Testimonianze (E' Francesc@ e basta)

 

IL CLUB DELLA

LETIZIA

Associazione di self-help tra famiglie
di bambini cerebrolesi e autistici

A cura di Maria Simona Bellini

 

FRANCESCA

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Tratto dal libro "E' Francesca e basta"
di Milena Portolani e Luigi Vittorio Berliri
Edizioni La Meridiana, 1998

Da: Luigi Vittorio, Alessandra Chiara e Caterina

A: Milena

Oggetto: è per Francesca: il regalo prezioso

Data: martedì 31 marzo 1998 15.57

Roma, 29 e 30 marzo 1998

Cara Francesca,

stasera voglio scrivere a te. Non so se e quando leggerai questa lettera. Ma mi piace l'idea di scrivere una lettera tutta per te. Scusa la confidenza, nemmeno mi conosci. Ma sei una bambina molto piccola (mentre scrivo non hai ancora diciotto mesi!), e questo un po' giustifica il tono confidenziale. E poi io ti conosco bene, la tua mamma mi ha parlato molto di te. Sai, credo di aver capito che le hai scombussolato la vita. Non se l'aspettava proprio!

Provo a spiegarti: se a Natale, Babbo Natale non ti porta il regalo che avevi chiesto, ma magari uno molto molto più bello... tu che fai? Già ti immagino: punti i piedi, no, avevo chiesto quell'altro regalo! e lì per lì neanche lo guardi, il regalo. Pianti, strilli e ti domandi: "cosa ho fatto di male? ci deve essere stato un errore". E non senti ragioni. Poi, passata la rabbia, quando tutti sono usciti dalla stanza, ti immagino che pian piano apri il pacco... che meraviglia... Ma io devo fare la parte di quella che si è arrabbiata... vabbè, non mi vede nessuno, posso guardarlo meglio... sai che è proprio bello? Però non voglio dare soddisfazione, non lo dirò che mi è piaciuto. Poi passano gli anni, e quel bel regalo diventa una cosa normale, poi ancora altri anni, e quel regalo diventa la cosa più bella che tu possa mai aver ricevuto.

Ti ho raccontato questa breve storiella per dirti come -secondo me- la mamma ti ha accolto, e come ti sta accogliendo. Sei un regalo prezioso, tutto diverso da quello che la mamma si aspettava.

Sei ancora così piccolina... Mi sei molto simpatica sai? Pensa che grazie a te io e la mamma ci siamo conosciuti. Anche io ho una bambina della tua età. È nata proprio tre mesi prima di te. Le voglio tanto tanto bene. Ti ha visto in una foto, e le devi stare molto simpatica (siete strani voi bambini) la vuol sempre vedere quella foto. Ti chiama "bimba, bimba" e poi dice: "Bimba, bua, bua". Forse per quella piccola cicatrice, o forse, chissà, si deve essere accorta di qualcosa di diverso... Le altre persone che ti hanno visto nella foto non si sono accorte dei tuoi occhi a mandorla, delle mani paffute, delle guanciotte, e di tutti quei piccoli segni della sindrome di Down. Ma Caterina sì. Forse perché avete quella spontaneità e quella capacità di vedere l'essenziale. Lo dice anche quando ti vede in quella foto con il vestitino azzurro, ti sorride e dà un bacino alla foto. E siccome la foto è sullo schermo del computer dà un bacino sul monitor.

Chissà cosa penserai quando leggerai questa lettera, da grande: che retrogradi, il computer! Ma a noi sembra una cosa così moderna: pensa che quando ho finito di scrivere questa lettera faccio un click e dopo pochi secondi appare sul computer di mamma!

Insomma, ti dicevo che ci siamo conosciuti grazie a te: io ho mandato un messaggio su un gruppo di discussione (si chiamano newsgroup) in cui ero molto arrabbiato con una brutta pubblicità dell'Anffas. Una associazione che dovrebbe occuparsi delle persone come te... La mamma mi ha risposto senza sapere chi c'era dall'altra parte del computer: uno dell'associazione, un genitore di persona con handicap, una persona in sedia a rotelle, o uno senza rotelle... Sarei curioso di sapere cosa ha pensato, cosa immaginava. Sta di fatto che mi ha scritto una bella lettera, in cui di te mi diceva: "Lei non è venuta male, lei è perfetta così com'è, lei è Francesca e basta!"

Sei Francesca e basta! Che bella risposta, mi è piaciuta, e ho risposto alla mamma, raccontandole qualcosa in più. E così ha fatto di nuovo la mamma. E racconto dopo racconto è passato qualche mese. Tu sei cresciuta, non solo fisicamente, ma anche ai suoi occhi.

***

Sai, in questo momento sono al lavoro, qualche volta capito in turno la notte. E quando tutti dormono mi metto qualche minuto davanti al PC. Stasera, fino a poco fa ho giocato con Dario a Tetris: lui dice di vincere sempre, in effetti arriva sempre per primo in cima... (e quindi in teoria perde!) Dario è un ragazzo con la sindrome di Down, come te. È quasi un signore perché, come me, tra poco compie trent'anni. Ma chissà perché tutti continuano a dire ragazzo. Non che la cosa mi dispiaccia a trent'anni, è che lo fanno fino a cinquant'anni! Sono un po' puntiglioso, ma credo che il nome identifichi le cose. E così un conto è dire handicappato, già meglio è dire persona con handicap, o con disabilità. Più bello di tutti è dire diversamente abile. Non perché mi faccia paura chiamare le cose per nome, ma semplicemente bisogna partire dal presupposto che uno è Persona, POI ha abilità o difficoltà. Qualche volta però si esagera, e magari si fa attenzione a dire nero invece di negro (ma lo sai che invece si dovrebbe proprio dire negro?) o non-vedente invece di cieco o operatore ecologico invece di netturbino. Mah! A me allora dovrebbero chiamare "Luigi Vittorio, operatore socio-sanitario", così quando hanno finito di chiamarmi sono già a casa!

Ciao piccola Francesca, ti ho detto un po' di stupidaggini e un po' di cose serie. Impara presto a usare il computer (il mio amico Dario ci ha messo molto meno di mia madre e mio padre...) e quando sarai più grande mi risponderai, spero. Per ora aspetto una risposta da tua mamma.

Luigi Vittorio


Da: Francesca

A: Luigi Vittorio, Alessandra Chiara e Caterina.

Oggetto: L'Amore non ha handicap.

Data: giovedì 2 aprile 1998 11.35

Ciao Luigi Vittorio,

la mamma mi ha letto poco fa la lettera che tu mi hai scritto e mi ha raccontato un po' di cose su di te. Sai ci sono molte parole che non conosco ancora, per cui mi è stato difficile capirne il senso. Ho capito, però, che è stata scritta con amore e che tu mi sei amico, quindi mi permetto di dirti che usi degli strani termini:

HANDICAP, DISABILE, DIVERSAMENTE ABILE.

Nel paese da dove provengo, non si usano questi termini, o forse non ricordo bene perché i miei ricordi si fanno sempre più lontani, come per Il Gabbiano Jonathan Livingston. Così, ho chiesto a mamma di spiegarmene il significato. Lei è diventata seria e mi ha detto che è quello che sono io, cioè handicappata e disabile e diversamente abile allo stesso tempo, perché queste tre parole hanno lo stesso significato. Mi ha detto anche che c'è un tempo per tutte le cose, che devo aver pazienza, un giorno lo imparerò. Così non ho imparato nulla di nuovo, so quello che sapevo prima. So, già, quello che sono. Sono come gli altri e so fare un sacco di cose: mangiare, dormire, bere, ascoltare, respirare, piangere, ridere, stupire, parlare (a modo mio, certo, però sono bravissima a dire mamma e babbo), divertire e divertirmi allo stesso tempo. Mi piacciono tanto le coccole, i baci, il solletico, mi piace giocare e soprattutto mi piace un sacco quando la mamma mi tiene sulle sue ginocchia, mi prende le mani e mi fa dondolare avanti e indietro, cantandomi questa filastrocca:

Sega monega,

il babbo va in bottega,

la mamma fa gli gnocchi,

la "FRENCI" fa i balocchi,

la Giorgia si fa i ricci

la "FRENCI" fa i capricci

e il galletto, come fa?

(A questo punto io alzo le mani e la mamma dice:)

CHICCHIRICHI!

(ed insieme facciamo una gran risata).

E poi, io so far felici la mamma e il babbo e so AMARE. Ci sono anche tante cose che non so fare: non so ancora camminare, ad esempio, però, se qualcuno mi tiene per mano, so esattamente dove voglio andare e cosa voglio fare. Poi non so leggere, non so scrivere e non so far di conto, ma per queste cose c'è ancora tempo. Soprattutto c'è una cosa che non so ancora fare: non so giocare a Tetris, ma ti posso anticipare che con mamma non c'è storia, perché vince sempre lei. Potrebbe dar filo da torcere al tuo amico Dario. Lei non ci mette niente ad arrivare in cima! Per me è bravissima e non capisco perché dice sempre che non è portata per i videogiochi. Boh, mi sono scelta una mamma proprio strana!

Poi ci sono anche un mucchio di cose che non mi piacciono: il gelato (è troppo freddo!), i dolci, il dottore, (anzi i dottori: ne ho conosciuti già tanti!), i bambini prepotenti che mi portano via i giochi (ci rimango tanto male, sai?), ma soprattutto in questo periodo non mi piace la mia fisioterapista. Si chiama Roberta e vuol farmi fare cose che io non ho voglia di fare, GGRRRRRRR! Io preferisco guardarmi intorno e curiosare. Sai, sono tutti molto impressionati dalla mia curiosità e dalla mia vitalità, il perché non lo capisco. Tutti i bambini sono curiosi e vitali! Quante cose che ancora non capisco, forse, come dici tu, è perché sono ancora piccolina! Soprattutto c'è una parola che sento spesso dire e che non capisco: DOWN. Ho sentito dire che è il cognome di un medico che ha scoperto qualcosa... sicuramente è uno di quei dottori che già conosco... per questo ne sento parlare spesso. Credo che il Dottor DOWN abiti in Mongolia, che è un paese molto lontano da qui, in Asia. Credo che i suoi abitanti si chiamino mongoloidi. Dico credo, perché non lo so con certezza. Un giorno la mamma mi racconterà la storia del Dottor DOWN, quando potrò capirla. C'è un tempo per tutte le cose. Quel giorno, rileggerò la tua lettera da sola e potrò capire finalmente il significato di quelle tre strane parole che vogliono dire la stessa cosa. Come siete complicati, voi grandi! Scusate, visto che quelle tre parole mi identificano, non fareste prima a dire FRANCESCA?

HANDICAP=DISABILE=DIVERSAMENTE ABILE=FRANCESCA

FRANCESCA = AMORE

e l'amore non ha handicap (ma questo tu lo sai da molto tempo prima della mia mamma).

Ora devo proprio salutarti, è tardi e mi sto addormentando. Mi raccomando, dai un grosso bacio a Caterina, è da un po' di tempo che non ci vediamo (siamo state grandi amiche quando eravamo nell' "isola che non c'è").

Ciao dalla tua amichetta,

FRANCESCA


da Milena a Francesca

Giugno 1998

Cara Francesca,

ti scrivo questa lettera perché devo chiederti perdono per aver perso tanto tempo a commiserarmi, a piangere e a leccarmi le ferite: tempo che ho rubato a te e al nostro rapporto d'amore.

Sai, da qualche parte ho letto che non bisogna guardare solo la superficie del mare e non credere che il mare sia solo ciò che vediamo: una distesa di acqua blu, profonda e sconosciuta.

È vero il mare da sopra, può sembrare tutto uguale e a tanti può far paura. Il mare può essere minaccioso ed avere una forza distruttiva e devastante: come la tua diversità poteva esserlo per il mio cuore. Non mi sono arresa, mi sono immersa nelle sue acque profonde ed ho scoperto che il mondo sommerso è meraviglioso, immenso, pullulante di vita, ricco di risorse di ogni genere, branchi di pesci di straordinaria bellezza, meduse delicate e trasparenti come cristallo pulsante, macchie colorate di indaffarati pesci pagliaccio, rosse gorgogne ondeggianti: una spettacolare esibizione di vitalità e bellezza.

Tu rappresenti tutto questo: non sei "solo" Francesca down, ma una Francesca infinita, espandibile alla massima potenza, che vuole emergere per farsi conoscere e amare. È vero, il tuo aspetto esteriore, i tuoi occhi a mandorla possono ingannare e far pensare alle persone egoiste e distratte che i "down" sono solo dei diversi, ma nella loro diversità tutti uguali. Io so che non è così, perché conosco il tuo mondo sommerso. Amo il tuo modo di sorridere, di abbracciare, di baciare e di comunicare. Amo la tua delicatezza, la tua dolcezza, la tua testardaggine e i tuoi rifiuti. Amo tutto questo e tutto quello che riuscirai o non riuscirai a fare. Amo tutto di te, perché sei mia figlia, perché ho capito che puoi dare più amore e solo amore e che non mi appartieni, come nulla è mio in questa vita. Ciò che mi appartiene sono le emozioni e le sensazioni che la vita dona ad ognuno di noi. Ho capito il vero significato di "amore materno", amore unico e incondizionato. Ho capito che tutto va amato per "ciò che è" e non "nonostante quello che è". Per quello che sei e non, per quello che avresti potuto essere. Ho capito che non bisogna aver paura di ciò che non si conosce, che non bisogna giudicare, ma solo essere disponibili a capire per conoscere, imparare e sapere.

In tutto questo mio cercare, alla fine, ho scoperto il significato di valori come la dignità, la serenità, la fede, la speranza, la gioia, la verità. Valori che senza di te, non avrei conosciuto. Questi sono doni che ho ricevuto da te.

Sai Francesca, aveva ragione Luigi Vittorio, quando diceva che sei "un regalo prezioso". Sei il mio piccolo regalo prezioso, la perla rara che ho trovato racchiusa in un'ostrica, pescata in quel mare sommerso, profondo e sconosciuto che tanto mi spaventava.

Ti ricordi, quanta paura avevo di non riuscire ad amarti? Sembra passato tanto di quel tempo che quasi mi sembra impossibile...mi sembra di non essere più la stessa persona e in realtà è così... perché sono diversa dentro e questo grazie a te.

La tua mamma


Milena mossette@tin.it
Luigi Vittorio
luigiv.alech@flashnet.it

E' Francesc@ e basta: http://space.tin.it/salute/smistror/libro/

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