
-
- L'arcipelago
dimenticato
-
-
- Il vecchio chiuse il libro e prese a guardare
il piccolo porto. Osservò un peschereccio che
stava arrivando ed un gruppo di ragazzi intenti a
fotografare un veliero ormeggiato.
- Allontanò da sé il bicchiere
ormai vuoto e si appoggiò allo schienale della
sedia.
- "Le piace?" domandò un ragazzo seduto al
tavolino accanto.
- "Sì, adoro il porto di Naoussa", rispose
il vecchio senza voltarsi.
- "Veramente mi riferivo al libro..."
- Il vecchio ne accarezzò la copertina con
la mano rugosa.
- "No".
- "Invece parrebbe proprio di sì... Ho
visto poche volte una persona così rapita dalla
lettura di un libro!"
- "Ho detto che non mi piace", replicò il
vecchio con tono infastidito.
- "Secondo me è un libro stupendo, forse
il più bello in assoluto!"
- Il vecchio, per la prima volta dall'inizio
della loro conversazione, si voltò verso il suo
interlocutore.
- "Non mi dire che sei tra quelli che hanno
riscoperto Pierazzoli e L'arcipelago
dimenticato?"
- "Sì", rispose l'altro pieno di
entusiasmo. "E le dirò di più:
Pierazzoli è sicuramente il più grande
autore italiano del Novecento!"
- "Ma lo sai che non ha scritto
nient'altro?"
- "Sì, ma ne conosco anche il
motivo!"
- "Sentiamo".
- "Con L'arcipelago dimenticato è riuscito
ad esprimere dei concetti talmente elevati,
utilizzando uno stile così sublime, che non ha
più avuto bisogno di scrivere altro per
affermare il suo talento".
- Il vecchio si rabbuiò. Una famiglia
tedesca prese posto ad un altro tavolo ed il marito,
in un inglese alquanto stentato, ordinò da bere
ad una giovane cameriera.
- "Lo sa che Pierazzoli ha scritto tutta la sua
opera durante il suo primo soggiorno a Naoussa?"
tornò alla carica il ragazzo. "E lo sa che era
solito trascorrere i suoi pomeriggi seduto in questo
dehors? Mi hanno raccontato che veniva qui con i suoi
fogli e che si metteva a osservare il porto,
esattamente come stava facendo lei fino a un attimo
fa, e che poi, tutto ad un tratto, iniziava a
scrivere".
- "È per questo che sei venuto a sederti
qui?"
- "Sì", rispose l'altro con slancio. "Solo
qui riesco a cogliere appieno la sua presenza e a
comprendere fino in fondo il messaggio che ci ha
voluto trasmettere col suo capolavoro! Lei capisce che
cosa intendo dire, non è vero?"
- "No".
- "Ma non avverte nemmeno la sua presenza? Non
sente che qui ogni cosa ne è
impregnata?"
- "No".
- La cameriera portò le bibite ai turisti
tedeschi ed il vecchio, vedendola, ne
approfittò per pagare.
- "Si è fatto tardi", disse alzandosi in
piedi. "Devo andare".
- "Posso farle ancora una domanda?" chiese
timidamente il ragazzo.
- Il vecchio annuì.
- "Perché viene proprio qui a leggere
L'arcipelago dimenticato?"
- "Uhm, non credevo che ti fossi accorto di
questa mia strana contraddizione!". Fece una breve
pausa. "Vengo qui perché, come ti ho già
detto, mi piace molto il porto e leggo questo libro
perché, essendo stato scritto quando ero un
ragazzo come te, mi ha accompagnato lungo tutto il
corso della mia vita".
- "Ma che cosa c'è in quest'opera che non
le piace?"
- "Giovanotto, tu mi hai chiesto il permesso per
farmi solo una domanda, no due!"
- Il ragazzo rimase interdetto ed il vecchio,
dopo averlo salutato, se ne andò.
-
- Dopo aver girovagato per circa due ore, giunse
nella pensione dove alloggiava. Entrando,
comunicò alla padrona che quella sera non
avrebbe cenato e salì nella sua stanza. Chiuse
a chiave la porta e da una vecchia valigia estrasse un
album contenente dei ritagli di giornale. Il primo era
datato 2 aprile 1947 ed annunciava, in poche righe, la
pubblicazione di L'arcipelago dimenticato, opera prima
di un giovane autore sconosciuto. Il secondo, datato
10 aprile 1947, era stato scritto da un noto critico
letterario che ne tesseva gli elogi. Seguivano molte
altre recensioni e la sua prima intervista.
Saltò volutamente diverse pagine e
s'imbatté in un articolo risalente all'autunno
del 1948, edito dal New York Times, che lo eleggeva
scrittore dell'anno. Un altro articolo, pubblicato dal
quotidiano Le Monde, annunciava la nascita di un nuovo
astro delle letteratura mondiale ed un altro ancora
riportava i giudizi favorevoli di alcuni celebri
scrittori.
- Continuò a sfogliare l'album e giunse ad
un articolo datato 22 agosto 1954. Poi, un salto di
oltre quarant'anni, fino al 7 giugno 1997, giorno in
cui un giornalista gli aveva dedicato mezza pagina per
cercare di spiegare ai suoi lettori perché da
circa un anno molti giovani avevano riscoperto quel
vecchio libro. Seguivano molti altri ritagli di
giornale, ma nessuna sua intervista: non aveva
più voluto concederne per paura di sentirsi
chiedere perché non aveva più scritto
nulla...
- Ripose il tutto nella vecchia valigia e si
affacciò alla finestra. Fuori era già
buio. Chiuse gli occhi e per qualche minuto
prestò attenzione al rumore delle onde e
all'odore di quel mare che, tanti anni prima, lo aveva
aiutato. Si ricordò di quando, nel lontano
1952, tutti gli stavano alle costole per spingerlo a
scrivere un altro libro e di quando lui, esasperato da
così tanta insistenza, mentì annunciando
che stava lavorando ad un'altra opera. Gli tornarono
in mente le telefonate fiume del suo editore, che
voleva sapere come procedeva quel suo nuovo lavoro, ed
il giorno in cui, non riuscendo più a sostenere
quella situazione, gli disse di averlo bruciato
perché, dopo un'attenta rilettura, lo aveva
trovato banale. Ripercorse poi, ad uno ad uno, i
momenti più difficili della sua vita: l'editore
che smise di cercarlo, i giornali che a poco a poco si
dimenticarono di lui, la sua compagna che lo
lasciò per un altro scrittore, il pubblico che
smise di acquistare il suo libro, i soldi che finirono
in fretta e le sue difficoltà ad adattarsi ad
un lavoro ordinario dopo tanto successo. Non una
famiglia, non un'occupazione stabile, non una donna
fissa al fianco, non un ideale... Niente di niente, ad
eccezione della solitudine e dell'oblio... E poi il
nuovo successo, giunto del tutto inaspettato, che gli
aveva ridato un po' di tranquillità economica,
permettendogli di ritornare a Naoussa per una
vacanza.
-
- Quella sera si coricò tardi e, dopo una
notte insonne, si alzò prima del solito. Verso
le otto scese a far colazione e poi attese
pazientemente le dieci per prendere l'autobus per
Parikia.
- Giunto nel capoluogo dell'isola, si recò
direttamente a casa del dott. Kamazakis, suo amico da
oltre mezzo secolo.
- "A che cosa debbo che Pierazzoli venga a
trovarmi?" esclamò l'altro in un italiano
perfetto.
- "Al mio bisogno di parlarti".
- Il medico lo fece accomodare in un piccolo
salotto e gli offrì una bibita fresca.
- "Questa notte non ho chiuso occhio",
esordì Pierazzoli tralasciando i
convenevoli.
- "Non hai digerito la cena?"
- "Non ho cenato".
- "Avverti qualche strano sintomo come, ad
esempio, mal di testa..."
- "No", lo interruppe lo scrittore. "Fisicamente
sto bene, ma da quando sono arrivato qui mi sento
particolarmente agitato. Forse ho fatto male a
tornare..."
- Il medico lo osservò attentamente e nei
suoi occhi lesse i segni del suo tormento
interiore.
- "È da quando sei a Naoussa che non
riesci più a dormire?"
- "Sì".
- "Come trascorri le tue giornate?"
- "Non mi vedo con nessuno, vago per l'isola e
leggo L'arcipelago dimenticato".
- "Scommetto che stai di nuovo cercando di
scrivere e che continui a non riuscirci..."
- Lo scrittore scosse il capo.
- "Questa volta ti sbagli di grosso".
- "Che cosa c'è allora che non
va?"
- Pierazzoli esitò a lungo prima di
rispondere.
- "Sono stanco, stanco di mentire..."
- "Di mentire su che cosa?"
- "Su tutto, su di me, sul mio libro... La
verità è che non ho mai scritto nulla e
che non scriverò mai nulla perché non
sono uno scrittore..."
- Il medico sgranò gli occhi.
- "Sì, io non ho mai scritto nulla!"
ripeté Pierazzoli con voce ferma.
- "No, no, questo non è vero... Tu sei
l'autore di un libro bellissimo!"
- "Io non ho mai scritto nulla", ripeté
nuovamente Pierazzoli.
- Il dott. Kamazakis si accese la pipa ed emise
alcuni anelli di fumo.
- "A diciannove anni lasciai la falegnameria di
mio padre per entrare nei partigiani", prese a dire lo
scrittore non sopportando più quel silenzio.
"Conobbi subito un certo prof. Ascaris, docente di
filosofia ed ex ufficiale, che mi prese sotto la sua
ala protettiva trattandomi come un figlio. Un giorno
mi chiamò in disparte e, dandomi un quaderno mi
disse: "Promettimi che lo custodirai e che, se muoio,
lo consegnerai a mia moglie affinché lo faccia
pubblicare". Io annuii e lui, dandomi una pacca sulla
spalla, aggiunse: "Ho sempre saputo di poter contare
su di te!". Morì quel giorno stesso durante
l'assalto ad un treno e la sua scomparsa mi
lasciò un grande senso di vuoto. Per mia
fortuna, però, la guerra finì dopo
qualche settimana ed io feci ritorno a casa col
prezioso quaderno e, naturalmente, con la ferrea
intenzione di mantenere la mia promessa. Pur non
essendo mai stato un amante della lettura, decisi di
leggerne il contenuto prima di consegnarlo e
così scoprii di avere tra le mani un vero
capolavoro... Quella scoperta mi fece letteralmente
perdere la testa e decisi di farlo pubblicare a mio
nome... Cerca di capirmi: a quell'epoca ero soltanto
un ragazzo pieno di sogni e, forse, dietro a quella
pazzia si celava solo il mio desiderio di lasciare per
sempre la falegnameria e di diventare
qualcuno..."
- "Perché l'hai chiamata pazzia?"
- "Perché agii senza riflettere sulle
possibili conseguenza del mio operato: se solo
un'altra persona avesse letto prima di me quel
quaderno o avesse trovato tra le sue carte le bozze di
L'arcipelago dimenticato, io sarei stato
smascherato..."
- "Invece ti andò bene".
- "Sì, devo ammettere che mi andò
incredibilmente bene!"
- "E poi che cosa successe?"
- "Mio padre mancò nel luglio del '45 e,
per quanto ciò possa sembrare disgustoso, la
sua morte mi facilitò non poco le cose: grazie
ai soldi della sua eredità mi fu possibile
venire qui".
- "Che bisogno avevi di venire proprio qui?"
interruppe il medico sempre più
disorientato.
- "Prova un po' a riflettere: non mi ero mai
mosso dal Piemonte e dovevo assolutamente trovare un
modo per dimostrare di aver visitato questi luoghi
prima di averli descritti tanto dettagliatamente. Solo
così avrei potuto far credere di essere io il
vero autore di L'arcipelago dimenticato..."
- "E una volta giunto qui?"
- "Ricopiai fedelmente il testo in modo che fosse
scritto con la mia calligrafia e distrussi
l'originale. Tornai in Italia e cercai un editore. Il
resto della storia è noto".
- "Finalmente ho capito perché non hai
più pubblicato nulla!"
- Pierazzoli sorrise.
- "Se avessi scritto qualcosa, mi sarei dato la
zappa sui piedi perché non sarei stato in grado
di riprodurre lo stile del prof. Ascaris e la cosa non
sarebbe di certo passata inosservata..."
- Nella stanza calò il silenzio.
- "È il rimorso che ti toglie il sonno?"
domandò tutto ad un tratto il dott.
Kamazakis.
- "Sì... Non solo ho tradito la fiducia di
una persona che ha creduto ciecamente in me, ma mi
sono anche rovinato la vita..."
- "Non ti è mai venuta la tentazione prima
d'ora di svelare a qualcuno questo tuo segreto?"
domandò l'altro posando delicatamente la pipa
sul tavolino.
- Sulle labbra di Pierazzoli ricomparve il
sorriso.
- "Sì, ma per farlo avrei dovuto essere
meno vigliacco di quel che sono..."
- "E perché hai deciso di farlo proprio
ora con me?"
- Pierazzoli abbassò lo sguardo,
afferrò il bicchiere e sorseggiò
lentamente la bibita.
- "Tutto ha una fine", rispose giocherellando col
bicchiere vuoto. "E per me è arrivato il
momento di gettare la maschera..."
-
- Il mattino seguente il dott. Kamazakis si
alzò di buon ora e, preoccupato per l'amico, si
recò a Naoussa. Entrò nella pensione
dove alloggiava e chiese di lui ad una giovane
cameriera.
- "Mi pare che il sig. Pierazzoli non sia ancora
sceso a colazione", rispose distrattamente la ragazza.
"Se crede, può cercarlo in camera. Secondo
piano, prima porta a destra".
- Il medico si precipitò su per le scale
e, giunto davanti alla porta della sua stanza,
bussò. Non udendo nessuna risposta,
bussò più forte e si accorse che la
porta non era chiusa a chiave... Appoggiò la
mano tremante sulla maniglia ed entrò. Nella
penombra intravide lo scrittore disteso sul
letto.
- "Alessandro, Alessandro", chiamò con
voce spezzata, ma l'altro non rispose.
- Si chiuse la porta alle spalle ed accese la
luce: il lenzuolo era completamente macchiato di
sangue... Con passo veloce si avvicinò al
letto, gli mise una mano sulla fronte e costatò
che era già fredda. Sul tavolino scorse due
lamette da barba insanguinate ed una busta con su
scritto Per il dott. G. Kamazakis.
L'aprì ed estrasse un bigliettino pinzato ad
un'altra busta sigillata. Col dorso della mano si
asciugò gli occhi pieni di lacrime e
lesse:
-
- Carissimo Amico,
-
- ho finalmente capito che c'è un
limite a tutto, anche alla menzogna, e che è
giunto il momento della verità... Purtroppo,
io non ho il coraggio di affrontarla e così
ho dovuto farla finita...
- Allegato a questo bigliettino, troverai
un'altra lettera contenente la descrizione di come
si sono svolti realmente i fatti. Ti prego, in nome
della nostra grande amicizia, di divulgarla
affinché si sappia che il vero autore di
L'arcipelago dimenticato è il prof. Eugenio
Ascaris.
-
- Alessandro Pierazzoli
-
- Circa un'ora dopo, la polizia fece il suo
ingresso nella pensione ed il comandante, seguendo le
solite procedure, interrogò subito tutti i
presenti.
- "So che è stato lei a rinvenire il corpo
senza vita di Pierazzoli", disse rivolgendosi al
medico. "Entrando nella sua camera ha per caso trovato
una lettera o qualcosa di simile?"
- "No", rispose l'altro scuotendo il capo. "Non
ho trovato nulla..."
-
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