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- A ZINA E
SILVANO
- (Sonetto-Acrostico)
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- Vi lascio, con un po' di nostalgia,
- Il vostro quartierino al terzo
piano;
- Anche se vado a stare in casa mia
- Di voi ricorderò il calore
umano,
- Amicizia cordiale e simpatia;
- Le operose giornate di Silvano
- Meraviglioso esempio di energia
- Applicata a un impegno quotidiano.
- Zina e Silvano, il passo l'ho
compiuto,
- In questi giorni cambio abitazione,
- Adesso, come abbiamo convenuto,
- Non mi rimangio quel ch'è stato
detto:
- Ora ripeto, colmo d'emozione,
- Vi tornerò a trovare, lo
prometto
- E vi saluto con sincero affetto.
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- 4 NOVEMBRE
1984
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- Era l'anno già quasi
terminato
- quando venni a trovarti madre mia;
- «mamma, il mio matrimonio è
naufragato
- e seguirò da solo la mia
via;
- mi spiace tanto di farti soffrire
- ma sono troppo stanco di
subire».
- Tu mi guardasti coi tuoi occhi
stanchi
- e trattenendo il pianto prorompente
- mi ponesti le mani sopra i fianchi;
- poi sospirasti senza dire niente
- e, per non farmi scorger la tua
pena,
- il volto mi appoggiasti sulla
schiena.
- Per non crearti dei nuovi pensieri
- vissi per qualche tempo ancora solo
- affrontando in silenzio giorni
neri;
- ma tu soffrivi per il tuo figliolo;
- per consolarti ti dicevo spesso:
- «Vedrai
saprò cavarmela lo
stesso!».
- Però dopo parecchie
delusioni
- iniziarono i primi cedimenti,
- cercavo di nasconder le emozioni
- ma tu leggevi nei miei sentimenti:
- «Quest'oggi non sei tu, ti vedo
assente
».
- «Non insistere, mamma, non è
niente
».
- Tu fingevi di credermi ed intanto
- rivolgevi la faccia verso terra
- cercando di nascondere il tuo
pianto
- e dell'animo tuo l'interna guerra;
- così passaron sette lunghi
mesi
- ed alle tue insistenze alfin
m'arresi.
- Quando con te io venni ad abitare
- ti vidi finalmente più
contenta
- di potermi del tutto dedicare
- l'ultima parte della tua esistenza;
- che fu purtroppo breve, mamma cara,
- ma forse fu la parte meno amara.
- La sera, spenta la televisione,
- ascoltavamo musica in cucina
- e quando ti piaceva una canzone
- eri contenta come una bambina;
- ti alzavi in piedi e poi, con gran
diletto,
- canterellavi allegra il motivetto.
- La domenica, a volte, mi chiedevi
- di farti fare qualche breve gita
- ma appena una chiesetta tu scorgevi
- era quella la mèta
preferita;
- ed ogni volta tu volevi entrare
- ed in silenzio metterti a pregare.
- Però la tua salute declinava
- e poco a poco ti lasciavi andare
- vinta dal male che ti consumava
- ed oramai già stanca di
lottare;
- fin quando sei partita, un triste
giorno,
- per un viaggio che non ha ritorno.
- Osservo la tua foto un po' sbiadita
- e, qualche volta, provo del rimorso
- ma mi consolo ché, della tua
vita,
- quel breve tempo che con me hai
trascorso
- è stato il più sereno e il
più felice:
- ne sono certo, il cuore me lo dice.
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- PAROLE AL
TRAMONTO
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- Sfogliando un'agenda finita
- coperta di nomi, di date,
- ho visto tornare alla vita
- un po' delle cose passate;
- a un tratto, non so dirti come
- ho scorto, fra gli altri, il tuo
nome.
- Un vecchio indirizzo segnato
- insieme col nome più noto,
- un numero dimenticato
- un sogno fugace e remoto.
- E dopo, per pagine amare
- di nuovo il tuo nome scompare;
- per poi ritornare improvviso
- stagliato, in un giorno di maggio,
- un giorno che tutto ha deciso
- togliendomi un ultimo raggio;
- togliendo da un palpito vero
- un raggio di sole sincero.
- Passato quell'ultimo giorno
- nei fogli che vengono dopo
- quel nome non fa più
ritorno;
- son pagine senza uno scopo:
- son piene di nomi, di note
- ma sembrano pagine vuote.
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- LA GATTA
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-
e cerca da tre giorni i suoi
gattini
- vagando senza mèta in ogni
prato
- si lamenta, chiamando i suoi
piccini
- fin quasi a rimanerne senza fiato,;
- povera bestia! invano cercherai
- te l'hanno uccisi, non li troverai.
- Il gatto la pedina, assai bramoso
- di ritornare alle moine usate;
- essa lo guarda, poi con fare iroso
- molla feroce un paio di graffiate;
- ognun di noi pel suo dolore intende
- e mai quello degli altri si
comprende.
- Ancora cercherà, povera
bestia,
- per altri giorni udrò quei suoi
lamenti;
- ritornerà sotto la mia
finestra
- per dilaniarmi l'anima coi denti;
- per ricordar, con miagolio
profondo,
- quant'è cattivo, quant'è
ingiusto il mondo.
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- A NORGE MORI
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- Fu garzone di fioraio
- presso un certo Buttiglioni
- ma passò ben più di un
guaio,
- rimediò tanti bidoni:
- lo stipendio era modesto
- ed a volte nemmen questo.
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- Messa a frutto l'esperienza
- lavorò da giardiniere,
- con tenacia e con pazienza
- coltivò e poté godere
- tante piante e tanti fiori
- Sottomonte in Corte Mori.
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- Pienamente soddisfatto
- della vita che ha passato
- oramai si sente adatto
- per campar da pensionato:
- realizzando qualche lira
- ha venduto e si ritira.
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- NOTTURNO
FIORENTINO
(acrostico)
Notte: dalla finestra semiaperta
Occhieggia un raggio della bianca luna,
Tenera, in me, un'immagine ridesta:
Traspare il volto di una bimba bruna.
Un raggio, che ogni notte s'introduce
Rilucente, invitandomi a sognare,
Nel guardare la sua pallida luce
Ora torna il mio cuore a sospirare.
-
Filtra m'abbraccia, e il debole chiarore
Intensa tenerezza infonde in me;
O palpiti più puri dell'amore!
Raggio di luna che mi sembra te.
E nella notte un tenero sospiro,
Nel cuore, come dolce rimembranza,
Tutta la tua dolcezza, il tuo respiro;
Intorno a me si annulla ogni distanza.
Notte; sull'ali della fantasia
Ora rivedo te, piccina mia.

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- A Chiara e Michela
Chiara è una diavoletta
tra le più forti tempre
che corre in bicicletta
e vince quasi sempre;
più tenera Michela
ha la passione mia
e dolce si disvela:
le piace la poesia.
Mi unisco al loro gioco,
dimentico gli affanni,
bambino, pressappoco,
di quasi sessant'anni.
Facciamo confusione,
l'ambiente poi s'infiamma,
siamo la dannazione
della nonna e di mamma.
Con Chiara e con Michela
c'è un amore sincero,
se non c'è parentela
se non son nonno vero
che cosa importa dunque?
l'affetto che non langue
vale sempre e comunque
ancora più del sangue.
Nipoti di mia moglie
giochiamo ancora un poco
per togliermi le voglie,
scaldarmi a questo fuoco,
tornar dall'a alla zeta
e quasi a mia insaputa
in quell'infanzia lieta
che non ho mai vissuta.
Anche se il sentimento
viene, a volte, deriso
mi reputo contento
per un vostro sorriso;
per questo alla fin fine
sarà una nota lieta
mie care nipotine
l'omaggio di un poeta.
Oggi è la vostra aurora
ma siete già cresciute,
vi accompagnino ancora
serenità e salute.
E nelle vostre vite
rimanga sempre intatto
l'affetto che nutrite
per questo nonno matto.

-
- Il diluvio universale parte
seconda
Quando Colui che tutto muove e regge
salvò dall'acqua alta solo un giusto,
promise di non fare altro trambusto
e perdonò lo spaventato gregge.
Ma fu di nuovo infranta la Sua legge
e per castigo ancora più robusto
mandò un diluvio di cattivo gusto
che si sparse, impazzito, in mille schegge.
E Lui che a tutto il mondo aveva dato
tanti artisti di grossa caratura
accolti, ovunque, con fortuna alterna,
per punir l'uomo d'ogni suo peccato
gl'inflisse una terribile sventura
il giorno che creò l'arte moderna.

-
- A Franco e
Rosanna
Beati voi che siete già in pensione!
un po' invidioso e un poco emozionato
vi leggo questi versi d'occasione
che quasi in fretta e furia ho preparato.
Godetevi il riposo meritato
adesso ch'è più quieta la
stagione:
il tempo delle grane è superato,
ormai non siete più sotto padrone.
Contrariamente a quello che si dice
non è la fine della vita, questa,
ma la strada per renderla felice,
e l'occasione per riaverla piena;
non è giornata triste ma di festa
che prelude a una vita più serena.

-
- Elogio della
pigrizia
C'è chi mette forte impegno
nel lavoro e nella vita
e chi esprime grande ingegno
nella scienza preferita;
io non pratico, non oso,
sono pigro: mi riposo.
C'è chi inventa tante cose
per il bene della gente;
c'è chi osserva nebulose
e chi esplora un continente,
c'è chi cerca e affronta il rischio;
io son pigro: me ne infischio.
C'è chi vola su per aria,
chi si dedica al bel canto,
si diploma nell'agraria
od impara l'esperanto;
chi ci parla dallo schermo
io son pigro: resto fermo.
C'è il botanico che studia
il giacinto e la betulla,
c'è chi corre, c'è chi suda,
chi corteggia una fanciulla,
chi si allena e fa del moto
io son pigro: non mi scuoto.
C'è chi guida un aeroplano
e chi scala una montagna,
chi risolve un caso strano
e chi scopre una magagna,
chi si tuffa nell'abisso
io son pigro: sto qui fisso.
C'è chi legge un verso scemo
e ci trova chissà cosa,
c'è chi bazzica Sanremo
e chi fa un'endovenosa,
c'è chi strepita allo stadio
io son pigro: non ci vado.
C'è Dalmazio che, fra i denti,
mi richiede cose nuove
perché sono deludenti
tutte l'ultime mie prove
e s'inquieta, vuole molto
io son pigro: non l'ascolto.
C'è chi ha la fuoriserie
e viaggia come un matto,
chi lavora per le ferie,
chi dipinge un quadro astratto,
chi scolpisce una scultura
io son pigro: per natura.
C'è chi cerca onori e gloria
e ch'insegue la ricchezza,
chi modifica la storia,
chi commette una sciocchezza
Io non sogno, non m'illudo,
sono pigro: e qui concludo.

-
- Elogio del
ciclismo
-
- Non esiste uno sport che sia più
duro
e come questo intensamente bello,
che impegni a fondo e in modo duraturo
le gambe, il cuore, l'anima e il cervello.
Al giorno d'oggi e ancor di più in
futuro
il tracciato è veloce, il mezzo snello,
leggero, maneggevole e sicuro
ma il sacrificio resta sempre quello.
Per questo il praticante ed il tifoso,
chi si diletta a fare del ciclismo,
anche s'esprime un tifo caloroso
è, quasi sempre, uno sportivo vero,
una persona senza fanatismo
ch'ama lo sport d'un amor sincero.

-
- A Mario
Cipollini
-
- Sei una vera saetta grande Mario,
veloce e travolgente come un dardo
fulmini sullo scatto ogni avversario
piombando, vittorioso, sul traguardo.
- Imposti le volate in modo vario:
calcoli tutto con un solo sguardo
poi sprinti con un guizzo straordinario
come, a caccia di prede, fa il ghepardo.
Se spingi sui pedali, a tavoletta,
lasciando alle tue spalle solo il vuoto,
sembra che per un magico intervento
all'improvviso la tua bicicletta
diventi uguale a una ruggente moto
che corre più veloce ancor del vento.

-
- Una città nel
cuore
O splendido paese marchigiano
come di te, con gioia, ne ragiono,
come ti penso quando son lontano
e ci sto bene quando poi ci sono;
per la tua gente ch'è così alla
mano
e che mi offre questo grande dono:
il sentimento del calore umano
al quale dolcemente mi abbandono.
A Porto Sant'Elpidio son legato
perché mantiene un'anima sincera
retaggio di un durissimo passato;
perché conserva, quale pregio raro,
la cordiale schiettezza di quand'era
solo un piccolo borgo marinaro.

-
- Nostalgia
Se passa un anno, un mese, un solo giorno,
o Porto Sant'Elpidio ti ripenso
e sento in me, sempre più vivo e
intenso,
un desiderio: fare ancor ritorno.
Rivedere il tuo mare, i colli intorno
a te, paese con un cuore immenso
e riprovare di dolcezza un senso
che si rinnova ad ogni mio soggiorno.
Questa città moderna ha un cuore antico,
ogni abitante suo è cordiale, vero,
per questo conto qui più di un amico
che sarà sempre in ogni mio pensiero
fin quando della vita, nell'intrico,
avrò percorso l'ultimo sentiero.

-
- Agli amici di Porto
Sant'Elpidio
- (per il restauro della torre)
Poiché la gente qui vien sempre accolta
come l'amico della porta accanto
tornare fra di voi mi riconforta,
da lontano vi penso con rimpianto.
Per questo son tornato anche stavolta
e ancora si rinnova in me l'incanto
di quando venni per la prima volta
e vi conobbi per amarvi tanto.
Ed oggi che rinasce a nuova vita
l'antica torre con il suo orologio,
un simbolo di storia e di progresso,
volevo essere anch'io della partita
sono venuto a farvi un altro elogio
pur se di tempo ce ne avete messo!

-
- meglio andare sferzati dal bisogno
ma vivere di vita. Io mi vergogno,
sì, mi vergogno d'essere un poeta!
Guido Gozzano
-
- Elogio di Gozzano parte
seconda
Quasi un secolo fa Guido Gozzano
si vergognava d'essere un poeta;
al giorno d'oggi, e il caso è proprio
strano,
persona non c'è più così
discreta.
Adesso, invece, qualche ciarlatano
si esprime come fosse analfabeta
e per questo suo stile grossolano
crede d'esser chissà quale profeta.
Non v'è, però, chi sia meno
moderno
di chi vuol sembrar tale ad ogni costo
e scrive frasi come un cavernicolo;
per non cader del tutto nel ridicolo
rimettiamo le cose al loro posto:
torniamo ancora al dolce stile eterno.

-
- Ad un amico
scomparso
-
- Oggi sono tornato a ritrovarti
- amico mio scomparso e non perduto,
- oggi sono venuto a ricordarti
- ed a portare un fiore ed un saluto.
- A rievocar le lunghe passeggiate
- e le liete, tranquille ore serene
- che ogni anno, nel pieno
dell'estate,
- in questi dì trascorrevamo
insieme.
- Era, ogni volta, una diversa gita:
- Massa, Cozzile, Serravalle, Uzzano;
- mi raccontavi tutta la tua vita...
- Croci, Verruca, Nievole,
Stignano...
- Questi paesi dolcemente amavi,
- di ogni pietra sapevi dir la
storia;
- qualche volta, per strada,
declamavi
- le tue semplici liriche a memoria.
- E possedevi un'ironia bonaria
- diretta verso tutte le persone,
- un'ironia così garbata e
varia
- da non sfiorare mai la derisione.
- Ma un giorno, dal lavoro ero
tornato,
- mi giunse la tristissima notizia
- che fu per me un colpo inaspettato
- perché fra noi fu grande
l'amicizia.
- E poi tutto il paese, tutto il
mondo
- venne a porgerti l'ultimo saluto
- ad esprimer l'affetto più
profondo
- a dimostrar quant'eri benvoluto.
- Non ti ho perduto no, perché
rimane
- uno spirituale arricchimento:
- con il ricordo delle doti umane
- mi resta il tuo prezioso
insegnamento.
- E mi resta l'amore appassionato,
- che della vita tua fu sempre il
perno,
- verso questa città dov'eri
nato
- e dove adesso dormi il sonno
eterno.
- Oggi sono tornato a ritrovarti
- amico mio scomparso e non perduto,
- oggi sono venuto a ricordarti
- ed a portare un fiore ed un saluto.
- Ora, a fatica trattenendo il pianto
- vado, nell'aria tersa del mattino
- verso quei luoghi che tu amavi
tanto;
- che caro amico fosti... addio
Guerrino.
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-
- Preghiera
-
- Quando calano l'ombre della sera
- e tace tutta la campagna intorno
- si leva dal mio cuore una
preghiera:
- ancora invoco Dio pel tuo ritorno.
- Ricordo ancora l'ultima carezza
- l'ultimo giorno che ti tenni
accanto;
- motivi di dolore e di tristezza
- che ogni volta rinnovano il mio
pianto.
- Negli occhi m'è rimasto il tuo
sorriso
- rimembranza di un tempo ormai
lontano;
- talvolta mi ricordo il tuo bel viso
- e accanto a me ti voglio ancora:
invano.
- E sempre all'alba quando mi ridesto
- penso di averti ognora a me vicina
- ma l'illusione mia svanisce presto
- per rinnovarsi al sole ogni
mattina.
- Un giorno, forse, in fondo a quel
sentiero
- dove ansioso ti davo appuntamento
- ti rivedrò: solo questo
pensiero
- più felice mi fa per un
momento.
- Ma poi, se penso che di giorno in
giorno
- è già passata un'altra
primavera,
- ormai non spero più nel tuo
ritorno,
- quando calano l'ombre della sera.
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-
- Eco di
dolore
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- Piango sull'urna del destino;
invano
- vano... vano... vano...
- fremo al ricordo di quel tuo
sorriso
- riso... riso... riso...
- e grido le mie pene alla foresta
- resta... resta... resta...
- Un segreto messaggio che s'invola
- vola... vola... vola...
- affido all'ali d'un mesto richiamo;
- chiamo... chiamo... chiamo...
- e nel tumulto di un divino incanto
- canto... canto... canto...
- sfogo la mia tristezza e il mio
rimpianto
- pianto... pianto... pianto...
-

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