- Il
ladro
-
- Era rimasto
lì, quasi accasciato, seduto con i gomiti sulle
ginocchia, la testa tra le mani, mentre cercava di
riprendersi.
- Lentamente,
allungò una mano nel buio fino a riconoscere
l'interruttore della luce e diede forma alla stanza.
Il torpore al quale si stava sottraendo era lento a
sparire e si voltò a guardare l'orologio sul
comodino: le quattro e un quarto del
mattino.
- Mosse di nuovo la
testa, con calma rassegnata, e la riprese tra le
mani: non riusciva ad abituarsi a queste levatacce e
più il tempo passava, più soffriva del
perduto riposo; ma c'era un motivo e doveva sbrigarsi
se non voleva vanificare quest'ennesimo sacrificio. Si
sforzò di presentarsi a sé stesso e si
levò in piedi; per inerzia, quasi la stanza
fosse in discesa, si avviò all'armadio e ne
aprì un'anta, le mani si mossero sicure, quasi
potessero vedere, e gli porsero degli
abiti.
- Si vestì in
fretta e, ormai pronto per la missione,
attraversò la sua bella casa, elegante e
spaziosa. L'aveva vista tante volte nei suoi sogni,
eppure non avrebbe mai creduto di viverla,
finché, un bel giorno gli si presentò
quella 'scorciatoia' per i desideri che tutti cercano.
-
- Faceva l'operaio da
anni, forse troppi, come possono essere quelli passati
a fare un lavoro, piuttosto che il lavoro. D'altra
parte era già stato fortunato a trovarlo, anche
se lontano da casa: stipendio medio, qualche
straordinario. I suoi genitori, ormai anziani,
dipendevano dignitosamente dal suo aiuto e non voleva
fargli mancare niente.
- Quel che restava
era abbastanza per una vita ed una camera in
affitto.
- L'appartamento era
molto grande e la proprietaria ne aveva potuto fittare
tre camere. La finestra della sua stanza dava su di un
piccolo cortile, raccogliendo poca luce e molti
sguardi; di fronte un armadio a quattro ante, di lato
una scrivania e sulla parete corta il letto, semplice
ma comodo. Un carrellino con un televisore, una
piccola scaffalatura, qualche altro oggetto sparso:
così gli si presentava il suo rifugio quando
l'autobus lo riportava a casa. Gli altri affittuari
erano composti, costretti alla discrezione dallo
scarso interesse per storie così simili alle
proprie; per loro il tempo non era fermo ma
miserabilmente uguale.
- Aveva qualche
amico, residuo della compagnia dell'università,
quando studiare sembrava un passatempo per allontanare
la realtà. Per fortuna non era un dissennato,
ma solo giovane; presto fece i conti con la vita, le
difficoltà del padre, i primi lavoretti
part-time per mantenersi e poi l'abbandono degli
studi; non poteva permettersi molto, per questo non si
era voluto sposare, e questa sua decisione gli era
costata il fidanzamento.
-
- Malgrado tutto era
sereno, aveva da tempo elaborato una sua 'teoria' e
ne aveva fatto una ragione di vita; la chiamava
filosofia del bi-sogno e così la spiegava:
"Esistono dei bisogni naturali che sono fondamentali,
ed irrinunciabili e, praticamente, si risolvono nelle
esigenze minime di sopravvivenza, e quelli
artificiali, tutto ciò che noi, gli altri o la
società in generale allestiamo per costruire la
strada sotto i nostri passi.
- Il trucco sta
nell'ammettere che questi ultimi, quelli artificiali,
sono inutili, e quindi rinunciabili, perché
portano, per la loro realizzazione, una tara
gravissima; ne generano degli altri, altrettanto
superflui".
- Inutile dire che
questo era un argomento tabù, gli amici lo
accusavano di nichilismo, se tutto andava bene, e
partivano interminabili discussioni sulla natura
dell'uomo, la politica, la religione
- Ci impiegavano
almeno una settimana per riprendersi.
- Ma, in
realtà, aveva un segreto. Quando parlava di
bi-sogni intendeva sì, le due categorie di
necessità che intravedeva nella vita, ma dava
un significato fondamentale alla seconda parte della
parola. Si saziava di sogni, veri o assurdi che
fossero, ma non era la vita che promettevano a
sollevarlo, bensì la gioia che provava nel
viverli. Di giorno raccoglieva stimoli, messaggi,
desideri e di notte li elaborava ed assaporava, vere e
proprie vite con momenti buoni e cattivi ma piene di
quelle emozioni che gli altri, nella realtà,
inseguivano e che vedevano sfuggire non appena
raggiunte.
- Aveva, però,
un solo rammarico: di non poter conservare quelle
sensazioni; i sogni che le generavano svanivano col
sole ed il distacco dalla realtà veniva subito
colmato, a vantaggio di quest'ultima e della sua
durezza, mitigato solo dalla consapevolezza della sua
filosofia.
-
- Ma un giorno
accadde l'imprevisto. Un rumore violento lo
svegliò nel cuore della notte: si alzò
stordito e si affacciò immediatamente alla
finestra, scoprendo che l'insonne dirimpettaia,
annaffiando le piante, aveva fatto precipitare un vaso
sui bidoni dell'immondizia, ed erano appena le cinque
del mattino. Si sedette alla scrivania per riprendersi
dallo spavento e dalla rabbia ma, quando tornò
in sé, con grande sorpresa, ritrovò
chiara l'immagine del sogno in cui era immerso pochi
minuti prima, come se stesse ancora lì,
dormendo e sognando, ma era ben sveglio, pronto a
raccontarlo, e l'avrebbe fatto!
- Si fermò
giusto in tempo sulla porta: a chi dirlo, a quell'ora
poi e
perché mai?
- Già,
finché se ne parlava astrattamente era un conto
ma, ora che sembrava avesse le prove di ciò che
asseriva da tempo se ne vergognava, quasi non ci
credesse neanche lui. Tornò a sedersi,
disarmato e deluso, ma gli durò poco, non
poteva perdere quell'occasione, prese carta e penna e
cominciò a scrivere.
- Il sole gli
rischiarava già da un pezzo i fogli non
più immacolati, e quando fu certo di non aver
più niente da fissare posò la penna e
prese l'orologio: da infarto; si ritrovò a
lavoro senza nemmeno sapere come, ma il suo pensiero
era a quei fogli sulla scrivania, ancora non sapeva se
facevano parte del sogno o viceversa, e quasi temeva
di scoprirlo.
- Rientrato a casa,
aprì lentamente la porta della sua stanza, come
per non disturbare, e cercò con lo sguardo i
fogli, erano lì come li aveva lasciati; li
ignorò, mentre si preparava per la cena, e
quella sera fu il primo a sedersi a tavola.
Mangiò velocemente, senza fame, rivolgendo agli
altri coinquilini suoi commensali, solo alcuni cenni
in risposta ai blandi tentativi di discussione; non ci
volle molto perché prendesse congedo e
rientrasse nella sua stanza. Chiuse accuratamente la
porta e si andò a sedere sul letto, con lo
sguardo fisso alla scrivania; cercò di capire
cosa lo tratteneva se non la paura che fosse tutto un
abbaglio. Prese coraggio passando alla sedia e
allungò lo sguardo al primo foglio, sbirciando
le parole e, man mano che andava avanti nella lettura,
acquistava tranquillità e rilassatezza, tanto
da raccogliere i fogli e stringerli tra le
mani.
- Lesse tutto d'un
fiato, ma senza fretta: erano le stesse parole a
dettargli il ritmo e lui le seguiva fiducioso. Il
racconto era fluente e la storia piacevole, un po'
strana magari, ma piena di sensazioni che gli
alleggerivano l'anima: c'era riuscito, era proprio
ciò che provava sognando!
- Ma subito si
ravvide, non poteva essere certo che i suoi sogni, per
di più raccontati, generassero, anche negli
altri, le stesse emozioni che provava lui e poi, chi
gli assicurava che avrebbe potuto scriverne degli
altri?
- Si tormentò
non poco prima di addormentarsi e, quella notte, non
sognò.
-
- Partì per il
fine settimana e due giorni nella vecchia casa con i
genitori servirono a riportarlo alla sua
normalità. Tornò in città con
l'ultima corriera, non troppo tardi ma abbastanza da
evitare rumori inutili aprendo la porta; non si
aspettava di trovarla lì, la proprietaria di
casa, seduta in anticamera, al buio e a quell'ora, per
lei certamente tarda.
- Ma la sorpresa lo
lasciò davvero senza fiato quando le scorse i
suoi fogli tra le mani rugose. Mentre cercava le
parole nel caos della meraviglia fu proprio la donna
ad andare incontro ai suoi pensieri e lo
rassicurò; il giorno prima il vento aveva
spalancato la finestra della sua camera e, nel mettere
in ordine, aveva lanciato un'occhiata fatale ai fogli
e, così, si era sentita costretta a leggere
fino alla fine. Ma la cosa più incredibile era
la sensazione che le avevano dato, come ben pochi
scritti nella sua vita, chi aveva mai concepito cosa
così affascinante?
- Fu catapultato
indietro di giorni, quando si chiedeva che potere
avessero le sue parole: ora ne aveva una
testimonianza; congedò l'anziana signora
promettendole tutte le spiegazioni il giorno dopo e si
avviò ad un'altra notte di domande.
-
- All'alba era
distrutto ma deciso: avrebbe provato a far leggere il
suo racconto ad altre persone e ne avrebbe scritti
degli altri per avere, finalmente, la
certezza.
- Già, ma a
chi, e come? Dopo grande incertezza decise che solo
la sua ex fidanzata potesse aiutarlo, malgrado si
ignorassero da tempo; la loro separazione era stata
dolorosa e lei ancora non riusciva a comprendere la
sua apparente rassegnazione alle difficoltà che
ostacolavano il matrimonio.
- Quando si
incontrarono si prese uno schiaffone per l'impudenza
con la quale si era ripresentato ma, alla fine,
riuscì a convincerla a leggere il
racconto.
- Ebbe la
controprova, finalmente, e trovò anche
un'alleata.
- Passò al
secondo problema e provò a scrivere da sveglio,
ma la sua vena mediocre poco aveva a che fare con i
suoi sogni ispiratori. Allora provò a
svegliarsi ad un'ora prestabilita, ma era scomodo e
poco efficace perché si svegliava o troppo
presto, o troppo tardi o, addirittura inutilmente,
dato che non sognava tutte le notti!
- Così
affinò una attenzione nel sonno che lo portava
a svegliarsi coscientemente quando giungeva il momento
e cominciò a scrivere, a produrre. La sua
ragazza, erano tornati di nuovo insieme, si
preoccupava della rilettura, gli segnalava i passaggi
meno chiari e si occupava della promozione, ma non
faticò molto.
- Divenne
famoso.
- Nel primo anno
aveva pubblicato ben tre raccolte di
novelle.
- Quest'ultime si
adattavano di più alla struttura della sua
fonte onirica e gli permettevano minori contaminazioni
'razionali' perché scritte nella loro interezza
la notte stessa. E poi , da qualche tempo, accusava
una certa stanchezza nel sognare: in poche parole
sembrava che i suoi sogni cominciassero a
scarseggiare.
- Il successo gli
aveva portato, naturalmente, ricchezza. Aveva
sistemato i suoi e si era sposato, con la prima
traduzione in quattro lingue era riuscito a farsi
costruire la casa che voleva, affacciata sul mare;
l'aveva arredata con gusto e soldi, tanti soldi, ma
non aveva rinunciato a nulla di ciò che egli
piacesse. Il garage, poi, era pieno degli oggetti
della sua passione motoristica ed aveva un mezzo di
trasporto per ogni occasione, un po' come gli abiti.
Con la stessa 'allegria' aveva pure cambiato moglie,
ed ora non aveva più nemmeno la seconda, visto
che gironzolava intorno ad una probabile
terza!
- Non passava giorno
che non desiderasse qualcosa di nuovo senza
procurarselo.
- Ma più
aumentavano fama e ricchezza meno sognava e,
paradossalmente, era sempre meno soddisfatto. Tardava
con le consegne e l'editore cominciò ad alzare
la voce, ma non poteva farci nulla: la notte dormiva,
riposava, si agitava, ma i sogni erano pochi e
frammentati, inutilizzabili. Sembrava che avesse
saccheggiato una miniera che riteneva inesauribile ed
ora non gli rimanevano che gli scarti.
- Fu così che
quella notte, per l'ultima volta, si alzò alle
quattro e un quarto, si sedette alla scrivania e
scrisse. Scrisse la storia di un uomo che era immune
ai desideri che la realtà gli costruiva, di
come resisteva grazie al vero benessere che trovava in
sé stesso attraverso i sogni che collegavano
mente ed anima e di come, non rendendosene conto, si
derubò di questa forza, scassinandosi, per
barattarla con quella che poteva sembrare una
soddisfazione immediata, sogni veri, per sogni finti
ma in realtà era solo una corsa senza
traguardo.
- Scrisse la parola
fine e depose la penna come fa uno scassinatore col
grimaldello; raccolse il racconto, era lì,
pronto per la ricettazione. Aprì la finestra,
il sole cominciava a vederlo, e ad uno ad uno,
stracciò i fogli che volarono giù nel
cortile, sotto gli occhi impiccioni del condominio e,
quando ebbe finito, richiuse i battenti su quello che,
forse, avrebbe potuto essere la sua vita,
probabilmente era solo un sogno ma, certamente, era
solo suo.
-
- Aprì la
porta, salutò la proprietaria,
mattiniera come sempre, e andò in
fabbrica, come tutti i giorni, con la stessa vita ed
un sogno in più.
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