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               Teatri
               dell'oggettivazione:
 Secondo Marx: "Il prodotto del lavoro è il
               lavoro che si è fissato in un oggetto, è
               diventato una cosa, è l'oggettivazione del
               lavoro. "Sebbene il significato negativo
               dell'oggettivazione , e cioè che essa appare
               come perdita dell'oggetto, è attribuita da Marx
               all'economia privata capitalistica, ci sembra
               piuttosto da attribuire alla prassi lavorativa stessa
               dell'operaio. Bisognerebbe piuttosto parlare di
               oggettivazione del corpo dell'operaio. Egli, in
               realtà, non si rapporta come soggetto
               all'oggettualità esterna del mondo ma vi si
               rapporta come oggetto egli stesso. Questo è
               asserito anche da Marx in un passo successivo dei
               manoscritti economico-filosofici del '44 in cui scrive
               che l'estraniazione si mostra anche nell'atto della
               produzione e non soltanto nel risultato.
               L'oggettivazione in sé e per sé presa ci
               appare imprescindibile risultato del lavoro che
               necessariamente si deve fissare in un oggetto. Anche
               l'artista si oggettiva in un oggetto, però
               l'oggettivazione dell'operaio è estraniazione
               in quanto è oggettivato egli stesso. Bisogna
               distinguere tra oggettivazione interna e
               oggettivazione esterna. Il corpo dell'operaio è
               coartato in movimenti meccanici, non è il Leib
               ma il Korper, per questo il destino dell'operaio
               è di essere affidato al medico, magari
               psichiatra, come scrive Marx stesso, che ha compito di
               igiene sociale in quanto il presupposto epistemologico
               del medico è il corpo come il corpo-cosa (il
               Korper) e non come il corpo vivente (il Leib).
               L'operaio si rapporta all'oggetto come il singolo che
               lavora una molteplicità infinita di oggetti
               singoli che non sono però compresi nell'idea
               universale come il soggetto che filosofa o fa scienza
               e che lavora sulle essenze degli oggetti che ne
               comprendono la loro molteplicità. Sebbene Marx
               affidi alla tecnica il compito di liberare il
               proletariato, anche se non poteva prevedere i futuri
               sviluppi dell'informatica dato che non esisteva
               nemmeno il motore a scoppio, non vede che questa
               oggettivazione è intrinseca alla
               spazialità della fabbrica come teatro della
               crudeltà in quanto è dominata dalla
               necessità. L'operaio subisce il vincolo con
               l'oggetto che non è dovuto all'esistenza della
               proprietà privata ma è coessenziale al
               teatro, creato dalla società industriale, in
               cui l'operaio svolge il proprio atto nell'empiria.
               L'oggettivazione esterna, come cosalità privata
               del senso, è possibile se il corpo stesso
               è una cosa; l'operaio perde il suo oggetto,
               cioè il suo lavoro è estraniato, in
               quanto si trova nel teatro dell'oggettivazione. Marx
               inoltre sostiene che si ha l'alienazione in quanto il
               lavoro diventa un oggetto. Questo passo è
               impreciso, il problema non è che il lavoro
               divenga un oggetto, che è ciò in cui
               consiste l'oggettivazione esterna, ma nell'essere il
               proletariato l'universale per difetto il che gli
               impedisce, lavorando una molteplicità infinita
               di oggetti singoli, di accedere all'essenza universale
               che ricomprende in sé una molteplicità
               di oggetti singoli come avviene nelle teorie
               scientifiche e filosofiche. Questi oggetti sono delle
               cose private del senso contrariamente a ciò che
               avviene nell'opera d'arte che è anch'essa una
               molteplicità di oggetti singoli ma il cui senso
               è amplificato dal valore estetico. Marx coglie
               molto di più la verità quando asserisce
               che l'operaio si rende estraneo nel prodotto della sua
               attività dato che si estrania da se stesso
               nell'atto della produzione. Il proletariato in Marx
               è una delle metamorfosi dell'assoluto degli
               idealisti, in parte è il soggetto-oggetto di
               Schelling e in parte essendo l'universale per difetto
               è hegelianamente quel nulla d'essere che crea
               il divenire, è il dio nascosto produttore di
               valore e di storia e la molla dialettica della
               contraddizione. Come scrive Bataille: "se dio esiste
               è ateo" per questo la struttura portante del
               marxismo è l'ateismo in quanto il proletariato
               è l'attore sulla scena ateologica. L'operaio
               è tale perché è
               autocontradditorio, è il soggetto che è
               oggetto di cui è possibile la soggettivazione
               se cambia il teatro dove l'attore sociale interpreta
               il proprio ruolo. La liberazione è possibile
               nel teatro della soggettivazione dove la voce danza
               pervadendolo di onde di armonia e nella danza del
               corpo dove si ripristina la sensu-alità del
               Leib. Dove gli automi saranno effettivamente utili
               sarà nella sostituzione del soggetto vincolato
               con l'oggetto come scrive Marx per cui: " l'operaio
               è un'appendice della macchina" e non nelle
               attività specificamente umane come per esempio
               l'arte. Se anche l'automa che suona il violino
               suonasse perfettamente, ben difficilmente qualcuno
               andrebbe ad ascoltarlo, sarebbe considerato niente
               più che una bizzarria da baraccone. Ciò
               che si apprezza, al di là del risultato che
               sarebbe fruibile anche tramite un qualunque supporto
               tecnologico, è la capacità dell'anima
               umana, lungamente coltivata, di elevarsi al di sopra
               dell'uomo comune secondo le leggi della bellezza che
               vengono comprese in parte in modo innato e in parte in
               modo acquisito. Dato che l'operaio è
               l'homme-machine nel teatro della crudeltà,
               è il korper che produce oggetti esso potrebbe
               agevolmente essere sostituito dall'automa che è
               nel capitalismo il modello stesso dell'operaio come di
               un oggetto che non ha le esigenze del soggetto e dal
               cui lavoro può essere estratto il plus-valore
               all'infinito. Dato che la contraddizione è la
               struttura del divenire della storia, deve essere
               mantenuta perché la storia abbia un seguito; la
               società pacificata priva di contraddizioni
               è possibile nella fine della storia non con il
               proletariato al potere ma con la dis-soluzione della
               classe operaia. La fabbrica come teatro della
               crudeltà in quanto è il centro
               dell'essere sociale crea il suo correlativo
               cioè il manicomio dove il corpo oggettivato
               può essere violato. Esso è il non-luogo
               desituato ontologicamente ai margini della
               società e che è l'altro ve del mondo e
               della legge. Lo stato ha sostituito il manicomio con
               l'ambulatorio che è però il luogo della
               castrazione della coscienza e della "morte" del
               soggetto, che nelle prassi dialettiche con lo
               psichiatra organicista è oggettivato, il suo
               corpo è fatticizzato ed è desituato
               nell'impossibilità delle possibilità.
               Esso è il nuovo teatro della crudeltà
               costruito come: " aspettando Godot ", ciò che
               il malato cerca è la danza della voce che gli
               viene continuamente negata dal medico che non
               può essere il suo simbolico amante in un
               perpetuo circolo vizioso, così due personaggi
               parlano praticamente all'infinito fino a quando cala
               il sipario sulla scena del mondo e Godot non è
               ancora arrivato.
 
               
               
                     
                  
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