- La
lunga notte
-
- Il cielo adesso
andava assumendo un aspetto cupo, sembrava già
notte a invece erano soltanto le cinque del
pomeriggio. Lisa era già stanca aveva studiato
molto e un mal di testa lancinante la rendeva nervosa.
- Appena ebbe finito
di leggere il nuovo capitolo di chimica, Lisa
esasperata, chiuse gli occhi per riposarsi alcuni
istanti, poi guardò verso la finestra e si
accorse che sui vetri incominciavano a scintillare
delle piccolissime gocce di pioggia "Uffa" -
pensò irritata - "ecco che ci risiamo,
ricominciai a piovere, che tristezza!"
- Improvvisamente la
mamma irruppe nella cameretta con in mano una tazza di
the: "Bevi! Vedrai che ti tirerà un po' su." La
mamma era fin troppo premurosa e Lisa sapeva bene che
non poteva sottrarsi alle sue attenzioni, soprattutto
quando si avvicinavano gli esami, sembrava quasi che
l'esito di questi dipendesse anche dal grado di
assistenza che la brava donna sapeva dare alla figlia.
"Ma perché non lasci tutto lì e te ne
esci a prendere una boccata d'aria fresca!?"
consigliò la mamma.
- Lisa storse il
muso, non aveva voglia di uscire e poi con quel tempo
no, no, sarebbe rimasta a casa finché non
avrebbe completato tutto il libro.
- "Ho capito siamo
alle solite, io che ti dico di uscire e tu che dici di
no, che non ne hai voglia, che non è l'ora
adatta
"- si lamentò la mamma.
- "Va bene
uscirò, ma stasera. Adesso no! Non vedi come
piove? Non saprei dove andare"- rispose Lisa con una
certa stizza. Poi pentita per aver sbottato in quel
modo aggiunse: "Scusa non volevo essere sgarbata ma
sai quanto divento nervosa prima di un
esame."
- "D'accordo"- disse
la mamma, riprese la tazza vuota del the e uscì
chiudendosi dietro la porta silenziosamente.
- La stanza
ripiombò nel solito silenzio interrotto a
tratti dal rumore del libro sfogliato. Poi Lisa
alzò gli occhi e guardò oltre la
finestra, le goccioline ormai si erano trasformate in
una vera e propria pioggia scrosciante. I rivoli
d'acqua scorrevano giù per i vetri, si univano
e si separavano in continuazione disegnando piccole
forme geometriche irregolari. Lisa non riusciva a
vedere oltre la finestra tanto la pioggia era
battente, ad un tratto cominciò anche a
grandinare e il ritmo incessante provocato dai bianchi
chicchi che percuotevano i vetri le sembravano una
nenia monotona ed insistente, un rumore che la
ipnotizzava e la distoglieva dallo studio e dal
pensiero fisso dall'esame.
- La mamma aveva
ragione, ormai erano tre giorni che non aveva messo
piedi fuori casa. Se n'era stata rintanata nella sua
cameretta a studiare senza pensare ad altro. Doveva
scuotersi da quel torpore che sentiva si stava
appiccicando addosso come una seconda pelle.
- Si voltò
verso lo specchio che rifletteva per intero la sua
figura. Il suo viso sembrava ancora quello di
un'adolescente, la sua pelle era diafana, distesa e
liscia proprio come porcellana, solo quando rideva le
si formavano quelle simpatiche rughette d'espressione
che sparivano poi velocemente. Tutti dicevano che
dimostrava meno della sua età ma a lei non
importava per lo meno non in quel momento della sua
vita, forse chissà più avanti le avrebbe
fatto piacere. Staccò lo sguardo dallo specchio
e riprese i suoi ragionamenti:
- Dunque, doveva
reagire, non farsi condizionare dall'ansia degli
esami
Facile a dirsi ma difficile a farsi. Dopo
un attimo ci ripensò
- -"Intanto basta
vestirsi e uscire e poi si vedrà!" si disse ad
alta voce, senza accorgersi che i suoi pensieri ora si
sentivano. Era stato come se avesse parlato un'altra
persona. E Lisa l'aveva ascoltata subito. Infatti si
preparò in un battibaleno ed ebbe appena il
tempo di dire "Ciao mamma esco!" che imboccò la
porta e scese le scale sotto lo sguardo incredulo ma
al tempo stesso soddisfatto della donna che le gridava
dietro: "Sii puntuale per la cena!"
- La strada era piena
di luci multicolori, alcune insegne si accendevano e
si spegnevano con un ritmo monotono. Aveva smesso di
piovere. Lisa respirava l'aria frizzante e un po'
umida della sera. Iniziò a camminare per quel
viale alberato che conosceva bene fin da piccola
perché in quella strada era cresciuta, aveva
giocato con i suoi amici d'infanzia e li aveva
aspettato tante volte la mamma che tornasse dal
lavoro. A volte 'aspettava anche sotto la pioggia
perché a casa da sola non ci voleva
stare.
- Quando andava alle
elementari era la signora Giovanna che si occupava di
lei, una sua vicina di casa; nell'attesa che la mamma
ritornasse dal lavoro accendeva il televisore e
guardavano insieme i cartoni animati oppure giocavano
insieme a carte. Dopo, Lisa si metteva a fare i
compiti che eseguiva completamente da sola senza
bisogno di aiuto, la maestra diceva sempre alla mamma
che era un' alunna in gamba, che sapeva lavorare in
piena autonomia, aveva un suo metodo di lavoro, era
una bambina sveglia e perspicace. Quando iniziò
ad andare alle medie Lisa preferiva restare in strada
a giocare con i suoi amici mentre la signora Giovanna
dalla finestra ogni tanto le dava un'occhiata, poi ad
una certa ora, al suo richiamo, Lisa rientrava e
faceva i compiti che col passare degli anni
diventavano sempre più impegnativi. Aveva otto
anni quando i genitori si separono dopo un periodo di
litigi e incomprensioni, quando litigavano, lo
facevano sempre con la voce bassa e stizzita. "Non
facciamoci sentire dalla bambina!" diceva la mamma ma
tutte quelle precauzioni non servivano a niente, Lisa
sentiva che in casa c'era un'atmosfera molto tesa e
spesso ascoltava la mamma piangere di nascosto chiusa
nella sua camera, dopo un po' sentiva sbattere la
porta di casa: era suo padre che usciva. Rientrava
sempre ubriaco e trascorrevano il resto della serata
immersi in un silenzio assoluto rotto solo dal rumore
delle stoviglie che la mamma lavava o dal televisore
acceso. Questa era l'atmosfera in casa nel periodo che
precedette la separazione. Lisa da piccola non
riusciva a capire cosa stesse succedendo ai suoi
genitori ma poi più avanti, solo
nell'adolescenza, capì che probabilmente il
papà se ne era andato per un'altra donna. La
mamma non glielo aveva mai detto ma lei lo aveva
intuito.
- Lisa continuava a
camminare lungo il viale alberato, il cielo nel
frattempo era diventato limpido, un leggero venticello
aveva spazzato via le nuvole residue e dopo la pioggia
sembrava essersi lavato da tutte le sue
impurità, adesso quasi superbo proiettava sulla
terra la luce delle sue stelle. Per un attimo Lisa si
ritrovò sola fra quelle stelle limpide e
sfolgoranti ma esse erano incastonate in un cielo
scuro, impenetrabile che lasciava immaginare
l'immensità dello spazio, di quell'universo che
Lisa sentiva pesante su di lei, sembrava quasi che
quella cupola nera punteggiata la schiacciasse. "Ecco
-si disse- ci risiamo con il mio pessimismo e la mia
ansia che come al solito prendono il
sopravvento"
- Ma continuò
a camminare nonostante l'inquietudine si stesse
impadronendo di lei. "Mi passerà" -si disse e
respirò profondamente. La strada era poco
illuminata e le saracinesche dei negozi venivano
abbassate quasi all'unisono tanto che per alcuni
istanti sembrava di ascoltare uno strano concerto di
ferraglie che somigliava a colpi di starnuti di
persone roche e raffreddate e che si azzittivano poi
tutte insieme. Ne segui un silenzio totale qua e
là spezzato dallo stropiccio di passi
frettolosi di persone che non vedevano l'ora di essere
a casa per la cena. Ad un tratto Lisa si scosse: "La
cena!" O mio Dio! La mamma l'aspettava per la cena! Ma
quanto tempo era passato? Per quanto tempo aveva
camminato seguendo a ruota libera i suoi
pensieri?
- fece per tornare
indietro, ma non riconobbe la strada appena fatta, le
luci erano più basse e tutti i negozi erano
ormai chiusi. Per un attimo Lisa si sentì
persa. Che cosa stava succedendo? Lo stress le giocava
brutti scherzi, non si era mai sentita così
disorientata!
- Una sensazione di
vuoto e di solitudine s'impadronì di
lei.
- Ad un tratto vide
un uomo correre verso la sua direzione con lo guardo
perso nel vuoto. "Scusi
" la stava per travolgere
e Lisa fece appena in tempo a schivarsi. L'uomo non si
curò minimamente di lei e continuò la
sua corsa. Poi fu la volta di una donna: a, che lei
correva con lo sguardo perso nel vuoto.
- Quando le
passò vicino sentì il respiro affannato
sibilargli nelle orecchie, era un rumore amplificato e
molto lento che contrastava con la velocità
della sua corsa. Lisa si rese conto che non riusciva
più a percepire i normali rapporti che c'erano
fra gli eventi fisici, notava in essi una sorta di
dissonanza, una dissociazione, una mancanza di
equilibrio che normalmente si percepisce nelle cose
che contemporaneamente si vedono, si toccano e si
sentono. Anche il suo camminare lungo quella strada
gli appariva strano: più avanzava e più
l'orizzonte della strada si allontanava era come se
camminasse all'indietro ma sapeva che non era
così, sapeva che si stava spostando in avanti.
Ma allora perché la fine della strada si
allontanava sempre di più? Ne vedeva il fondo
come una prospettiva infinita, man mano che avanzava
la strada si allungava. Nonostante il perdurare si
queste strane sensazioni, Lisa si accorse che
l'angoscia, che prima sentiva prepotente, ora era
sparita e pian piano si affacciava una leggera
sensazione di pace interiore, il suo respiro era
più calmo e si sentiva inondata da un calore
rassicurante. L'aria si era ad un tratto intiepidita e
la notte stava cedendo il passo al crepuscolo del
mattino. Le luci dell'interminabile strada si erano
spente e ora si scorgevano le sagome degli alberi e
delle case che prendevano sempre più
consistenza ai primi chiarori dell'alba. Finalmente
avrebbe trovato la strada per arrivare a casa! Ma cosa
avrebbe detto alla mamma? Dove era stata tutta la
notte? Lisa non sapeva cosa le avrebbe risposto.
Cercava di ricordarsi cosa fosse successo ma non ci
riusciva.
- Il sole stava
sorgendo e Lisa sentì i primi raggi
accarezzargli la pelle, si fermò per un attimo
ad osservarlo e si meravigliò di non aver
bisogno di coprirsi gli occhi per la troppa luce. Con
enorme sorpresa fissava quella palla di fuoco senza
provare il minimo fastidio. Spostò poi lo
sguardo sugli alberi e le case e in particolare sul
piccolo giardino che era sulla sua destra tra due case
color rosso mattone, cercava di mettere a fuoco gli
alberi, le aiuole, le panchine di ferro appena laccate
di fresco ma la visione le appariva sfocata, le sagome
le sfuggivano e sembravano sovrapporsi l'una
all'altra, riusciva a vedere il tutto in un grande
mucchio centrale dove il rosso delle case sovrapposto
al verde delle piante del giardino e delle panchine,
facevano apparire le cose come una massa informe di
colore scuro. E tutto intorno c'era il vuoto, un vuoto
limpido e luminoso. "Cosa significa tutto questo?"
pensò Lisa che non ci capiva più nulla.
La cosa strana era che non si preoccupava minimamente
di darsi delle risposte, non si sentiva per nulla
angustiata e continuava così a camminare in
avanti come se quelle visioni le avesse sempre avute.
- Uno stridio, un
rumore assordante di ferraglie giunse ancora alle sue
orecchie. I negozi, ormai erano chiusi da un pezzo!
Cos'era questo rumore? Lisa si voltò indietro a
guardare e con sua enorme sorpresa vide alle sue
spalle che era ancora notte e la strada ancora
illuminata dalla luce flebile dei lampioni che
irradiavano ora un chiarore rossastro che si spargeva
nell'aria cupo e quasi soffocante, simile alla luce
che si trova nella "camera oscura" per lo sviluppo
fotografico. Pensò che una volta lei c'era
stata in una stanza simile. Era andata a trovare il
suo amico Sandro che faceva il fotografo, l'aveva
invitata nel suo studio per delle pose "artistiche".
"Sei molto fotogenica" -le diceva guardandola
ammirato- " Il tuo volto è molto espressivo e
mette in evidenza una bellezza eterea che non è
solo esteriore ma è anche interiore". Lisa lo
ascoltava e ridacchiando gli rispondeva."Ma dai,
smettila di prendermi in giro!" Sandro era un ragazzo
sui trent'anni molto maturo per la sua età uno
di quelli "senza vizi e grilli per la testa" e con lui
Lisa aveva fatto subito amicizia, con lui si poteva
parlare, ci si poteva confidare, era come raccontare
le proprie pene ad un confessore, lui sapeva darle dei
consigli, sapeva consolarla con affetto e parole
confortanti. Lo aveva conosciuto ad un'esposizione
fotografica, le sue foto le erano piaciute molto.
Alcune erano in bianco e nero altre a colori e
mettevano in evidenza dei personaggi in sinergia con
l'ambiente tanto che nel guardarle non si sapeva se
era l'ambiente che si arricchiva della presenza di
quelle persone o le persone sembravano arricchirsi
d'energia e vibrazioni grazie all'ambiente. Sandro
aveva saputo cogliere il tutto in un rapporto molto
intimo tra ciò che è vivo e ciò
che non lo è. Come i monti, le rocce, gli
scogli sul mare e il fluttuare delle onde che facevano
da cornice a persone che camminavano, correvano,
saltavano, ballavano oppure stavano ferme in
espressioni assorte o sognanti. A guardare quelle foto
Lisa sentiva una sensazione di pace e serenità
impadronirsi della sua mente e del suo corpo e in
quelle foto percepiva, come lei diceva, "briciole di
eternità", sapeva che erano il frutto di una
ricerca appassionata, a cui Sandro teneva molto, sulle
tematiche ecologiche e non solo naturali, ma anche
spirituali. Una visione olistica della natura e
dell'uomo. Ricordò di quella volta, quando
discutendo su questi argomenti, Sandro le disse:
"Vedi, sono fermamente convinto che noi siamo
l'espressione più alta dell'universo, è
come se noi fossimo la coscienza dell'universo stesso,
come se, dopo il Big Bang esso abbia trovato,
attraverso l'uomo, il sistema per conoscersi. Noi
viviamo per questo, senza noi, che lo guardiamo, lo
studiamo, lo scopriamo in continuazione, l'universo
non esisterebbe, noi siamo la sua consapevolezza. Lisa
aveva riflettuto molto su queste parole e come tutti i
pensieri di Sandro gli era parsa un'idea meravigliosa
e l'aveva fatta subito sua, ed era proprio quest'idea
che il più delle volte la tirava su di morale
nei momenti di sconforto quando la vita le appariva
vana e insulsa. Sandro spesso concludeva affermando:
"E siccome l'universo è infinito la nostra
testimonianza durerà per sempre!" "Vuoi dire
che vivremo per sempre?" -chiedeva Lisa come in attesa
della risposta risolutiva.
- "Certo, è la
nostra anima che vivrà per sempre per essere
testimone del Creato Divino" "Sarà, ma io sono
abbastanza scettica su questo punto"- replicava Lisa.
Poi cambiavano discorso per non allontanarsi troppo
dalla realtà e continuavano discutendo di
esami, canzoni e fotografie.
- Lisa era assorta in
tutti questi pensieri, quando dalla parte oscura della
strada vide un mucchio di gente correre verso di lei
con quella strana espressione sul viso simile a quella
che aveva visto sul volto di quell'uomo, quella donna
che per un pelo, prima, non l'avevano travolta. Ora
erano in tanti e correvano in maniera disordinata.
Sembravano prendere tante direzioni ma poi man mano
che si avvicinavano si sovrapponevano e si
ammucchiavano; strano, erano come i rivoli d'acqua sul
vetro che aveva visto prima nella sua cameretta.
Saranno state circa una ventina di persone di varie
età poteva intravedere anche dei bambini, e
quelli molto vecchi, osservò, correvano senza
affannarsi. Non si accorsero neppure di lei. Lisa fece
in tempo a bloccare un bambino che correva per ultimo;
era biondo e i suoi grandi occhi azzurri guardavano
altrove: "Dimmi, cosa sta succedendo!" gli
gridò: "Come, non te ne sei accorta?" gli
rispose che il bambino la vedeva perfettamente-
"C'è stato un incidente, hanno investito una
ragazza, e corriamo lì a vedere!" fece per
correre anche lei per seguire quella folla ma non ci
riuscì, sentiva le sue gambe pesanti e faceva
fatica a muoversi, così vide il gruppo
allontanarsi finché non sparì
completamente dalla sua vista.
- Lisa ritornò
sola.
- Che notte strana
stava vivendo, una notte con le stelle, una notte con
il sole e poi tutta quella gene che
correva
- Senti
all'improvviso un urlo di sirena, era
un'autoambulanza, ecco si stava avvicinando e ora
vedeva anche la luce blu girare sul tetto, sfrecciava
come un saetta lungo la strada interminabile e le si
avvicinava sempre di più. La sirena,
amplificando il suo suono, la stordì
completamente fino a farle perdere i
sensi.
-
- Lisa senti subito
un alito caldo di vento sfiorargli il viso e i
capelli, era immobile, distesa, non riusciva a muovere
le gambe e neppure le braccia. Riusci ad aprire gli
occhi e intravide tenui bagliori di luce;
percepìva dei bisbigli pacati e rassicuranti e
scorgeva avanti a sé sagome dapprima indefinite
che poi iniziavano man mano a prendere una forma,
erano dei visi sorridenti. Uno di questi visi si
avvicinò ma era la mamma!! La donna si
chinò su di lei "Lisa, Lisa! Dio ti ringrazio!
Sei ritornata Cara la mia bambina! "E
l'abbracciò. Lisa sentiva le lacrime calde
della mamma scenderle sul collo e in quel momento si
rese conto si essere in un letto d'ospedale. Riusciva
a malapena a muovere la testa scorgendo numerosi fili
che la tenevano legata ad una macchina. Poi oltre una
parete di vetro scorse il viso si Sandro che le
sorrideva, con una mano la salutò, poi
l'avvicinò alle labbra e le inviò un
bacio. Lisa rispose con un sorriso ma non riusciva a
capire cosa le fosse successo, non ricordava nulla. E
allora con un filo di voce chiese -"Perché sono
qui?" Un medico con il camice verde le si
avvicinò dicendo: "Ciao Lisa, ben tornata! Hai
avuto un incidente.
- Una macchina ti ha
travolto e sei entrata in coma"
- "In coma?!" Lisa
non riuscì a trattenersi ed esplose in un
pianto liberatorio. "Si, sei stata tre giorni in coma
ma ora ne sei uscita e sei salva!" -rispose la voce
rassicurante del medico.
- Lisa
assaporò il calore delle sue lacrime e senti
che per lei stava iniziando una nuova
vita.
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