- La
penna stilografica
- 3
settembre
-
- A ventitré
anni mi distinsi tra i migliori ad un concorso
letterario per esordienti e riuscii a fare stampare il
mio primo romanzo. A trenta avevo già
pubblicato cinque best-sellers. Dai trentacinque non
riesco più a scrivere nulla e adesso che ne ho
compiuti quaranta accendo il computer solo per
collegarmi ad Internet o per perdere tempo con i
giochetti d'azione o di avventura che ho rubato a mio
figlio.
- Ieri è stato
il mio compleanno, perciò mia moglie Lara
insieme a mio fratello e ad un paio di amici mi ha
organizzato la solita festa a sorpresa. Per fortuna
stavolta non aveva invitato il mio agente,
perché non avevo voglia di spiegargli di nuovo
che avevo perso l'ispirazione.
- A ricordarmi che un
tempo ero uno scrittore ci ha pensato mio fratello
Paolo, che non perde mai l'occasione per sottolineare
il fatto che sono un fallito. Mi ha regalato una penna
stilografica antica, appartenuta sembra ad un noto
scrittore, mio omonimo, morto agli inizi del secolo.
Funziona ancora, perciò oggi ho iniziato ad
usarla. Per riempire le pagine di questo diario,
però, non certo per un nuovo
romanzo.
- Come ho già
detto, l'ispirazione mi ha abbandonato per
sempre.
-
-
- 20
settembre
-
- Lara e Paolo sono
sempre preoccupati per me, perché ormai non
esco più di casa, nemmeno per comprarmi il
giornale o accompagnare a scuola mio figlio
Marco.
- Non sono neanche
andato a ritirare un premio che avevo vinto in Francia
in occasione della riedizione del mio primo romanzo,
tradotto stavolta con maggiore cura di quanto era
avvenuto venti anni fa.
- Al mio posto ci
sono andati mio fratello e mia moglie, perché
un week-end a Parigi non si rifiuta mai.
- Passano molto tempo
insieme, forse troppo. Dovevo immaginarlo: non sono
mai stato un tipo interessante e, senza più il
fascino che circonda di solito gli artisti, Lara mi
trova ormai solo un obeso e scontroso omuncolo che le
russa accanto nel letto.
- Mio fratello,
debole e sempre geloso del mio successo, non si
è fatto troppi scrupoli a lasciarsi sedurre da
mia moglie, che adesso lo comanda a bacchetta. Insieme
mi stanno alienando l'affetto di Marco, che Paolo
porta a scuola tutti i giorni al mio posto. Questo
però mi sta bene, perché sento di non
avere più niente da dare e da dire a mio
figlio.
- Mi piace che tutti
mi lascino stare da solo nel mio studio, così
posso sedermi alla scrivania e non fare nulla. non mi
collego più nemmeno ad Internet e da giorni non
leggo neppure la posta elettronica.
- Certo, adesso
scrivo, ma solo poche righe su questo diario. No, ho
mentito, sto pure prendendo appunti sulla vita dello
scrittore che prima di me aveva posseduto la penna
stilografica, dalla quale adesso non mi separo
mai.
- Era un poeta, ma a
parte questo ci assomigliamo molto. Come me infatti
divenne famoso giovanissimo, ma l'ispirazione e la
fama lo lasciarono rapidamente. La moglie lo
abbandonò, portandosi dietro i loro tre figli.
Scomparve una mattina, insieme ai gioielli e a tutto
il denaro che tenevano in banca.
- Lo scrittore si
ritrovò così senza famiglia e senza
denaro. Del tutto solo e ormai povero, apprese dai
giornali che sua moglie era fuggita con un pianista
famoso. Non ebbe allora più la forza di
presentarsi negli ambienti che aveva frequentato fino
a quel giorno ed andò a vivere in una modesta
pensione, rifiutandosi di vedere i parenti ed i pochi
amici che gli erano rimasti. Non scrisse più
poesie, ma non c'era giorno che non si sedesse al
tavolino, rimanendo immobile per ore con la
stilografica in mano, in attesa che l'ispirazione
ricomparisse.
- Almeno lui sperava
che la Musa tornasse a baciarlo, io no.
- Non scrivo
più, non mi sento più uno scrittore, se
mai lo sono stato.
-
-
- 10
ottobre
-
- Ho scoperto che il
poeta mio omonimo alla fine si suicidò in un
modo piuttosto macabro e singolare: l'anniversario del
suo matrimonio si sedette come al solito alla sua
scrivania e con entrambe le mani poggiate sul tavolo
impugnò la stilografica con il pennino rivolto
verso l'alto, poi si chinò di scatto e si
conficcò la penna nell'occhio destro,
spingendola per oltre 7 centimetri dentro al
cervello.
- Mi chiedo se si sia
ucciso con la stessa penna con cui io sto scrivendo
adesso. Fosse stato assassinato, la penna sarebbe
stata considerata l'arma del delitto, perciò
non credo che gli inquirenti avrebbero permesso che
tornasse in circolazione. È stato pur sempre il
mezzo con cui una vita è stata spezzata, quindi
mio fratello non dovrebbe esserne entrato in possesso
tanto facilmente.
- Sì, ci sono
molti più motivi perché la penna non
possa essere questa, ma allora perché mi sembra
di vedere delle macchie brune lungo la sua
impugnatura?
- Il pennino
d'argento è invece perfettamente pulito e
lucente, infatti posso perfino vederci il mio volto
riflesso. Deformato, però, tant'è che
non sembra neanche il mio.
-
-
- 23
settembre
-
- Mia moglie, a
differenza di quella del poeta mio omonimo, non si
decide a lasciarmi. Questo non vuol certo dire che non
mi tradisca, infatti passa sempre più tempo con
mio fratello. Lo scorso week-end si sono perfino
portati in campagna mio figlio. Mi hanno chiesto di
andare con loro, ma so che l'hanno fatto solo per
finta cortesia, sperando che rifiutassi.
- Ipocriti e
calcolatori fino in fondo, dunque!
- Non tutt'e due, in
realtà: è mia moglie che tiene le fila
del gioco, la donna che ha sposato lo scrittore di
successo, sperando che sfornasse un libro l'anno fino
alla vecchiaia, ma che oggi si trova legata ad un uomo
che tutti giudicano finito.
- Si è allora
rivolta all'unica persona che conosceva che fosse
più debole di me, mio fratello.
- Paolo la segue come
un cane fedele e farebbe di tutto per lei, anche
aiutarla ad entrare in possesso dell'assicurazione che
ho stipulato quando ancora pensavo che la mia vita
valesse qualcosa. Lara poi si libererà anche di
lui, questo è chiaro, tenendosi i soldi e mio
figlio. Piangerà un po' sulla mia tomba, ma
è giovane, bella ed astuta, perciò non
rimarrà a lungo vedova.
- Sì, è
astuta, ma non dovrebbe dimenticare che
l'assicurazione non paga in caso di
suicidio.
-
-
- 2
novembre
-
- L'immagine che vedo
riflessa sul pennino d'argento non è distorta,
semplicemente non è la mia, ma è del
poeta che se l'è infilato nel
cervello.
- Non sono pazzo e
non credo ai fantasmi, perciò voglio subito
dare una spiegazione razionale al fenomeno: la penna
è stata in contatto diretto con i neuroni del
poeta al momento della sua morte, perciò i suoi
pensieri le sono rimasti in qualche modo legati.
Questa sorta di residuo psichico - tanto per usare un
termine amato dagli scrittori del mistero - è
entrato in comunicazione con me.
- Per prima cosa il
poeta mi ha confermato che la penna che uso è
proprio quella con cui si è ucciso, poi mi ha
confessato di essersi pentito del suo gesto. Non del
delitto, ma di averlo compiuto su se stesso, invece
che contro le persone che lo avevano
tradito.
- Sono giorni che mi
dice di non fare lo stesso errore e sono giorni che io
lo sto ascoltando.
-
-
- 4
novembre
-
- Ieri mia moglie si
è accorta che parlavo con la penna, ma per
fortuna era troppo lontana per sentire quello che mi
stava dicendo.
- Ha mandato
però nostro figlio a stare qualche giorno dai
nonni e ha invitato domani a pranzo Paolo per
parlarmi. Da una settimana dorme nella camera degli
ospiti, non entra nello studio neanche per spolverare
e mi guarda sempre più preoccupata.
- Forse sospetta
qualcosa?
- Non lo so, so solo
che dovrò agire presto.
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-
- 5
novembre
-
- Ho ucciso mia
moglie. L'inchiostro con cui scrivo adesso è il
suo sangue.
- La penna funziona
ancora.
- Funzionerà
ancora dopo che l'avrò conficcata anche
nell'occhio di mio fratello?
-
-
- Domenica Paolo
bussò a lungo alla porta dell'appartamento del
fratello, ma nessuno venne ad aprirgli, allora
entrò con le chiavi che gli aveva dato Lara da
quando il marito si rifiutava di rispondere al
citofono.
- All'inizio le luci
spente gli fecero pensare che non ci fosse nessuno,
poi entrò in salotto e nella penombra vide la
cognata seduta sulla poltrona che guardava la
televisione, dandogli le spalle. La chiamò, ma
non ottenne risposta, perciò pensò che
si fosse addormentata, allora le si avvicinò e
le toccò la spalla destra. La donna cadde in
avanti, proprio mentre Paolo si accorse che le sue
dita si erano macchiate di una sostanza appiccicosa e
rossastra.
- Prima che la sua
mente accettasse il fatto che Lara si era assassinata,
gli si avventò contro un uomo che teneva in
mano qualcosa di lungo e sottile. Paolo reagì
immediatamente, afferrando la pesante lampada poggiata
sul tavolino accanto al divano e colpendo con essa il
suo aggressore. Riuscì così a
disarmarlo, poi lo spinse a terra.
- Accecato dalla
furia lo colpì ancora alla testa con la
lampada, poi lo colpì di nuovo e lo
colpì ancora, finché l'uomo non si mosse
più. Solo in quel momento si accorse che era
suo fratello e che in mano stringeva la penna che gli
aveva regalato per il suo compleanno, allora le gambe
non lo sostennero più e si lasciò cadere
a terra disperato.
- Quando Paolo si
riprese, chiamò la polizia, poi si
precipitò nello studio del fratello per vedere
se c'era qualcosa che potesse spiegare quello che era
successo. Trovò il diario sulla scrivania,
aperto alla data corrente e macchiato del sangue di
Lara. Si fece coraggio e lo lesse dall'inizio, poche
pagine che il fratello aveva scritto dal giorno del
suo compleanno.
- I poliziotti lo
trovarono che rideva e piangeva insieme, ancora seduto
alla scrivania.
- All'inizio
pensarono che fosse stato lui l'assassino, ma solo
finché non lessero anche loro il diario e
lasciarono cadere ogni accusa.
- Ai funerali del
fratello e della cognata Paolo parve inconsolabile.
Riuscì però a non piangere quando
abbracciò i genitori di Lara che avevano
accettato di prendersi cura del nipote e chiese loro
perdono per quanto era successo.
- Tutti tentarono di
spiegargli che lui non aveva colpa, che non avrebbe
potuto fare nulla per impedire la tragedia, ma Paolo
continuava a ripetere:
- «No, mio
fratello è innocente, è stata tutta
colpa mia, solo colpa mia».
- «Parti, cambia
aria, lasciati tutta questa storia alle spalle»,
gli consigliarono gli amici, allora Paolo
preparò la valigia e si mise in
viaggio.
- Due giorni dopo si
uccise, tagliandosi le vene dei polsi, nella vasca da
bagno del primo albergo in cui si era
fermato.
- Aveva lasciato un
biglietto sul tavolino, con scritte questa
parole:
-
- Amavo Lara e
anche lei mi amava, ma non abbiamo mai tradito mio
fratello.
- Gli ho mentito,
la penna era nuova. Dissi che era appartenuta allo
scrittore suicida solo perché volevo scuotere
mio fratello, spingerlo a non arrendersi come aveva
fatto il suo omonimo.
- Volevo solo che
riprendesse a scrivere, nient'altro.
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