico ateo, con un ghigno di vendetta che
gli storce il viso maestoso." Cu-cu.. Sei fregato!" E
a me, credente pinzochero :" Che fai lì
bacchettone! Entra, dai... c'è il bucato dei
cherubini da fare oggi, su dai!".
-
- "Dio nessuno l'ha
mai visto". Così sta scritto. Perciò io
me lo immagino a mio piacimento.
- Se non fosse per la
diversità di religione, non notereste nessuna
differenza tra me, un indù, un parso, o un
animista. O un ateo.
- Sarebbero quasi
tutti migliori di me, ne sono sicuro. E non lo dico
per umiltà, oh no, ..io me ne frego
dell'umiltà. Gran parte delle virtù che
mi si attribuiscono, sono abili giochi di
prestidigitazione morale. Finirebbero come legna sul
fuoco se non potessi mostrarle a qualcuno. Per lo
stesso motivo, so celare con affettazione i miei vizi.
- Ciò che
conta per me, è essere considerato un uomo
"Come-ce ne-vorrebbero-tanti", ma preferisco la
traslitterazione "Come-ce-ne-sono-pochi". E'
più elitario. Più incisivo. Più
dominante.
- Io sono
essenzialmente un ipocrita. L'ipocrisia è come
acciaio temprato dentro il basamento dei miei vizi, ma
anche il sipario di morbido velluto che nasconde tutti
gli altri.
- I motivi che mi
spingono a elargire beneficenze, non valgono gli elogi
che me ne vengono. Ma anche la beneficenza ha la sua
importanza nel mio vitae ratio, il mio personale stile
di vita.
- Il mio punto alfa
è il Profitto. Il mio omega il Potere. Quale
non importa. Mi sembra giusto: sono un uomo concreto,
non un etereo idealista.
- E' essenziale che
conosciate queste mie... diciamo, caratteristiche, per
capire quanto mi abbia toccato il sogno che ho fatto.
- Molto
sommariamente... io sono fatto così.
- Ero
così.
- Adesso non so
più neanche come sono. Men che meno come
sarò. Forse..
- Lo psicologo
accademico è perfettamente libero di non
prendere in considerazione i sogni.
- Io incomincio a
credere invece che sul film delle nostre visioni
oniriche sia racchiuso un potente valore simbolico,
che traduce - per chi le sa leggere - le ansie, le
angosce, le paure, dell'uomo moderno. I suoi impulsi e
le sue inibizioni.
- Io ero ( sono?)
superstizioso e ne sono rimasto impressionato.
Turbato.
- Mia moglie
attribuisce il tutto alle troppe energie mentali e
fisiche che dedico al lavoro.
- Io non la
contraddico, ma non è vero; non sa cosa dirmi e
ha paura per me perché sono diventato cupo e
parlo poco. Le avevo parlato del sogno, ma in termini
molto vaghi. In un primo tempo non mi aveva creduto.
Poi, alla fine, cambiò idea.
- Sono passati tre
mesi da quando mi capitò quella "cosa", ora
siamo a dicembre, ma non riesco a dimenticare.
- Per tutti questi
giorni, il sogno è stato il mio martellante
ordine dl giorno. E dire che, il suo simbolismo, era
più che evidente.
- Ero un tipo allegro
fino a qualche mese fa, forse anche
simpatico
- Ora tanti mi
evitano. Mi fa piacere; mi risparmiano l'onere di
farlo io.
- Sono diventato
antipatico anche a me stesso.
- Attualmente sono
disoccupato perché ho mandato al diavolo il mio
datore di lavoro. Ha settantacinque anni e non
è cattivo. Sono io un po' stamburato di questi
tempi.
- Mi ha detto che se
ho le paturnie, è meglio che me le faccia
passare. Io gli ho risposto di non rompermi le palle,
di andare a farsi fottere e che è una testa di
cazzo. Poi ho rovesciato la scrivania con su il
computer e me ne sono andato, incrinando il vetro
della porta. L'ultimo ricordo che ho di lui, è
la sua pancia che sussultava per un principio di
soffocamento per la bile che gli era andata di
traverso.
- Poveretto!
dopotutto non ha che i soldi... Io, nemmeno quelli e
non m'interessa di averli.
- Lo psicologo, da
cinque sedute, mi ripete la formula standard. Dice che
soffro di una forma depressiva derivante da stress.
Finge di non credere ai sogni perché non sa
spiegarli né vi coglie simbolo alcuno. Mi
chiedo se capisce il senso di quando uno dice "credere
ai sogni".
- Riesce a mostrare
la sua imbecillità persino a chi va da lui per
farsela curare.
- Ho smesso di
andarci: mi è stato almeno utile vedere che
c'è gente che sta bene perché non sa di
star male. Come quel contadino che era contento di
fare il contadino perché non aveva nessun trono
da rimpiangere.
-
- Visitai le torri
del Word Trade Center il 4 settembre 2001 in occasione
di una vacanza in compagnia di mia moglie. Dal tetto,
per un attimo, mi sentii pervaso da un senso di
potenza. Puerile potenza.
- Le persone sotto di
me, erano formiche pervase da una sorta di ridicolo
moto continuo. Dal Gran Canyon, la mancanza di vita
sotto di me, mi aveva fatto sentire una formica
immobile in un mondo senza moto, statico e illogico e
incredibilmente stupido.
- E questo è
il sogno.
-
- Il tetto di una
delle torri gemelle è avvolto in una cupola di
nebbia. Ho la sensazione di trovarmi in una sala
absidata di una chiesa romanica. Al centro del
padiglione , io sono seduto su un sgabello di legno.
Indosso un sanbenito, il saio fatto indossare ai
penitenti al tempo dell'Inquisizione. Il rozzo sacco
è tutto cosparso di cenere e contraddistinto da
due croci gialle, una davanti e l'altra dietro. Il
pavimento è di marmo bianchissimo, in contrasto
con il maestoso coro di legno nero disposto a
semicerchio sul fondo del padiglione di fronte a me.
Magnifici stalli con intarsi zoomorfi raffiguranti
mostri mitologici, fanno da cornice a un banco posto
al centro, pure di legno nero. Dietro il banco, al
centro del coro, si stagliano nitide delle figure. O
piuttosto, delle abominevoli mostruosità.
- Un enorme
cartellone a forma di mezzaluna con una stella
racchiusa al centro, con la scritta INQUISIZIONE SANTA
in caratteri gialli, oscilla sulle loro teste come una
scure minacciosa. Dietro il banco, a partire dalla mia
sinistra, su una sedia nera, vedo un polipo
gigantesco. Dal punto dove convergono i tentacoli, si
erge una maestosa testa di leone con i canini che si
estendono fuori dalle fauci, fino a formare due zanne
a forma di scimitarra. Nella figura nuda che siede a
gambe incrociate accanto al mostro, riconosco la dea
Kàli, il cui idolo vidi più volte in un
tempio indù. La sua figura è tanto
orrida quanto sensuale. Le sue quattro braccia
ondeggiano eleganti. Le mani bellissime volteggiano
sinuose come ali di un fenicottero in volo. Il suo
viso è splendido e spaventosamente crudele.
Dalla bocca le fuoriesce una rossa lingua insanguinata
che si allunga per tutta la lunghezza del padiglione
fino a toccarmi il viso. Io cerco di schivarla
inorridito, ma allo stesso tempo trovò piacere
al suo contatto. Un coniglio con la testa umana, siede
accanto alla dea; è grosso come una capra. Noto
che ha sei zampe simili a quelle dei ghepardi. Sulle
due zampe anteriori, porta un paio di calzari alati.
Il quarto degli inquisitori, l'ultimo, è un
grosso serpente acciambellato sul banco. Dalla pelle
viscida, cosparsa di pustole, fuoriesce un liquido
giallo oro che la dea lecca avidamente. E' la figura
più inquietante. La sua testa è umana.
Nel suo viso riconosco i lineamenti di Ghandi. Il
Mahatma Ghandi.
- Io tremo di paura.
Non posso staccare lo sguardo dalla faccia del
serpente che si sta rizzando sul banco. Dalla bocca
senza denti, esce ad intervalli la lingua biforcuta.
Sento che mi sta per dire qualcosa. Mi stanno
condannando.
- " Questo è
l'ultimo giorno! Cadrà la Torre! e tutti con
lei!" sibila la voce del serpente col viso umano. "
Quanta sabbia hai venduto, tu, spacciandola per
calcestruzzo? La sua voce è un sibilo. Io ho la
sensazione che tutti i serpenti "parlino" in quel
modo.
- Succede una cosa
strana. Mentre parla, mi accorgo che lui sta
diventando me. Ora non è più il mostro a
parlare. Al banco degli inquisitori, al suo posto, ci
sono io.
- La visione che ho
di me è speculare, come se mi vedessi nello
specchio. Seduto sullo sgabello c'è lui, il
ripugnante rettile con la faccia deformata da un
ghigno beffardo. Con la lingua biforcuta si strappa
gli occhiali e li ingoia. La lingua sibila di nuovo,
la infila fulminea nelle cavità orbitali e, uno
dopo l'altro, si strappa gli occhi e li ingoia. La
lingua di Kàli saetta repentina leccandogli
avida i liquidi che scendono copiosi dalle occhiaie
vuote.
- " Tu sei
L'Ipocrisia. Hai sempre distribuito carezze, ma dentro
si celavano coltelli; baci con dentro veleno!" Sono
l'inquisito e l'inquisitore. Sento la mia voce
imperiosa che accusa e il peso del giudizio su me
stesso. A questo punto il serpente svolge le spire
avvolte tutt'intorno allo sgabello, si alza in volo e
sparisce avvolto nella cupola di nebbia.
- Mi rivedo seduto
sullo sgabello. Kali si alza, mi fissa con occhi
fiammeggianti e, mentre la sua lingua cremisi si
avvicina minacciosa alla mia faccia, la sento dire
qualcosa in hindi che, nel sogno, io riesco a
comprendere: "Quanto cemento hai sottratto, lasciando
solo sabbia?". E' lei che incomincia a parlare, poi di
nuovo mi rivedo al banco degli inquisitori.
- La diabolica
divinità la vedo sullo sgabello dove prima
sedevo io.
- La sensazione e la
stessa della precedente: mi vedo parlare e nelle forme
della divinità indù.
- "Tu sei
L'Avidità" sentenzio io, " hai bevuto sangue
senza mai dissetarti e mangiato carne senza mai
saziarti. Il popolo dei Senza-Sangue e degli
Scarnificati vuole vendetta".
- Vedo il bel viso
della dea trasformarsi in un sorriso terrificante, le
sue membra incominciano a sciogliersi affastellandosi
in un mucchio di arti e poltiglia
sanguinolenta.
- Stessa scena con il
coniglio dalla testa umana con sei zampe da
ghepardo
- Io sono sullo
sgabello. Il coniglio si erge sulle gambe posteriori
dallo stallo dietro il banco.
- Le quattro gambe
anteriori ciondolano inerti come pezzi meccanici
dotati di giunti cardanici. I suoi occhi mi guardano
vuoti e insulsi, come acini d'uva schizzati dal
guscio. Le sue labbra leporine si muovono senza
tregua. D'un tratto spalanca la bocca: è' come
una breccia dentro un muro. Nel buco orale, come
sequenze di proiezioni in dissolvenza, vedo gente che
fugge, mentre altra invoca di essere aiutata, prima di
venire ingoiata in baratri che si aprono nella terra.
- Mi dice: " Tu lo
sapevi che c'era solo sabbia! Lo sapevi! E' stata la
.." " ...paura. Paura!" Sono io, nelle mie sembianze
umane, a pronunciare le ultime parole. Il
coniglio-mostro è accoccolato sullo sgabello.
Allungo il braccio e punto il dito accusatore: " Tu
sei la Viltà! Ti definisci un uomo di pace! Ma
dentro la pace nascondi la tua vigliaccheria!
Manifesti pace per paura della guerra, non per amore
della pace! Quanti hanno combattuto al tuo posto per
te che scappavi? Vivi con la vita di coloro che sono
morti al posto tuo!
- Lo vedo alzarsi e
fuggire velocissimo a testa in giù con le sole
due gambe dotate di calzari alati.
- Un rombo, simile al
rullare di un tamburo va diffondendosi in un pauroso
crescendo. Mi sembra di vivere in un atmosfera simile
a quella descritta nell'Apocalisse. Cori di voci
intonano arie che si fondono in una cacofonia
tremenda.
- Il suono diventa
insopportabile. Le orecchie incominciano a sanguinare:
sento che sto soffocando. Tutto il mio corpo è
stretto in una morsa. Ora il suono del tamburo
è diventato insostenibile. Il padiglione
è invaso dagli strepiti dei cori. Mi stanno
stritolando; voglio urlare ma non posso; la voce mi
è schizzata fuori dai polmoni assieme all'aria.
La mezzaluna con la stella oscilla minacciosa a pochi
centimetri dalla mia testa.
- E' lui, il mostro
con il corpo di polipo e la testa di leone zannuta,
che mi sta uccidendo.
- Mi avvinghia nei
suoi schifosi tentacoli e stringe, stringe; le mie
ossa scricchiolano come borsine di plastica strizzate
tra le mani; il sangue mi esce a flotti dalla bocca.
Sto morendo. Sento la colonna vertebrale rompersi con
il rumore di un bastone secco che si spezza. Mi
affloscio; il mostro mi avvolge la testa nelle sue
fauci. Avverto un odore di cadavere mentre le sue
zanne mi penetrano lentamente nel cranio. Sento il suo
sibilo. Le sue parole che rintronano alte nella
cupola: " Io sto in Alto e in Basso;" sento che sto
per morire "...domino da aurei troni e umili
sgabelli.." continua il mostro. " Ogni mio atto
è violenza. Ogni mia violenza è un atto
di potere. Io, sono io, il Potere.!" Fa una pausa: E
con voce isterica urla. " Ora la sabbia è
asciutta! L'ora è giunta!"
- Il cuore mi batte
forte e sudo abbondantemente. Lo avverto quasi a
livello conscio. Mi sento sprofondare in una
sensazione di vertigine sulla Torre che si affloscia
lentamente in un fragore indescrivibile. Polvere ,
fumo, rombi e urli di morte mi scuotono. Ghignanti
sopra di me che precipito, vedo i mostruosi
inquisitori che danzano nell'aria come folletti.
Ognuno tiene una pergamena, e su ognuna vedo una
scritta. Sulla pergamena del serpente leggo " IES UT".
Su quella del coniglio " OMOU NU". Sulla pergamena
della dea " ARREUG ID".
- Mi sveglio. Mia
moglie accanto a me è Kali. Lo spavento per il
mio agitarsi le aveva reso il viso simile alla dea del
sogno.
-
- Io non ho mai
posseduto una grande memoria. Stranamente ricordavo
però le parole che avevo visto nel sogno e le
trascrissi in stampatello su un foglio bianco 4x4 che
tenevo dentro il comodino.
- Mi chiedo ancora
oggi come ho potuto ricordare. Avrei potuto
memorizzare due, forse tre parole nella mia lingua o
anche in una lingua straniera che conoscevo, ma nelle
sconclusionatezze linguistiche che io avevo visto nel
sogno, non vi era alcun nesso con nessuna delle lingue
parlate sul pianeta.
- Mia moglie disse
che forse potevo tentare di scoprire una chiave per
tentare una vincita al lotto.
- Furono quelle
parole a mettermi in crisi. Non quelle di mia moglie.
Quelle dei mostri.
-
- Io sognai la notte
tra il 10 e l'undici settembre 2001.
- Il pomeriggio
dell'11 settembre, finito il pranzo mi misi sul
divano.
- Era l'una e un
quarto. Ero stanco per la tribolazione della notte.
- Il foglio stava
lì davanti a me. Mia moglie sorseggiava la
consueta tazza di caffè del dopo pasto. Con la
mano libera mia moglie prese il foglio, se lo pose
davanti agli occhi osservando la scritta con blando
interesse, tra un sorso di caffè e l'altro. La
luce proveniente dalla finestra dietro di lei incideva
sul foglio e si rifletteva sul suo viso,
illuminandolo. Fu allora che capii.
- La scritta mi
appariva chiara sul foglio illuminato. Chiara,
perché, vista in trasparenza, come io la
vedevo, le parole apparivano al contrario. Si leggeva:
" TU SEI - UN UOMO - DI GUERRA".
- Fu questo che mi
sconvolse. Questo, e i cinquemila "vivi" dentro le
Twin Towers che di lì a qualche minuto
sarebbero stati "giustiziati".
- Il tripudio,
l'esultanza e la pubblica resa di grazie a Dio, da
parte di interi popoli, per aver aiutato i suoi fedeli
nella buona riuscita del massacro di cinquemila
persone, mi ha lasciato indifferente.
- Nulla al mondo
è più truccato della preghiera e della
religione.
- Provate a pensarci.
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